LA CHIESA DI SAN MARTINO

LA CHIESA DI SAN MARTINO

CHIESA DI SAN MARTINO:

L’Arciprete Giuseppe Plumari ed Emmanuele nellaStoria di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della storia generale di Sicilia ”  (pag.319) così la descrive:

            Nel Quinto Secolo Cristiano, dalla suindicata Chiesa di S.to STEFANO fu traslocata la Cattedra Vescovile della Chiesa ALESINA in altra novella Chiesa dello stesso Rione, dietroposta alla medesima, quale fu costruita ben grande, benchè allora ad una sola Navata, dedicata a S. MARTINO Vescovo Turonese. Questa novella Chiesa fù nel XIII° Secolo ampliata a tre Navi, ed in quello XIV vi fù aggiunta la quarta coll’idea di costruirsene la Quinta uguale dal Lato Settentrionale, quale sin’ora non è stata edificata ancora. L’attual Campanile di questo Tempio riconosce un’Epoca posteriore a quella dei rimanenti, e loro sua costruzione.
La di Lui Architettura, sembra, che sia Opera dè Normanni, come è da vedersi dalla Sua Figura, che si annette.

 

Campanile di San Martino – Randazzo



    Su la Porta Maggiore di questa Chiesa, si osservò per lungo tempo l’istesso Agnello Pasquale. Questo poi restò divelto per adattarsene altro informa migliore, allora quando questa Chiesa, nell’indicato Secolo Tredicesimo restò ampliata a tre Navi.
Ciò non ostante, su la Porta Maggiore del Prospetto attuale, che ha detta Chiesa, si osservano i suoi uncini di Ferro atti a sostenere la Lapida, o Scudo Marmoreo coll’Agnello Pasquale suddetto, che doveva rinovarsi; mà poi si trascurò di praticare, come spesso vuole avvenire per oscitanza dè Procuratori ???? però ve ne trova dentro la Cappella Grande del SS. Sagramento di vetusta costruzione, opera dè primi Secoli XXX Cristiani.
Che l’ampliazione di questa Chiesa a tre Navi riconosca l’Epoca da me indicata del Tredicesimo Secolo, si conosce dal Fonte Suo Battesimale, rinovato in quelle staggioni e traslocato allora di Sito, posto dietro la Porta Maggiore, all’orlo del quale vi fu apposta la seguente, abbenchè non tutta leggibile Iscrizione: 
       

 

??VI.  CREDIDERIT.  ET.  BABTIZATUS.  FUEBIT.

SALVUS.  ERIT.  HOC.  OPUS.  EXPEDIT…….

UBI.  ME.  MAGISTRI.  ANGELUS…….

SUB.  ANIMO.  INDUERI.  ARMIS.  DOMINI.

M.CC.XXXVII.

 

 

CHIESA  DI  S. MARTINO  VESCOVO :

Padre Luigi Magro da Randazzo nel libro CENNI STORICI DELLA CITTA’ DI RANDAZZO così la descrive: 

Padre Luigi Magro

La prima Chiesa del Rione Alesa fu quella di S. Stefano, da un secolo trasformata in cantina, sita nella strada principale, nella parte occidentale della Città, chiamata in seguito quartiere di S. Martino. 
Che sia stata essa la prima Cattedrale della Chiesa Alesina non vi dovrebbe esser dubbio, anche perché nella facciata figurava l’Agnello Pasquale, segno sicuro, come si è detto nel Capitolo precedente della sede Vescovile. 
Questo Agnello Pasquale in pietra arenaria è stato ritrovato nel 1947 mentre si rimuovevano le macerie della Chiesa caduta nei bombardamenti angloamericani del 1943.
Attualmente lo si conserva nel Convento dei PP. Cappuccini e manca della testa.
Essa è stata anche Cappella ove i Re che si fermavano a Randazzo, presenziavano i Servizi Religiosi. 
Nel 1840, essendo questa Chiesa passata in proprietà del Barone Diego Vagliasindi, questi la convertì in cantina. 
E perché il Re Francesco I° aveva emanato un Regio Decreto che ordinava che qualora un edifizio sacro doveva convertirsi in profano, bisognava demolire tutto ciò che ricordava esser quello un luogo di culto, il detto Barone demolì il campanile e la porta della chiesa, però prima l’Arciprete Plumari ne aveva fatto rilevare il disegno per farne un cliché, per tramandare ai futuri la facciata del Tempio, ma pare che questo disegno sia andato perduto. 
Nel quinto secolo cristiano, dalla Chiesa di S. Stefano la Cattedra Vescovile fu traslocata nella nuova Chiesa dello stesso Rione, vicino e retroposta alla prima, costruita ben grande, quantunque da principio ad una sola navata, dedicata a S. Martino Vescovo di Turona.
Dei Vescovi della Chiesa Alesina si ha solo notizie di un certo Vescovo Calunnioso presente nel Concilio Lateranense nel 649; di un certo Antonio nell’869 presente nel Conilio Costantinopolitano IV°. 
Però non è difficile che ve ne sia un terzo, Giovanni o Costantino, presente nel 787 nel Concilio Niceno II°, essendocché in tale Concilio figurano presenti due Vescovi di Triocla e quindi uno dei due doveva essere quello della Chiesa Alesina. 
Questa nuova Chiesa di S. Martino nel secolo XIII° fu ampliata a tre navate a croce latina e fu innalzato il Prospetto che nel XV° secolo è stato arricchito di pregevolissimi bassorilievi scolpiti su pietra arenaria nelle inquadrature laviche. 
Dell’antica architettura si conserva in perfette condizioni, il superbo Campanile di stile Arabo-Normanno da parte di mezzogiorno, con i suoi tre ordini di finestre bifore al I° e II° piano, con colonnine a fascio simmetriche in pietra lavica, pomice e calcare, con archi ogivali che s’impongono alla ammirazione, e trifore al terzo piano di marmo traforato sulle quali posa una struttura merlata che forma la base di un fastigio a piramide poligonale. 
Nel secolo XIV° fu aggiunta una quarta navata con l’idea di costruirne una quinta uguale dalla parte opposta che è stata più tardi incominciata e poi abbandonata. 
Della stessa antica architettura si conservano ancora le due arcate delle porte laterali intagliate in pietra nera, con magnifici ornamenti. 
Nell’attuale Sacrestia era la Chiesa di S. Clemente Papa; la Chiesa di S. Cataldo si è trasformata in cimitero della Chiesa di S. Martino, e nel sito dove è ora la Confraternita del SS. Crocifisso era la Chiesa di S. Ippolito.
Nel settembre 1540 la Chiesa acquistò, con manifesto prodigio, il miracoloso Crocifisso che, destinato per altro paese da Giovanni Antonio Mattinati scultore di Messina, rimase nella nostra Città per riscuotere dal popolo un grandissimo culto. 
Giungendo l’artista nella nostra Città sul far della sera col suo Crocifisso, domandò che fosse ricoverato nella Chiesa di S. Martino durante la notte, per ripigliarlo l’indomani e proseguire il viaggio. 
All’ora stabilita infatti dopo i preparativi per la partenza il Mattinati si mise in cammino portandosi 

Campanile chiesa di San Martino – Randazzo

 il suo Crocifisso; ma ad un tratto, pur essendo una magnifica giornata di sole, una pioggia torrenziale tale si scarica sul territorio da far retrocedere i viaggiatori. 
Questo fatto si verificò per ben tre volte all’atto di portarsi il Crocifisso, per cui si credette essere volontà del Signore che il Crocifisso rimanesse nella nostra Città e precisamente in questa Chiesa. 
Per cui l’artefice si mise d’accordo col Procuratore di S. Martino Sac. Valerio Rubbino che ne pagò l’importo. 
In molte circostanze critiche i nostri concittadini ne hanno sperimentato le divine misericordie e, nelle calmità più gravi, si ricorse a questo Crocifisso non senza efficacia. 
Nella Cappella del SS. Sacramento si ammira un lavoro finissimo, stile gotico, proveniente dalla diruta Chiesa della misericordia, lavoro di architettura tedesca del secolo XIII° che sembra un leggiadrissimo merletto in marmo traforato, con sottili colonnine su cui poggiano magnifici capitelli che formano la base di un doppio disegno tricuspidale ornato di foglie di acanto artisticamente ricciute: ai due lati, a piedi del lavoro, sono due statuette di S. Pietro e Paolo.
Mons. Gioacchino Di Marzo, nel suo I Gagini in Sicilia, vol I°, paragona questa artistica custodia al Battistero di S. Maria di Reutlengen. 
L’Altare dello stesso stile, che era unico in Sicilia, per il barbaro gusto di novità degli Amministratori, fu sostituito da un altro di marmo di Taormina di stile moderno che non dice nulla. 
In Chiesa si conserva tuttora, dietro la Porta maggiore, un antico Battistero di marmo rosso con pilastrini ottagonali ed archetti ogivali con capitelli frondosi, nel quale, benché a stento, si legge la seguente iscrizione:

               “Qui crediderit et Baptizatus fuerit Salvus erit. Hoc opus Expeditum fuit per me Magistrum Angelum De Riccio de Messana. Sub Anno Incarnationis Domini + MCCCCXXXXVII “.

Chi avrà creduto e sarà Battezzato sarà salvo. Questo lavoro fu concepito da me Maestro Angelo De Riccio da Messina. Sotto l’anno del Signore 1447. 
Vi si venera in Chiesa una espressiva statua di Vincenzo Gagini della Madonna col Bambino sulle braccia e con bassorilievi in marmo nel piedistallo, proveniente in questi ultimi anni dalla Chiesa dei Minori Osservanti di S. Maria di Gesù: Un’altra Madonna, forse non del Gagini, ma della scuola si conserva ed è una Vergine col S. Bambino sul braccio sinistro intitolata Madonna della Misericordia, titolare della chiesa diruta omonima donde proviene. 
Sono anche venerate altre statue: il S. Cuore di Gesù e S. Giovanni Battista di recente fattura; S. Sebastiano proveniente dall’ex chiesa di S. Giacomo la quale ha subito anch’essa la sua crisi ed è stata convertita in Sala di concerto della banda musicale. 
 Originario anche della chiesa della Misericordia, sita fuor le Mura, è un quadro in legno della Nascita di Maria Vergine, col miracolo della salvezza di Randazzo, opera di Pavia Vincenzo siciliano, conosciuto col nome di Anemolo, uno dei primi pittori di Sicilia e discepolo di Polidoro di Caravaggio cinquecentista.
Vi è ancora un quadro in legno di ciliegio raffigurante la Madonna della Pietà del secolo XIII° di cui non si conosce l’autore. 
Ancora un’altra tavola si conservava in Sacrestia che poi fu portata in chiesa: era l’Annunziazione di Maria SS., un po’ deturpata alla base. 
Del nostro concittadino Gabriele d’Onofrio la chiesa di S.Martino possiede due quadri: uno della Risurrezione di Lazzaro dipinto nel 1674 e donato alla chiesa nel 1738 dalla Nobile Famiglia Romeo la quale donò anche alla stessa chiesa l’altro dell’Angelo Custode eseguito da Gabriele nel 1680. 
Inoltre esiste un quadro di S. Giuseppe d’ignoto autore e la discesa della Croce che fu donato alla Confraternita del SS. Crocifisso nel 1691 dal Dott. in S. Teologia Don Francesco La Manna, come si legge negli Atti del Not. Matteo Ribizzi. 
La chiesa è una preziosa Pinacoteca.
All’Altare maggiore è un elegante Coro di legno intagliato di stile barocco con 27 statuette di Santi, altrettanti portafiori in legno con pilastrini dietro le statuette coi loro capitelli, cornici ed altri fregi, tutto ad intagli: è il più bello tra le Parrocchie. 
Nel dicembre 1746 la chiesa di S. Martino fu consacrata da Mons. Francesco Tommaso Moncada che si trovava in Randazzo per la S. Visita. 
Sopra la porta maggiore, all’interno della chiesa, esiste una lapide di marmo che ricorda questa data:

           “Thomas Moncada Archiepiscopus Messanensis qui hoc Templum Sancti Martini urbis Randatii consecravit anno MDCCXLVI mense decembris. Pro anniversario vero diem XXI octobris assignavit “.

Nel 1751, come S. Nicola e S. Maria, fu decorata col Titolo di Collegiata e, con la elezione delle Dignità Capitolari, ebbe concessi i privilegi canonicali, compresa la Cappa di Coro e l’Ermellino che come le consorelle ebbe la conferma della S. Sede nel 1785. 
Ciò risulta dagli Atti del Not. D. Carmelo Ribizzi sotto la data del 6 marzo Indiz. IIIª 1785.

Nel Tesoro della chiesa si custodisce un grande Ostensorio luccicante d’argento e d’oro in forma di tempio, con piede tutto lavorato a teste di Angeli su cui si ammirano delle cariatidi alate che formano la base su cui poggia il tempietto tra le cui colonne sono le statuette degli Evangelisti e sopra, sul frontone, sono le statuette degli Apostoli e sulla cuspide il Cristo Risorto con una bandiera svolazzante. 

 

   


Così anche una Croce processionale d’argento a squame ricca di figure e di simboli; un calice d’argento con smalti ed un cofanetto d’avorio con alti rilievi di Santi, e la Mazza Capitolare di magnifico lavoro, come quella che possiedono S. Nicola e S. Maria. 
Nel 1898 è stato rifatto con indorature l’antico Pulpito appoggiato sulla base originaria che raffigura un uomo con un ginocchio piegato, sulle cui spalle poggia il Pulpito: è stato inaugurato dal Predicatore Apostolico R.mo Paolo da Pieve, in seguito Mons Tei Vescovo di Pesaro, venuto a Randazzo per presiedere il Capitolo Provinciale tenuto nel nostro Convento dei Cappuccini.
In tale occasione, occorrendo la festa di S. Felice da Cantalice, che da secoli si solennizza nell’ultima domenica di Maggio, la Processione Eucaristica che si suole fare girando per il quartiere dei Cappuccini fuori Porta S. Martino, quell’anno arrivò sino alla Chiesa Collegiata di S. Martino e là il sullodato R.mo Paolo tenne un magistrale Discorso sul SS. Sacramento. 
La Chiesa è anche dotata di un magnifico Organo liturgico
Ultimamente è stata rifatta la coperta, e la chiesa, nel 1936 è stata finemente decorata dal bravo artista Giuseppe Recupero da Belpasso, mentre l’anno precedente era stato rifatto il pavimento a mattonelle di cemento in sostituzione di quello che c’era prima in mattonelle di terracotta di forma esagonale.

Quando nel 1907 Randazzo ebbe la luce elettrica per la prima volta dall’Officina del Sig. D. Ciccione Vagliasindi, fra gli Edifizi pubblici fu la Chiesa di S. Martino che, nella notte di Natale ne fu doviziosamente illuminata. 
Esiste nella Chiesa una Confraternita intitolata al SS. Crocifisso di cui [non] si conosce l’anno di fondazione, ma venne aggregata all’Arciconfraternita del SS. Crocifisso della chiesa di S. Marcello a Roma, con la data del 12 gennaio 1627 ind. Xª. 
I Confrati si radunavano ogni martedì dopo pranzo per gli esercizi di pietà in onore della S. Croce. 
Aveva una sepoltura propria, ma venne abolita per le leggi di polizia mortuaria del Regno e quindi fu trasferita nel Cimitero comunale. 
Circa la stessa epoca nella Chiesa Parrocchiale di S. Martino fu aggregata l’antichissima Confraternita di S. Maria della Misericordia, proveniente dalla Chiesa omonima che, per vari motivi di inconvenienze segnalate alla S. Sede i Preti della Comunia provocarono dal Papa Urbano VIII° nel 1625 un Rescritto col quale si ordinava il passaggio alla Parrocchia di S. Martino non solo della Confraternita della Misericordia, ma di tutti i beni della Chiesa, abbandonando i locali sia dell’antica Chiesa quanto della nuova fabbrica che tuttora si vede ridotta a mandra di pecore ed a fornace per la manifattura di mattoni e tegole di terracotta e a fornace per la calce. 
Ho avuto per le mani un documento che è un memoriale che alcuni membri della Confraternita della Misericordia hanno diretto ai Giurati della Città di Randazzo perché per il tramite del Vicario Capitolare di Messina, in Sede Vacante, ottenessero dalla S. Sede la non esecuzione del Rescritto Pontificio che essi credevano che i Preti della Parrocchia avessero già ottenuto sia per l’aggregazione della Confraternita alla chiesa di S. Martino, come anche per il passaggio delle Rendite della Misericordia alla detta Parrocchia per fondarvi una Cappellania di 12 Cappellani. 
 Ne riportiamo qualche brano:

          “…detta Ecclesia di S. Maria della Misericordia et Confraternita è una delle antique Chiesi di questa Città fondata ed edificata di molti centinaia di anni di che non vi è memoria fora le mura di essa Città e poco discosta di quelli; la quali Ecclesia è stata ed è una delle Confraternite antiche come si è detto e di grandissima devotione dotata ed edificata delle elemosine di laici e particolarmente dalli fratelli di essa, nella quale vi è una devotissima imagine marmoria di Nostra Signora della Misericordia di perfettissima scultura e un quadro grandi della Natività di nostra Signora di valuta e maestria di scudi tricento, adornate di molti jugali Stendardi di tela d’oro, Crocifissi, Calici ed altri vestimenti sacerdotali per dirse le Messe; et così ancora tieni detta Chiesia Onze 60 l’anno poco più et meno di rendite fondati la maggior parti supra tenuti di terri, proprietà di censi enphiteutici et perpetui”,

I Confrati poi ricordano i sacrifizi fatti dagli antichi e dai presenti per il culto della Chiesa e per

          “la gran devotione che in quella vi è stato di tutto il populo di questa Città, aveva da circa 30 anni che si diedi principio a lato della detta Chiesa antiqua e devotissima per li fratelli che vi sono che vi sono stati e le loro elemosini particolari et travagli personali e detti renditi alla fabbrica di un’altra Chiesa con modello sontuoso et di bella forma, dove si have spese insino ad ora più di scudi quattromila alzati le mura maestre di detta Chiesia nuova da tre canni di terra d’intorno con la fabbrica di un campanaro complito con sei campane dentro, come le Vostre Signorie Spettabili ponno essere informati et si può veder tutto l’antedetto per inspectionem oculorum”

e protestano contro le ragioni addotte dai Preti di S. Martino che volevano accentrare nella Parrocchia tutte le opere della loro Chiesa della Misericordia e lavoravano

          “per ottenere che detta Chiesia di S. Maria della Misericordia si smantelli, levi et profani et si reduca et aggregi alla detta Chiesa Parrocchiali di S. Martino … perché detta Chiesia situata vicinu et subdita ad un vallone di acqua che corre onde vieni allo spesso danneggiata et piena d’acqua detta Chiesia. 
Secondo che vicino a detta Chiesia si buttano molti monditii per li cittadini. 
Terzo che per andare a detta Chiesia è necessario passare per i Santi certi fundachi et chi sia vicino di quelli, per le quali capi si ha rappresentato ed addutto molta inconvenienza et che perciò si deve dirrupare et convertere in uso profano”.

Continuando dimostravano tali asserzioni non corrispondere a verità come possono provare gli stessi Giurati, e come hanno potuto constatare gli Arcivescovi di Messina quando sono venuti in S. Visita (dagli Atti del Not. Giovanni Francesco Romeo della Città di Randazzo). 
Il visto posto alla Copia estratta dall’originale porta la data 30 novembre 1625  Indiz. 9ª  con la firma del Notaro Giuseppe Zappia Pro Maestro Notaro, il bollo a secco rappresenta il leone rampante stemma di Randazzo e porta la data 7 dicembre 1625  Indiz. 9ª  e la firma del Notaro Giovanni Napolitano. 
Queste proteste fatte da alcuni Confrati non approdarono a nulla e fu data esecuzione al Rescritto Pontificio favorevole alle richieste del clero di S. Martino e così Chiesa, Confraternita e beni furono assorbiti dalla Chiesa Parrocchiale. 
Prova ne sono vari Documenti dell’anno 1625 presso il Notaro Giovanni Napolitano, nei quali chiaramente si dice che la Confraternita della Misericordia è aggregata alla Chiesa di S. Martino, anzi in uno di essi si certifica che il Procuratore della Confraternita aggregata alla Chiesa di S. Martino Sig. Francesco Belladonna pagò a Giuseppe Travaglianti due pezzi di legno tagliati da questi nel bosco, necessari 

          per mittirici la campana che era nel campanile di dicta Ecclesia, nel Campanile di dicta Ecclesia di San Martino”.

Al presente non esiste più traccia di tale Confraternita che forse si fuse con quella del SS. Crocifisso, ma i beni e le opere d’arte con gli arredi, durano in gran parte. 
Dal Numero Unico per le Nozze d’oro Sacerdotali di Mons. Francesco Fisauli Arciprete di Randazzo rilevo questa notizia:

          ”dopo epica lotta col Demanio e Fondo Culto e dopo Sentenza del Tribunale di Catania in data 26-30 aprile 1888, dichiarante Beneficio Parrocchiale i beni di S. Martino e S. Nicolò, dietro contr’appello si viene nel 1889 ad una transazione con la quale il Parroco è reintegrato nel possesso già da parecchi anni in mano del Demanio, romborsato dei frutti indebitamente dalla due Amministrazioni percette”.

Non difettano in Parrocchia varie devozioni ed associazioni; anche qui fioriscono le organizzazioni di Azione Cattolica d’ambo i sessi.
Tanto tesoro d’arte, tanti ricordi, tanti cimeli acquistati e conservati per secoli, in pochi giorni si sono infranti e distrutti.

Nei giorni 6-7-8-9 agosto 1943, i bombardamenti anglo-americani colpirono in pieno questo pregevole monumento religioso e la Chiesa di S. Martino cadde dalla sua grandezza.

 

Agosto 1943 – Gli Alleati entrano a Randazzo. Sullo sfondo la chiesa di San Martino distrutta dai bombardamenti.

 


Della Chiesa rimasero semplicemente il vetusto campanile e la facciata della Chiesa all’esterno; all’interno rimasero le colonne e gli archi; andarono perduti i quadri e le tavole preziose fuorché la Risurrezione di Lazzaro che ebbe uno squarcio riparabile ed il quadro in legno della Pietà; fu distrutto il Tabernacolo artistico in stile gotico; la Statua della Madonna delle Grazie ha riportato,la rottura delle gambe del S. Bambino e caddero anche le mura perimetrali laterali ed anche la grande Casa Canonica subì gravissimi danni. 
Caddero anche la Cupola, tutta la Cappella del SS. Crocifisso, ma l’opera pregevole del Mattinati è rimasta appesa alla Croce sulla parete, senza riportarne alcun guasto; dell’Organo e del Coro non è rimasto nulla, tutto sepolto dalle macerie.
É rimasta la Sacrestia che oggi funge da Chiesa Parrocchiale con tutte le funzioni sacre che si facevano in Chiesa; è anche salvo il locale della Confraternita del SS. Crocifisso.
Il Parroco Lo Giudice Francesco Paolo succeduto a suo zio Can. Francesco Paolo Tripoli che fu il primo Parroco dopo la divisione delle Parroccchie, prendendo possesso del suo ufficio, trovò la Chiesa distrutta, ma si sta interessando per la sua riedificazione.

Nella Parrocchia di S. Martino esistono due Chiese che oggi vanno sotto il Titolo di Filiali.

  1. Pietro la cui fabbrica rimonta nell’ultimo ventennio del secolo XVIII°, quando l’area dell’antica Chiesa fu occupata dal Monastero dei Padri Basiliani i quali ottennero dall’Arcivescovo di Messina Mons. Spinelli oretenus il permeso di diroccare la Chiesa di S. Pietro, confermato poi dal suo Successore che ha mandato Lettere datate in Linguaglossa, in S. Visita, il 17 ottobre 1776 con le seguenti condizioni, cioè:

    “che si debba trasferire a spese del Monastero la Statua del glorioso Titolare S. Pietro nella Collegiata Parrocchiale Chiesa di S. Martino ed ivi accomodarsi l’Altare con Cappella sotto il Titolo di S. Pietro, benvisto al Rev.mo Arciprete e Canonici, a spese del suddetto Monastero e che fosse obbligato il Monastero, il giorno di S. Martino e quello di S. Pietro consegnare a detta Collegiata, per il Procuratore, rotoli due di cera lavorata in segno di recognizione di Chinea ed a detta Cappella applicarsi tutte le rendite, suppellettili, campane e tutto altro che detta Chiesa di S. Pietro sinora ha goduto e soddisfarsi il Cappellano o Procuratore tutti li pesi, oneri, funzioni e feste solite celebrarsi.
E tutte le preminenze e facoltà che il detto Arciprete godeva in detta Chiesa, siano allo stesso riserbate in detto Altare e Cappella.
E perchè in detta Chiesa vi era la Cappella di Santa Maria dei Dolori e Confraternita e sepoltura fatta dagli Confrati, che la Confraternita suddetta con detto altare fosse trasferito nella Chiesa di S. Giacomo ed edificarsi pure la Cappella per il glorioso S. Marco con il suo Quadro facendosi detti altare e sepoltura a spese del Monastero.
Sippure perché vi è l’immagine del SS. Crocifisso che si trasporti nella Chiesa di Santa Maria degli Ammalati con accordarsi l’Altare “.
E di queste Lettere per la puntuale osservanza si ordinava farsi minuta col consenso di detto Sig. Arciprete e del Clero della detta Collegiata di S. Martino ed in effetto fu per detto Arciprete e Clero fatta ascrizione e minuta, per l’Atto di Notaro D. Mariano  Palermo a 26 ottobre Indiz. Xª 1776
E perché risorsero questioni tanto per parte del Clero della Collegiata di S. Maria, che per antica consuetudine aveva il diritto il 25 aprile d’ogni anno processionare per tutta la Città, coll’intervento nommeno delle due altre Collegiate che di tutti li Regolari, e poi cantare la Messa; come pure per detti Confrati che non volevano detta Chiesa di S. Giacopo per essere umida, per resecare tali disturbi e questioni si ricorse a S. Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescovo di Messina per il quale, con sue Lettere date nella stessa a 4 marzo 1777 e presentate a 7 suddetto, si prescrisse che:

“detta processione terminasse nella Chiesa di S. M. degli Ammalati, quale nell’avvenire si chiamasse S. Pietro con farsi cinque Altari, uno per il Titolare S. Pietro, altro per il SS. Crocifisso, ed altri per S. M. degli Ammalati, S. Maria dei 7 Dolori e S. Marco, con ampliarsi detta Chiesa, confermando per lo restante l’altre Lettere in data 17 ottobre 1776”.

Ed in effetto si comprò per detti Padri o sia sua Persona Sommessa che fu il Notaro D. Mariano Palermo, una casa contigua di Mastro Giuseppe e Can. D. Ruggiero Riolo e per Atto di vendita in Notaro D. Carmelo Ribizzi a … gennaio Xª Indiz. 1777 e si fece un pezzo di Chiesa e Sacrestia, un piccolo Campanile e si situarono le campane, li quadri ed altari, facendosi la prima funzione del glorioso S. Marco a 25 aprile 1777, facendo pure la Sepoltura per detti Confrati, come più diffusamente si vede tanto nella serie di detta scrittura calendata che di dette Lettere a volume con le scritture raccolte dal Can. D. Diego Garagozzo Procuratore di detta Chiesa, a spese della detta Chiesa. 
Di detti Rotola due ni spetta alla Chiesa di S. Pietro rotolo uno perché non fu situato detto Altare nella Collegiata di S. Martino; onde il Procuratore di detta Collegiata deve ogni anno sopra di rotola due dovute dai Padri Basiliani consignare rotolo uno Nova, così avendo determinato il R.mo Sig. Arciprete.
Ed infatti il Procuratore di S. Pietro ricevi cera rotolo uno da detto Procuratore di S. Martino in virtù d’apoca in Not. D. Candeloro Plumari, a 29 novembre Indiz. XI 1777.
Questo atto di pagamento conservato nel Volume delle Scritture di detta Chiesa, oltre dell’altri pagamenti meglio descritti nell’Introiti susseguenti.
Detta Chiesa di S. Pietro fu diroccata, ed in altre furono per detti Padri comprate due case terrene con la gran Cisterna esistenti nel Baglio della Chiesa olim chiamata di S. M. degli Ammalati al presente di S. Pietro dal Sig. Mastro Giuseppe e Can. D. Ruggero Riolo, padre e figlio per ampliazione del loro Monastero ed al presente sono in fabbrica ”.

Le notizie sopracitate le ho avute da un manoscritto contenente le giuliane di alcune Chiese, fra cui quella di S. Pietro, in possesso del Sig. Farmacista Tommaso Mannino.
La Confraternita di cui sopra, sotto il Titolo di S. Maria degli Agonizzanti è tuttora abbastanza fiorente.
Ogni domenica dopopranzo i Confrati si riuniscono per gli esercizi di pietà, ma un tempo ogni prima Domenica del mese si accostavano ai SS. Sacramenti della Canfessione e della Comunione nella propria Chiesa.
In questa Chiesa al presente si conservano due belle Statue, una dell’Addolorata ed una di S. Pietro Apostolo, oltre all’Immagine del SS. Crocifisso che viene portato in processione per la Città tutti gli anni, insieme all’Addolorata, la sera del Venerdì Santo, con l’intervento di tutte le Confraternite, del Clero secolare e Regolare e del Magistrato accompagnato dal Corpo delle Guardie Municipali.
La Chiesa è ben coltivata. Si solennizzano le Feste di S. Pietro e di S. Paolo con Vespri e Messa Cantata; la Festa dell’Addolorata nella 3ª Domenica di Settembre con Novenario e Messa Cantata, Vespri ed anche Processione del Simulacro.
Un tempo non lontano si teneva un pubblico mercato; anche si celebra la Novena di Natale con la Festa e con la Messa Cantata ogni mattina di buon’ora.

  1. Barbara sita vicino all’antica Porta della Fiera in origine, accanto alla Chiesa di S. Maria della Pace.

Queste due Chiese avevano una Confraternita ciascuna dedicata alla relativa Titolare.
Di comune accordo si fusero in una, tanto le Chiese quanto le Confraternite, conservando il doppio nome di S. M. della Pace e S. Barbara.
Da un documento del 23 novembre 1624 Indiz. VIIIª registrato presso il Notaro Giovanni Napolitano, rileviamo che alcuni Confrati che appartenevano alle due Confraternite, in una seduta stabilirono che essendosi ormai riunite in una le due Chiese, dovessero pagare all’unica Confraternita tutto ciò che essi dovevano sia per gli arretri come per il presente ed il futuro.

Esiste ora la Chiesa sotto l’unico nome di S. Barbara, ma non si hanno più notizie nè memoria della Confraternita.

I bombardamenti del 1943 bucarono una parete, ma l’edifizio è rimasto ed al presente si celebra la Messa festiva.

 

STORIA E VALUTAZIONE ARTISTICA DELLA CHIESA DI SAN MARTINO DI RANDAZZO 
(di Don Calogero Virzì)

  1. – LA STORIA:

    La chiesa di san Martino sorge nel quartiere di ponente della città e precisamente in quello che originariamente era abitato dalle popolazioni lombarde venute in Sicilia ed a Randazzo nell’epoca normanna. 

    Anche per san Martino, gli scrittori storici municipali, risalenti al sec. XVIII, quando le competizioni campanilistiche facevano trovare rivalse di glorie poco provate rivalse di glorie poco provate da documenti, ci portano al lontano secolo quinto.

    Essa avrebbe preso il posto della piccola chiesa di S. Stefano, che faceva da cattedrale alla primitiva popolazione della città. La prima chiesa era ad una sola navata, ma nel sec. XVIII fu ampliata a tre navate, occupando il locale su cui prima sorgevano le chiesette di S.  Clemente, S. Cataldo e S. Ippolito.

    La storia della chiesa per noi comincia a questo punto e fino al ritrovamento di altri documenti, releghiamo le sue vicende antecedenti nel regno della poca provata tradizione.
   Oltre al campanile altri testimoni della chiesa del sec. XVIII sono due rozzi leoni in arenaria, ora, perché non andassero dispersi, infissi ai fianchi della porta della città detta S. Martino. Probabilmente essi sorreggevano il protiro a colonne dell’entrata principale della chiesa.
Un rimaneggiamento di grande rilievo dovette subire verso la fine del sec.  XV, quando si aggiunse una quarta navata con l’intento di farne una quinta in seguito; essa era già iniziata e prima del 1943 se ne vedevano ancora le costruzioni delle fondamenta appena iniziate.
Testimoni di questo rifacimento erano le porte laterali in arenaria che nelle decorazioni sobrie, e con un non so che di rude e di aggraziato, di arcaico e di civettuolo, accennavano ai primi passi dell’arte siciliana verso  il rinnovamento della rinascenza. La facciata, inoltre, ci conserva una linea di metope, anch’esse in arenaria, che, indubbiamente sono di questo periodo.

    In secolo imprecisato, probabilmente nel sec. XVII, quando l’ondata del barocchismo percorse tutta la nostra terra, distruggendo gran parte del patrimonio artistico che rappresentava la nostra migliore estrinsecazione dell’arte, anche la chiesa di S. Martino subì la sua profonda trasformazione.
    Anche qui, come in S. Nicola, unica nota romanico-lombarda rimasta, sono gli archetti pensili che contornano la linea perimetrale dei tetti della navata centrale.
   Ultimi lavori e ridimensionamento delle parti sono quelli seguiti ai gravissimi danni bellici subiti dalla chiesa. Il Genio Civile ne curò la ricostruzione ed a posto del tiburio poligonale innalzò una sgraziata cupola che mortificò tutto il complesso architettonico.

  1. – VALUTAZIONE ARTISTICA:

       L’attuale costruzione, di origine duecentesca, mostra nel suo impianto tutte le profonde trasformazioni subite lungo i secoli successivi che ne hanno alterato lo schema originario. Ben visibili, infatti, sono le tappe di queste trasformazioni che ci lasciano la possibilità di individuare le varie età delle modanature che la ornano, la  gotica, la rinascimentale, e soprattutto la barocca che tutto investe e trasformò facendo appena trasparire qua e là solo qualche traccia delle epoche precedenti.
   Espressione sublime di arte, del gotico siciliano, con influenze certamente estere, è il cuspidato campanile affiancato alla chiesa, che si innalza come uno stelo di fiore, a quattro dadi sovrapposti, nella sua bicromia di bianco calcare e di nero lavico.
     La sua nota caratteristica sono le monofore archiacute accoppiate con intradosso trilobato e profondi sguanci ornati da colonnine polistici a fascio, che si aprono al primo e al secondo piano. Al terzo piano un nuovo bellissimo motivo orna la cella campanaria: sui quattro lati si aprono splendide trifore mitrate in una pietra chiara dal tempo e ornate da rosoncini gotici a traforo.  Un’altra guglia poligonale, purtroppo malamente restaurata, imprime a tutta la costruzione un senso di snellezza aggraziata propria delle costruzioni gotiche.
   Le mura di diverso materiale specialmente al pian terreno, la varietà dello schema delle monofore, la diversa tecnica muraria tra il primo e il secondo piano ci dicono che esso è il prodotto di epoche diverse nell’indirizzo e nel tempo, ma questi sono unificati dall’eterno soffio dell’arte che fa del campanile di S. Martino, a detta del Maganuco, una espressione architettonica veramente impotente.
La facciata è di un sobrio barocco a blocchi di basalto a grane fina abilmente squadrata. Essa è a saliente con raccordo angolare a modanatura sinusoidale. Mentre il piano superiore, incoronato da un timpano classico sormontato da ornamenti a raggi, è dominato da un grande finestrone a larghe mostre inquadrato da un grosso cornicione fortemente aggettante sopra una fascia di sapore dorico a sfaldate metope in arenaria inquadrata da classici triglifi in basalto, è ornata da un portale centrale solenne nel suo coronamento semilunare sostenuto da coppie di colonne su altissime basi e da due portali laterali, aggraziata espressione di un movimentato sobrio barocco.
   L’interno è di tipo basilicale a tre navate con doppia fila di colonne in rocchi di basalto coperti di stucco.
   Gravi furono i danni subiti a causa degli eventi bellici. La chiesa fu letteralmente squartata: caddero le mura perimetrali delle navate, furono distrutte in numero rivelante le opere d’arte, la chiesa perdette l’anomala quarta navata  ed ora, ricostruita, si presenta nella sua patina di colori moderni, immensa e spoglia pur rimanendo un nobile complesso architettonico equilibrato nelle sue parti e distinto nelle sue modanature.

RANDAZZO: LE TRE CHIESE
(di Enzo Crimi)

Randazzo è la prima antica città che troviamo tra la valle del fiume Alcantara e l’Etna, il grande “signore del fuoco”. Il nome dopo tantissimi secoli, sa ancora di mistero e varie sono le ipotesi a cui va ascritta la sua origine.

Tuttavia, senza addentrarci in una ricerca storica alquanto intricata e lasciando il dilemma agli studiosi del settore, ci piace condividere la tesi di alcuni antichi ricercatori, secondo i quali, Randazzo era chiamata Trincala, a richiamare l’antica e leggendaria città greca il cui nome significa “dotata di tre virtù”, questa circostanza viene sostenuta forse per il fatto che tre sono stati i popoli che per un lungo periodo si sono contesi questa città e che forse hanno compartecipato alla sua fondazione: i Greci, insediati nel quartiere di San Nicola, i latini stanziati attorno alla chiesa di Santa Maria ed infine i Lombardi, venuti al seguito dei Normanni stabiliti nel rione intorno alla chiesa di San Martino. Sembra che la convivenza tra queste popolazioni, non fosse molto collaborativa, infatti, gli storici evidenziano una forte rivalità sino agli anni sessanta e scrivono che tutta la storia antica di Randazzo, è intrecciata di fatti e accadimenti dove emerge sempre un forte antagonismo, tra le popolazioni che abitavano i tre quartieri.

Prova ne è, per cui le tre chiese, ognuna a rappresentazione del proprio rione, vicendevolmente nel tempo, dovevano fungere da matrice e vani sono stati i tentativi di intesa e unificazione fatti da personalità autorevoli e stimate e da saggi cittadini, perché ogni stirpe era gelosa dei propri elementi distintivi.

Quindi una composizione trittica insediatesi attorno alle tre chiese, che racchiude tre popoli, tre lingue, e persino tre strade che tagliano il paese da oriente ad occidente: la strada Soprana, la strada Sottana e la strada Esterna che accostandosi sotto le mura di cinta a sud del centro abitato, arriva sino alla porta medievale di levante. Dunque, i tre principali quartieri della cittadina, sono fortemente rappresentati dalle loro chiese.

LA CHIESA DI SAN MARTINO – Nella chiesa di San Martino, ancora oggi, come sostenuto dagli studiosi, si erge il più bel campanile medievale di Sicilia, sublime espressione del gotico siciliano del 1300, corredato di raffinate finestre bifore e trifore, realizzate con pietre bianche arenarie e nere laviche che danno alla struttura una piacevole visione cromatica di rilevante fascino.

Il campanile è composto da quattro piani sovrapposti di stili diversi, che risalgono ad un arco di tempo che va dal XII al XIII secolo.  La facciata di stile barocco, si presenta ancora oggi imponente, leggera e sobria, disegnata in conci lavici squadrati e finemente lavorati. Il piano terra è in conci lavici, di media pezzatura, minuziosamente squadrati. Al secondo e terzo piano si aprono delle incantevoli monofore binate ad arco acuto con colonnine a bande bicrome. Al quarto piano la cella campanaria è ornata sui quattro lati da trifore in pietra bianca. 

Diverse e pregevoli sono le opere d’arte che la chiesa detiene,  pregne di grande spiritualità: il fonte battesimale in marmo rosso, una statua della Madonna in marmo bianco attribuita a Vincenzo Gagini,  il prezioso e leggendario  “Crocifisso della pioggia”, scultura  in legno, realizzata dal messinese  G.A. Matinati, un Ciborio di marmo traforato in stile gotico,  una tavoletta con la Pietà del XV secolo e un polittico del XV secolo attribuito ad Antonello de Saliba.

Un altro esclusivo pezzo storico  è  il  “Libro Rosso”, un preziosissimo reperto del 1500 sul quale venivano registrati minuziosamente gli avvenimenti importanti che interessavano la comunità randazzese, come ad esempio il passaggio da Randazzo dell’imperatore Carlo V, avvenuto il 17 ottobre 1535.

Sembra che la chiesa di San Martino, sia stata fondata ed edificata, almeno nel primo periodo, dai lombardi molto devoti al Santo e  venuti al seguito dei Normanni.

San Martino, patrono dei mendicanti, oltre all’11 novembre liturgico, data della sua sepoltura, lo ricordiamo per il suo gesto misericordioso di tagliare in due con la spada  il suo mantello per offrirne metà a un povero infreddolito.

Nel 361 aveva fondato a Ligugé in Francia, una comunità di asceti e il primo  monastero in ordine di tempo in Europa. Nel 371 viene eletto vescovo di Tours, una cittadina francese, dove il Santo è sepolto.

a cura di Lucio Rubbino

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