di CARLO DE NITTI
Per chi, come l’autore delle righe che seguono, opera da circa trenta anni nella scuola, è un vero piacere intellettuale ripensare a significativi momenti della pedagogia e della storia della scuola italiane del secondo dopoguerra (1950 – 1970), leggendo il recente agile volume di Luigi Lafranceschina, La Pedagogia Italiana del Secondo Dopoguerra e la Proposta Pedagogica di Don Gino Corallo(Bitonto Arti Grafiche Cortese 2014, pp. 89), presentato da Vittoriano Caporale e prefato da Daniele Giancane.
Attraverso i tre capitoli che lo compongono, l’Autore rivolge la sua attenzione ad educatori ‘rivoluzionari’ nel loro tempo di ispirazione ideale diversa: da don Lorenzo Milani a Mario Lodi, da Alberto Manzi al Movimento Cooperazione Educativa.
In tutte le loro esperienze, tanto quelle ispirate dallo spiritualismo e dal personalismo cristiano, quanto quelle ispirate dalla pedagogia materialista marxista, faceva premio: a) la ricerca di nuovi compiti e nuove frontiere per l’educazione che consentissero al Paese di superare gli anni della pedagogia gentiliana, idealista ed, in ultimo, fascista; b) un’incisiva lotta al persistente analfabetismo che interessava il Paese soprattutto al Sud e nelle zone rurali (cfr. p. 12).
Nell’ambito del quadro di riferimento testé brevemente tracciato, si staglia, la figura di don Gino Corallo, nel capitolo a lui dedicato, che occupa circa metà del volume, dal titolo “Don Gino Corallo (1910 – 2003) e la ‘poesia’ dell’educazione alla libertà morale”. E’ in esso che l’Autore effonde se stesso e la sua storia intellettuale e professionale: infatti, egli, studente universitario presso l’allora facoltà di Magistero dell’Università degli studi di Bari, è stato un discepolo diretto del Professore dal 1965 in poi. Lafranceschina, con un approccio deferente e rispettoso, ricostruisce la bio – bibliografia del Pedagogista, delineando le intuizioni principali ed il lascito culturale migliore
Don Gino Corallo, siciliano di Randazzo (CT), divenne sacerdote salesiano nel 1936; nel 1938 si laureò in lettere ed insegnò lettere classiche per circa un decennio nei Seminari salesiani: “La sua formazione intellettuale e culturale molto ampia nel campo teologico, linguistico-letterario (dimestichezza con il mondo classico e conoscenza di molte lingue) e filosofico trovò completamento oin quello pedagogico, quando ‘in obbedienza’ a una precisa richiesta dei superiori, dal 1957 al 1953, si dedicò allo studio della Pedagogia, pubblicando nel 1950 il suo primo volume pedagogico di oltre 500 pagine” (p. 48). Si trattava del volume La pedagogia di Giovanni Dewey, edito a Torino dalla SEI: la prima monografia su John Dewey, che fece conoscere il pensatore americano in Italia dopo l’ostracismo fascista ed idealistico.
Tra il 1952 ed il 1953, don Gino Corallo ebbe l’opportunità di verificare il pensiero di Dewey nelle pratiche delle scuole statunitensi, soggiornando per nove mesi negli Stati Uniti d’America. “Ebbe così la possibilità di visitarne le scuole e di studiare l’attivismo, la didattica, il metodo educativo e i risultati conseguiti” (Ibidem).
Anni di ricerche fondamentali e di lavoro, i primissimi anni ’50, che consentono a don Gino Corallo di mettere a punto il nucleo fondamentale del suo originale pensiero pedagogico. Partendo dall’idea che la pedagogia è scienza – e come tale non può non utilizzare il metodo scientifico nell’approccio ai suoi problemi teoretici – ed in particolare scienza filosofica, il suo oggetto di studio non è l’uomo ma la sua educazione (cfr. p. 57), ovvero l’acquisizione da parte dell’uomo di un ‘abito mentale’: “La pedagogia riceve il contributo di quasi tutte le scienze umane […] senza, però, integrarsi o sostituirsi agli altri saperi scientifici” (p. 58). Il fulcro intorno al quale deve ruotare la pedagogia è la libertà dell’uomo quale acme della formazione dell’uomo attraverso le cinque educazioni – fisica, intellettuale, morale, sociale e religiosa – che don Gino Corallo individua quali articolazioni dell’educazione intesa come “processo unitario, armonico, integrale e il cui fine ultimo è l’agire rettamente e liberamente” (p. 65).
La libertà, insieme al principio di valorizzazione, è la cifra profonda della pedagogia corallina, attenta alla metodologia dell’educazione. Non vi è chi non vede in essa “la tradizione e l’esperienza salesiana, tesa alla pratica e ricca di indicazioni e suggestioni” (p. 67): il principio della valorizzazione fa sì che l’uomo conosca ed interiorizzi i valori, riconoscendoli come tali. Il veicolo dei valori non può che essere, in concreto, l’educatore: il vero e proprio archetipo dell’educando attraverso il principio della “causalità esemplare della testimonianza dell’educatore, che deve motivare e sostenere la volontà dell’educando, avere il carisma di direzionare la sua ‘crescita’ al meglio, lasciandolo libero” (p. 69).
In questa prospettiva, si situa anche la concezione coralliana della Didattica come scienza autonoma, con una sua epistemologia di riferimento: per don Gino Corallo, non vi può essere didattica che non consideri “l’alunno soggetto attivo nel processo di apprendimento, protagonista nella costruzione e nell’acquisizione delle sue conoscenze da socializzare e condividere con gli altri” (p. 79). E’ la grande lezione innovativa e di libertà dell’attivismo pedagogico perché esprime “le tre esigenze fondamentali di ogni iter didattico ed educativo, ossia la conoscenza dell’alunno, l’individualizzazione del trattamento, l’interesse” (p. 80): l’educazione – ‘scienza della vita’ – non può non formare uomini liberi, nella migliore realizzazione della pedagogia salesiana.
Una lettura euristica, quella del volume qui recensito, per tutti gli educatori – come postula, nella sua Presentazione, Vittoriano Caporale – affinchè essi possano “alimentare il loro entusiasmo nell’affrontare la difficile ’arte di educare’ le nuove generazioni in un tempo di ‘crisi globale’” (p. 6). E di entusiasmo ce ne vuole proprio tanto!
Leggere le pagine che, da Discepolo a Maestro, Luigi Lafranceschina ha dedicato al pensiero di don Gino Corallo è stato un piacere: particolare per chi, come chi scrive, ha ritrovato in esse uno spaccato della propria storia di vita familiare, perché le lezioni del prof. Corallo le frequentava – quando poteva, essendo uno studente lavoratore – anche mio padre.
Pedagogista, sacerdote nella Congregazione religiosa dei Salesiani. Attento e critico conoscitore della cultura americana, ha compiuto studi negli Stati Uniti, dove ha tenuto conferenze ed effettuato ricerche presso prestigiose istituzioni culturali ed università. Ha insegnato nell’Istituto superiore di Magistero di Salerno e in quello “Maria SS. Annunziata” di Roma, e presso la Facoltà di Magistero di Bari dove ha diretto l’Istituto di Pedagogia, creando un cenacolo di ricerca da cui sono transitati molti degli attuali docenti universitari di questa disciplina. Ha insegnato anche nella Università di Lecce e presso il Pontifico Ateneo Salesiano di Roma, di cui ha ricoperto anche la carica di Rettore. Dal 1970 ha tenuto la cattedra di Pedagogia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della Università di Catania. In un periodo in cui si diffonde in Italia l’attenzione alla pedagogia deweyana e l’Attivismo dilaga nelle scuole, C. costruisce un panorama della scuola americana come “laboratorio sperimentale” e ne affronta la valutazione critica che, senza voler obliare i difetti, rileva i valori di una educazione per tutti aderente ai bisogni dei singoli (Idee e fatti nelle scuole d’America). La riflessione sui metodi mette a fuoco il problema del rapporto personagruppo e tematizza il processo di “valorizzazione”, come principio del metodo educativo, che consente di superare la tradizionale antinomia autorità-libertà e lo scoglio della causalità educativa con il concetto “efficacia valorizzante”(Pedagogia, voll. I e II). La figura dell’educatore è delineata negli aspetti professionali di sapere scientifico e di competenza metodologica sempre in riferimento ad un processo di “strettissima relazione personale” che tocca la dimensione profonda della persona e postula l’attenzione alla direzione e al ritmo dell’orientamento personale e alla pro-attività oltre che alla esemplarità della guida educativa. L’orientamento personalista e cristiano sottende l’intera produzione dell’Autore e si esprime, persino negli studi sul Dewey (La pedagogia di J Dewey) e sulla esperienza educativa americana, come matrice di riferimento nella indagine sui valori: la democrazia, la libertà, l’autonomia di giudizio, il rispetto della persona e delle idee altrui segnano per l’Autore “la distanza fra barbarie e civiltà” e fondano una prospettiva educativa che mira a costruire la comunità e ad estendere la cittadinanza.
A cura di Lucio Rubbino