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Angela Militi – I resti di un antico mulino ad acqua sul fiume Flascio: una memoria storica dimenticata.

I resti di un antico mulino ad acqua sul fiume Flascio: una memoria storica dimenticata.

Nella contrada Flascio di Randazzo, a poca distanza dall’omonimo fiume, sorge un complesso composto da diversi corpi di fabbrica giustapposti, uno dei quali pertinente ai resti di un antico mulino ad acqua [Fig. 1], per la lavorazione dei cereali, le cui origini affondano nel lontano XII secolo.

Fig. 1

Figura 1: Randazzo (CT), Contrada Flascio, I resti del mulino ai nostri giorni

L’odierna forma del toponimo che designa la contrada è l’effetto di una ipercorrezione, in quanto dalle antiche attestazioni, risalenti al Medioevo, la forma originaria era Fraxinu, il cui fitonimo dal latino fraxinus, attesta la presenza di un bosco di frassino.

Il territorio che si estende lungo il fiume Flascio[1], da sempre crocevia naturale di passaggio, è un luogo di notevole rilevanza paesaggistica e di grande interesse storico-culturale, immerso nella natura incontaminata della valle dei Nebrodi [Fig. 2], il quale mantiene ancora quasi del tutto inalterati i caratteri insediativi delle comunità di tradizione agro-selvo-pascorali.

Fig. 2Figura 2: Medio bacino del fiume Flascio, versante meridionale dei Nebrodi, località Zarbata, foto Salvo Granato

Ha attraversato secoli di storia, testimone nel 1061 del passaggio di Ruggero d’Altavilla (m. 1101), futuro conte di Sicilia, e del fratello Roberto il Guiscardo (1015-1085), che, racconta la cronaca di Malaterra[2], muovendo da Messina con il loro esercito, valicando i Nebrodi, sopraggiunsero «ad Fraxinos» (ai Frassini) e successivamente «ad Maniaci pratum» (al prato di Maniaci)[3].

Le origini del mulino mosso dall’energia idraulica è molto antica. Le prime testimonianze si hanno a partire dal I secolo a. C., nell’area del Mediterraneo orientale. La prima è più antica menzione di un mulino ad acqua o hydralétes è quella dello storico e geografo greco Starbone (50 a. C. – 25 d. C.), che nel suo trattato Geografia, descrive un mulino ad acqua a Cabria nel Ponto, fatto costruire dal re Mitridate VI Eupatore (120 a.C.- 63 a.C.) nel suo palazzo reale[4].

I Romani conoscevano il principio del mulino ad acqua: l’architetto romano Vitruvio Pollione (I sec. a.C.), nel quinto capitolo del libro X del suo trattato De Architectura, ne descrive il funzionamento, dopo aver descritto alcune ruote per il sollevamento dell’acqua:

Fiunt etiam in fluminibus rotae eisdem rationibus, quibus supra scriptum est. Circa earum frontes affiguntur pinnae, quae cum percutiuntur ab impetu fluminis, cogunt progredientes versari rotam, et ita modiolis aquam haurientes et in summum referentes sine operarum calcatura, ipsius fluminis impulsu versatae, praestant quod opus est ad usum. Eadem ratione etiam versantur hydraletae, in quibus eadem sunt omnia, praeterquam quod in uno capite axis [habent] tympanum dentatum et inclusum. Id autem ad perpendiculum collocatum in cultrum versatur cum rota partier: secundum id tympanum majus, item dentatum, planum est collocatum, quo continetur [axis habens in summo capite subscudem ferream, qua mola continetur]. Ita dentes ejus timpani, quod est in axe inclusum, impellendo dentes tympani plani, cogunt fieri molarum circinationes; in qua machina impedens infundibulum subministrat molis frumentum, et eadem versatione subigitur farina[5].

Vitruvio tace sulle condizioni che avevano determinato il passaggio di questa tecnologia dal mondo ellenico a quello romano. Tuttavia i Romani non ne fecero largo utilizzo data la rilevante disponibilità di schiavi e bestiame, sfruttati come forma alternativa di energia.

L’impiego e la diffusione del mulino ad acqua si diffuse largamente in Europa solo nel corso del Medioevo, favorita dai Benedettini: il capitolo LXVI (De ostiario Monasterii) della Regola di San Benedetto del 540 d. C. raccomanda un mulino ad acqua all’interno del monastero: «Monasterium autem (si fieri potest) ita debet construi, ut omnia necessaria, id est, aqua, molendinum, hortus, pistrinum, vel artes diversae intra Monasterium exerceantur»[6] (il monastero – se possibile – deve essere costruito in modo che tutte le cose necessarie, come l’acqua, un mulino, un orto, un forno, o i diversi mestieri debbano trovarsi all’interno del monastero) [Fig. 3].

Fig. 3Figura 3: Ricostruzione di un monastero benedettino

In Sicilia la diffusione dei mulini idraulici la si deve soprattutto agli Arabi e ai Normanni, i quali incanalarono l’acqua dei fiumi e dei torrenti per impiegarla come fonte di energia cinetica per muovere la ruota idraulica.

I mulini medievali della Sicilia, scrive Henri Bresc, erano strutture piccole che non necessitavano di una grande quantità di acqua. Questa, canalizzata dal fiume o dalla sorgente dentro una condotta, azionava una ruota in legno che trascinava la macina in pietra per la molitura[7]. Il tipo di mulino idraulico più diffuso in Sicilia era quello detto a ruota orizzontale o ritrecine [Fig. 4]. Per edificare un mulino e per utilizzare l’acqua del fiume era necessario ottenere una concessione regia, inoltre gli stessi erano soggetti al fisco regio. I proprietari erano per lo più i monasteri, i vescovadi, esponenti della classe feudale o della aristocrazia urbana[8]: ciò era dovuto al fatto che l’impianto di un mulino richiedeva un cospicuo investimento di capitale che solo costoro erano in grado di sostenere. Esso, inoltre, costituiva un’importante fonte di reddito sicura per il feudatario: in genere veniva concesso in affitto dietro pagamento di un canone annuo da corrispondere in natura o in denaro, il gabellotto, altresì, era tenuto a provvedere alle spese di manutenzione e delle eventuali migliorie.

Fig. 4Figura 4: Schema di funzionamento di un mulino a ruota orizzontale (ritrecine)

Il documento più antico che annota la presenza di un mulino azionato ad acqua nel Val Demone, risale al 1082, quando il conte Ruggero d’Altavilla dona alla chiesa vescovile di Troina «unum molendinum in flumine»[9] (un mulino sul fiume).

Dell’antico impianto molitorio del Flascio si sono conservati parte dell’acquedotto ad archi a tutto sesto in pietra lavica e malta [Figg. 5-6], il quale convogliava attraverso un canale detto saja («sagitta») [Fig.7] l’acqua sino alla torre gradonata[10] [Fig. 8], un canale verticale di carico, meglio conosciuto come botte («buttis»), il quale raggiungeva diversi metri di altezza, uno degli elementi più importanti del mulino.

Fig. 5
Fig. 6Figure 5-6: Resti dell’acquedotto ad archi a tutto sesto

Fig. 7Figura 7: Resti della saja

Fig. 8Figura 8: Resti del canale verticale di carico (botte)

L’esistenza di un mulino nel tenimento detto di Fraxinum nel territorio di Randazzo, ci è documentata, indirettamente, per la prima volta nel maggio del 1140: in tale anno un certo Ronfredo de Nas[11] donava al monastero di Santa Maria di Valle Giosafat una certa chiesa con vigneto e «cum decima unius molendini»[12] (con la decima di un mulino) e con le decime degli uomini latini, ovvero sui Cristiani, e tanta terra quanta una coppia di buoi poteva arare per un anno[13]. Questo dimostra che il mulino, il più antico di cui si abbia notizia nella terra di Randazzo, era già presente e funzionante ben prima di questa data. Esso si ritrova menzionato in altri tre documenti. Il primo è una bolla rilasciata da papa Adriano IV – giudicata falsa da Garufi[14] – e datata primo marzo 1154[15], con il quale il pontefice confermava al monastero i privilegi rilasciati dai suoi predecessori, Innocenzo II, Eugenio III ed Anastasio IV. Il secondo è un privilegio di conferma dato dal re Gugliemo I il Malo (1120-1166), con il quale il sovrano procedeva a confermare al monastero i privilegi concessi allo stesso da suo padre Ruggero II e da altri baroni[16]. Il terzo è una lettera congiunta di Ludovico e Giovanna, datata primo aprile 1357, con la quale i sovrani ordinavano agli ufficiali della città di Messina, su richiesta dell’abate del monastero di Santa Maria di Valle Giosafat, di rispettare i diritti di possessione sui casali, concessi allo stesso dai tempi remoti sino alla morte di Roberto d’Angiò (1276-1343). Alla missiva seguiva il privilegio di conferma di Guglielmo II il Buono (1153-1189) del gennaio del 1188[17].

In seguito non si hanno altre menzioni fino al 1395, allorquando i sovrani Martino I il Giovane e Maria, con il privilegio del 28 giugno 1395, concedevano a Corrado Lancia[18], figlio del nobile Perruccio[19], il feudo vocatum lu Fraxinu, confiscato al ribelle Iohannes seu Antonius de Castella eius frater, posto nel territorio di Maniace[20], con tutti gli annessi e connessi, ovvero «herbagiis, glandagiis, decimis, censualibus, aquis, molendinis, aqueductibus, viridariis, vineis» (erbaggi, ghiande, decime, censi, acque, mulini, acquedotti, giardini, vigne)[21]. Questo documento è un’importante fonte d’informazioni, dato che oltre a confermarci l’esistenza del mulino, testimonia anche la presenza di una presa d’acqua, ossia la canalizzazione che adduce l’acqua del fiume all’impianto molitorio. Il fatto che nel privilegio venga impiegato il plurale molendinis e aqueductibus non implica necessariamente la presenza di più di un mulino così come di più di una presa d’acqua nel feudo.

Il feudo Fraxinu[22], incamerato dalla regia corte dopo la morte di Belengarie di Antiochia[23], venne concesso cum iuriribus et pertinenciis suis da Alfonso il Magnanimo, mediante un suo privilegio datato 11 gennaio 1421, al nobile aragonese Gonsalvo (Godinsalvo) de Monroy[24]militis camerarii et consiliarii regii [25].

Dopo solo tre anni, il 28 agosto 1424, Gonsalvo de Monroy donava, con atto di donazione inter vivos rogato dal notaio Nicola de Augusta, al miles Gomes de Quadro e ai suoi eredi e successori, i feudi di lu Fraxinu e di Briemi con le loro pertinenze «nemoribus vallonibus fluminibus rivis aquarum decursibus et saltibus glutis mandris tracirii mineriis molendinis viridariis terris cultis et non cultis» (boschi, valli, fiumi, torrenti, corsi d’acqua e salti, cereali, mandrie, … miniere, mulini, giardini, terre colte ed incolte), che l’infante Pietro, fratello del re Alfonso, confermava, con privilegio del primo novembre[26], escludendo e riservando, come di consueto, totalmente dalla presente conferma le leggi di lignare, le miniere, le saline, le foreste, i giardini e le antiche difese di dominio regio, e quelle cose spettanti dai tempi antichi allo stesso demanio[27].

Gomes, con testamento del 25 agosto 1455, lasciò i due feudi al figlio Giovanni, che prestò omaggio feudale e giuramento di fedeltà a re Alfonso, innanzi al viceré Lop Ximen Durrea (de Urrea) il 16 luglio 1456[28], ed ancora a re Giovanni, l’8 giugno 1459, tramite il suo procuratore Pardus de la Casta[29]. Nel 1486, in seguito alla morte di Giovanni, (anno di redazione del suo testamento[30]) questi beni feudali passarono, per disposizioni testamentarie, alla figlia minore Giovannella (affidata, assieme alla sorella Tucia, alla tutela dello zio materno Riccardo Filangeri), che nel 1490 li portò in dote al miles Pietro Rizzari. Qualche anno dopo, il 5 novembre 1495, Giovannella prestava omaggio feudale e giuramento di fedeltà a re Ferdinando II, tramite il suo procuratore Angelo Rizzari[31].

Stando all’elenco dei mulini esistenti nella terra e nella flomaria magna della terra di Randazzo – sottoposti al pagamento del censo regio -, riportato da Giovan Luca Barberi, segretario e maestro notaio della Real Cancelleria siciliana, nel suo Liber de Secretiis[32], sappiamo che, nel 1506, nel feudo Fraxino erano attivi due impianti molitori, uno vocato di Faso[33], al quale erano annessi anche una serra (serre), cioè una sega azionata da ruote idrauliche per segare i tronchi d’albero [Fig. 9], e un battinderio (bactinderio) o gualchiera, un mortaio per la follatura dei panni[34] [Figg. 10-11]; l’altro nominato lu Faxo subtani[35] dotato di una macina per i cereali e di un battinderio. La forma Faso/Faxo può essere dovuta ad un errore di scrittura con dimenticanza del relativo segno abbreviativo, ad una forma dialettale o ad una forma contratta di Fraxino. L’appellativo indica con l’avverbio di luogo subtani (sotto) la sua posizione, ovvero più a valle rispetto all’altro mulino, posizionato più a monte.

Fig. 9Figura 9: Sega azionata da ruote idrauliche, rappresentazione di Francesco di Giorgio Martini del XV secolo, Biblioteca apostolica Vaticana, Codicetto, Urb.lat.1757, f. 165v

Fig. 10Figura 10: Battinderio, G. A. Böckler, Theatrum machinarum novum, Noribergae 1662

Fig. 11Figura 11: Il moto di rotazione generato dalla caduta del getto d’acqua sul ritrecine, veniva trasmesso, oltre che alla macina, all’albero motore, provvisto di camme, del battinderio, il quale azionava a sua volta delle grandi gambe di legno o magli (folloni) che alternativamente battevano il tessuto grezzo di lana, in precedenza immerso in acqua, soda, urina e argilla, per perdere il grasso che rivestiva le sue fibre

La nobildonna, il 5 marzo 1507, donava i feudi, mediante una donazione irrevocabile inter vivos, di dubbia autenticità[36], alla chiesa di Santa Maria di Randazzo, che veniva in seguito confermata con regio assenso del 28 aprile e resa esecutiva il 31 luglio. Un ulteriore donazione inter vivos contribuì ad ingarbugliare le cose: nel novembre del 1513, Giovannella donava i feudi con le loro pertinenze «terragiis herbagiis nemoribus aquarum decursibus et aliis» ad Andrea Santangelo – sposato in seconde nozze dopo la morte di Pietro Rizzari – ed ai suoi eredi e successori in perpetuum.

Non è possibile, in questa sede, offrire una disanima completa dell’intrigata vicenda, che sarà trattata più ampiamente in un saggio in corso di stesura, a ogni modo, qui sarà sufficiente accennare che alla morte della baronessa Giovanella (avvenuta il 15 luglio 1529), il notaio Pietro Paolo Russo di Randazzo investiva Iohannes Georgius Preximone, procuratore della chiesa di Santa Maria, nel «naturalem civilem corporalem actualem realem» (naturale, civile, corporale, attuale, reale) possesso del feudo Fraxinu, attraverso la consueta cerimonia che dava veste ufficiale alla titolarità del feudo. L’atto solenne ebbe luogo sulle terre del feudo, il 30 luglio 1529, alla presenza del notaio, dei testimoni e degli ufficiali di Randazzo, seguendo una precisa ritualità e specifici gesti, nel nostro caso, «per tactum lapidis erbarium aquarum» (attraverso il tocco della pietra di confine, delle erbe e delle acque), e per incisione degli alberi come solita tradizione[37].

Del mulino non si hanno notizie successive fino alla metà del XIX secolo (1847), quando il Plumari nel suo manoscritto Storia di Randazzo, disquisendo delle chiese della città, riportava che la «Chiesa dè SS. TRE-RÈ, fin’oggi esistente presso la Torre del Fraxio»[38]. Come si legge dalle parole del reverendo la chiesa dedicata ai Santissimi Tre Re (Re Magi) si trovava vicino alla Torre del Flascio, ovvero la botte del mulino, denominata così dallo storico e in alcune mappe topografiche [Fig. 12] per la sua della somiglianza con una torre.

Immagine 2023-06-29 163713Figura 12: Particolare della mappa «Contorni dell’Etna» pubblicata da Karl Baedeker nel 1869

Seguendo le indicazioni del Plumari e confrontandole con i dati topografici e quelli ricavati dalle Mappe del Catasto borbonico del 1852 [Fig. 13] e dal Sommarione del Catasto provvisorio siciliano del 1852, che registra una chiesa e un mulino di proprietà dell’Opera de Quatris[39], è possibile identificare la chiesa dei Santissimi Tre Re con la chiesetta annessa alla masseria, un tempo appartenuta alla baronessa de Quadro, della quale oggi restano solo i ruderi[40] [Fig. 14] e una rara fotografia d’epoca, riportata nel libro Le cento chiese di Randazzo di Salvatore Rizzeri[41] [Fig. 15].

Fig. 13Figura 13: Particolare, Mappa del Territorio di Randazzo, Regione Siciliana, CRCD, U.O IV, Archivio cartografico Mortillaro di Villarena, mappa n. 151

Fig. 14 bisFig. 15

 

 

 

 

 

 

 

Figura 14: Ruderi della chiesa dei SS. Tre Re
Figura 15: Una rara foto (forse unica) della chiesa come si presentava alla fine degli anni ’90

La presenza di questo mulino viene poi registrata nelle mappe “Europe in the XIX. Century – Third Military Survey -” del 1862-1876 [Fig. 16] e in una mappa edita dal Touring Club d’Italia nel 1919 [Fig. 17].

Immagine 2023-06-29 163804Figura 16: Particolare della mappa C26 “Europe in the XIX. Century – Third Military Survey”

Immagine 2023-06-29 163831Figura 17: Particolare della mappa “Etna” edita dal Touring Club d’Italia nel 1919

Ed ancora nel 1933 quando con il provvedimento del 28 settembre, viene riconosciuto all’arciprete Francesco Germanà, presidente pro tempore dell’Opera de Quatris, il diritto di ricavare dal torrente Flascio «mod.[42] 0,31 di acqua per sviluppare mediante il salto di m. 11, la forza nominale di HP[43] 4,55 allo scopo di azionare un molino»[44].

NOTE

[1] Il fiume Flascio ha origine dal lago Pisciotto nel territorio di Tortorici, a quota 1250 metri s. l. m. e dopo un percorso di circa 16 chilometri confluisce nel lago Gurrida, nel territorio di Randazzo. Ringrazio di cuore il mio caro amico Salvo Granato per avermi mandato la foto del fiume.
[2] Goffredo Malaterra fu un monaco benedettino di origine normanna, appartenente al monastero di S. Agata di Catania, di cui fu abate il vescovo di Catania Angerio. La sua opera in quattro libri, che nella sua edizione più recente, è intitolata De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius, gli venne commissionata dal conte Ruggero I e rappresenta la cronaca “ufficiale” della conquista della Sicilia.
[3] GAUFREDI MALATERRAE, Historia sicula, in Rerum Italicarum Scriptores, ed. L. A. Muratori, Mediolani 1724, Tomus V, p. 562.
[4] Della Geografia di Strabone Libri XVII, volgarizzati da Francesco Ambrosoli, Milano 1834, Vol. IV, Libro XII, cap. 2, p. 146.
[5] MARCI VITRUVII POLLIONIS, De Architectura Libri decem, ed. by Jo. Gottlob Schneider, Venetiis 1855, X, col. 383. (Trad. “Anche lungo i fiumi si trovano delle ruote che funzionano con il medesimo sistema, di quelle che sono state descritte sopra. Intorno alle loro parti esterne sono attaccate delle pinne, che quando sono colpite dall’impeto del fiume fanno in modo che, mentre procedono, la ruota giri, e così, mediante la potenza del fiume e senza l’opera degli uomini, danno ciò che è necessario all’uso attingendo l’acqua con i secchielli e portandola in alto. Allo stesso modo si muovono anche gli altri mulini ad acqua, nei quali vi sono tutte le medesime cose, eccetto che hanno in un capo dell’asse inserita una ruota dentata. La stessa è messa di taglio in perpendicolare all’asse e gira insieme alla ruota: accanto a questa c’è una ruota più grande, anch’essa dentata, disposta orizzontalmente che è congiunta all’asse sulla cui estremità superiore vi è una graffa di ferro a coda di rondine che è unita alla mola. Così i denti di questa ruota, che è inclusa nell’asse, mettendo in movimento i denti della ruota in orizzontale creano il movimento circolare delle mole. Sopra questa macchina vi è una tramoggia che somministra frumento alla mola, la quale a sua volta girando lo riduce in farina”).
[6] GREGORIO MAGNO, Vita di San Benedetto e la Regola, Città Nuova Editrice, Roma 2006, pp. 230-232.
[7] H. BRESC, «Mulini e paratori nel Medioevo siciliano», in H. BRESC – P. DI SALVO, Mulini ad acqua in Sicilia. I mulini, i paratori, le cartiere e altre applicazioni, L’Epos, Palermo 2001, p. 31.
[8] A. GIUFFRIDA, Permanenza tecnologica ed espansione territoriale del mulino ad acqua siciliano (secoli XIV-XVI), in Archivio storico per la Sicilia orientale, LXIX, fasc. II, 1973, p. 204.
[9] R. PIRRI, Sicilia Sacra disquisitionibus et notitiis illustrata, ed. by A. Mongitore – V. M. Amico, Panormi 1733, Vol. I, p. 495.
[10] Tipo di torre diffusa nell’area etnea e nel territorio centroisolano, con anelli in pietra a giacitura fortemente inclinata; mentre sui Nebrodi e sui Peloritani era diffusa la torre verticale, alta circa 10 metri, con pareti leggermente scarpate, che comprendevano al suo interno il condotto forzato (‘utti) ottenuto da blocchi quadrati con foratura troncoconica a restringimento progressivo per la tenuta stagna. La molitura, https://www2.regione.sicilia.it/beniculturali/museomistretta/02_pulsanti/ percorsi/07_grano_tessitura/pagine/pagine/004.htm (ultimo accesso 03//02/2023).
[11] In altri documenti Romfredo de Nas (Archivio di Stato di Palermo [=ASPa], Tabulario dei monasteri di S. Maria Maddalena di Valle Giosafat e di San Placido di Calonerò, perg. n. 23a; Edizione in P.F. KEHR, Papsturkunden in Sizilien, Nachrichten von der Königl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Göttingen, Philologisch-Historische Klasse, Göttingen 1899, I, pp. 348-354); Rafrè di Naso (P. COLLURA, Appendice al regesto dei diplomi di Re Ruggero compilato da Erich Caspar, in «Atti del Convegno Internazionale di Studi Ruggeriani», Palermo 1955, p. 602). Un certo Raffredo de Nasa (Roffredo di Naso in E. CASPAR, Roger II (1101-1154) und die Gründung der normannisch – sicilischen Monarchie, Innsbruck 1904, p. 487) compare in qualità di testimone in un diploma della contessa Adelasia e del figlio Ruggero dato a Palermo il 12 giugno 1112. (R. PIRRI, Sicilia Sacra, cit. p. 81; A. MONGITORE, Bullae, privilegia et instrumenta Panormitanae Metropolitanae Ecclesiae, Regni Siciliae primariae, collecta, notisque illustrata, Panormi 1734, p. 17) Egli, probabilmente, è da identificarsi con quel Goffredo de Garres, a cui il Gran Conte Ruggero donò, nel 1094, metà del castello di Naso. Un Galtere di Garres di Naso (γαλτέρη διγαρρες της νάσου) viene menzionato in un documento del 1134 concernente una controversia, intorno all’uso e al possesso di taluni poderi, tra Giovanni vescovo di Patti e Galtere de Garres, risolta innanzi a Ruggero II (G. SPATA, Diplomi greci siciliani inediti, Torino 1871, doc. II, pp. 16-20).
[12] Un tributo equivalente alla decima parte del reddito annuale.
[13] «Item in territorio Randacii in tenimento quod dicitur / fraxinum quandam ecclesiam cum vinea et cum decima unius molendini et cum decimis / hominum latinorum et tanta terra quanta sufficit ad par unum boum arare per unum annum / concessam predicto monasterio a Ronfredo de Nas». Catania, Biblioteche Riunite Civica e A. Ursino Recupero, Tabulario dei monasteri di San Nicolò l’Arena di Catania e di S. Maria di LicodiaApostolice sedis, perg. 10 (ex 2.27.F.1).
[14] C. A. GARUFI, I documenti inediti dell’epoca normanna in Sicilia, in Documenti per servire alla Storia di Sicilia, I serie, XVIII, Palermo 1899, pp. 318-319.
[15] H.-F. DELABORDE, Chartes de Terre Sainte provenant de l’Abbaye de N.-D. de Josaphat, Paris 1880, doc. XXXI, pp. 72-78.
[16] C. A. GARUFI, I documenti inediti dell’epoca normanna in Sicilia, op. cit., doc. XXIX, pp.67-72.
[17] G. TRAVALI, I diplomi angioini dello Archivio di Stato di Palermo, Palermo 1886, doc. XXI, pp. 29-38.
[18] Nato verso il 1380, barone di Ficarra. Nel 1403 sposa Laura Arezzo, figlia di Giacomo, protonotaro del regno, dalla quale ebbe Pietro, Valore, Violante e Giovanni. Per le informazioni sulla sua biografia, si rinvia a Dei Lancia di Brolo: albero genealogico e biografie, Palermo 1879, pp. 157-160.
[19] Pietro Lancia alias di Modica, figlio di Corrado Lancia e Margherita. Per la biografia si veda Ivi, pp. 143-151.
[20] Il feudo confinava con il «feudo ecclesie Sancti Pauli et cum feudo vocato la Porta di Randazu Nemori, cum feudo quod fuit Iohannis Preciosi et cum terra di lu Cumuni di Randazu et aliis confinibus».
[21] ASPa, Real Cancelleria [=RC], reg. 24, cc. 8v-9r.
[22] Sito e posto nel Val Demone, nel territorio di Randazzo, presso la «flomariam qui dissidit ad feudum Gurride secus viam publicam versus Maniachi propre Portam Randacii et iuxta territorium Ucrie et alios confines».
[23] Belengaria era figlia di Benedetto di Antiochia e della seconda moglie Margherita figlia del miles Nicola de Homodeo, il quale possedette il feudo Fraxinu. Nel 1345 Benedetto di Antiochia, secondo quanto risulta dall’ l’Adohamentum sub rege Ludovico, percepiva trenta onze di reddito ed in cambio era chiamato a corrispondere il servizio di un cavallo armato e mezzo (Imperatum Adohamentum sub Rege Ludovico, in R. GREGORIO, Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere, Palermo 1792, Tomo 2, p. 471). Alla morte del padre, Belengaria, che aveva sposato Niccolò de Claro, dovette difendere il possesso del feudo dalle rivendicazioni di suo cognato Federico de Tarento, marito della sorella ex patre Pina, il quale alterando la data del primo testamento del suocero e rilasciando falsa testimonianza, subentrò nel possesso dello stesso, escludendo Belengaria, tant’è che dalla “recensio pheudorum” del 1408 risultava possessore del feudo (Palermo, Biblioteca comunale, Constitucione, ordinaciones,capitula, privilegia, pragmatice Sanciones et leges municipales Regni Sicilie, ed. Johannem Matheum de Speciali, Panhormi 1492, Qq_H_124, f. 140r). Tuttavia la tenacia della gentildonna insieme all’abilità dell’illustre legum doctor siracusano Guglielmo Perno, portava, dopo 22 anni, alla verità e alla vittoria delle ragioni della stessa; il cognato Federico venne condannato, dal giudice della Regia Corte Ruggero de Berlione alla pena della decapitazione. Siracusa, Biblioteca Comunale, Libro di legge. Guillielmi de Perno Consilia 128, cons. 106, 107, ff. 189r-192v.
[24] Il Monroy come ricompensa per i servigi prestati a re Alfonso durante la conquista della Sardegna e della Corsica, ottenne dal sovrano, con privilegio del 16 aprile 1416, la concessione di tutti quei feudi, baronie e beni borgensatici che per scadenza, processo o decesso ed in qualunque altro modo fossero ricaduti nella disponibilità della Regia Corte, purché il loro reddito annuale non eccedesse la somma di onze 400. G. L. BARBERI, I Capibrevi, ed. by G. Silvestri, Vol. II: I feudi del Val di Demina, Palermo 1886, p. 118.
[25] ASPa, Protonotaro del Regno [=PR], reg. 23, cc. 55v-57v.
[26] ASPa, RC, reg. 55 bis, c. 57v-61r.
[27] «iuribus lignaminum siqua in dictis pheudis et eorum tenimentis regie curie debentur nec non mineriis salinis forestis solaciis et defensis antiquis que sunt de regio demanio et ea velut ex antiquo eiusdem regio demanio spectancia in regiis».
[28] ASPa, RC, reg. 100, cc. 2rv. Il testo del documento è edito in A. COSTA, L’ira del re e la fedeltà dei sudditi. Un quaternus di fideomagi della metà del Quattrocento, Associazione Mediterranea, Palermo 2013, p. 139, n. 4.
[29] ASPa, RC, reg. 100, c. 52r. il testo del documento è edito in Ivi, p. 249, n. 227.
[30] Giovanni, l’11 ottobre 1486, benché giacente nel letto, nella sua casa di Catania, malato di corpo ma sano di mente, dettava il suo testamento.
[31] ASPa, RC, reg. 193, cc. 524rv.
[32] ASPa, RCMisc. II.48 (Liber de Secretiis), f. 196r; J. L. DE BARBERIIS, Liber de Secretiis, ed. by E. Mazzarese Fardella, Milano 1966, p. 189.
[33] Di questo mulino non c’è traccia.
[34] Nei mulini, spesso convivevano diversi impianti. I battinderi erano presenti nelle campagne in cui si praticava l’allevamento di ovini e in zone in cui la tessitura era largamente diffusa, mentre le serre erano presenti in prossimità di aree boschive, in quanto legate allo sfruttamento delle risorse forestali del territorio.
[35] Con tutta probabilità da identificarsi con l’edificio che costituisce l’oggetto del nostro studio.
[36] Si rinvia in proposito ad A. MILITI, La donazione della baronessa de Quadro: “l’arma segreta” del clero di Santa Maria per conquistare l’egemonia religiosa?, Randazzo segreta, https://randazzosegreta.myblog.it/2021/12/22/la-donazione-della-baronessa-de-quadro-larma-segreta-del-clero-di-santa-maria-per-conquistare-legemonia-religiosa/ (ultimo accesso 22/12/2021).
[37] La cerimonia è stata registrata in un atto notarile, redatta dallo stesso notaio, che contiene il verbale della presa di possesso del feudo.
[38] G. PLUMARI ED EMMANUELE, Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia, ms. 1847-49, Palermo, Biblioteca Comunale, Qq G76, Vol. I, p. 324, n. 20.
[39] Archivio di Stato di Catania, Catasto provvisorio sicilianoSommarione di Randazzo, vol. 2229, Sezione L, nn. 10, 13 p. 372.
[40] Il tetto della chiesa crollò nel 2010. Si ritiene che essa possa identificarsi con la chiesa citata nel documento del maggio 1140. Ringrazio Carmelo Scalisi che gentilmente e con disponibilità mi ha messo a disposizione la masseria.
[41] Ringrazio il dottor Salvatore Rizzeri per avermi messo a disposizione la scansione della rara fotografia.
[42] Moduli.
[43] Cavallo vapore.
[44] Rassegna amministrativa, Riconoscimenti di utenze idriche, «Supplemento mensile economico-statistico a L’Energia Elettrica», Vol. X, Fasc. XII, Anno XII (dicembre 1933), p. 2.

FONTI DELL’ILLUSTRAZIONI

Le fotografie riprodotte nell’articolo, quando non specificato diversamente, sono state eseguite dall’autrice.

Figura 2: Medio bacino del fiume Flascio, versante meridionale dei Nebrodi, località Zarbata, foto gentilmente fornita da Salvo Granato.
Figura 3: Ricostruzione di un monastero benedettino, disegno tratto da https://education.minecraft.net/en-us/lessons/old-monastery (ultimo accesso 22/01/2023).
Figura 4: Schema di funzionamento di un mulino a ruota orizzontale (ritrecine), disegno tratto da I sentieri natura del Parco, a cura del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
Figura 9: Sega azionata da ruote idrauliche, rappresentazione di Francesco di Giorgio Martini del XV secolo, Biblioteca apostolica Vaticana, Codicetto, Urb.lat.1757, f. 165v.
Figura 10: Battinderio, G. A. Böckler, Theatrum machinarum novum, Noribergae 1662, Tav. 72.
Figura 11: Disegno tratto da https://formiaelasuastoria.wordpress.com/2017/04/03/il-vico-gualchiera-e-il-vico-caposelice-a-formia/#jp-carousel-1501 (ultimo accesso 22/01/2023).
Figura 12: Particolare della mappa «Contorni dell’Etna» pubblicata da Karl Baedeker nel 1869, tratta da Karl Baedeker, Italy: Handbook for Travellers, Coblenz 1869, Vol. 3: Southern Italy, Sicily, p. 282.
Figura 13: Particolare, Mappa del Territorio di Randazzo, Regione Siciliana, CRCD, U.O IV, Archivio cartografico Mortillaro di Villarena, mappa n. 151, tratta da tratta da Le mappe del Catasto Borbonico di Sicilia. Territori comunali e centri urbani nell’archivio cartografico Mortillaro di Villarena (1837-1853), ed. by E. Caruso – A. Nobili, Palermo, Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione, 2001, p. 330.
Figura 15: Una rara foto (forse unica) della chiesa come si presentava alla fine degli anni ’90, scansione gentilmente fornita dal dottor Salvatore Rizzeri.
Figura 16: Particolare della mappa C26 “Europe in the XIX. Century – Third Military Survey”, https://maps.arcanum.com/en/map/europe-19century-thirdsurvey/?layers=160%2C166&bbox=413982.94519251445%2C5779710.061815894%2C2063799.7636997588%2C6372861.401308862 (ultimo accesso 13/01/2023).
Figura 17: Particolare della mappa “Etna” edita dal Touring Club d’Italia nel 1919, tratta da Guida d’Italia, Touring Club d’Italia, 1919.

 

Angela Militi – Sant’Agata storia di una chiesa scomparsa.

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Enzo Maganuco

                                                                                ENZO  MAGANUCO  (1896-1968)

Il 4 febbraio 1968 si è spento a Catania il Professore Enzo Maganuco, figura eminente di umanista che vivrà sempre ne ricordo di quanti lo ebbero come Maestro e come collega.
Enzo Maganuco nacque ad Acate il 10novembre 1896, compì i suoi studi a Genova, dove si laureò in Letteratura Italiana; specializzandosi poi a Firenze in Storia dell’Arte. Insegnò Storia dell’Arte nei licei statali di Catania (Cutelli e Spedalieri)  per molti anni.
In questo periodo pubblicò pregevoli saggi artistici.

Maria Cristina Maganuco

Impegnato nell’insegnamento medio, iniziò l’attività universitaria dopo aver conseguito la docenza nel 1938.
Fu Accademico d’Italia nel 1939.
Gli fu conferito l’incarico di Storia dell’Arte Medioevale e Moderna presso l’Università di Messina, che mantenne per venti anni; contemporaneamente insegnava presso l’Università di Catania in un primo tempo Storia della Musica e Storia delle Tradizioni Popolari ed in seguito Stria dell’Arte Musulmana e Copta.
Dal 1950 in poi e fine alla fine insegnò Storia dell’Arte Medioevale e Moderna presso l’Istituto di Magistero di Catania.
Suoi argomenti preferiti di ricerca furono i problemi relativi all’Arte Siciliana.
Nel 1962 conseguì anche per questo la Medaglia d’Oro al merito della Cultura e dell’Arte.
Diresse con appassionata cura il Museo Civico del Castello Ursino fino alla morte.
Fra le sue pubblicazioni notevole risonanza ebbero gli studi sui problemi di datazione e sui pittori Pietro Novelli e Giuseppe Paladino.
Grande è il vuoto che Enzo Maganuco ha lasciato nel mondo della Cultura. Particolarmente in quello Siciliano, che aveva trovato in Lui il Maestro sempre aperto ad ogni entusiasmo, sempre pronto ad esaltare la generosità della sua terra di Sicilia.
Egli, irridendo la vita, insegnò ad amarla perché della vita fece intendere i valori eterni e, sprezzante di ogni conformismo sociale, rivelò i veri ideali umani per i quali vale la pena di vivere.

 

                                        Enzo Maganuco

OPERE: 
   –   Lineamenti e motivi di storia dell’arte siciliana, in “Archivio Storico per la Sicilia Orientale”, 1932
   –   Architettura plateresca e del tardo cinquecento in Sicilia, Catania 1939
   –   Problemi di datazione nell’Architettura Siciliana del Medioevo, Catania 1940
   –   Icòne di Antonello Gagini in Roccella Valdemone, Catania 1939
   –   Cicli di affreschi medioevali a Randazzo e a Nunziata di Giarre, Catania 1939
   –   Opere d’Arte catanesi inedite o malnote in Catania, Catania aprile 1933
   –   La pittura a Piazza Armerina, Siciliana, agosto 1923
   –   Artigianato e piccole industrie, 1932
   –   Le decorazioni dei carri e delle barche, 1945
   –   Motivi d’Arte Siciliana, 1957
   –   Bibliografia: Salvatore Nicolosi, Enzo Maganuco, in “La Sicilia”, 6 febbraio 1968, p. 3. 

 

 

 

Catania-1930.-A-sinistra-Vitaliano-Brancati-il-fratello-Enzo-Maganuco-Franca-Santangelo-un-amico.-In-basso-Maria-Maganuco-DAmico-Maria-Concetta-Santangelo-Maria-Concetta-DAmico (foto di Maria Cristina Maganuco) ..jpg

                                                                                                               ***

  Enzo Maganuco nella sua attività di critico d’arte ha scritto molti articoli alcuni riprodotti qui di seguito:

 

01-La-Sicilia-4-gennaio-1966 (1) Enzo Maganuco
il pittore Antonino Gandolfo, articolo di Enzo Maganuco, 1933
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   Libri:

 

 

 

Alcuni articoli sulla figura umana, professionale, artistica, storica del prof. Enzo Maganuco.

La Sicilia

 

L’amore per la Sicilia

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Quel pendolare

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Cagini e Roccella Valdemone

 

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La lucerna

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 Piccola curiosità raccontata da Santino Camarata.

  Enzo Maganugo era solito venire a Randazzo accompagnato da alcuni dei suoi alunni e scendendo dalla stazione della CircumEtnea saliva lungo il corso Umberto I. Si fermava quasi sempre davanti alla sua parruccheria ad ammirare una colonnina di marmo bianco che Santino aveva collocato nella vetrina  su un piccolo piedistallo. Il negozio allora si trovava quasi all’angolo del corso Umberto I con piazza Municipio.
La colonnina era quello che restava della casa paterna in quanto negli anni cinquanta del novecento era stata completamente distrutta da un incendio. 
La casa si trovava quasi accanto il Castello Svevo dove ora vi è ubicato il Museo Archeologico Vagliasindi .
Osservando con quanto ammirazione il Maganuco guardava la colonnina Santino gli fa la proposta che l’avrebbe regalata al Comune, per metterla nella via degli Archi, se avesse fatto ottenere un finanziamento dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali di Catania. 
E così fu. 
Le foto sottostante dimostrano questa piccola e bella curiosità.

 

                                              La vetrina della parruccheria di Santino Camarata.

 

 

 

Randazzo – La casa paterna di Santino Camarata. In fondo si nota la colonnina.

 

Randazzo – La via degli Uffici ora via degli Archi con la vecchia colonnina che è andata distrutta.

 

Randazzo – Via degli Archi, in bella vista la colonnina di Santino Camarata.

 

Randazzo – La colonnina di via degli Archi

     La prossima settimana pubblicheremo alcuni articoli dedicati a Randazzo alla sua Architettura, alla Pittura, alla Miniatura, e al libro di preghiere di Giovannella De Quatris scritte da Enzo Maganuco nella rivista “Panorami di Provincia – Randazzo” . (1937/1938).

 

 

TESTIMONIANZE

 Una figura eccezionale. Dovevo dare con lui un esame ma lui guardava il mio libretto universitario e poi guardava me: ah, lei è di Randazzo! Bene, per giudicarla mi basterà sentire quel che mi dirà del suo paese e come lo dirà.
Naturalmente Randazzo non era nel programma.
Foti Olga

Collegio Salesiano S. Basilio esami  V° Ginnasio 1955 Enzo Maganuco presidente della commissione. Una persona austera che incuteva non soggezione, ma terrore a vederlo. Si dimostrò un’animo gentile e disponibile mettendoci a nostro agio. Ci disse che eravamo fortunati a vivere a Randazzo che, si capiva, amava moltissimo.
Nino Calcagno

Enzo Maganuco era innamorato di Randazzo e ha fatto innamorare anche me, al punto che ,dopo 40 anni di vita nella metropoli ho avuto il coraggio di tornare a vivere qui. Ricordo con quanto amore ci portava in giro per le vie dei vecchi quartieri in compagnia di Don Virzi ,del prof. Edoardo Bonaventura o del prof. Pietro Virgilio. Si entusiasmava nel descrivere i monumenti o le vie come via dell’Agonia a parer suo la strada più bella di Randazzo assieme a via degli Archi . Un uomo non bello in viso ma intelligente, cordiale e semplice. Mi  ha fatto piacere rivedere la sua foto.
Avv. Vittorio Nunzio Zappalà.

Ho conosciuto Enzo Maganuco al Santuario di Valverde nel 1947. Ero lì per gli esercizi spirituali. Lui si aggirava nella chiesa ammirando i dipinti. Il parroco lo chiamò presentandolo come il migliore critico dell’Arte Siciliana. Una persona di gran fascino.
Don Santino Spartà

Enzo Maganuco fu il presidente della commissione degli esami di V° ginnasio nel 1952 al Collegio Salesiano S. Basilio. Una persona che non passava inosservata e lo si incontrava fuori fra le stradine del centro storico.
Avv. Nando Camarata

Si ringrazia Maria Cristina Maganuco per il materiale letterario che ci ha messo a disposizione e la signora Paola Fisauli Appassionata di Arte e Storia di Randazzo che gentilmente ci ha messo in contatto.

         

      

 

 

 

 

I resti della chiesa di San Gregorio in Randazzo – Angela Militi

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Chiesa di San Gregorio

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Angela Militi – La Chiesa di S. Agata – fra le 99 Chiese di Randazzo.

     La “città delle novantanove chiese”: così è stata definita per tradizione Randazzo, per via dei numerosi edifici ecclesiali, risalenti a varie epoche, eretti sul territorio. Alcuni di essi, nel tempo e/o per opera dell’uomo, sono scomparsi e ne resta solo la memoria storica desunta dai documenti d’archivio o dalle informazioni presenti nei manoscritti del reverendo Giuseppe Plumari.  E’ il caso della chiesa di Sant’Agata.
Fuori dalle antiche mura di Randazzo, a sud della città, si trova Piazza Tutti Santi, la quale porta con sé una storia antica, infatti, in quel luogo, fino a diversi decenni fa, sorgeva la chiesa di Sant’Agata.

Non si conosce con esattezza la data di fondazione dell’edificio ecclesiale, poiché, a oggi, non ci sono pervenute notizie documentarie in merito, tuttavia essa è da collocarsi nella seconda metà del XII secolo, data la somiglianza stilistica con la chiesa di San Vito e quella di Santo Stefano.
Un documento presente presso l’Archivio Ducale Medinaceli di Toledo, ci consente di stabilire un terminus ante quem sulla data di edificazione dell’edificio sacro. Il primo dicembre del 1345 Raimondo de Pezzolis, arcivescovo di Messina, concede 40 giorni di indulgenza a coloro che si recheranno causa devocionis seu peregrinacionis nella chiesa di Sant’Agata, posta in territorio terre di Randacii  extra menia in contrada detta La Fussaza, nella ricorrenza della festività di sant’Agata.
Questo documento testimonia che a quella data la chiesa era già esistente ed aveva una qualche rilevanza[1].
Si ha notizia che nei primi anni del 400 il giuspatronato della chiesa era esercitato dal notaio Francesco de Mallono, il quale con atto di transazione, datato 25 gennaio 1409[2], cedeva a Tommaso Crisafi, arcivescovo di Messina, la metà dei profitti di un vigneto in vitae subsidium[3].
Altre notizie relative alla chiesa di Sant’Agata provengono da alcuni documenti notarili del notaio Tommaso Andriolo, conservati presso l’Archivio di Stato di Messina, dai quali apprendiamo che:
con un atto notarile datato 4 ottobre 1426 rogato in Messina che vede testimoni, Philippus de AgrigolaIohannes de Alona e Bartuchio Piza, il notaio Franciscus Mallono nomina cappellano dell’ecclesia Sancta Agatha extra mura, di cui ha lo jus patronatus, l’arciprete Geraldus de Henrico, con l’obbligo di curare l’amministrazione di tutti i beni della cappellania; la nomina è confermata, per competenza, dal Capitolo dei Canonici della Cattedrale di Messina che conferisce all’arciprete l’investitura per anulum[4].
L’arciprete Geraldus de Henrico rinuncia all’incarico di cappellano della chiesa di Sant’Agata extra moenia, che da poco gli è stato conferito, con un atto datato 4 ottobre 1426 stipulato in Messina alla presenza di Pino PictellaPhilippus Pictella e Fridericus de Celsa[5].
Il 5 ottobre 1426 con atto rogato in Messina con le testimonianze di Iohannes de SolanoPetrus de Stagnario e Andreas de Paulillo, il presbiter Philippus de Agrigola di Randazzo nomina suo procuratore il notaio Franciscus Mallonu, affinché possa rappresentare davanti al Capitolo dei Canonici della Cattedrale di Messina, la sua protesta contro il cappellano Geraldus de Henrico, dal quale chiede la restituzione della domus lasciata in eredità dal defunto Matthei de Leofanto all’ecclesia di Santa Maria di Randazzo e non alla cappellania della chiesa di Sant’Agata[6].
Con atto del 5 ottobre 1426, il notaio Franciscus Mallono nomina suo procuratore il presbiter Philippus de Agrigola di Randazzo, affinché si occupi dei suoi affari ecclesiastici e temporali nella terra di Randazzo, e, principalmente, per visitare l’ecclesia di Sant’Agata e verificare la gestione della stessa da parte del cappellano Geraldus de Henrico[7].
Il 3 settembre 1427 con atto rogato in Messina, testimoni Robertus MirabelloZullo de Leo e Nardo Barralamono, il notaio Franciscus Mallono per diritto di jus patronatus sulla chiesa di Sant’Agata, nomina cappellano della stessa il presbiter Antonius de Bruno, il quale oltre a svolgere le funzioni religiose e amministrare i beni della cappellania che consistono in un vigneto, alcune case, un palmento ed altri beni siti in contrada “de la Fossaza” di Randazzo, dovrà apportare, entro quattro anni, le riparazioni necessarie alla chiesa, alle case e al palmento; se il cappellano adempirà ai suoi doveri la sua nomina sarà riconfermata per altri quattro anni e al settimo anno dovrà, altresì, rinnovare la vigna piantando cinquecento viti.
La nomina del cappellano è convalidata dal Capitolo dei Canonici della Cattedrale di Messina[8].
Il documento datato 6 settembre 1427 rogato in Messina alla presenza di Iohannes de AgathaNicolaus Mariconda e Philippus de Lignamine, mette in evidenza che il cappellano Geraldus de Henrico, ora defunto, non ha adeguatamente amministrato la chiesa e i suoi beni, facendoli deteriorare e morendo ha lasciato, in mano ai suoi eredi alcuni beni della cappellania. Per questo motivo il notaio Franciscus Mallono nomina suo procuratore il presbiter Philippus de Agrigola, affinché questi provveda a farsi restituire dagli eredi del presbiter Geraldus i beni della chiesa da loro detenuti[9].
Una prima succinta descrizione della chiesa viene data dal tedesco Walter Leopold che nella sua tesi di laurea in ingegneria “Sizilianische bauten des mittelalters in Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia und Randazzo”, pubblicata a Berlino nel 1917, così descrive la chiesa:

     «Un po’ meno primitiva, ma danneggiata da costruzioni più recenti aggiunte a sud e a nord, è la struttura di Sant’Agata. L’archivolto a sesto acuto dell’ingresso principale è modanato; anche l’esecuzione della cornice al di sopra è più ricca, così come quella della ghiera che incornicia l’oculo.
I prospetti laterali presentano una finestrella ciascuno, quello a sud ha una porta eseguita come quella dell’ingresso principale.
L’abside è illuminata da una piccola finestra con arco a tutto sesto posta in basso. La cappella all’interno è affrescata fino all’altezza di circa due metri.
La superficie della parete è suddivisa da fasce perpendicolari in parecchi stretti campi, che formano una decorazione a pinnacoli e nicchie; negli scomparti intermedi sono dipinte scene bibliche, nei pinnacoli, santi. Sulla parete di fronte a chi entra, a destra e a sinistra del coro, sono rappresentati angeli.
La pittura è di carattere tardo-gotico»[10].

A corredo del suo studio, il Leopold realizzò, altresì, un rilievo architettonico (planimetrico e prospettico) della stessa.

Figura 1: Rilievo architettonico della chiesa di Sant’Agata

La chiesa presentava un impianto planimetrico ad unica aula rettangolare, coperta con tetto ligneo, terminante in una piccola abside semicircolare coronata da semicalotta definita sul fronte da arco a sesto acuto.

     Nel 1932 Enzo Maganuco, professore di Storia dell’Arte e Tradizioni popolari nelle Università di Catania e Messina, giunto a Randazzo con la speranza di rinvenire una qualche traccia della chiesetta di Sancta Maria in Nemore[11], visitò la chiesa di Sant’Agata e nel suo scritto “Cicli di affreschi medievali a Randazzo e a Nunziata di Giarre” riporta:
     «La chiesetta, piccola e di colore ferrigno, col suo rosoncino altissimo sulla porticina, gotica solo nell’arco, chè al posto di colonnine o di pilastri si trovano dei modestissimi conci squadrati, porta agli spigoli della parete frontale conci lavici alternati, legati da malta bianchissima e, più in basso, alla stessa altezza degli stipiti della porta conci angolari più tozzi, più rozzi e meno estesi.

chiesa di Sant'Agata

Figura 2: Chiesa di Sant’Agata, foto di Enzo Maganuco

Nel giardinetto che si apre dietro l’abside, se detto, c’è un pozzetto gotico ottagono, simile in tutto a quello del giardino del Palazzo del Duca di S. Stefano in Taormina.

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Figura 3: Taormina, Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, pozzo ottagonale

Si accede al giardino per una porticina posteriore aperta direttamente sull’abside dietro l’altarino […]. Accanto a questa porta arbitraria e tardiva ve n’è un’altra di pura impronta gotica, a sagoma tardo dugentesca ben conservata e che dovette appartenere alla sagrestia che però per certo non comunicava direttamente con la chiesatta […].

Chiesa di Sant'Agata, Portale

Figura 4: Chiesa di Sant’Agata, portale, foto di Enzo Maganuco

Da finestra destra – l’unica sopravvissuta – in pietra bianca di Comiso, a feritoia, ora otturata e ben visibile dall’interno, consta di un archetto a pieno centro strettissimo e di tasselli che fanno da pilastrini laterali, tasselli di varia grandezza in semplice e vago modo distribuiti.
All’interno, […] colpiscono l’occhio gli affreschi sopravvissuti alle ingiurie degli uomini che più del tempo hanno crostato l’intonaco e l’arricciato piantando chiodi e travi.
Gli affreschi ricorrono per tutte le pareti, meno la calotta absidale. Non v’è traccia di affresco solo sulla parete interna corrispondente al muro frontale»[12].

 

 

 

 

Figura 5: Ricostruzione 3d della chiesa di Sant’Agata. Cliccare su ciascun affresco per visualizzare le relative schede

Qualche studioso identifica erroneamente la chiesa di Sant’Agata con quella di Tutti Santi, la quale sorgeva di fronte il convento di San Francesco di Paola, come si evince da una pianta litografica della Città, fatta realizzare dal reverendo Giuseppe Plumari;

 

 

                Figura 6: Particolare della Pianta litografia della città di Randazzo, luogo dove era la chiesa di Tutti  Santi contrassegnato con il numero 21

per di più, lo stesso reverendo nel suo manoscritto Storia di Randazzo, elencando le chiese di Randazzo, scrive: «Chiesa di S. Agata V. e M. esistente nel Piano di Tutti Santi […] Chiesa di Tutti Santi, da pochi anni abbandonata, ed oggi demolita»[13]. Il Sommarione[14] del Catasto provvisorio siciliano del 1852, registra, presso la Porta di San Francesco di Paola, la chiesa di Tutti i Santi e un’altra chiesa senza nome, di proprietà del Comune, come dirute[15].
Nell’area oggi non si distingue alcuna vestigia della chiesa: un contributo decisivo per individuare con esattezza l’ubicazione dell’edificio ecclesiale, viene da una mappa catastale urbana datata 1877[16].
Dalla lettura della mappa si rileva, la presenza, all’estremità sud della città, di un edificio contrassegnato con il numero di particella (o mappale) e una croce, indicativa delle costruzioni destinate ai culti cristiani.

Part. mappa 1877

Figura 7: Particolare della mappa catastale urbana di Randazzo, 1877

Agli inizi del 900, come si può leggere da una mappa d’impianto[17] – conservata presso il catasto di Catania –, l’edificio, la cui planimetria è rimasta invariata, non è più contrassegnato dalla croce e risulta suddiviso in tre mappali (3026, 3025, 2194).

Stralcio foglio impianto 103b

Figura 8: Particolare del Foglio d’impianto 103/B di Randazzo

La Tavola Censuaria – redatta dopo la formazione delle mappe d’impianto –, riporta i mappali 3026, 3025 e 2194 come fabbricati urbani rispettivamente di mq 46, 74 e 87[18].
Il Registro partitario del vecchio Catasto Urbano, rileva il mappale 3026, il 10 dicembre 1934, “come area di fabbricato demolito” e l’appartenenza di esso a Genovese Antonino di Carmelo[19]. Il mappale 3025 – subalterno 1, il 22 luglio 1940, risulta appartenere a Genovese Annunziata fu Antonino, la quale dichiarava che veniva in possesso del fabbricato per successione e nuova costruzione[20], mentre il subalterno 2 risultava appartenere a Genovese Francesco fu Antonino[21]. Queste acquisizioni rivestono una grande importanza, poiché da esse si evince che parte della chiesa (mappali 3026 e 3025) era già stata demolita prima dei bombardamenti del 1943.
Il mappale 2194 – subalterno 1, il 21 dicembre 1939, risulta appartenere alla parrocchia di San Nicola di Randazzo, concesso in livello/enfiteusi a Zuccarello Bonaventura Giovanni per un canone annuo di lire 4.20[22], mentre il subalterno 2 risulta essere stato ceduto in compravendita, dallo stesso Zuccarello Bonaventura Giovanni, a Zuccarello Domenico[23].

Attualmente l’area della chiesa di Sant’Agata, è occupata da due edifici attigui che si affacciano sulla piazzetta.

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Figura 9: Randazzo, Piazza Tutti Santi dove era ubicata la chiesa di Sant’Agata

NOTE

[1] Spinella B. M. R., La Cattedrale di Santa Maria di Messina nei documenti dell’Archivio Ducale Medinaceli di Toledo (1282-1412), Tesi di dottorato in Scienze umanistiche e dei beni culturali (XXVI ciclo), Università degli studi di Catania, Anno Accademico 2012/2013, Reg. 49, p. 181.
[2] 1410.
[3] Starrabba R., I diplomi della cattedrale di Messina raccolti da Antonino Amico, in «Documenti per servire alla Storia di Sicilia», Prima serie-Tabulari, vol. I, fasc. IV, Palermo, 1878, p. 234, doc. CCXVII: «Anno MCCCCIX, XXV Januarii, III Indictionis, Frater Thomas Crisafi Archiepiscopus Messanensis transigit cum Francisco Millono, patrono Ecclesiae Sanctae Agatae Randatii (cujus vineam, veluti suam, nulliter alienaverat) quod donec viveret medietatem fructuum dictae vineae percipere possit in vitae subsidium, post vero mortem ejusdem integri fructus ad Ecclesiam praedictam pertineant».
[4] Archivio di Stato di Messina, Fondo notarile, notaio R. Tommaso Andriolo. Anni 1416-1418, vol. 2.
[5] Ibidem
[6] Ibidem
[7] Ibidem
[8] Ibidem
[9] Ibidem
[10] Leopold W., Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo, traduzione a cura di Leopold A., contributi di Leopold A., Lombardo R., Prescia R., Scarpignato G., Enna, Il Lunario, 2007, p. 154.
[11] Ovvero la chiesa di Santa Maria del Bosco, menzionata in vari documenti fin dall’XI secolo.
[12] Maganuco E., Cicli di affreschi medievali a Randazzo e a Nunziata di Giarre, in «Esercitazioni sull’arte siciliana», Scuola Salesiana del Libro, Catania-Barriera, 1956, pp. 12-14.
[13] Plumari G., Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, 1847-49, voll. I-II, Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77, vol.I, Libro III, p. 325, nn. 41 e 49.
[14] Registro descrittivo delle proprietà, in cui sono notati i dati relativi al nome del possessore, alla natura, all’ubicazione, alla superficie, alla classe di produttività e alla rendita della proprietà.
[15] Archivio di Stato di Catania, Fondo Catasto provvisorio siciliano, Sommarione di Randazzo, anno 1852, vol. 2229, Sezione I, nn. 189 e 198, p. 289.
[16] Montera C., Una città… e le sue «recenti» vicende urbanistiche, in «Randazzo notizie», Anno II°, n. 4, Gravina di Catania, 1983, p. 8.
[17] Le mappe d’impianto di Randazzo furono realizzate tra il 1890 e il 1912 (il rilevamento particellare fu eseguito tra il 1908 e il 1911, mentre la rappresentazione in mappa tra il 1908 e il 1912). Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio, Atlante Comune di Randazzo.
[18] Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio, Tavola Censuaria, Randazzo.
[19] Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio, Registro partitario, Randazzo.
[20] Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio, Randazzo, Foglio di mappa 103/B, Modello 58, n. 1174.
[21] Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio, Randazzo, Foglio di mappa 103/B, Modello 58, n. 1180.
[22] Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio, Randazzo, Foglio di mappa 103/B, Modello 58, n. 3233.
[23] Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio, Randazzo, Foglio di mappa 103/B, Modello 58, n. 3230.

FONTI ARCHIVISTICHE

Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio
Atlante Comune di Randazzo.
Sezione cartografia, Foglio d’impianto di Randazzo 103/B.
Randazzo, foglio di mappa 103/B, Modello 58, nn. 1174, 1180, 3233, 3230.
Registro partitario, Randazzo.
Tavola Censuaria, Randazzo.

Archivio di Stato di Catania
Fondo Catasto provvisorio siciliano, Sommarione di Randazzo, anno 1852, vol. 2229.

Archivio di Stato di Messina
Fondo notarile, notaio R. Tommaso Andriolo. Anni 1416-1418, vol. 2.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

LEOPOLD W., Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo, traduzione a cura di Leopold A., contributi di Leopold A., Lombardo R., Prescia R., Scarpignato G., Enna, Il Lunario, 2007.

MAGANUCO E., Cicli di affreschi medievali a Randazzo e a Nunziata di Giarre, in «Esercitazioni sull’arte siciliana», Scuola Salesiana del Libro, Catania-Barriera, 1956.

MONTERA C., Una città… e le sue «recenti» vicende urbanistiche, in «Randazzo notizie», Anno II°, n. 4, Gravina di Catania, 1983.

PLUMARI G., Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, 1847-49, voll. I-II, Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77.

SPINELLA B. M. R., La Cattedrale di Santa Maria di Messina nei documenti dell’Archivio Ducale Medinaceli di Toledo (1282-1412), Tesi di dottorato in Scienze umanistiche e dei beni culturali (XXVI ciclo), Università degli studi di Catania, Anno Accademico 2012/2013.

STARRABBA R., I diplomi della cattedrale di Messina raccolti da Antonino Amico, in «Documenti per servire alla Storia di Sicilia», Prima serie-Tabulari, vol. I, fasc. IV, Palermo, 1878.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Figura 1: Rilievo architettonico della chiesa di Sant’Agata: Leopold W., Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo, traduzione a cura di Leopold A., contributi di Leopold A., Lombardo R., Prescia R., Scarpignato G., Enna, Il Lunario, 2007, p. 155.
Figura 2: Chiesa di Sant’Agata: Maganuco E., Cicli di affreschi medievali a Randazzo e a Nunziata di Giarre, in «Esercitazioni sull’arte siciliana», Scuola Salesiana del Libro, Catania-Barriera, 1956.
Figura 4: Chiesa di Sant’Agata, portale: Maganuco E., Cicli di affreschi medievali a Randazzo e a Nunziata di Giarre, op. cit..
Figura 6: Particolare della Pianta litografia della città di Randazzo: Plumari G., Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, 1847-49, voll. I-II, Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77, vol.II.
Figura 7: Particolare della mappa catastale urbana di Randazzo, 1877: Montera C., Una città… e le sue «recenti» vicende urbanistiche, in «Randazzo notizie», Anno II°, n. 4, Gravina di Catania, 1983, p. 8.
Figura 8: Particolare del Foglio d’impianto 103/B di Randazzo: Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Catania – Territorio, Sezione Cartografia. Per gentile concessione.

RINGRAZIAMENTI

Un doveroso ringraziamento è rivolto all’Ufficio Provinciale di Catania – Territorio: in particolare il dottor Luigi Valenti, direttore dell’Ufficio, per la gentilezza e per l’autorizzazione alla pubblicazione della mappa di impianto di Randazzo; il dottor ingegnere Giuseppe Marchetta, responsabile reparto staff, per la disponibilità offertami; il dottor Francesco Cicillini, responsabile cartografia, per il tempo che mi ha dedicato e le preziose delucidazioni.
Un ringraziamento particolare va al dottor Filippo Bertolo per la sua amicizia, per il suo aiuto e la sua disponibilità.
Un sincero ringraziamento va a mio marito Enzo per l’aiuto incondizionato nelle mie ricerche.

Pubblicato il  da angela-militi.  

Il sito di Angela Militi é:  www.randazzosegreta.myblog.it

ANGELA MILITI

Angela Militi – Nata a Randazzo (CT) nel 1976, attualmente vive a Venezia.
Ricercatrice indipendente, attenta in particolar modo alla storia e alle tradizioni della sua città natale, dedica molte ore della sua giornata alla ricerca e allo studio di fonti e documenti. Spirito curioso, ama l’Arte in tutte le sue forme ed espressioni.

Campanile di San Martino

Fin da piccola manifesta una grande passione per l’astronomia e per la conoscenza in generale, tanto che crescendo la sua sete di sapere la porta a interessarsi anche di antiche civiltà, mitologia, archeologia misteriosa, simbolismo, storia antica e medievale, con particolare riferimento alla storia dell’Ordine Templare e a quella di Randazzo. Dal 1995 al 1997 è membro del Consiglio di Gestione della Biblioteca di Randazzo.
Dal 1995 al 1999 è membro dell’Associazione “Gruppo di Volontariato per i Beni Culturali di Randazzo”, partecipando attivamente alle numerose iniziative culturali rivolte al rilancio dei beni culturali di Randazzo. Nel 1997 si trasferisce a Venezia dove l’incontro con alcuni studiosi di astrologia ed esoterismo, la porterà ad approfondire queste discipline esoteriche.

Nel maggio del 2000 diventa membro del Gruppo A

Angela Militi

strologico “Sirio” di Venezia – delegazione del Veneto del CIDA (Centro Italiano di Discipline Astrologiche) –, e inizia a frequentare la scuola d’astrologia “Regulus” di Arturo Zorzan, studioso di grande rilievo dell’astrologia italiana, per dieci anni. Dal 2000 al 2014 è socia del CIDA. Nel settembre 2006, su invito del Gruppo astrologico “Sirio”, tiene la sua prima conferenza dedicata ai cicli di Giove e Saturno, presso l’Hotel Sirio di Venezia. Nell’ottobre del 2006 inizia a interessarsi di epigrafia, brachigrafia medievale e archeoastronomia.

Nel giugno del 2007 partecipa alla Tavola Rotonda organizzata dal Gruppo “Sirio” dal titolo: “Marte”, con il contributo “L’opposizione perielica di Marte”. Nell’ottobre 2007 presenta al Gruppo “Sirio” la prima parte di uno studio archeoastronomico sui monumenti sacri della città di Randazzo, dal titolo: “Civitas Randatii”.

Via santa Catarinella

Angela Militi – Filippo Bertolo

Nel novembre 2008 presenta per lo stesso gruppo, la seconda e ultima parte della ricerca dal titolo: “Allineamenti astronomici, geometria sacra e simbolismo nella città di Randazzo, che, nel novembre 2008, esporrà anche al Gruppo Astrologico “Tergestre” di Trieste – delegazione del Friuli Venezia Giulia del CIDA, su invito della dottoressa Lidia Callegari, presidente del gruppo astrologico. Nel novembre 2009 è relatrice alla conferenza per il Gruppo “Sirio” con tema:“Astronomia per astrologi”, che, nel marzo 2010, esporrà, anche all’Associazione del Centro di Studi Astrologici ed Evolutivi “Lo Zodiaco Padova”, su invito della stessa associazione. Dal dicembre 2009 cura un blog personale “Randazzo Segreta” (http://randazzosegreta.myblog.it/), dove pubblica i suoi studi. Nel febbraio 2010 pubblica sul sito web Due passi nel mistero, l’articolo: Randazzo Segreta. Astronomia, Geometria Sacra e misteri tra le sue pietre”, su invito di Marisa Uberti, webmaster del sito. Alcuni giorni dopo la pubblicazione dell’articolo, viene contattata dal professor Adriano Gaspani, Istituto Nazionale di Astrofisica – Osservatorio astronomico di Brera- , con il quale inizia, insieme al dottor Filippo Berolo, una collaborazione per un progetto di studio archeoastronomico delle chiese altomedievali di Randazzo. Nell’ aprile del 2010 è relatrice alla conferenza per il Gruppo Astrologico “Tergestre”– con tema: “I cicli di Giove e Saturno”.
Nel dicembre 2010 autopubblica il breve saggio: “L’epigrafe della Basilica Minore di Santa Maria in Randazzo. Esegesi di una data”, nel quale, ha per prima interpretato correttamente, l’epigrafe della Basilica Minore di Santa Maria riportante la data di costruzione della chiesa. Nell’agosto 2011 su invito del Comitato di Via dei Lanza di Randazzo partecipa ad una conferenza/chiaccherata, presso Via dei Lanza. Dal 2012 è membro della S.I.A. (Società Italiana di Archeoastronomia).

Monastero di San Giorgio

Il 5 e 6 ottobre 2012 partecipa, in collaborazione con il dottor Filippo Bertolo e il professor Adriano Gaspani, al XII Convegno Società Italiana di Archeoastronomia, con un contributo dal titolo: “Analisi archeoastronomica delle chiese di Randazzo (CT)”. Il 13 ottobre 2012 pubblica per la casa editrice Tipheret il volume:“Randazzo Segreta. Astronomia, Geometria Sacra e misteri tra le sue pietre”, con la presentazione del professor Adriano Gaspani e del fr. Alberto Zampolli, 47° Gran Maestro dell’Ordine Templare O.S.M.T.J (Ordre Souverain et Militaire du Temple de Jérusalem) [recensito da Terra Incognita Magazine].

In occasione della presentazione del volume, viene insignita, dal fr. Alberto Zampolli, del titolo di Cavaliere onorario.

Il 14 e 16 novembre 2013 partecipa, in collaborazione con il dottor Filippo Bertolo e il professor Adriano Gaspani, al XIII Convegno Società Italiana di Archeoastronomia “La misura del tempo”, con un contributo dal titolo: “Analisi archeoastronomica delle chiese di San Martino e San Vito a Randazzo (CT)”. Nel novembre 2014 è relatrice alla conferenza per il Gruppo “Sirio” e per il Gruppo Astrologico “Tergestre” con tema: “Archeoastronomia: megaliti e luoghi sacri”. Ideatrice e organizzatrice insieme a Beppe Petrullo del “Tour del Mistero” edizione 2016 e 2017 e del gioco di ruolo dal vivo “Delitto al Convento” edizione 2017.

Attualmente sta completando lo studio archeoastronomico delle chiese altomedievali di Randazzo di prossima pubblicazione.

 

PUBBLICAZIONI E ARTICOLI

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Randazzo Segreta. Tra la Francia e la Sicilia. Intervista ad Angela Militi ricercatrice in Archeoastronomia

Intervista realizzata da Beppe Petrullo

di Beppe Petrullo

Il documento è tratto da: Randazzo Segreta di Angela Militi

Randazzo Segreta. Tra la Francia e la Sicilia

Beppe Petrullo

I Templari avevano acquisito metodi e studi per usare strumenti molto particolari, come l’astrolabio, ed altri strumenti di misurazione, per arrivare a studiare le scienze astronomiche e chimiche. Intorno fra il 1200 ed il 1250 accade un fatto straordinario. In tutta la Francia si edificarono , in un lasso di relativamente breve, chiese particolari, con uno stile che fino ad allora era sconosciuto.
Cosa ha spinto e Come hanno fatto i Templari a progettare e realizzare queste cattedrali con le loro migliaia di tonnellate di peso? Perche oggi appaiono ai nostri occhi leggerissime e tali da sfidare la legge di gravita? Da antichi documenti a Chartres e nell’intera Francia, si vede che assolutamente nulla e lasciato al caso a partire dalla loro disposizione sulla carta geografica.
Le cattedrali Francesi sono dedicate a Notre Dame, cioe alla Vergine.
Se osserviamo con estrema attenzione come sono disposte le cattedrali in Francia potremmo osservare che , le cattedrali disposte sul terreno, cioe quelle piu importanti e grandi, formano esattamente la forma della costellazione della Vergine.Angela Militi, ricercatrice storica che coltiva lo studio dell’archeoastronomia, combinazione di studi astronomici e archeologici.
Nata nella città di Randazzo, ha approfondito lo studio sulla propria città che gli ha dato i natali, svelando ed anticipando particolari storici ancora non svelati e citati da nessuno.
Particolari chiaramente singolari ed interessati che la portano ha scoprire e rilevare cose ancora mai dette sulla Città Medievale di Randazzo e che trovano incredibile similitudine con le cattedrali francesi.
Lo studio e una ricerca minuziosa e precisa, nella simbologia, numerologia ed archeoastronomia delle chiese di Randazzo.
Per la ricerca storica, Angela Militi, si è avvalsa della consulenza di nomi illustri quali: la Professoressa Flavia De Rubeis dell’Universita Ca Foscari, docente di Paleografia latina ed Epigrafia medievale; il Professor. Gaspani . astronomo dell’I.N.A.F di Milano; per i contenuti archeoastronomici, Rav Avraham Dayan, Vice rabbino della Comunità Ebraica di Venezia che ha controllato i valori gematrici del lavoro. Nella splendida cornice di Via dei Lanza a Randazzo, in occasione della sua conferenza, mi ha pregiato di alcune sue riflessioni ed anticipazioni su ciò che potremmo leggere nel suo prossimo lavoro dal titolo “Randazzo Segreta“.

 

Domanda. Beppe Petrullo
Com’e nato questo studio su Randazzo?

Risposta. Angela Militi

Questo Studio e nato, per caso, da una proposta del presidente e della segretaria del gruppo astrologico Sirio di Venezia, li appassionai accennandogli la mia ardente convinzione dell’imprescindibile legame che Randazzo fin dalle sue origini aveva con il numero tre ed i suoi multipli. Scherzando dissi: la citta perfetta!

Domanda

Se consideriamo che nel Medioevo, solo i Monaci o i Religiosi in generale, a parte poche eccezioni, erano in grado di leggere e scrivere. Diventava chiaro, se non indispensabile, che dovevano trasmettere a chi non sapeva leggere le informazioni religiose, attraverso simboli, siano essi stati numeri o immagini. Sappiamo che ognuno di questi aveva un significato preciso e raccoglieva interi concetti filosofici e religiosi. Sappiamo che i numeri erano parte della Simbologia cristiana in quanto, attraverso questi, si era in grado di trasmettere i concetti fondamentali della nostra Religione. Il 3 è un numero fondamentale nella simbologia cristiana, tanto che è a lui che viene dato il massimo valore ,il 3 rappresenta la Trinità. Ci puoi spiegare questo legame della citta di Randazzo con il numero 3?

Risposta

Angela Militi

Randazzo trae le sue origini dall’antica Triocala.
Diodoro nella sua biblioteca storica ci riferisce che fu denominata cosi per le sue tre cose belle, ovvero l’abbondanza e dolcezza delle sue sorgenti, la fertilità delle sue terre e la posizione eccezionalmente forte.
Randazzo era sita in mezzo a tre corsi d’acqua: Fiume Grande (Alcantara) dalla parte settentrionale, Fiume Piccolo . scomparso a seguito della colata lavica del 23 marzo 1536 dalla parte meridionale e il Torrente Annunziata dalla parte occidentale.
Un tempo ben difesa da mura di cinta, sulle quali si aprivano nove porte, multiplo del numero tre, che in seguito diventarono dodici.
Le due vie principali, Via Soprana, l’attuale via Umberto e Via Sottana, oggi via Duca degli Abruzzi, dividono la Citta in tre parti. Le mura erano alte trenta palmi siciliani.
La città fu divisa in tre quartieri cresciuti attorno alle rispettive chiese da cui presero il nome: Santa Maria, San Nicola e San Martino.
Alcuni autorevoli storici sostengono che Federico II di Svevia attribuì a ciascuna città demaniale un appellativo: Randazzo ebbe il titolo di Ennea, termine che deriva dal greco εννεα che significa nove. Randazzo era provvista di quattro fontane: la fontana Grande o del Roccaro, ripartita in due grandi canali; la fonte del Gallo; la fontana dell’Erba Spina o di Santa Maria e la fontana detta di Sana Malati, nome che gli fu attribuito dal popolo per via della dolcezza delle sue acque, divise in cinque rivoli; di conseguenza l’acqua sgorgava da nove condotte
A detta del rev. Giuseppe Plumari su essa soffiano solo tre venti: Aquilone, Euro ed Zefiro. Sul piazzale della chiesa di San Nicola campeggia la statua del Piracmone o come l’ama chiamare il popolo: Randazzo Vecchio, la quale si accompagna a tre simboli solari: l’aquila, simbolo di rinascita, che sul vecchio Piracmone si trovava molto probabilmente sulla spalla, i serpenti, simbolo di conoscenza e saggezza ed il leone, simbolo di forza.
Oggi il suo territorio e compreso fra tre parchi: Parco Regionale dell’Etna, Parco Naturale dei Nebrodi e Parco Fluviale dell’Alcantara.

Domanda

Il centro storico di Randazzo è rappresentato da tante viuzze medioevali, ed opere alto medievali di grande rilievo artistico dove ogni visitatore che ha voglia di conoscere ha l’opportunità straordinaria di passeggiare tra le grandezze dell’ingegno umano. Randazzo, nutre la fame di conoscenza che ogni viaggiatore si porta dentro ma mostra un lato segreto che non e possibile rintracciare tra i normali documenti storici. Una “Randazzo Segreta” tra tradizione popolare, astronomia, e simboli. A questo proposito penso alle 99 Chiese presenti a Randazzo.

Risposta

Esatto, numero che ancora una volta ci conduce all’inseparabile legame con il cielo e al numero tre. Fu proprio mentre stavo cercando di evidenziare su una planimetria della città i punti corrispondenti alle chiese di Randazzo elencate nel manoscritto Storia di Randazzo del rev. Giuseppe Plumari, che notai che molte di esse erano dedicate alla Vergine Maria, al chè mi vennero in mente le cattedrali dell’Ile de France che, come evidenzia Luois Charpentier nel suo libro I misteri della Cattedrale di Chartres, disegnano al suolo la costellazione della Vergine.
La costellazione della Vergine e la seconda costellazione del cielo per dimensioni ed e immaginata come una donna alata che tiene nella mano sinistra una spiga di grano. Per uno strano motivo decisi di provare ad unire tra di loro i punti corrispondenti alle chiese dedicate alla Vergine Maria di Randazzo, e il risultato finale fu suggestivo.
Infatti notai che:

  • Porrima, Gamma Virginis, corrisponde alla Basilica minore di Santa Maria;
  • Theta Virginis coincide con la chiesa di Santa Maria della Volta;
  • Spica, Alfa Virginis, e in simmetria con la chiesa di Santa Maria dell’Agonia;
  • Zeta Virginis combacia con la chiesa di Santa Maria degli Ammalati;
  • Delta Virginis con la chiesa di Santa Maria di Loreto, oggi non piu esistente;
  • Kappa Virginis corrisponde alla chiesa di Santa Maria della Misericordia;
  • Tau Virginis con la chiesa Santa Maria di Gesu;
  • la stella 38 Virginis e coincidente con la chiesa di Santa Maria di Porto Salvo;
  • la stella TYC 4953 1222-1 (nomenclatura di Tycho) collima con la chiesa di Santa Maria dell’Elemosina;
  • 49 Virginis e in simmetria con la chiesa di Santa Maria delle Grazie, abbattuta per costruirvi il convento di San Domenico;
  • la stella 61 Virginis e in simmetria con la chiesa di Santa Maria dell’Itria;

Domanda

Ulteriore prova della profonda devozione dei Randazzesi verso la Vergine Maria? Oppure ci troviamo davanti ad un progetto per la citta di Randazzo minuziosamente concepito dall’Ordine dei Cavalieri templari braccio armato dei Cistercensi e sempre presenti nei luoghi di culto mariani?

Risposta

Campanile Chiesa san Nicola – Randazzo

Manifestazione di Templari a Randazzo

Manifestazione di Templari a Randazzo

Una delle teorie più intriganti che riguarda questo Ordine e quello che furono loro o fornire ai costruttori delle cattedrali le tecniche costruttive basate sulle Leggi divine dei numeri, dei pesi e delle misure, riportate alla luce dagli stessi durante gli scavi sotto un’ala del palazzo di re Baldovino II, dove un tempo sorgeva il Tempio di Salomone.
Vi faccio notare che aggiungendo alle chiese precedentemente indicate anche quelle dedicate a santi cari ai Templari notiamo che la stella Zaniah Eta Virginis corrisponde alla chiesa del monastero di San Giorgio, inizialmente dedicato a Santa Maria Maddalena; la stella Beta Virginis e correlativa alla chiesa del Signore Pieta; la stella Epsilon Virginis corrisponde alla chiesa di San Giovanni Evangelista; la stella 16 Virginis coincide con la chiesa di San Michele Arcangelo, oggi Santuario della Madonna del Carmelo; 82 Virginis e in simmetria con la chiesa di San Martino; la stella 76 Virginis e relativa alla chiesa di Santo Stefano e la stella 95 Virginis e correlativa la chiesa di Santa Caterina (Catarinella), la similitudine tra la costellazione della Vergine e la disposizione delle chiese di Randazzo appare evidente.

Domanda

Si tratta di un progetto unitario o e solo frutto del caso?, Chi commissionò le chiese, chi progettò le chiese nella nostra Randazzo?

Risposta

Queste chiese furono edificate in un periodo, il Medioevo, in cui nell’edificazione delle chiese nulla era lasciato al caso ma essa comprendeva nella loro forma architettonica, un insieme di regole astronomiche, matematiche e geometriche, patrimonio delle corporazioni di costruttori, allo scopo di collegare il cielo con la terra.
Corporazioni in grado di realizzare opere prestigiose, in un’ epoca in cui le tecniche costruttive si limitavano all’uso del filo a piombo, della squadra, del compasso e della corda a dodici nodi.
Per poter comprendere gli edifici sacri medievali bisogna analizzare: le caratteristiche geometriche e matematiche degli stessi nonchè la loro orientazione rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali, al cielo visibile all’epoca della loro fondazione o edificazione, in quanto la chiesa romana aveva stabilito delle regole fisse che dovevano essere seguite dal Maestro d’opera (l’architetto), ma questo non sempre avveniva in quanto ciascuna corporazione possedeva il proprio bagaglio di conoscenze e la propria simbologia astronomica che li contraddistingueva, conoscenze che erano tramandate da padre in figlio, da maestro ad apprendista.
Matematica, geometria, astronomia, perfezione delle forme sono in ogni linea di Randazzo.

Domanda

Matematica, geometria, astronomia, perfezione delle forme sono in ogni linea di Randazzo. Dove possiamo trovare quanto ci hai appena detto?

Risposta

Chiesa di Santa Maria – Randazzo

In tutte le chiese alto medievali della città.
Se permetti oggi vorrei parlare della chiesa di Santa Maria.
La chiesa oggi si presenta un tutt’uno con il suo campanile, ma inizialmente esso si distaccava dal prospetto della chiesa di 14 palmi siciliani.
Nel Medioevo, al contrario di oggi, i numeri avevano una rilevanza sacra, e erano utilizzati dai costruttori.
Considerando la chiesa nel suo nucleo principale essa risulta costruita su un modulo geometrico ad quadratum, in pratica si sviluppa seguendo un reticolo geometrico a modularità quadrata.
E inscritta in un rettangolo lungo 6 quadrati e largo 3 quadrati, in totale 18 quadrati (1+8=9). Da rilevare che la dimensione del rettangolo espressa in antichi palmi siciliani misura utilizzata in Sicilia fino al 1840: lunghezza 171 palmi siciliani (1+7+1= 9), larghezza 81 palmi siciliani (8+1=9); per di piu il lato dei quadrati risulta essere 27 palmi siciliani (2+7=9) mentre le diagonali misurano ciascuna 189 palmi siciliani (1+8+9=18 ovvero 1+8=9).
Il nove e tre volte sacro; nella cabala questo numero esprime la sintesi perfetta del Cosmo; esso esprime e rappresenta il rapporto tra Dio e l’uomo.
Numero che fu importante anche per i Templari infatti: nove furono i primi cavalieri che fondarono l’Ordine; la Regola Templare, redatta da San Bernardo, era composta da settantadue articoli (7+2=9) e l’articolo II prevedeva che all’ora del Vespro i Cavalieri dovevano recitare nove Pater; l’ordine templare era diviso in nove province.

Domanda

Qual e il legame tra l’astronomia e la chiesa oltre a quello dei numeri e delle caratteristiche costruttive.

Risposta

In tutti i tempi l’astronomia e stata una parte essenziale dell’architettura.
Come detto precedentemente la costruzione di una chiesa doveva soggiogare a regole ben precise di orientazione del suo asse longitudinale.
Anche l’asse di orientazione di una chiesa, nella direzione che parte dalla porta d’ingresso e continua verso abside, ha il suo particolare valore di azimut.
L’ asse della chiesa di Santa Maria e diretto verso un punto dell’orizzonte naturale locale spostato di 80gradi rispetto al Meridiano locale o Nord geografico.
Questa direzione dell’asse della chiesa nel XIII secolo, epoca in cui fu edificata la chiesa, corrispondeva al punto di levata del Sole all’orizzonte naturale locale in due date durante l’anno, e cioè quella del 3 aprile e quella del 28 agosto (calendario giuliano).
La data in agosto non e rilevante, mentre .quella del 3 aprile potrebbe essere collegata con la direzione lungo la quale si poteva osservare sorgere il Sole nella domenica di Pasqua sull’orizzonte naturale in questi anni.
Considerando che i lavori per la costruzione del tetto della cripta iniziarono nel 1214, è possibile che il rito di fondazione della chiesa potrebbe essere avvenuto la domenica di Pasqua del 3 aprile del 1211, quindi quest’anno la chiesa festeggia il suo ottava centenario.
I costruttori delle cattedrali, no ma non solo, come vedremo, al fine di legare le stesse al luogo in cui sorgevano, inserirono nella struttura architettonica il valore angolare della latitudine del luogo, nella chiesa di Santa Maria la diagonale della stessa apre un angolo con la linea equinoziale pari a 38 gradi latitudine della città, ma i costruttori inserivano anche l’angolo riguardante le culminazioni solari.
Alla latitudine di Randazzo il Sole, al solstizio d’estate, culmina ad un’altezza pari a 75 gradi, agli equinozi culmina ad un’altezza pari a 52 gradi ed infine al solstizio d’inverno culmina ad un’altezza pari a 28 gradi.
Vediamo dove i costruttori hanno inserito questi valori.
La diagonale della chiesa apre un angolo con l’asse longitudinale della stessa di 28 gradi, pari alla culminazione del Sole al solstizio d’inverno.
L’abside e alta 75 palmi siciliani pari alla culminazione del Sole al solstizio d’estate, mentre le due absidiole sono alte 52 palmi siciliani pari alla culminazione del Sole agli equinozi.
Se dalla cima del vecchio campanile tracciamo una linea immaginaria sino alla soglia della porta d’ingresso (sempre prima dell’ampliamento), tale linea aprirà un angolo di 75 gradi, pari alla culminazione del Sole al solstizio estivo.
Mentre se dalla cima dello stesso tracciamo un’altra linea immaginaria sino all’estremità dell’abside, otteniamo un angolo di 28 gradi, pari alla culminazione del Sole al solstizio invernale.
Questo dimostra che il campanile fu progettato e costruito contemporaneamente alla chiesa.

Domanda

Conoscenze costruttive che possono quindi essere anche riportate ai Templari? A Randazzo sono presenti segni visibili che possono testimoniare la presenza dei Templari nel nostro paese?

Risposta

Alcuni segni visibili riconducibili ai Templari ancora oggi si possono ammirare tra le decorazioni poste sopra i timpani delle trifore della cella campanaria del campanile di San Martino, dove sul lato settentrionale e stata scolpita una Stella di Davide o Sigillo di Salomone, essa cominciò a comparire in molte chiese cristiane soltanto in epoca medievale e i primi ad utilizzarla furono proprio i templari, nel nostro caso la stella e ruotata di 90, formando una M, un chiaro riferimento alla Vergine Maria, verso la quale i cavalieri Templari nutrirono una profonda devozione.
Un altro simbolo che i templari portarono dalla Terra Santa in Europa e utilizzarono nei loro edifici fu anche il Fiore della Vita, che ritroviamo scolpito accanto alla stella di Davide ma anche sul lato meridionale ed occidentale.
Notai che essi non furono scolpiti a caso infatti,  i Fiori posti sui lati meridionali e settentrionali furono scolpiti in modo tale che i petali indicassero le direzioni cardinali Sud e Nord, mentre quello collocato sul lato occidentale fu scolpito in maniera tale che i petali indicassero la direzione cardinale Ovest.
Altri segni si trovavano sulla facciata della chiesa di Santo Stefano, di essa rimangono un disegno della sua facciata, fatto eseguire dal rev. Giuseppe Plumari; esaminandolo con attenzione, richiama lo sguardo il bassorilievo dell’Agnus Dei scolpito nella lunetta del portale ogivale, un elemento tipico dell’iconografia templare, presente in molte chiese attribuite ad essi ed utilizzato come uno dei sigilli nei loro documenti; e il viso femminile posto subito sopra il portale che, a mio avviso, raffigura il volto della Vergine Maria.

Domanda.

Certamente ritorneremo a parlare nuovamente ampliando l’argomento ma prima di salutarci una tua riflessione sulla città che ti ha dato i natali e dovuta.

Risposta

Questa città e i suoi monumenti nonostante siano passati molti secoli dalla sua edificazione  e molto si e scritto, è ancora in grado di stupirci poichè essa parla a chi la sa ascoltare.

F.to Beppe Petrullo

 

CONSUETUDINI DI RANDAZZO di Angela Militi

” Era il 26 ottobre del 1466, quando il viceré Lupum Ximenez d’Urrea approvava, per la prima volta, le Consuetudini di Randazzo, un sistema di norme civili – composte da 58 articoli – che regolavano la vita comunitaria della città.
Le stesse furono redatte durante «un Consiglo generale in locu» e sottoposte allo stesso viceré per la conferma, il 6 giugno dello stesso anno, dal reverendo Jaymum de Citellis, arcipresbitero della terra di Randazzo e dal nobile Michaelem la Provina «sindicos et ambaxiatores universitatis terre Randacii» (La Mantia V., Consuetudini di Randazzo, Palermo, 1903, p. 1).

Le Consuetudini di Randazzo, come in tutte le altre città siciliane, rimasero in vigore fino al 1819, anno in cui fu promulgato il Codice per lo Regno delle due Sicilie.
In particolare l’articolo 3 della legge del 21 maggio, emanata da Ferdinando I di Borbone (1751-1825), disponeva che: «Dal giorno indicato nel precedente articolo [1 settembre dell’anno] le leggi romane [cioè il diritto comune], le costituzioni, i capitoli del regno, le prammatiche, le sicule sanzioni, i reali dispaci, le lettere circolari, le consuetudini generali e locali, e tutte le altre disposizioni legislative cesseranno ne’ nostri dominj al di là del Faro di aver forza di legge nelle materie che formano oggetto delle disposizioni contenute nel mentovato codice per lo regno delle Due Sicilie» (Codice per lo Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1848, Parte Prima , p. 288).

La prima, e unica, edizione del testo delle Consuetudini di Randazzo, fu curata da Vito La Mantia, giurista e storico italiano e stampata a Palermo presso lo Stabilimento Tipografico di A. Giannitrapani, nel 1903.
Questo documento, prezioso testimone della memoria storica – stranamente mai menzionato dal reverendo Plumari –, fu rinvenuto, dal giurista, nel corso delle sue ricerche, in un volume della Regia Cancelleria, conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo.

Oggi, questa edizione, è quasi introvabile e poche sono le biblioteche* che ne possiedono una copia e poiché essa, fornisce un prezioso contributo alla conoscenza della storia della nostra città, in quanto ci fa conoscere meglio i nostri avi e le leggi da loro enunciate per regolare il quieto vivere della comunità, ho deciso di condividere questo libro con tutti voi.

*Biblioteca regionale universitaria di Catania
Biblioteca nazionale centrale di Firenze
Biblioteca del Dipartimento di diritto privato e storia del diritto dell’Università degli studi di Milano
Biblioteca della Società napoletana di storia patria di Napoli
Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace di Palermo
Biblioteca Etnografica Giuseppe Pitré di Palermo
Biblioteca statale del Monumento nazionale di Grottaferrata – RM –
Biblioteca di Studi meridionali Giustino Fortunato di Roma
Biblioteca Centrale Giuridica di Roma

Biblioteca Universitaria di Sassari”

Libro “Consuetudini di Randazzo” di Vito La Mantia

segue

 

Approfondimenti

  Chartres. La cattedrale e la città vecchia (Attinenza: 13%): La cattedrale di Notre Dame di Chartres, l’emblema del gotico 
  Abbazia delle Tre Fontane (Roma) (Attinenza: 13%): L’Abbazia dei Santi Vincenzo ed Anastasio alle Tre Fontane, un autentico gioiello dell’architettura medievale cistercense 
  Blera, la città altomedievale – Scavi in località Petrolone (Attinenza: 13%): Gli scavi in loc. Petrolone Viterbo sono stati intrapresi nel 1998 dall’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (Dipartimento di Scienze Storiche Archeologiche e Antropologiche dell’Antichità, Cattedra di Archeologia Medievale 
  Federico II e i Templari (Attinenza: 13%): Il rapporto basato sull’analisi storica tra Federico II e i Templari

 

 

2008

  • Militi A., L’opposizione perielica di Marte, in “Linguaggio Astrale. Pubblicazione Trimestrale del Centro Italiano di Discipline Astrologiche”, Anno XXXVIII, N. 152, 2008, pp. 14-25 (Articolo su rivista).

 

2010

  • Militi A., Randazzo Segreta. Astronomia, Geometria Sacra e misteri tra le sue pietre, in “Due passi nel mistero”, febbraio 2010 (Articolo su sito web)
  • “Una Randazzo segreta? Il racconto del passaggio dei cavalieri templari”, intervista a cura di Ornella Lodin pubblicata sul sito web “Tifeo Web”,l’8 novembre 2010 e sul sio web “Maletto Web Community dell’Etna”il 16 novembre 2010.
  • Militi A., L’epigrafe della Basilica Minore di Santa Maria in Randazzo. Esegesi di una data, Venezia, 2010 (ISBN 978-88-905390-0-8)

2011

  • Militi A., I Cavalieri Templari e il codice stellare della Vergine a Randazzo,in “spHera”, Anno II, n. 1, Gennaio 2011, pp. 44-47 (ISSN 2038-257X) (Articolo su rivista)
  • Randazzo Segreta. Tra la Francia e la Sicilia, intervista a cura Beppe Petrullo pubblicata sul sito web “Il Portale Medievale”, settembre 2011.

2012

  • Militi A., Randazzo Segreta. Astronomia, Geometria Sacra e misteri tra le sue pietre, Acireale –Roma, Tipheret, 2012 (ISBN 978-88-6496-080-7)

2013

2014

  • Militi A., I Misteri di Randazzo, in “Miti e Misteri”, 10 gennaio 2014 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Basilica minore di Santa Maria in Randazzo: le due epigrafi commemorative, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 2 febbraio 2014 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Anima Templi in Sicilia, in “Siciliafan”, 22 febbraio 2014 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Sant’Agata: storia di una chiesa scomparsa, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 15 agosto 2014 (Articolo su sito web)
  • “Una Randazzo segreta? Il racconto del passaggio dei cavalieri templari”, intervista a cura di Ornella Lodin pubblicata su “Nuove Pagine”, settembre 2014

2015

  • Militi A., Rocca Pizzicata (Roccella Valdemone, Me): un probabile sito protostorico di osservazione astronomica, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 16 gennaio 2015 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Analisi archeoastronomica delle chiese di San Martino e San Vito a Randazzo, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 8 febbraio 2015 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Il campanile della chiesa di San Martino a Randazzo, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 14 febbraio 2015 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Un Giovanni molto femminile in un’opera del Gagini, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 23 febbraio 2015 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Una “Ile de France” italiana, in “Luoghi Misteriosi”, 27 febbraio 2015 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Una nuova proposta interpretativa sui resti architettonici di via Orto, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 1 marzo 2015 (Articolo su sito web)
  • Militi A., L’iscrizione del palazzo Clarentano a Randazzo: nuova lettura e interpretazione, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 13 marzo 2015 (Articolo su sito web)
  • Militi A., Un singolare bassorilievo, in “Randazzo segreta” e “Academia”, 16 marzo 2015 (Articolo su sito web)

2016

Angela Militi – La visita di monsignor Tommaso Moncada-13-29 dicembre 1746

 

13-29 dicembre 1746: la visita generale di monsignor Tommaso Moncada, arcivescovo di Messina, nel “Libro rosso” della chiesa di San Nicola

Giacomo Rosa (1472/1548) – Francescano

Angela Militi

Angela Militi ricostruendo la storia de : La Chiesa e il Convento di San Francesco dei Frati Minori Conventuali a Randazzo, si imbatte in un francescano randazzese  Padre Giacomo Rosa molto famoso ai suoi tempi per la sua eloquenza e sepolto addirittura nel chiostro del Noviziato della basilica di Sant’Antonio a Padova.
Qui di seguito la storia.

Per coloro che volessero approfondire la storia del nostro Convento basta cliccare sul titolo per accedere al sito ” Randazzo Segreta” di Angela Militi che ringraziamo di cuore per averci raccontato questa storia.

 

 

La foto in copertina raffigura la Basilica di S. Antonio – Padova 

Vito La Mantia – Consuetudini di Randazzo

https://www.randazzo.blog/2019/05/18/vito-la-mantia-2/Parte Prima

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Parte Seconda

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a cura di Angela Militi

Angela Militi – Emblematica Sacra e Alchimia

Il patrimonio culturale della nostra Città si arricchisce di un altro pregevole libro di Angela Militi.


 

Il vecchio coro ligneo della chiesa di Santa Maria in Randazzo: connubio tra Religione e Alchimia

Pubblicato il 21 marzo 2019 da angela-militi     Qui di seguito alcune pagine significative.

Tra le tante opere d’arte che la chiesa di Santa Maria gelosamente conserva, senza dubbio un posto di assoluto rilievo lo occupa il vecchio coro ligneo.

     Figura 1: Parte del vecchio coro ligneo adattato alla nuova sede

L’opera risale alla fase di rinnovamento e abbellimento degli interni della chiesa, avviati nella seconda metà del XVIII secolo, per adeguare la struttura alle esigenze stilistiche e decorative del momento.
Nel mese dicembre del 1767, il procuratore locale dell’Opera de Quatris, Michele Blandini, volendo dotare la chiesa di un nuovo coro, indiceva un bando, con il quale si invitavano gli eventuali offerenti a presentare le proprie offerte. Ad aggiudicarsi i lavori fu il maestro Tommaso Spitaleri di Troina – già noto in città per aver realizzato nel 1763 il coro ligneo della chiesa di San Nicola – per la somma di onze 99,28 (la somma comprendeva anche la realizzazione delle tre porte della facciata) e il 16 gennaio 1768 sottoscrisse il contratto insieme ai maestri Giuseppe Puglisi e Serafino Abbate di Novara di Sicilia.

     Figura 2: Particolare del coro ligneo della chiesa di San Nicola, 1763

Nell’atto di commissione del lavoro si stabiliva che il coro doveva essere realizzato secondo il progetto presentato dallo Spitaleri, maestro principale dell’opera, ossia composto di due ordini, con 22 stalli nell’ordine superiore.
Spitaleri portò a termine l’opera nel mese di dicembre dello stesso anno, con ben sei mesi di anticipo sulla data stabilita.
Tuttavia dopo circa un anno e mezzo sorse un’accesa e lunga controversia tra il maestro Spitaleri e committenti, giacché questi ultimi avanzarono critiche sulla composizione dell’opera lignea che si concluse a sfavore del magister, tant’è che dovette impegnarsi a rifare il coro sacrificando quattro stalli.
L’utilizzo del coro ligneo da parte dei canonici ebbe, però, breve durata: a distanza di mezzo secolo circa dalla sua installazione, in occasione del completo ammodernamento della chiesa (1790-1820), esso fu smontato e trasferito in sedi provvisorie e, infine nel 1823 fu ricomposto nella forma attuale e collocato del corpo della sacrestia, giungendo così fino ai nostri giorni.
Il preciso e dettagliato programma iconografico dei pannelli del postergale, definito dai Canonici, al quale il magister si dovette necessariamente attenere, non lasciava nulla al caso.
La decorazione dei diciotto pannelli è caratterizzata da figure allegoriche, sole o accompagnate da cartigli con citazioni bibliche, incorniciate da volute fogliacee e fiori.

     Figura 3: Un Pannello del postergale

Tale struttura compositiva è tipica dell’emblematica, genere letterario di cui fu antesignano il giureconsulto milanese Andrea Alciati (o Alciato), che nel 1531 formulò la prima serie di emblemi costituiti da un titolo o motto (inscriptio), un’immagine a carattere simbolico-allegorico (pictura) e un epigramma o breve testo in prosa (subscriptio).

     Figura 4Emblematum Liber, Emblema “In astrologos

Trattasi di un piccolo corpus di emblematica sacra, che conobbe il suo massimo sviluppo nel Seicento, in quanto i Canonici ripresero gli emblemi principalmente dal volume del gesuita Henricus Engelgrave, Lucis Evangelicae, e dal volume del frate certosino Nicolás de la Iglesia, Flores de Miraflores.

                                         

Per approfondire: Angela Militi,  EMBLEMATICA SACRA E ALCHIMIA.  Gli “emblemi” del vecchio coro ligneo della chiesa di Santa Maria in Randazzo, Venezia, 2019

Il Libro di 393 pagine con 170 figure oltre che nelle librerie lo puoi trovare anche in edicola.

Chiesa di San Nicola

                   
Così Giuseppe Plumari ed Emmanuele descrive nella:
” STORIA DI RANDAZZO trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia (1847) “, la chiesa di San Nicola.

 

CHIESA DI SAN NICOLO           

            Nel Rione centrale della nostra Città, abitato già dal Popolo TRIOCALINO, e da loro nomato TRIOCLA, vi fù sin dal Primo Secolo eretta la primitiva Cattedrale della Chiesa TRIOCALITANA di Sicilia, dedicata al SS.mo SALVATORE. Correndo poi l’Anno di Nostra Salute 448, nuovo edificio fu eretto, e più rispettabile, di questa Chiesa istessa; quale secondo Tempio fu nuovamente dedicato al Magno S. NICOLO’ Vescovo di Mira. Laterale a detta Chiesa, e contiguo alla vetusta Tribuna, vi fu eretto un grandioso Campanile costruito a tre ordini, oltre del Primo Piano, sotto il disegno della Gotica Architettura; E nella sua Zoccolatura portava la seguente Iscrizione:

  1. O. M.
    TENPLUM.  HOC.   PRIMITUS.

    SANCTISSIMO.  SERVATORI.
    HODIE
    DIVO.  NICOLAO.  MAGNO.
    DICATUM
    E. V.  P.  CCCCXLVIII.           

Ma poiché questa Chiesa era stata decorata dalla Cattedra Vescovile per il Vescovo della Chiesa di TRIOCLA come ciò sarà meglio dimostrato a suo luogo, è stato questo il motivo, per cui per ogni tempo ha ritenuto, come ritiene sin oggi, il Caratteristico Segno della Vescovale Cattedralis qual’è l’Agnello Pasquale di Rilievo, scolpito in Pietra Marmorea, sulla di Lei Porta Maggiore nel suo esteriore Prospetto, oltre di tenerne un altro più antico al di dentro su la Porta Maggiore istessa.


            L’antico e mentovato suo campanile, nell’Anno 153? attesta la sua Vetustà, minacciava rovina; e l’ Imperator CARLO V., che si trovò di passaggio in RANDAZZO non approvando che si demolisse, per non perdervi il pregio dell’antica sua Architettura, stimò piuttosto di farlo fortificare con grosse Catene di Ferro a spese del Regio Imperiale suo Erario; Ma con ???  universale restò poi demolito nel Secolo XVIII, motivo, che il Terremoto del Dì II Gennaio 1693 lo aveva ridotto quasi esquilibrato.

            Fu questa Chiesa, per fine, fabbricata la terza volta, ed ingrandita a tre Navi, come fin oggi esiste,  perfezionata, però, nell’Anno 1582:. Ciò dimostra una Lapidaria Iscrizione posta al Sud nell’esterno di detta chiesa, nel quale si legge quanto segue:

  1. O. M.
    VETUSTAS.  CONFECIT.

    TEMPUS.  DISFECIT.
           POSTERITAS.  SUMPTIBUS.
                 PUBLICIS.  ET.  PRIVATIS. 
                PULCRIUS.  REFECIT. 
            D. LXXXII.           

Fan memoria, il Ragusa in Suis Elogiis, ed il Magnos in suo Novo Laertio, di FIRMIONE Triocolitano celebre tra i Scrittori Ecclesiastici della Chiesa di Sicilia; sebbene il Mongitore nel II Tomo della di lui Biblioteca, atteso che non ebbe Ei sotto l’occhio suo la di costui produzione, non ebbe difficoltà di noverarlo fra gli Apocrifi Scrittori: Eppure FIRMIONE della nostra TRIOCLA, onor della Patria, e decoro della Nazione, fu uno Verace, ed unquemai Apocrifo Scrittore, comparato coll’Illustre Monsignor GIOVANNI DI GIOVANNI, che la Storia Ecclesiastica seppe tessere della propria Patria. Nacque Egli nella nostra novella Città di TRIOCLA, e visse nel Quinto Secolo Cristiano. Il di Lui originale Manoscritto, che della Storia di nostra Chiesa trattava fino al quinto Secolo, fu gelosamente custodito nella Cassa del Tesoro della mentovata Ex-Cattedrale Chiesa di S. Nicolò, ove solito era di custodirsi i Privilegi, e le Carte più preziose della Città.
            Entrato l’Anno 1718, in cui ebbe luogo la sanguinosa Guerra di Francavilla fra Tedeschi e Spagnuoli, vi fu in RANDAZZO un passaggio Straordinario di tanta Truppa Spagnuola, quanta, non bastando a riceverla i Conventi, si bisognò alla rimanente dare alloggio nelle Chiese, la prima delle quali, che venne occupata, come la più grande fra tutte le chiese del Comune, fu la mentovata Ex-Cattedrale di S. NICOLO’.

            Il Capitan d’Arme D. GIORGIO LICARI, allora, Patrizio di questa Città, nella quale occupò Cinque volte la Carica di Capitano Giustiziere, temendo che le Truppe alloggiate in questa Chiesa non avessero dato fuoco a tutti i Privilegi, e Carte preziose, che quivi tenevansi conservate, opinò di allontanarle da quel luogo, e trasportar le medesime nel proprio di lui Palazzo, fra le quali vi fu trasportato il Manoscritto Originale suddetto del nostro FIRMIONE.

            Dalla Famiglia Licari passarono queste Carte in potere dell’Arciprete di questa Città Canonico D. ANTONIO VENTURA, il quale morendo, nel Maggio 1772, le lasciò nelle mani del di Lui Padre Spirituale Canonico D. GIUSEPPE NAPOLITANO, e BRUNO all’oggetto di tenerle ben custodite, come puntualmente praticò per tutta la di Lui Vita.

            Questi a più d’uno disse, ch’era Egli Custode di un Manoscritto antico in Carta Pergamena, che valeva più di tutto RANDAZZO.

            Morte poi di quasi morte repentina esso Canonico NAPOLITANO, il di costui Fratello nomato Mro NICOLO’, di professione falegname, che vive ancora quasi nonagenario, avendo venduto nel 1815 tutti i Libri dell’estinto suo fratello ad un Libraio Viaggiante, per nome D. Gaetano Scordino di Castrogiovanni, ha venduto assieme cogli altri Libri, questo pregevole Manoscritto Originale, che portava per titolo PHIRMION TRIOCOLITANUS , nelle cui mani lo vide il fu altro Canonico D. Antonio Cimino , il quale lo trovò tutto vergato nelle due Lingue Greca e Latina; Ed avendolo premurato di volerlo comprare, il Libraio non volle venderlo, dicendo, che dal medesimo poteva cavar più profitto di quanti Libri tenea; E nel giorno seguente di buon mattino partì, e prese la direzione per Catania, senza che mai più si fosse indi veduto in questa nostra Città. Tale è stata la disgrazia avvenuta alla nostra Patria, colla perdita del più luminoso Monumento, che riguardava il Rione Centrale della Nostra Città di TRIOCLA, e le Memorie della Chiesa nostra TRIOCALITANA, in quelle stagioni dedicata al Taumaturgo S. NICOLO’ Vescovo di Mira.

 

                                                                                                                                             ***

Così Padre Luigi Magro Cappuccino (al secolo Santo Magro (1881-1951)  descrive nel libro: “CENNI STORICI DELLA CITTA’ DI RANDAZZO (1946) “ la Chiesa di San Nicola.

 

CHIESE  CATTOLICHE  –  SAN  NICOLO’

            Nel Rione centrale della nostra Città, abitata dal popolo Triocalino e da questi no­mata Triocla fin dalla metà del primo secolo, venne eretta la prima Cattedrale della Chiesa Triocalitana di Sicilia, col Vescovo Pellegrino mandatovi da S. Pietro, come sarà detto nel capitolo VIII°:
Questa primitiva Chiesa dedicata al SS. Salvatore, venne ingrandita nel 448 e consacrata al grande S. Nicolò di Bari, Vescovo di Mira.
Laterale a questa Chiesa e contiguo all’antica Tribonia vi fu eretto un grandioso campanile a tre ordini, oltre alla base, di gotica architettura con fastigio aguzzo; nello zoccolo portava la seguente iscrizione:

D.O.M.TEMPLUM. HOC. PRIMITUS.

SANCTISSIMO. SERVATORI.HODIE.

DIVO. NICOLAO. MAGNO.DICATUM. A.E.V.P.  
                  CCCCXLVIII.
 

traduzione italiana: A Dio Ottimo Massimo – questo Tempio che in origine – era dedicato – al Santissimo Salvatore – oggi invece – viene dedicato – al grande S. Nicolò – Anno Dal Parto della Vergine  448.
            Il campanile già cadente per la sua antichità, formò oggetto di interesse, nel 1535, da parte dell’Imperatore Carlo V° che si trovava di passaggio in Randazzo.
Conoscendo che le autorità cittadine volevano abbatterlo perché pericolante, non approvò il loro disegno e non permise che si demolisse perché non andasse perduto un monumento così importante dell’antica architettura e ordinò invece che venisse fortificato con grosse catene di ferro, a spese del Regio Imperiale Erario.
Ma questo provvedimento non ebbe effetto duraturo, perché il terremoto dell’11 gen­naio 1693 ridusse il campanile a tale pietoso stato da far prendere la decisione di demolirlo, come poi fu eseguito sul principio del secolo XVIII°.
La Chiesa venne rifatta, per la terza volta ed ingrandita nel 1582, come dimostra una lapi­daria iscrizione che tuttora si legge nell’esterno dell’abside dal lato di mezzogiorno:

D.O.M.VETUSTAS. CONFECIT. TEMPUS. DISFECIT. POSTERITAS.  SUMPTIBUS.

PUBLICIS. ET. PRIVATIS. PULCHRIUS. REFECIT.

 M.D.LXXXII.

tradotta in italiano:
L’antichità fece – il tempo disfece – la posterità con mezzi – pubblici e pri­vati – più bellamente rifece – 1582.

            Sul posto dove è il nuovo campanile rimasto incompleto, era la Chiesa di Santa  Lu­cia Vergine e Martire.

San Nicola opera di Antonio Gagini – Chiesa di San Nicola Randazzo

Nel 1522 indizione XIª la Chiesa fece l’acquisto di un’Opera monumentale che si può chia­mare il capolavoro dello scultore valentissimo nel secolo XVI, Antonio Gagini  palermi­tano: la Statua di S. Nicola di Bari.
            Il contratto stipulato il 1° ottobre 1522 indizionr XIª, presso il Notar Antonio Giacomo, con l’intervento del Procuratore della Chiesa Sac. Giovan Pietro Santangelo, del Can. Fi­lippo Cammarata e del Presbitero Miano Rizzo, coadiuvati dal Nob. D. Giovan Michele Spadafora Barone della Roccella, stabiliva che la Statua doveva essere di marmo:
     “di tuttu rilevu, as­sectatu chi non tocca li spalli ex parte retro, di quillo lavuri et rilevu prout sunt fi­gure Aposto­lorum Majoris Panormitanae ecclesiae”
tale quale com’erano lavorate le statue degli Apostoli della Cattedrale di Palermo, con la clausola che se il lavoro non fosse pia­ciuto al sopradetto Barone Spatafora che, per l’occasione sarebbe andato a Palermo, questi avrebbe potuto farlo eseguire da altri artisti, a spese del Maestro Gagini.

La somma pattuita fu di Onze sessanta pari a Lire 765, compresa anche la doratura e colo­razione d’oro e d’azzuolo della Statua che il Gagini, il 18 novembre 1523, consegnò in bianco nel suo studio di Palermo e, dopo qualche settimana, egli venne a Randazzo ac­compagnato da un pittore per eseguire, sotto la sua direzione, la doratura.
La statua misura, oltre la base, m.2,05 d’altezza con S. Nicola maestosamente se­duto in abiti pontificali, sopra un seggio artisticamente lavorato, largo m. 1,29 ed alto m. 3; con la sinistra tiene il bacolo episcopale ed ha la destra alzata in atto di benedire.
Si può reputare l’opera più bella che sia uscita dallo scalpello di Antonio Gagini.
            Nella base sono scolpiti due quadri in rilievo che rappresentano due episodi della vita del Santo, suggeriti al Maestro dal Procuratore della Chiesa: uno quello dei tribuni liberati dalla morte alla quale li aveva condannati l’Imperatore Costan­tino e l’altro quello del Van­dalo che aveva lasciato incustodita la casa che aveva affidato alla vigi­lanza del Santo ch’egli venerava molto in un quadro e che poi, avendola trovata saccheg­giata dai ladri, se la prese con lui percotendone l’immagine con un flagello, con il risultato che San Nicola, appa­rendo ai ladri, ottenne che essi restituissero la refurtiva al padrone.
            Nella cappella del SS. Sacramento della stessa Chiesa di S.Nicolò si ammirano, an­che del Gagini, un tabernacolo posto dietro l’altare ed altri bassorilievi eucaristici e qualche scena della Passione, lavori commissionati il 7 dicembre 1523 per Onze 37 pari a Lire 471,75, ma incominciati nel 1535 e rimasti incompleti per la morte dello artista avvenuta nell’aprile dello stesso anno e poi rifiniti dal figlio di lui Giacomo.
            Il 21 dicembre 1746 Mons. Francesco Tommaso Moncada, Arcivescovo di Messina. essendo in Randazzo in occasione della Sacra Visita, consacrò la Chiesa e nel 1751, in qualità di Delegato Apostolico, la eresse, insieme alle altre due S. Martino e S. Maria, alla dignità di Collegiata, con le relative Dignità ed Insegne Canonicali di cui la Cappa corale e l’Ermellino vennero confermati dalla S. Sede nel 1785.
            Nel 1763 fu scolpito il Coro in legno, sotto la procura del Sac. D. Paulino Tettu e, come si trova scolpito nel coro fu “opera fatta di Tommaso Spitaleri di Traina”.
            Nel 1904 venne innalzata sulla Chiesa una grandiosa Cupola dall’Arciprete Mons. D. Francesco Fisauli Piccione dei Baroni di Flascio e Brieni, con personali contribuzioni e con l’obolo di tutti i Cittadini di Randazzo, sotto la direzione dell’Ingegnere Salvatore Priolo il quale, generosamente rinunziando alle sue competenze vi aggiunse anzi il suo obolo per­sonale.
L’opera fu inaugurata al canto di un solennissimo Te Deum con l’intervento dei Capi­toli delle tre Collegiate, degli Ordini religiosi, delle autorità civili e militari e col concorso di una folla immensa che stipava tutta intera la Chiesa.
Ai 5 dicembre 1906 Mons. Emilio Ferrais allora Vescovo Coadiutore e Vicario Gene­rale di S. Eminenza il Cardinale Nava Arcivescovo di Catania, consacrò l’Altare Maggiore al Titolo di S. Nicolò e consacrò anche l’altare del Sacramento.
            Nel 1936, essendo Arciprete il Can. D. Giovanni Birelli, dopo la rinunzia dell’Arc. Mons. D. Francesco Paolo Germanà, col contributo di tutti i Cittadini, venne rifatto, in lastre di marmo, tutto il pavimento antico della Chiesa che era in mattonelle di terracotta e già malandato ed avvallato in molti punti per le sepolture sottostanti.
La spesa complessiva fu di circa sessant’otto mila lire delle quali i maggiori offerenti furono:
Il Governo Fascista con lire 18.000 e la Signora Baronessa Giuseppina Fisauli Va­gliasindi che contribuì con lire ventimila di cartelle di valore nominale che realizzarono lire quindici­mila quattrocento dieci.
Il comitato era formato dall’Arciprete, dal Can. D. Giuseppe Finocchiaro, dal Comm. Avv. Gualtiero Fisauli e dal Cav. Giovanni Vagliasindi.
Nello stesso anno fu rifatto il Battistero in pietra lavica in sostituzione dell’antico mo­numen­tale, un pò sciupato perché di pietra arenaria, con colonnine, capitelli ed archetti di stile te­desco, con figure, simboli ed emblemi di stile bizantino, portante la data 1506, opera di Cri­stofiro Familiti e che ora si conserva all’ammirazione, nella navata laterale.
            Nel Tesoro si conserva un Ostensorio di argento dorato, in stile gotico del secolo XV°, una Pisside d’argento del 1461 con le armi aragonesi, due calici d’argento con smalti del secolo XV°, la Croce processionale d’Argento con simboli e figure dei quattro evangeli­sti, lavoro cesellato da Michele Gambino nel 1498, una Mazza Capitolare d’argento, copia delle altre possedute da S.Martino e S.Maria.
All’Altare del Purgatorio si conserva un’antico Crocifisso dipinto su tavola, d’ignoto autore; questo prezioso trittico aveva ai quattro lati quattro quadri su tela di altre mani e di date più recenti.
Nell’Oratorio dell’Arciconfraternita del Purgatorio, si conserva un S. Lorenzo con la Reden­zione delle Anime del Purgatorio di Gabriele Onofrio nostro Concittadino.

 

Scuola antonelliana, Madonna col Bambino tra Sant’Agata e Santa Lucia, polittico, sec. XV. Randazzo, basilica di San Nicolò da Bari.

 

Nella Cappella del SS.Sacramento si conservava una stupenda tavola rovinata, della scuola di Antonello, raffigurante nel centro la Madonna col Bambino in braccio ed ai lati S. Lucia e S. Agata, con un bel paesaggio in fondo e la seguente iscrizione:
                                                           Hoc opus fieri fecit M° Joanni de Traina e M° Antonino P….O. 
É stato qui trasportato dalla Chiesa di S. Francesco di Paola per meglio conservarsi.
Per la stessa migliore conservazione delle opere d’arte esistenti nella Chiesa di S. Dome­nico che mancava della necessaria manutenzione, furono dal Parroco Can. D. Giuseppe Finocchiaro, trasportati diversi pregevoli quadri nella Chiesa Madre di S.Nicolò.
            Della storia della Chiesa di S. Nicolò, sede della Cattedrale Triocalitana nei primi se­coli dell’Era Cristiana, trattava un manoscritto che, vergato nel V° secolo, si conservò gelo­samente fino al principio del secolo XIX°.
L’autore era un certo Firmione Triocolitano, celebre tra gli scrittori ecclesiastici della chiesa di Sicilia.
Di lui ne parla il Ragusa nei suoi Elogi e il Mugnos nel suo Novo Laertio.
Anche il Mongitore ne tratta nel 2° volume della sua Biblioteca, sebbene attesti che mai ebbe sott’occhio la produzione di Firmione e, senza alcuna difficoltà lo annovera tra gli apo­crifi, mentre questo scrittore della nostra Triocla, onore della Patria e decoro della Na­zione, venne comparato con l’illustre Mons. Giovanni Di Giovanni da Taormina che seppe così bene tessere la storia della propria Città natale.
            Nacque Firmino e visse nel V° secolo cristiano  ed il suo manoscritto originale era conservato religiosamente nella Cassa del Tesoro della Chiesa di S. Nicolò ove si sollevano custodire i Privilegi e le carte più preziose della Città.
Nell’anno 1718 quando ebbe luogo la sanguinosa battaglia di Francavilla fra tedeschi e spagnuoli, passarono da Randazzo tante truppe spagnuole da non poter essere ospitate nei vari conventi locali, per cui si dovette ricorrere alle Chiese per alloggiare i soldati.
La prima che fu adibita a Caserma, come la più grande, fu quella di S. Nicolò.
            Il Capitano d’Armi D. Giorgio Licari, allora Patrizio di questa Città nella quale, per ben cinque volte occupò la carica di Capitano Giustiziere, temendo che le truppe alloggiate nella chiesa non avessero a manomettere o dar fuoco a tutti i Documenti preziosi ivi conservati, pensò porli al sicuro trasportandoli nel proprio Palazzo: fra questi documenti era il mano­scritto di Firmione.
Dalla famiglia Licari queste carte passarono in potere dell’Arciprete di Randazzo Can. D. Antonino Ventura il quale morendo, nel 1772, lasciò nelle mani del suo padre spiri­tuale Can. D. Giuseppe Napolitano Bruno questo gran tesoro per custodirlo, ciò che co­scienzio­samente eseguì durante la sua vita.
Egli soleva dire ch’era custode di un manoscritto antico su carta pergamena e che valeva, per il suo contenuto, più di tutto Randazzo.
            Questo pregevole manoscritto portava per titolo: PHIRAMION TRIOCALITANUS  ed era scritto nelle due lingue greca e latina.
Morto quasi improvvisamente il Can. Napolitano, il fratello di lui Mastro Nicolò falle­gname, quasi nonagenario, vendette, nel 1815, i libri del defunto, tra cui anche il mano­scritto in pa­rola, ad un forestiero, certo Gaetano Scardino di Castrogiovanni (Enna), 

Saputo ciò il Can. D. Antonio Cimino corse per riscattarlo, ma quel forestiere tenne duro di­cendo che da quel manoscritto poteva ricavar più di quello che avrebbe preso da tutti i libri da lui posseduti.
L’indomani mattina di buon ora, ad insaputa di tutti se ne partì alla volta di Catania senza che nessuno abbia potuto aver mai più notizie di lui.
Questa perdita è stata più che una disgrazia per la nostra Cittadina, perché venne meno uno dei più luminosi monumenti della nostra Triocla e della Chiesa Triocolitana che avrebbe potuto chiudere la bocca a tutti i negatori di questa patria gloria.

            Dei Vescovi della Chiesa Triocolitana, oltre  al primo di nome Pellegrino mandato da S. Pietro, nel 600 si ha notizia del Vescovo Pietro, del Ve­scovo Massimo nel 649 che fu presente al Concilio Lateranense, di Giorgio nel 680 pre­sente al Concilio Costantinopolitano, di Giovanni presente al Concilio Niceno e di Costan­tino presente allo stesso Concilio, però può darsi che uno dei due fosse Vescovo di Alesa pur essendo ambidue nominati Triocolitani.           

            Nei terribili bombardamenti angloamericani del luglio 1943 la Chiesa di S.Nicolò subì danni gravissimi: fu colpita più volte la cupola cadendone in rovina la maggior parte; furono completamente rase al suolo la sacrestia, la casa canonica e tutta la navata corri­spondente; venne distrutto in parte il bel Trittico del SS. Crocifisso delle Anime del Purgatorio con tutto l’Altare; rovinò più della metà della tettoia e della volta della navata centrale e fu colpita e in parec­chi punti frantumata la costruzione in pietra lavica della porta maggiore, restando in­tatto l’antico Agnello Pasquale scolpito, segno della Sede Vescovile della Chiesa Triocoli­tana nei primi secoli.
Per miracolo rimase incolume la pregevole statua di S. Nicolò con tutto l’Altare e l’altro del SS. Sacramento, benché manchi qualche bassorilievo. Anche il Coro bisognevole di tanti rifacimenti, si è salvato. 
            Il Tesoro della Chiesa è anche salvo, ma andarono distrutti parecchi libri Parrocchiali antichi.
Anche i quadri di S. Domenico qui trasportati per maggior manutenzione andarono perduti.
L’Organo non esiste più: era veramente pregevole per le cornici di legno scolpite e per la magnifica balaustrata che lo attorniava.
            Non essendovi altre Chiese le opere e le funzioni parrocchiali di S. Nicolò si sono trasferite temporaneamente nella chiesa di S. Domenico, rimasta in mediocre condizione.
            Nella Parrocchiale chiesa di S. Nicolò esiste l’Arciconfraternita dell’Opera della Mise­ricordia fondata sotto il Titolo del “SS. Crocifisso in suffragio delle Anime del Purgatorio” il 1° luglio 1632 dall’Arciprete di Randazzo Dott. D. Ettore Prescimone approvata dalla Curia Arcivescovile di Messina per mezzo del Vicario Generale D. Mario Guzzaniti ed esecutoriata nella Curia di Randazzo il 10 luglio 1632.
Essa è stata aggregata all’Arciconfraternita del Suffragio delle Anime del Purgatorio della Città di Roma nella Chiesa di S. Biagio con privilegio del 5 dicembre 1632 esecuto­riato nel Regno a 5 novembre 1632, godendo tutti i privilegi ed indulgenze che si hanno tutti i fratelli e sorelle di quella Arciconfraternita.
I confrati si riunivano ogni mercoledì di dopopranzo per gli esercizi di pietà e seppellivano per carità i cadaveri dei poveri di tutta la Città.
Con i bombardamenti la Cappella propria dell’Arciconfraternita fu molto danneggiata, ma non distrutta e si potè salvare l’opera del nostro Gabriele Onofrio: la Redenzione del Cristo per le Anime del Purgatorio per le preghiere di S. Lorenzo.
            Esiste anche nella stessa parrocchia una Confraternita del SS. Sacramento che, sorta modestamente fra alcuni parrocchiani, per opera del valente oratore Can. D. Vincenzo Panissidi, andò vie più accrescendosi col titolo di Pia Società del SS. Sacramento che venne canonicamente fondata dopo un decennio di esistenza, nel 1896.
Venne poi elevata al rango di Confraternita l’anno 1925 ed aggregata alla Primaria Arciconfraternita di Roma.
            Non mancano altre piccole associazioni di cristiana pietà. Fiorenti i vari rami maschili e femminili dell’Azione Cattolica, secondo gli intendimenti dei Sommi Pontefici.
Si è affermata la sezione delle Conferenze di S. Vincenzo dei Paoli.
            Con la creazione dei Parroci indipendenti nelle tre Parrocchie che prima erano tutte e tre sotto un solo Parroco, il primo titolare della Parrocchia di San Nicolò è il Can. D. Giu­seppe Finocchiaro.

            La Parrocchia di S. Nicolò è la sola che non ha chiese filiali secolari.

 

                                                                           SAN GIACOMO E LA MADONNA CHIESA SAN NICOLO’ – RANDAZZO

 

San Giacomo

San Giacomo e la Madonna. Chiesa di San Nicolò – Randazzo

Di Gaetano Consalvo

La Sicilia è sempre stata  una fonte inesauribile di ricchezze naturali e, soprattutto, di opere d’arte che durante il corso dei secoli, sistematicamente sono state depredate e trafugate dagli invasori barbari di turno. Saccheggi sin dall’epoca greca, con la caduta di Siracusa che lo stesso Cicerone definiva “La più grande e la più bella delle città greche“ (maxima et pulcherrima). Il generale Marco Claudio Marcello nel 212 A. C. impressionava tutti facendo un trionfale rientro a Roma , preceduto da un corteo cerimoniale di 250 carri colmi di preziose statue, vasi traboccanti oro ed argento, armi pregiatissime di magistrale fattura, oltre ad un seguito interminabile di animali, schiavi e dignitari in catene. Ma Siracusa, da città sconfitta, alla fine conquistò il barbaro ed agreste popolo laziale, introducendo la sua impareggiabile arte a Roma.
Recentemente, durante una visita di alcuni giorni nella cittadina medievale di Randazzo, siamo rimasti sbalorditi dall’innumerevole quantità di opere d’arte di altissimo valore, custodite in diverse straordinarie chiese. In particolar modo siamo rimasti affascinati da un’opera  interessantissima, collocata di recente in una parete della navata centrale della chiesa di San Nicola: il polittico di San  Giacomo dipinto  su tavola risalente al15° secolo di autore ignoto ma, a nostro modesto avviso, di scuola Antonelliana.
L’opera si presenta in condizioni piuttosto critiche, ma nonostante ciò rimane forte la bellezza e la liricità dei volti e delle scene dipinte. Il polittico rappresenta la figura di San  Giacomo apostolo, riconoscibile dalla conchiglia e dal bordone del pellegrino e accanto troneggia l’immagine, dall’estrema dolcezza dei tratti, della Vergine col bambino, attorniata  da sei cherubini. Ai due lati si affiancano dieci pannelli raffiguranti le scene dei miracoli del Santo, ricomposti in una maldestra sequenza dopo un vandaloso smembramento effettuato segando la tavola per ricavarne altrettante singole opere  più facilmente camuffabili qualora immesse nel mercato antiquario illegale.
Il polittico, unica opera pittorica in Sicilia con le scene della vita di San Giacomo,  ha fatto rientro a Randazzo  grazie all’intelligenza ed alla tenacia dell’allora parroco di San Nicola, Don Egidio Galati. Scampò miracolosamente, nell’ultimo conflitto, alle razzie naziste che durante la ritirata avevano installato a Randazzo il loro quartiere generale, ed alle devastazioni provocate dalle incursioni aeree alleate.
La presenza di questa straordinaria opera a Randazzo è la diretta testimonianza dello stretto rapporto tra la Spagna e la Sicilia, sin dal 1282 quando con i Vespri Siciliani e la cacciata degli Angioini, i Siciliani offrirono la corona del regno a Pietro 3° d’Aragona. Da quel momento la Sicilia entrò nella sfera ispanica rimanendovi quasi ininterrottamente per ben  sei secoli, assorbendone  usanze ed espressioni culturali.
Da ciò ne deriva la presenza e la diffusione del culto di San  Giacomo in Sicilia, Patrono di Spagna, apostolo ed evangelizzatore della fede e della spada, pellegrino accanto ai bisognosi, “Matamoros” contro i nemici della cristianità.
Notevole anche la diffusione nell’isola di confraternite e di ordini cavallereschi come l’Ordine di Malta, di San Giacomo della spada ecc. che fanno ancora bella mostra nelle sfilate e nelle parate religiose.
Purtroppo ormai da tempo i Siciliani hanno perduto consapevolezza del patrimonio che posseggono, grazie anche a una classe politica che ben poco ha fatto e fa per mantenere viva la memoria.
A Randazzo qualcosa si muove, due sodalizi – l’Istituto per la Cultura Siciliana in stretta sinergia con l’Associazione Artemide – hanno in programma con iniziative ad hoc di valorizzare ciò che questa cittadina pedemontana custodisce. Storia, cultura e arte sono andati di pari passo nel corso dei millenni, ed ciò che caratterizzano una collettività. 
Gaetano Consalvo

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Cosi descrive alcuni aspetti della Chiesa di San Nicola Angela Militi
 

                  Madonna con il Bambino e san Giacomo Maggiore: oltre il visibile

La navata centrale della chiesa di San Nicola di Randazzo ospita un’interessante tavola che raffigura la Madonna con il Bambino e san Giacomo Apostolo detto il Maggiore.

DSC05130Figura 1: Randazzo, Chiesa di San Nicola, Autore ignoto, Madonna con il Bambino e san Giacomo Maggiore, dipinto a tempera su tavola

Si tratta di un pregevole dipinto a tempera su tavola, di autore ignoto, riferibile, sulla base dell’analisi stilistica e dell’esame di particolari dell’abbigliamento dei personaggi presenti, alla seconda metà del XV secolo. Esso si presenta in mediocre stato di conservazione, con estese perdite di colore soprattutto nella parte inferiore della zona centrale; altre perdite di colore interessano i riquadri narrativi senza tuttavia comprometterne la leggibilità.
La tavola proviene dalla scomparsa chiesa di San Giuseppe.

IMG_0567 foto di Giuseppe manitta Figura 2: La chiesa di San Giuseppe, in una foto, degli inizi del Novecento, del De Roberto
Figura 3: La chiesa di San Giuseppe in una foto degli anni 30

La chiesa sorgeva fuori le mura cittadine nei pressi dell’omonima porta. Fu edificata intorno al XIV secolo e inizialmente era dedicata a sant’Anna, cambiò titolazione nel XVII secolo, quando venne unita alla chiesa di San Giuseppe[1].
Secondo quando scrive il don Virzì, fu in questa occasione che la chiesa, nel 1631, venne abbattuta e ricostruita ex novo, cosa, a nostro avviso, poco probabile in quanto più avanti lo stesso storico riporta che «durante lo sgombero delle rovine inaspettatamente vennero fuori sotto l’intonaco, pezzi di affreschi appartenuti alla vecchia chiesa trecentesca di S. Anna»[2].
Pertanto si è propensi a credere che la chiesa, in quell’anno, non venne ricostruita ex novo, bensì subì importanti interventi di restauri voluti dal rettore Antonio Cariola, come attestava l’iscrizione incisa sull’architrave del portale riportata dal don Virzì[3].
A causa dei danni riportati durante i bombardamenti del 1943, la chiesa fu chiusa al culto e lasciata per anni in stato di abbandono finché venne demolita per far posto ai locali dell’oratorio salesiano.

Della tavola, allo stato attuale della ricerca, non possediamo nessuna documentazione, pertanto non è stato possibile reperire notizie circa il pittore, il committente o altre informazioni relative alla collocazione della tavola all’interno della chiesa.
Il tema della tavola lascia facilmente ipotizzare la presenza, nell’edificio sacro, d’un altare dedicato a san Giacomo, legato non soltanto al culto del santo[4] ma anche allo speciale legame che esiste tra san Giacomo e la madre della Madonna, determinato dalla vicinanza della loro festa liturgica, 25 e 26 luglio e da un episodio miracoloso accaduto al tempo di santo Stefano (ca 969/975-1038), primo re d’Ungheria.
Racconta, infatti, la leggenda che un giovane di nome Emerico, figlio di un console d’Ungheria, caduto in miseria, dopo aver sperperato la cospicua eredità lasciata dal padre, decise di partire in pellegrinaggio a San Giacomo di Galizia per raccomandarsi al santo.
Durante il viaggio affranto scoppiò in lacrime e prostrato a terra chiese perdono a Dio per i suoi gravi peccati e lo pregò di dirgli a quale santo doveva rivolgersi per essere soccorso; allora gli apparve san Giacomo che lo esortò a chiedere aiuto a sant’Anna[5].

La prima menzione della tavola risale al 1906, quando viene ricordata ne Cenni storici. Chiese Monumenti antichità della Città di Randazzo tra le opere presenti nella chiesa di San Giuseppe, come un «trittico con la Madonna sedente col Bambino, e S. Giacomo Apostolo, con quadretti di storia ai lati, dipinti su tavola verso la prima metà del secolo XV»[6].
Successivamente essa descritta come «un trittico della prima metà del secolo XV, rappresenta la Madonna col Bambino e San Giacomo Apostolo, con quadretti di storia ai lati, è nella chiesetta di San Giuseppe»[7] viene menzionata dal De Roberto nella sua monografia Randazzo e la Valle dell’Alcantara, pubblicata nel 1909.
Ed ancora citata dal canonico Vincenzo Raciti Romeo in Randazzo. Origine e monumenti «in S. Giuseppe si ammira un altro trittico della prima metà del quattrocento con la Madonna seduta in trono, S. Giacomo apostolo nel centro, e quadretti storici ai due lati»[8].
Nel 1942 la tavola fu trasferita ad Acireale e collocata nel salone vescovile, in attesa che fosse realizzato il museo diocesano cui era destinata; in questa occasione fu consolidato il supporto ligneo e, molto probabilmente, venne aggiunta anche la cornice a listello inchiodata e incollata sulla superficie pittorica, che andò a nascondere i bordi dei riquadri, dividendo altresì il campo centrale in due zone, separando pertanto la Madonna e san Giacomo.
La tavola rimase in tale ubicazione per vari decenni, finché nel 1990 ritornò a Randazzo e venne collocata nella chiesa di San Nicola.

Essa è apparsa per la prima volta nella rivista del Centro Italiano di Studi Compostelliani “Compostella” nel 2009, dove figurava in copertina e corredata da due brevi articoli: uno a cura di Paolo Giansiracusa “San Giacomo di Randazzo: struttura e analisi”[9], l’altro a cura di Giuseppe Arlotta “San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini”[10].
Il dipinto è eseguito su un supporto ligneo realizzato con tre assi di legno disposte verticalmente, misura all’incirca 257 centimetri in altezza e 227 centimetri di larghezza. Le due tavole laterali, rispettivamente larghe centimetri 90, sono unite alla tavola centrale, larga centimetri 47, da 18 inserti a doppia coda di rondine.

supporto dipinto San GiacomoFigura 4: Il supporto pittorico

Esso, a guisa di trittico, presenta al centro, su fondo oro, la Madonna con il Bambino, angeli e san Giacomo Maggiore (attualmente separati da un listello) mentre ai due lati si dispongono rispettivamente cinque riquadri narrativi.
L’esistenza in origine di un terzo sportello andato perduto, simmetrico a quello di san Giacomo ove vi fosse raffigurato santo Stefano, suggerita da Paolo Giansiracusa[11] è improbabile in quanto la struttura del supporto pittorico suffraga l’unitarietà dell’opera.
Alla luce di quanto appena detto, risulta improbabile anche l’ipotesi avanzata da Giuseppe Arlotta, secondo il quale «i dieci quadretti con le scene della Vita del Santo sono stati montati nella nuova cornice alla rinfusa, senza cioè rispettare la sequenza narrativa»[12]; le storie sono state semplicemente raffigurate, dall’ignoto pittore, senza seguire alcun ordine nella disposizione degli episodi. Bisogna tenere presente che non sempre la successione degli episodi segue la sequenza narrativa.
I personaggi del riquadro centrale, sono ritratti esili, delicati e indossano vesti raffinate, rese con enorme cura del dettaglio.
La Madonna, seduta su un trono di forme gotiche, è presentata secondo lo schema tipico della Madre di Dio della Consolazione, ma non rappresentata come al solito a mezzo busto, bensì a figura intera.

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Figura 5: Particolare della Madonna con il Bambino
Figura 6: Madre di Dio della consolatrice

È raffigurata, con il capo lievemente reclinato verso il Bambino che sorregge dolcemente e regale compostezza, con il braccio sinistro, mentre con la punta delle dita della mano destra gli tocca teneramente i piedini. Indossa un sontuoso maphorion blu scuro di velluto auroserico orlato da un bordo rifinito con filettature e girari dorati, e una veste rossa[13], con un raffinato colletto bianco, trattenuta sotto il seno da un cordoncino dorato. Il maphorion, che è chiuso sul petto da un prezioso fermaglio rotondo, le copre anche il capo.

DSC05083 particolareFigura 7: Particolare degli abiti indossati dalla Vergine

Il Bambino, raffigurato nudo, è colto nell’attimo di mettere le dita della mano destra in bocca mentre con l’altra manina regge un oggetto ludico d’oro. É ornato da una collanina, che ha come pendaglio un rametto biforcuto di corallo e da braccialetti di corallo su entrambi i polsi[14].

DSC05083 bambinoFigura 8: Particolare del Bambino

La Vergine è affiancata da tre coppie di angeli: la prima offre una coppa d’oro, la seconda è colta in adorazione con le mani giunte e la terza offre un vaso degli unguenti.

DSC05084 angeliFigura 9: Le tre coppie di angeli che affiancano la Vergine

Gli angeli, che indossano raffinate vesti diaconali – di foggia simile – cinte in vita e fregiate d’oro allo scollo, differiscono nei diversi colori delle tuniche (terra cotta scuro, rosso-arancio, blu, rosso), dei nastri (rosso, nero, oro) e delle maniche delle sottovesti (rosso, blu scuro).
Alla sinistra della Vergine è raffigurato san Giacomo, in piedi.

DSC05088Figura 10: San Giacomo

L’Apostolo è rappresentato come un uomo di media età. I capelli lunghi castani, divisi da una riga centrale e intrecciati alla fine e la barba biforcuta non molto lunga anch’essa castana, lo rendono intenzionalmente simile a Cristo. Indossa una tunica blu scuro guarnita con un bordo dorato sul collo decorato con motivi geometrici, mentre il bordo inferiore è rifinito con filettature e girari dorati[15], così come il bordo dell’ampio manto morbido e ondeggiante color rosso che lo avvolge[16].

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Figura 11: Particolare del bordo del collo della tunica di san Giacomo
Figura 12: Particolare del bordo del mantello

Ai piedi porta un tipo di calzare simile ad un sandalo, con copertura del calcagno e strisce di cuoio laterali raccolte da un nastro di pelle posto lungo il dorso in modo da lasciar libere le dita.

DSC05086Figura 13: Particolare dei calzari indossati dal santo

Il santo regge con la mano sinistra il bordone del pellegrino e con la destra un libro, aperto – verso chi guarda –, in cui si legge l’iscrizione, in lettere gotiche[17]:

San/cte / Ia[c]o/be i/nte//rce/de p/ro n/obis / om(n)ib(us)

DSC05074Figura 14: Particolare del libro

Pertanto san Giacomo appare qui come intercessore presso la Vergine e il Bambino. Il forte legame che unisce la Vergine Maria e san Giacomo è remoto. Stando alla tradizione, attestata a partire dal XIII secolo, la Vergine del Pilar appare all’Apostolo, a Saragozza, e lo conforta durante la sua difficile opera di evangelizzazione della Spagna; altre apparizioni avvengono a Iria Flavia e Muxia[18]. Una testimonianza rilevante del ruolo della Vergine si trova nel II libro del Liber Sancti Jacobi[19], che racconta, con dovizia di dettagli, ventidue miracoli operati da san Giacomo: il capitolo XVII narra del pellegrino che, istigato dal diavolo, si evirò e si uccise e fu poi riportato in vita dal santo con l’aiuto della Vergine Maria[20]. Questo miracolo fu in seguito ripreso e ampliato da Iacopo da Varazze, frate domenicano e vescovo di Genova, nella Legenda aurea[21].
I capi della Vergine, del Bambino, degli angeli e di san Giacomo sono circondati da aureole. L’aureola della Madre di Dio e quella dell’Apostolo sono decorate con foglie di quercia e fiori, incorniciate da doppie linee circolari, quella del Bambino porta inscritta nel cerchio dorato una croce rossa, invece quelle degli angeli sono decorati a motivi floreali tranne quella del secondo angelo a destra che è decorata con raggi.

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  Figure 15-18: L’aureola della Madonna, quella di san Giacomo, del Bambino e degli angeli

DSC05084 aureolaFigura 19: L’aureola raggiata del secondo angelo a destra

L’aureola del primo angelo a destra, invece, presenta in alto dei raggi, è possibile che si tratti di una correzione operata dal pittore in corso d’opera per coprire la precedente aureola decorata con raggi.
Un’altra correzione, apportata dal pittore in corso d’opera, riguarda la posizione di una delle due mani dello stesso angelo, testimoniata dalle quattro dita in più, presenti sulla coppa che, molto probabilmente, l’artista dimenticò di coprire.

DSC05083Figura 20: Particolare del primo angelo a destra

I dieci riquadri che affiancano, l’immagine centrale[22], cinque per parte, rappresentano gli episodi più importanti della vita di san Giacomo e alcuni miracoli post-mortem operati dal santo.
Le scene, come abbiamo già accennato, non seguono un ordine preciso.
Il primo riquadro, in alto a sinistra, seppur molto rovinato, conserva la raffigurazione di san Giacomo in piedi su di una barca, che con la mano sinistra regge il bordone e con la destra, dispensa la sua benedizione, ad un uomo caduto in mare con il suo cavallo. Sulla riva s’intravedono due uomini, in piedi, oranti, di cui quello a destra più alto rispetto all’altro. A destra altri uomini con i loro cavalli sorpresi dal crollo del ponte che stanno attraversando. Sulla sfondo, a destra, una rupe sulla quale si erge una città cinta da mura.

DSC05076Figura 21: La prima scena narrativa

Gli elementi a disposizione non consentono un’identificazione sicura dell’episodio raffigurato.
Secondo Giuseppe Arlotta la scena è identificabile con l’episodio narrato da Iacopo da Varazze, che cita quale fonte Giovanni Beleth[23], in cui i discepoli di san Giacomo, alla ricerca di un terreno dove seppellire il loro maestro, dopo averne trafugato il corpo e averlo traslato nella penisola iberica, vengono inviati da Lupa da un uomo noto per la sua crudeltà, per alcuni il re di Spagna, questi, però, li fece incarcerare[24]; liberati da un angelo del Signore, mentre l’uomo dormiva, i discepoli si diedero alla fuga inseguiti da alcuni uomini del re a cavallo, che però annegarono in un fiume della Galizia a seguito del crollo del ponte che stavano attraversando[25].
Questa interpretazione tuttavia non è del tutto convincente, poiché la scena raffigurata non trova un preciso riscontro nelle fonti; infatti sia nella Legenda aurea che nel Liber Sancti Jacobi si fa riferimento ad un intervento di Dio e non del santo come raffigurato. La versione dei fatti, fornita dal Liber Sancti Jacobi, molto più particolareggiata rispetto al testo di Iacopo da Varazze, è la seguente:

«I discepoli seguirono il suo consiglio [di Lupa]: alcuni rimasero lì a vegliare il corpo dell’apostolo con il rito funebre, mentre altri si avviarono il più velocemente possibile verso il palazzo reale indicatogli.
Appena si trovarono alla presenza del re, lo salutarono rispettando il prescritto cerimoniale e diedero inizio all’incontro spiegandogli chi fossero e perché si fossero presentati al suo cospetto.
Il re sembrò inizialmente disposto ad ascoltarli attentamente, con atteggiamento benevolo; poco dopo, però, colto da una singolare inquietudine, iniziò a dubitare sul da farsi e poi, ispirato da diabolica suggestione, si inferocì; ordinò dunque in segreto ai suoi uomini di tendere una trappola ai Cristiani e di ucciderli.
I discepoli, però, scoperte le sue intenzioni per volere di Dio, si diedero prontamente alla fuga, il re, informato dell’accaduto, fu colto da un violentissimo accesso d’ira e, furente come un leone rabbioso, iniziò a seguire caparbiamente le tracce dei discepoli di Dio, accompagnato da tutti gli uomini della sua corte.
Ma proprio nel momento in cui gli smaniosi persecutori ebbero raggiunto i discepoli, tanto da averli ormai quasi nelle loro mani, questi, confidando in Dio, attraversarono tutti in gruppo un ponte posto su un fiume. In quel preciso momento, per volere di Dio onnipotente, i pilastri del ponte che stavano percorrendo si sgretolarono e la struttura precipitò dall’alto fin nel letto del fiume. E così il verdetto deciso dal giudice, l’Eterno Re, decretò che neppure uno degli uomini che erano nel gruppo degli inseguitori sopravvivesse per poter riferire l’accaduto alla corte reale. I santi discepoli, invece, sentendo il fragore delle armi e delle pietre che precipitavano, girarono indietro la testa, così da poter vedere i grandi progetti compiuti da Dio e poterli in seguito proclamare»[26].

Dunque o la scena raffigurata è frutto di una reinterpretazione più libera del racconto da parte del pittore o del committente oppure è più probabile che essa in realtà rappresenti un intervento miracoloso di san Giacomo non riportato dalle fonti ufficiali, ma sia una leggenda alternativa diffusa oralmente.
Nel secondo riquadro si trova il noto Miracolo dell’impiccato con san Giacomo in piedi, con il bordone e in testa un cappello a falde larghe, che con le mani sostiene i piedi del giovane impiccato, accusato ingiustamente, che pende dalla forca; accanto vi sono i due genitori pellegrini increduli. La scena raffigurata mostra il momento in cui i genitori di ritorno, dopo trentasei giorni, dalla tomba di san Giacomo, sul luogo dell’impiccagione del figlio, trovano questi ancora in vita, perché sostenuto da san Giacomo.

DSC05077Figura 22: Il Miracolo dell’impiccato

Essa, però, è una versione più tarda del miracolo iacopeo raccontata nel II libro del Liber Sancti Jacopi[27]: infatti, in esso il miracolo, narrato nel V capitolo da papa Callisto è così esposto:

«È opportuno affidare ai posteri il ricordo di alcuni Alemanni che, nell’anno 1090 dall’incarnazione di nostro Signore, si recarono in pellegrinaggio al sepolcro di san Giacomo portando con sé considerevoli ricchezze e, giunti nella città di Tolosa, trovarono ospitalità in casa di un facoltoso albergatore.
Tale malvagio individuo, celandosi sotto l’esteriore mansuetudine di un agnello, li accolse con sollecitudine e, offrendogli varie bevande in segno di ospitalità, con l’inganno li indusse ad ubriacarsi. Oh, cieca avarizia! Oh, perverso spirito umano, così incline al male! Poco dopo, quando i pellegrini furono sprofondati in un sonno molto più profondo del solito a causa dell’ubriachezza, l’oste disonesto, spinto dalla cupidigia, nascose furtivamente una coppa d’argento nei bagagli di uno di loro per poterli successivamente accusare di furto e appropriarsi in tal modo del loro denaro. L’indomani, dopo che i pellegrini si furono rimessi in cammino al canto del gallo, quest’oste malvagio li raggiunse con un gruppo di uomini armati, gridando: “Restituitemi, restituitemi l’argento che mi avete sottratto!”. Quelli risposero: “Se troverai qualcosa di tuo in possesso di uno di noi, non avrai che da farlo condannare!”.

Dopo averli perquisiti, l’oste trovò la coppa nei bagagli di due pellegrini, padre e figlio; confiscati ingiustamente i loro beni, li portò dunque in giudizio. Il giudice, mosso da pietà, ordinò però di liberarne uno e condannò l’altro alla pena di morte. Oh, profondità della misericordia! Il padre, volendo liberare suo figlio, si offrì per il supplizio. Il figlio, però, disse: “Non è giusto che un padre perda in malo modo la vita per suo figlio; subisca piuttosto il figlio, al posto del padre, la pena stabilita!”. Oh, santa lotta d’amore! Il figlio fu infine impiccato in cambio della libertà del suo amato padre, così come egli stesso aveva preteso. Questi, invece, riprese il suo cammino verso San Giacomo tra singhiozzi e lacrime. Visitato dunque il venerabile altare dell’apostolo, riprese la via del ritorno e, trascorsi trentasei giorni, si ritrovò ad un crocevia dove ancora era appeso il corpo del figlio. Piangendo e gemendo, gridò con voce degna di compassione: “Sventurato me, figlio mio, per averti generato! Come posso ancora continuare a vivere vedendoti così sospeso?”.
Come sono magnifiche le tue opere, Signore! Il figlio impiccato consolò il padre dicendo: “Non ti affliggere più, amatissimo padre, non c’è motivo. Rallegrati per me, piuttosto, perché adesso sono felice, più di quanto non lo sia mai stato nell’esistenza passata! Mi sostiene san Giacomo tra le sue braccia, infatti, e mi conforta con la pienezza della dolcezza”. Il padre, udito ciò, corse in città e chiamò il popolo perché fosse testimone di un tale miracolo di Dio. Coloro che accorsero, vedendo ora che era ancora vivo colui che da tanto tempo era stato impiccato, compresero che la misericordia di Dio aveva salvato l’uomo ingiustamente condannato a causa dell’insaziabile avidità dell’oste.
Lo deposero dunque con grandi onori dal patibolo. Quanto all’albergatore, invece, egli fu condannato a morte con giudizio unanime, come aveva meritato che accadesse, e fu successivamente impiccato.»[28].

Questo nucleo narrativo si arricchì, a partire dagli inizi del XV secolo, di nuovi particolari: il luogo del miracolo non è più la città di Tolosa ma quella di Santo Domingo de la Calzada, lungo il cammino; il giovane viaggia con il padre e la madre; viene accusato di furto dalla serva della locanda, da lui rifiutata[29].
Nompar Signore di Caumont, durante un viaggio a Compostela nel 1417, riporta, con molti dettagli, la leggenda dell’impiccato, che ha sentito raccontare a Santo Domingo de la Calzada, nel suo diario di viaggio. Il miracolo, raccontato in una forma più drammatica e popolare, e completato con un nuovo prodigio che mostra l’innocenza del colpevole: infatti, il Signore di Caumont racconta che i due genitori, dopo che ritrovarono vivo il figlio impiccato, si recarono dal giudice per raccontargli il fatto e chiedergli di tirare giù dalla forca il figlio perché era ancora vivo; ma il giudice, intento a consumare un banchetto, incredulo, li derise affermando che avrebbe creduto che il loro figlio era vivo solo se il gallo e la gallina, ben arrostiti, che stava per mangiare si fossero messi a cantare. In quel preciso istante, i due volatili arrostiti, resuscitarono e cominciarono a cantare, dimostrando così che i due pellegrini avevano detto la verità[30].
L’episodio del Miracolo del gallo e della gallina risorti[31], è illustrato nel terzo riquadro.

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Figura 23: Il Miracolo del gallo e della gallina risorti

La raffigurazione della versione aggiornata del miracolo dell’impiccato contribuisce a confermare la datazione dell’opera alla metà del XV secolo.
Il quarto riquadro mostra il Martirio di san Giacomo per decapitazione. La scena è ambientata fuori le mura della città di Gerusalemme, e mostra a sinistra il corpo del santo decapitato che giace prono sulle ginocchia con le mani giunte, con la testa recisa a terra; sopra di esso il boia con la sciabola levata sporca del sangue di san Giacomo, accanto ad esso il sommo sacerdote Abiathar e Erode Agrippa, assiso su di un trono dall’alto schienale decorato con motivi a scacchiera, che assistono alla scena.

DSC05079Figura 24: Il Martirio di san Giacomo

Alquanto singolare e curioso è la presenza di una misteriosa regina affacciata alla finestra della torre, che guarda l’osservatore, la quale non trova riscontro nelle fonti agiografiche e non consente quindi la sua identificazione.
Nella parte inferiore, al di sotto della pittura nera, s’intravedono tracce di lettere, questo lascia supporre la presenza di un’iscrizione.

DSC05079 tracce iscrizioneFigura 25: Tracce di un’iscrizione

Le scene narrative spesso erano corredate da iscrizioni esplicative, in latino o in lingua volgare, dell’episodio raffigurato. Ma se si trattava di un’iscrizione esplicativa per quali oscure ragioni venne nascosta? Il suo occultamento è da ascrivere all’identità della misteriosa regina ritratta? Tuttavia, come vedremo, questa non è la sola iscrizione esplicativa che accompagnava le scene narrative ad essere stata occultata.
La scena successiva mostra in primo piano san Giacomo che impone le mani su un uomo orante, genuflesso con le mani giunti e il viso rivolto verso il santo, con accanto altri due uomini, uno seduto e l’altro carponi; dietro, in secondo piano, campeggia, sullo sfondo di un paesaggio caratterizzato da promontori rocciosi e una città fortificata – in alto a destra–, una torre sorvegliata da quattro soldati, uno da un lato e tre d’altro, che giacciono addormentati.

DSC05133Figura 26: La quinta scena narrativa

A destra, accanto a san Giacomo si intravedono debolissime tracce di un’iscrizione di cui attualmente è possibile individuare solo alcuni caratteri:

– – – – – – IA[- – -] – – – – – –[32]

scena 5 iscrizioneFigura 27: Tracce di un’iscrizione(per mettere in evidenza i caratteri, l’immagine è stata elaborata utilizzando tecniche di’image processing)

La scena, per chi scrive, è di difficile interpretazione: si tratta di un episodio che non ha riscontro né nel racconto del Liber Sancti Jacobi né nella Legenda Aurea, probabilmente fu realizzata ispirandosi a un miracolo compiuto da san Giacomo narrato da qualche altra fonte testuale.
Secondo Giuseppe Arlotta la scena rimanda al momento in cui i discepoli di san Giacomo vengono incarcerati da uomo noto per la sua crudeltà[33] e miracolosamente liberati da un angelo mentre l’uomo dormiva[34]. La proposta dello studioso, tuttavia, non sembra in ogni caso plausibile perché di fatto l’episodio da lui suggerito non trova riscontro nella narrazione figurata.

Nel primo riquadro in alto a destra, viene mostrato l’arrivo del corpo di san Giacomo al palazzo di Lupa. La scena mostra in basso a sinistra un carro, trainato dai due buoi sul quale è adagiato il corpo di san Giacomo, che con la mano destra, dispensa la sua benedizione a Lupa, incredula, sul terrazzo del suo palazzo, mentre, all’estrema sinistra, in cima ad una torre vi è una fanciulla dai capelli biondi in veste rossa, che sembra slanciarsi verso il corpo del santo.
Sullo sfondo, al centro, si trova una città fortificata su di una rupe.

DSC05073Figura 28: L’arrivo del corpo di san Giacomo al palazzo di Lupa

Iacopo da Varazze racconta, in modo succinto rispetto al Liber Sancti Jacobi[35], che i discepoli tornati da Lupa le riferirono quanto accaduto agli uomini del re di Dugio e che la stessa disse loro:

«“Prendete i buoi che tengo in quel luogo, – o in quel monte, – appaiateli e legateli a un carro, e poi portate il corpo del vostro maestro, e costruite il sepolcro come vi parrà”.
Diceva questo, ma il suo pensiero era quello di una vera lupa: sapeva benissimo che i suoi buoi erano in realtà tori selvaggi mai domati, e riteneva perciò che non avrebbero mai potuto essere aggiogati né legati al carro, e quand’anche fossero stati legati al carro, si sarebbero messi a scorrazzare in tutte le direzioni, sfasciando il carro, facendo cadere il corpo e uccidendo i discepoli. Ma nessuna astuzia può andar contro la volontà di Dio: i discepoli infatti, neppur sospettando la malizia di Lupa, si incamminarono su per il monte, ove incontrarono un drago che vomitava fuoco contro di loro: ma gli opposero il segno della croce, e il ventre del drago si squarciò. Fatto il segno di croce sui tori, questi divennero mansueti come agnelli; li aggiogarono, caricarono sul carro il corpo di san Giacomo con la pietra sulla quale era stato adagiato. Senza che nessuno li guidasse i buoi portarono il corpo fin in mezzo al palazzo di Lupa: quando vide questo prodigio, piena di meraviglia, credette e divenne cristiana concedendo poi ai discepoli tutto ciò che chiedevano»[36].

Alquanto singolare è la presenza di uno scudo crociato accanto alla porta d’ingresso del palazzo e una croce potenziata sulla torre a destra. Simboli questi che rimandano all’ordine dei Templari.

DSC05073 scudo e croceFigura 29: Lo scudo crociato e la croce potenziata

Iacopo da Varazze riferisce che Lupa trasformò il suo palazzo in una chiesa che dedicò a san Giacomo. È possibile che il pittore o il committente fosse a conoscenza del fatto che la chiesa, in seguito, fosse appartenuta ai Templari e volle celarlo all’interno della scena in modo da trasmetterlo ai posteri?
A differenza degli altri riquadri, le quattro scene successive seguono un ordine narrativo.
La scena raffigurata nel secondo riquadro, ambientata in un paesaggio roccioso presso la città di Gerusalemme, in alto a destra, rappresenta la disputa tra san Giacomo e Fileto: sulla destra vediamo Fileto, discepolo del mago Ermogene, colto nella discussione con san Giacomo, a sinistra, in piedi su di una roccia, che benedice alcuni uomini imploranti, tra cui un cieco e uno storpio con le stampelle.

DSC05068Figura 30: La disputa tra san Giacomo e Fileto

Il Liber Sancti Jacopi racconta che:

«[…] Accadde poi che un certo mago, chiamato Ermogene, gli inviasse un suo discepolo, Fileto. Recatosi da Giacomo con alcuni farisei, Fileto tentò di sostenere che Gesù Cristo di Nazareth, di cui Giacomo si dichiarava apostolo, non era il vero figlio di Dio. Ma Giacomo, parlando senza timore grazie allo Spirito Santo, distrusse ogni suo argomento mostrandogli, con la testimonianza delle Sacre Scritture, che Gesù era il vero figlio di Dio. Ritornato da Ermogene, Fileto gli disse: “So che Giacomo, il quale si dichiara servitore ed apostolo di Gesù Cristo di Nazareth, non può essere vinto. Infatti nel suo nome l’ho visto scacciare i demoni dai corpi degli ossessi, restituire la vista ai ciechi, guarire i lebbrosi. Accetta il mio consiglio, dunque, andiamo da lui e chiediamogli perdono. E se non vuoi farlo, sappi che la tua arte magica non ti servirà a nulla e che io tornerò da lui e lo pregherò di accettarmi come suo discepolo.”»[37].

L’Arlotta non riconosce l’episodio è suggerisce erroneamente che la scena «raffigura un gruppo di pellegrini oranti ai piedi di san Giacomo»[38].
La scena nella parte inferiore, a sinistra, ospitava un’iscrizione, che fu quasi del tutto occultata, di cui è possibile individuare solo alcuni caratteri e parole:

C[- – -] – – – – – – [civ]itati liberava

scena 7 iscrizioneFigura 31: Particolare

La scritta civitati liberava è da ritenersi, quasi senza dubbio, un’aggiunta posteriore, probabilmente, un ex-voto per una grazia ricevuta in occasione di un’epidemia[39], o una prolungata carestia[40], o una grave calamità naturale[41], di cui san Giacomo era stato intercessore.
Il racconto del Liber Sancti Jacopi prosegue:

«Sentendo parlare così, Ermogene, pervaso dalla collera, legò Fileto con le catene in modo che non potesse più muoversi, e gli disse: “Vedremo se il tuo Giacomo ti libererà da queste catene!”. Allora Fileto inviò immediatamente un suo servo da Giacomo. Quando questi fu giunto e gli ebbe raccontato l’accaduto, l’apostolo gli consegnò immediatamente un sudario per Fileto dicendo: “Riceva questo sudario e dica: il Signore solleva gli oppressi e libera coloro che sono incatenati”»[42].

Il terzo riquadro raffigura, il momento in cui a Fileto imprigionato viene mostrato il sudario mandatogli da Giacomo: la scena mostra il mago Ermogene, seduto su di un trono decorato con lo stemma dello scorpione[43], Fileto, paralizzato dal sortilegio del mago, con le mani legate che guarda verso il suo servo che gli mostra il sudario con il volto di Cristo mandatogli da Giacomo per liberarlo.

DSC05069Figura 32A Fileto imprigionato viene mostrato il sudario mandatogli da Giacomo

La narrazione continua raccontando che Fileto, liberato dal sortilegio, si recò correndo da Giacomo burlandosi delle arti magiche di Ermogene. Il mago arrabbiato per essere stato deriso, evocò dei demoni ordinando loro di portargli in catene Giacomo e Fileto per potersi prendere la sua vendetta contro di loro: tutto inutile perché i demoni mentre si avvicinarono al luogo in cui si trovava san Giacomo furono legati con catene infuocate da un angelo di Dio e vennero liberati solo dopo l’intervento dell’apostolo, che ordinò loro di condurre a lui lo stesso Ermogene[44].
Il riquadro successivo illustra il mago Ermogene che viene portato dai demoni dinnanzi san Giacomo: la scena mostra san Giacomo con il bordone, Fileto con le mani giunti che guarda in basso e il mago Ermogene inginocchiato tenuto legato per le mani da un demone mentre altri tre demoni stanno dietro di lui.

DSC05070Figura 33Il mago Ermogene che viene portato dai demoni dinnanzi san Giacomo

L’ultima scena, mostra, infine, la conversione e il battesimo di Ermogene: san Giacomo, tende nella mano sinistra l’ampolla con l’acqua lustrale sul capo di Ermogene che, inginocchiato con le mani giunti riceve il battesimo, accanto a questi Fileto, anch’esso inginocchiato con le mani giunte.

DSC05072Figura 34La conversione e il battesimo di Ermogene

Anche nella parte inferiore di questi ultimi tre riquadri, seppur molto rovinati, sotto lo strato di pittura nera, s’intravedono tracce di caratteri, che indicano la presenza di un’iscrizione occultata.

DSC05069 tracce iscrizione riquadro DSC05070 tracce iscrizioni DSC05072 tracce iscrizioni

Figura 35: Tracce iscrizione terzo riquadro narrativo
Figura 36: Tracce iscrizione quarto riquadro narrativo
Figura 37: Tracce iscrizione quinto riquadro narrativo

Per mettere in evidenza le iscrizioni che si celano sotto lo stato di pittura nera, i riquadri narrativi sono stati, da chi scrive, ispezionati in via preliminare con una lampada portatile UV corredata di un tubo fluorescente in luce UV (lampada di Wood) e esaminati a luce radente, quest’ultima ha messo in evidenza solo alcune lettere delle iscrizioni occultate.

20160820_235848 scena 4     20160821_000946 luce radente scena 8

Figura 38: Particolare a luce radente della parte inferiore del quarto riquadro narrativo, a sinistra
Figura 39: Particolare a luce radente della parte inferiore del terzo riquadro narrativo, a destra

Pertanto è chiara la necessità di affiancare a questi limitati e parziali esami anche altre indagini diagnostiche non invasive, quali ad esempio la radiografica ai raggi X e la riflettografica infrarossi (IR), che consentono di visualizzare elementi in genere celati alla vista. A tal fine chi scrive sta cercando di avviare un progetto di indagini diagnostiche.

NOTE

[1] Plumari G., Ricerche storiche della città di Randazzo, ms. del 1819 (alcuni fogli del manoscritto presentano una doppia numerazione), Archivio Privato, f. 173, n. 16; Idem, Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, voll. I-II, ms. del 1847-9, Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77, vol. I, Libro III, p. 324, n. 40; IdemCodice diplomatico della fedelissima e piena città di Randazzo, ms. del XIX secolo, in ff., Biblioteca Comunale di Palermo, Qq H 116, nota C, f. 7r.
[2] Virzì S. C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, vol. 2, p. 123.
[3] Ibidem.
[4] In Sicilia il culto di san Giacomo iniziò a diffondersi a partire dal XII secolo, dopo la conquista normanna, tuttavia, ebbe una maggiore espansione dopo l’arrivo degli Aragonesi nel 1282. A Randazzo la chiesa di San Giacomo fu, per molti secoli, la sede dell’omonima confraternita, una tra le più antiche domus disciplinae jacopee di Sicilia, già esistente prima del 1459, anno in cui risulta pagasse le decime alla Santa Sede. (Arlotta G., Confraternite di San Giacomo in Sicilia, in «Santiago e la Sicilia. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Messina, 2-4 Maggio 2003», a cura di Giuseppe Arlotta, Perugia, Edizioni Compostellane, 2008, p. 343).
[5] Gambarini R., Riverente tributo d’ossequj alla gloriosa sant’Anna madre della Gran Madre di Dio, Venezia, 1708, pp. 10-12.
[6] Cenni storici. Chiese Monumenti antichità della Città di Randazzo, Adernò, 1906, Biblioteca Comunale di Randazzo riproduzione in fotocopia, 7.H.146, p. 56.
[7] De Roberto F., Randazzo e la Valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909, p. 59.
[8] Raciti Romeo V., Randazzo. Origine e monumenti, s.d., p. 25.
[9] Giansiracusa P., San Giacomo di Randazzo: struttura e analisi, in «Compostella. Rivista del Centro Italiano di Studi Compostellani», n. 30, 2009, pp. 4-5.
[10] Arlotta G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudiniIdem, p. 6. Una copia dell’articolo si trova affissa, in calce, alla tavola.
[11] Giansiracusa P., San Giacomo di Randazzo: struttura e analisi, op. cit., p. 4.
[12] Arlotta G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini, op. cit., p. 6.
[13] Simbolo della regalità acquisita attraverso l’incarnazione di Cristo.
[14] La collana e i braccialetti di corallo indossati dal Bambino hanno un doppio valore: ornamentale e protettivo. Sono degli amuleti, ovvero oggetti ai quali veniva riconosciuta una potenza magica di tipo protettivo. Per gli arabi il corallo era un lasciapassare per l’aldilà, sacro alla dea Iside.
[15] Simili a quelli del maphorion della Madonna.
[16] San Giacomo è vestito a colori invertiti rispetto la Madonna.
[17] La trascrizione è data in minuscolo, utilizzando le maiuscole secondo gli usi comuni. L’integrazione di lacuna è stata posta tra parentesi quadre [ ]; con le parentesi tonde ( ) sono state sciolte le abbreviazioni. Si è inserita una barra obliqua / per segnalare la fine di ogni riga e una doppia barra obliqua // per segnalare la fine della sezione.
[18] Bianco R., Culto iacobeo in Puglia tra Medioevo ed Età Moderna. La Madonna, l’intercessione, la morte, in «Santiago e l’Italia. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Perugia, 23-26 Maggio 2002», a cura di Paolo Caucci von Saucken, Perugia, Edizioni Compostellane, 2005, p. 136.
[19] Conosciuto come Codex calixtinus, è un’opera elaborata in un periodo compreso tra il 1139 e il 1173. Per l’autore-compilatore del Codex calixtinus si veda: Il Codice callistino. Prima edizione italiana integrale del Liber Sancti Jacobi – Codex calixtinus (sec. XII), traduzione e introduzione di Vincenza Maria Berardi, presentazione di Paolo Caucci von Saucken, Perugia, Edizioni Compostellane, 2008, pp. 21-24.
[20] Ivi, Libro II, Cap. XVII, pp. 365-370.
[21] Trattasi di un’ampia raccolta di vite sante e leggende agiografiche, redatta a partire circa dall’anno 1260 fino alla morte dell’autore, avvenuta nel 1298.
[22] È probabile che sia l’immagine centrale che i riquadri siano profilati da un bordino marrone nascosto attualmente dalla cornice lignea, la cui presenza è intuibile nel terzo riquadro narrativo a destra.
[23] Teologo del XII secolo, profondo conoscitore di tradizioni ecclesiastiche e agiografiche.
[24] L’Arlotta riporta erroneamente che i discepoli furono incarcerati da Lupa.
[25] Iacopo da Varazze, Legenda aurea, edizione critica a cura di Giovanni Paolo Maggioni, Tavarnuzze-Firenze, Sismel Edizioni del Galluzzo, 1998, p. 654.
[26] Il Codice callistino, op. cit., Libro III, Cap. I, p. 385.
[27] La versione del miracolo dell’impiccato riportata nella Legenda aurea è un fedele riassunto del miracolo V, contenuto nel II libro del Liber Sancti Jacobi; Iacopo da Varazze, Legenda aurea, edizione critica, op. cit., pp. 656-657.
[28] Il Codice callistino, op. cit., Libro II, Cap. V, pp. 351-352.
[29] Vázquez De Parga L., Lacarra J. M., Uría Ríu J, Las Peregrinaciones a Santiago de Compostela, Madrid, 1948, Tomo I, Parte Tercera: Las consecuencias sociales y culturales de la peregrinacion, pp. 578-579.
[30] Ibidem.
[31] Un primo accenno al miracolo dell’impiccato e al gallo e la gallina si trova nell’Itinerario Marciano (Da Veniexia per andar a mese San Zacomo de Galizia), datato dalla dottoressa Angela Mariutti alla prima metà del XIV secolo. Paolo G. Caucci von Saucken, Relazioni italiane di pellegrinaggio a Compostella del Quattrocento, in «Actas del I Congreso de la Asociación Hispánica de Literatura Medieval, Santiago de Compostela, 2-6 Diciembre 1985», Edición a cargo de Vicente Beltrán, Barcelona, PPU, 1988, p. 240.
[32] I sei trattini indicano una lacuna la cui entità non è precisabile (corrispondente ad un numero indefinito di righe). I tre trattini tra parentesi quadre indicano la presenza di lettere o parole incomprensibili o illeggibili non quantificabili.
[33] Vedi nota 24.
[34] Arlotta G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini, op. cit., p. 6.
[35] «[…] I discepoli, risoluti e illuminati dall’accaduto, ripresero il proficuo cammino verso la dimora della citata matrona [Lupa], alla quale riferirono come il re [di Dugio], furioso per la rabbia, avesse voluto dar loro una morte infelice e come Dio avesse agito contro di lui per punirlo.
Le chiesero insistentemente, inoltre, di concedere loro, consacrandolo a Dio, il tempietto in passato dedicato agli idoli e la esortarono fermamente a rinnegare quei simulacri foggiati da mani umane, che non potevano essere utili a lei né d’aiuto al altri; i lori occhi, infatti, non potevano vedere, né le orecchie ascoltare o le narici percepire odori, e dunque essi non potevano giovare in alcun modo a nessuno della sua gente.
Ma la mente della matrona, fuori di sé anche per il timore che alcuni suoi parenti o affini avessero potuto trovare la morte nell’annegamento delle truppe reali, e perciò incapace – come accade spesso nelle questioni umane –, di pervenire ad una giusta decisione, iniziò a concepire una vana e bizzarra macchinazione, continuando a reputare falso quanto le era stato riferito.
E così, mentre i discepoli ancor più fermamente la sollecitavano con le loro umili richieste affinché concedesse loro una piccola parte della sua terra per seppellirvi le spoglie del santissimo apostolo, la matrona architettò un nuovo e maligno stratagemma. Convinta di poterli assassinare con l’astuzia, dunque, si rivolse loro dicendo:
 “Poiché mi sembra che sia vostra ferma intenzione ottenere ciò, e che non intendete in alcun modo rinunciarvi, ecco: io possiedo alcuni buoi addomesticati su un monte; servitevi di loro per procedere nel vostro intento e per trasportare tutto quanto vi sembri indispensabile per l’edificazione del tempio. Se vi dovesse mancare il cibo, mi occuperò volentieri di fornirlo a voi e a loro”.
Avendo ascoltato tali parole, e non essendosi accorti della falsità della donna, i discepoli dell’apostolo la ringraziarono e si misero in cammino. Giunti sul monte, però, videro qualcosa di inaspettato: nel momento in cui ebbero oltrepassato i valichi di quel rilievo, infatti, un immenso drago, che aveva reso deserte le abitazioni vicine a causa delle sue frequenti incursioni, uscì all’improvviso dalla propria grotta e si lanciò sui santi uomini di Dio vomitando fiamme, pronto ad attaccarli e a minacciarli di morte.
Quelli, però, lo sfidarono intrepidi ripensando ai dogmi della fede; rimanendo immobili, infatti, lo allontanarono mostrandogli il baluardo della croce.
Il drago, incapace di sopportare la vista della croce del Signore, si squarciò nella parte inferiore del ventre. Terminato lo scontro, i discepoli levarono gli occhi al cielo e resero grazie al Re Supremo dal profondo del cuore. Poi, per scacciare definitivamente da quel luogo la moltitudine dei demoni, benedissero l’acqua e la aspersero ovunque, su tutto il monte.

Dopo tale evento quel luogo, un tempo chiamato monte Ilicino, che sta a significare “seducente” perché prima di quell’epoca molti uomini, adescati dal demonio, svolgevano proprio lì i loro riti diabolici, fu da loro denominato Monte Sacro, che significa monte consacrato a Dio.
Poco dopo, però, i discepoli videro correre verso di loro i buoi che gli erano stati malignamente promessi: li osservarono in lontananza mentre, selvaggi e muggenti, squassavano barriere con le corna poste sulla sommità del capo e facevano tremare la terra con gli zoccoli.
E quando ormai questi sembravano sul punto di attaccarli lungo i pendii montuosi, minacciandoli di una morte crudele con la loro carica ostile, all’improvviso una grande calma e mansuetudine si impadronì dei buoi, tanto che quegli stessi animali, poco prima in procinto di assalire i discepoli per ucciderli efferatamente, adesso, abbassando il capo, appoggiarono invece spontaneamente le loro corna sulle mani dei santi uomini.

I portatori del santo corpo, accarezzando gli animali selvaggi ora divenuti docili, misero loro immediatamente il giogo e, percorsa una scorciatoia, fecero il loro ingresso nel palazzo della donna al seguito dei buoi ridotti all’ubbidienza.
Colta da stupore, quella riconobbe i miracoli che si erano verificati e, spinta da quei tre evidenti e incontestabili segni, acconsentì alla loro richiesta.». Il Codice callistino, op. cit., Libro I, Cap. I, pp. 386-387.

[36] Iacopo da Varazze, Legenda aurea, a cura di Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone, Torino, Giulio Einaudi editore, 1995, p. 537.
[37] Il Codice callistino, op. cit., Libro I, Cap. IX, p. 149.
[38] Arlotta G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini, op. cit., p. 6.
[39] Nel corso del XVI secolo, la Sicilia fu colpita per ben tre volte da un ondata di epidemia di peste: 1500, 1522-23 e 1575.
[40] «Le pestilenze erano capaci di indurre uno stato di carestia per effetto delle misure di controllo della circolazione d’uomini e merci per prevenire il diffondersi dell’epidemia. Sarebbe il caso della carestia del 1528-29, quando un’annata penuriosa ma non eccezionalmente negativa si trasformò in una grave carestia». Alfani G., Pestilenze e ‘crisi di sistema’ in Italia tra XVI e XVII secolo. Perturbazioni di breve periodo o cause di declino economico?, in «Le interazioni fra economia e ambiente biologico nell’Europa preindustriale secc. XIII-XVIII, Atti della “Quarantunesima Settimana di Studi”, 26-30 aprile 2009», , a cura di Simonetta Cavaciocchi, Firenze, University Press, 2010, nota 7, p. 221.
[41] Nel marzo 1536 vi verificò una violenta eruzione dell’Etna. Lo storico Tommaso Fazello (1498-1570), testimone oculare della spaventosa eruzione, così descrisse l’inizio dell’evento eruttivo: «il 23 di marzo del 1536, verso il tramontare del Sole, una nube di fumo nero al di dentro rosseggiante coprì la cima dell’Etna, e poco dopo dal cratere, e da nuove aperture fattesi nel contorno, uscì un gran fiume di lava che verso oriente andò a coprire un lago, dove liquefacendosi le nevi che vi erano si formò un grosso torrente che furioso scese con corso arcuto verso Randazzo sommergendo greggi di pecore, animali e tutto ciò che incontrò». Fazelli T., De rebus Siculis decades duae, 1558, pp. 60-62.
[42] Il Codice callistino, op. cit., Libro I, Cap. IX, p. 149.
[43] In araldica immaginaria questo stemma viene attribuito ai Giudei.
[44] Ibidem.

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio padre Josè Enrique Rodriguez Sainz, parroco della chiesa di San Nicola, per avermi permesso di esaminare la tavola.
Ringrazio sentitamente Emanuele Pitinzano per la grande disponibilità, pazienza e cortesia dimostratami. Senza di lui l’esame della tavola con la lampada di Wood non sarebbe stata possibile.
Ringrazio con affetto mia sorella Monia e i miei cari amici, Beppe, Silvana, Salvatore, Maria, Tina e Vincenzo, per aver condiviso con me l’indagine notturna.
Il mio più profondo ringraziamento va a Enzo, mio marito, per la sua presenza e l’impareggiabile supporto.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

ALFANI G., Pestilenze e ‘crisi di sistema’ in Italia tra XVI e XVII secolo. Perturbazioni di breve periodo o cause di declino economico?, in «Le interazioni fra economia e ambiente biologico nell’Europa preindustriale secc. XIII-XVIII, Atti della “Quarantunesima Settimana di Studi”, 26-30 aprile 2009», a cura di Simonetta Cavaciocchi, Firenze, University Press, 2010.

ARLOTTA G., Confraternite di San Giacomo in Sicilia, in «Santiago e la Sicilia. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Messina, 2-4 Maggio 2003», a cura di Giuseppe Arlotta, Perugia, Edizioni Compostellane, 2008.

ARLOTTA G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini, in «Compostella. Rivista del Centro Italiano di Studi Compostellani», n. 30, 2009.

BIANCO R., Culto iacobeo in Puglia tra Medioevo ed Età Moderna. La Madonna, l’intercessione, la morte, in «Santiago e l’Italia. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Perugia, 23-26 Maggio 2002», a cura di Paolo Caucci von Saucken, Perugia, Edizioni Compostellane, 2005.

Cenni storici. Chiese Monumenti antichità della Città di Randazzo, Adernò, 1906, Biblioteca Comunale di Randazzo riproduzione in fotocopia, 7.H.146.

DE ROBERTO F., Randazzo e la Valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909.

FAZELLI T., De rebus Siculis decades duae, 1558.

GAMBARINI R., Riverente tributo d’ossequj alla gloriosa sant’Anna madre della Gran Madre di Dio, Venezia, 1708.

GIANSIRACUSA P., San Giacomo di Randazzo: struttura e analisi, in «Compostella. Rivista del Centro Italiano di Studi Compostellani», n. 30, 2009.

IACOPO DA VARAZZE, Legenda aurea, a cura di Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone, Torino, Giulio Einaudi editore, 1995.

IACOPO DA VARAZZE, Legenda aurea, edizione critica a cura di Giovanni Paolo Maggioni, Tavarnuzze-Firenze, Sismel Edizioni del Galluzzo, 1998.

Il Codice callistino. Prima edizione italiana integrale del Liber Sancti Jacobi – Codex calixtinus (sec. XII), traduzione e introduzione di Vincenza Maria Berardi, presentazione di Paolo Caucci von Saucken, Perugia, Edizioni Compostellane, 2008.

PAOLO G. CAUCCI VON SAUCKEN, Relazioni italiane di pellegrinaggio a Compostella del Quattrocento, in «Actas del I Congreso de la Asociación Hispánica de Literatura Medieval, Santiago de Compostela, 2-6 Diciembre 1985», Edición a cargo de Vicente Beltrán, Barcelona, PPU, 1988.

PLUMARI G., Codice diplomatico della fedelissima e piena città di Randazzo, ms. del XIX secolo, in ff., Biblioteca Comunale di Palermo, Qq H 116.

PLUMARI G., Ricerche storiche della città di Randazzo, ms. del 1819 (alcuni fogli del manoscritto presentano una doppia numerazione), Archivio Privato.

PLUMARI G., Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, voll. I-II, ms. del 1847-9, Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77.

RACITI ROMEO V., Randazzo. Origine e monumenti, s.d..

VÁZQUEZ DE PARGA L., LACARRA J. M., URÍA RÍU J, Las Peregrinaciones a Santiago de Compostela, Madrid, 1948, Tomo I.

VIRZÌ S. C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, vol. 2.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Le fotografie e le illustrazioni riprodotte nell’articolo, quando non specificato diversamente, sono state eseguite dall’autrice.

Figura 2: La chiesa di San Giuseppe, in una foto, degli inizi del Novecento, del De Roberto, tratta da: De Roberto F., Randazzo e la Valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909, p.86.

Figura 3: La chiesa di San Giuseppe in una foto degli anni 30, immagine gentilmente postata dall’avvocato Salvatore Manitta, sul gruppo Facebook “Randazzo Tutti in un Gruppo”, <https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10206568113783338&set=gm.101 53975714020883&type=3&theater>, agg. 2016.

Figura 6: Madre di Dio della consolatrice tratta da: La ricostruzione dell’icona costantinopolitana, in «L’immagine sacra nella Chiesa», <http://www.iconografi.it/?p=304>, agg. 2016

 Ancora Angela Militi su un “VOLTO MISTERIOSO”

 

                                    Un volto misterioso

Spesso gli artisti, di ogni tempo, hanno celato figure, scritte, simboli e messaggi in codici, all’interno delle loro opere.

Ne è un esempio il famoso affresco di Giotto “Morte e Ascensione di San Francesco”, nella Basilica di San Francesco in Assisi, dove, nella ventesima scena della vita del Santo – raffigurante la morte di San Francesco –, Giotto, celò, nella parte alta di destra della nuvola, un volto satanico.

San Michele, Arcangelo, Misteri, Volti Misteriosi, Arte

Mentre, il Mantegna, nel suo “San Sebastiano” – conservato presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna – inserì, sullo sfondo del cielo, una nuvola a forma di cavaliere su di un cavallo.

San Michele, Arcangelo, Misteri, Volti Misteriosi, Arte

All’interno della chiesa di San Nicola di Randazzo, è custodito un bel quadro raffigurante San Michele Arcangelo, di autore ignoto.

San Michele, Arcangelo, Misteri, Volti Misteriosi, Arte

L’Arcangelo è ritratto come un giovane guerriero alato (Archistratega, principe delle milizie celesti), sospeso su un cumolo di nuvole, con il corpo leggermente proteso in avanti, scruta le profondità infere che eruttano lingue di fuoco e getti di fumo. Esso, indossa una veste bianca – simbolo di purezza – con maniche corte ricamate su cui è posta la raffinata lorica, con accollatura quadrata, di colore blu cobalto – simbolo di giustizia –, con pteruges – su cosce e braccia –, contornata d’oro e decorata con phalerae. Il mantello color rosso – simbolo di nobiltà e coraggio –, fermato alle spalle con due fibule, scende lungo la schiena, si avvolge intorno ai fianchi e poi ricade lungo la gamba sinistra. Ai piedi reca eleganti calzari a mezza gamba; il capo è scoperto, i capelli biondi e fluenti. Nella mano destra impugna la spada, mentre con la sinistra sorregge una bilancia, con cui pesa le anime dei defunti (psicostasia o psicostasi).

Accanto la gamba sinistra di San Michele, parzialmente coperta dalle nuvole, s’intravede la figura a mezzo busto di una monaca, con velo e soggolo – che le cinge il collo – bianchi, mentre sotto la nuvola, su cui l’Arcangelo, poggia la punta del piede, si distingue la mano sinistra della religiosa, al cui dito indice porta un anello d’oro.

San Michele, Arcangelo, Misteri, Volti Misteriosi, Arte

Ma chi è la monaca ritratta nel dipinto dall’ignoto pittore. Si tratta forse di una santa,  oppure essa allude a una committenza femminile?

Certo, una cosa non esclude l’altra, in quanto spesso alcune sante, come Santa Caterina, venivano effigiate dai pittori, per rendere omaggio a committenti donne.

Tuttavia non si sa se il pittore abbia voluto alludere a una committenza femminile o abbia voluto effigiare una santa, ma a ben guardare quel volto – parziale – tra le nuvole, sembrano due scelte da escludere,  in quanto osservando con più attenzione la scena del dipinto, appare evidente che, il pittore abbia ritratto, in realtà, l’anima di una monaca (o badessa) che, sottoposta a giudizio al momento della morte, osserva il verdetto della sua pesatura; il piatto della bilancia, pende verso destra, pertanto l’anima della monaca è stata salvata, perché meritevole del perdono divino.

Lionardo Vigo, in occasione di un suo soggiorno in città, nel luglio del 1833, visitò il carcere della stessa e, in una missiva all’amico Ferdinando Malvica, raccontò: «E’ poco che si aperse una di quelle buche; vi si rinvenne incadaverita una monaca……forse imputata di sortilegio……Ma come morì? chiedeva nel mio raccapriccio al custode – se la scordarono forse;– forse! E si scorda vivo sepolto un’essere, il quale ha diritto alla vita quanto i malvagi stessi, che ivi lo chiusero…… ed ha grandi diritti alla pubblica compassione, perché era infelice!».

Si trattava, forse, della monaca del dipinto? La nostra badessa era una strega, per questo motivo fu giudicata da San Michele Arcangelo, dopo la sua morte?

Chi è la misteriosa badessa….qual’è la Vostra ipotesi?

FONTI BIBLIOGRAFICHE

GUIDI F., Il mestiere delle armi. Le forze armate dell’antica Roma, Milano, Oscar Mondadori, 2011.

VIGO L., Lettere di Lionardo Vigo a Ferdinando Malvica sopra una gita da Catania a Randazzo, in «Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia», Tomo X, Palermo 1834, p. 209.

FONTI INTERNET

Laboratorio d’Arte Cultor, Le immagini nascoste nei dipinti di Andrea Mantegna e di Giotto, <http://www.cultor.org/Mantegna/s.html >, agg. 2013.

Opere d’arti insolite. Opere misteriose, < https://antveral.wordpress. com/2012/06/10/3143/ >, agg. 2013.

Barletta D., Michele, un antico guerriero e santo, <http://www.clinicasanmichele.com/public/San%20Michele-dora%20barletta.pdf>, agg. 2013.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Mantegna Andrea, San Sebastiano, Kunsthistorisches Museum di Vienna, tratto da: <http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ac/MantegnaSebastian.jpg>, agg. 2013.

Giotto, Morte di San Francesco, Basilica Superiore di Assisi, tratto da: <http://it.wikipedia.org/wiki/File:Giotto_di_Bondone_-_Legend_of_St_Francis_-_20.
_Death_and_Ascension_of_St_Francis_-_WGA09146.jpg>, agg. 2013.

Ingrandimento volto satanico, tratto da: <http://www.cultor.org/Mantegna/s.html>, agg. 2013, riprodotta per gentile concessione della Cultor Comunicazione.

Randazzo Segreta di Angela Militi .

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Cosi  descrive la chiesa di San Nicola il salesiano  Don Calogero Salvatore Virzì.

 

 

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LA CHIESA DI SAN NICOLA si trova al centro della cittadina e dell’originario quartiere greco, dove verosimilmente si sarebbero insediati gli antichi cittadini di Trincala, antica e leggendaria città greca.
San Nicola è la più grande chiesa di Randazzo e della Diocesi, tanto da essere elevata anticamente a sede vescovile, caratteristica questa per la quale Re Federico II di Svevia le elargì il privilegio di fare da sede ai raduni delle Civiche Assemblee Generali.
Le parti più antiche risalgono al sec. XIII e la sua struttura originaria era in stile normanno-svevo. Come ci ricorda la lapide infissa sul lato sud della chiesa, venne ristrutturata una prima volta nel 1589 e, successivamente nel 1605.
Il Campanile ricostruito nell’anno 1783 e tuttora incompleto, sostituì l’incantevole torre campanaria 1300 distrutta dal grande terremoto del 1693.
Le robuste absidi poligonali del XIII sec. e il sistema di merlatura, fanno pensare ad un’organismo fortificato, più che a una costruzione religiosa. Gravemente danneggiata strutturalmente nel corso dei bombardamenti anglo-americani del luglio-agosto 1943, la chiesa di San Nicola fu privata di tantissimi tesori d’arte in essa custoditi, andati distrutti.
La chiesa si presenta oggi come un complesso architettonico imponente con soprastrutture di epoche e stili diversi che le danno un tono davvero variegato.

Al suo interno conserva preziosi ori quadri e argenti di arte religiosa, straordinari reperti scampati ai bombardamenti.
Oltre a questi numerosi beni artistici e religiosi, la chiesa conserva anche un mistero mai svelato vecchio di tanti secoli: la leggendaria costola del saraceno.
Davanti alla parrocchia di San Nicolò, si apre la sua armoniosa piazza dove spicca la poderosa statua in marmo del gigante Piracmone, conosciuto con il nome di “Ranazzu Vecchiu”.
Alla statua, che raffigura un nudo maschile circondato da un’aquila, un leone e due serpenti, sono stati attribuiti diversi significati più o meno verosimili; in particolare, come accennavamo sopra, il simbolo di un’improbabile unione delle tre antiche etnie presenti a Randazzo: i latini, i greci e i lombardi.
Si affaccia sulla piazza il sobrio palazzo Russo, un’antico edificio nobiliare del XIV sec., la Via degli Archi o Uffizi e la deliziosa chiesetta di Santa Maria della Volta, risalente al sec. XIV e restaurata verso la metà degli anni 80, verosimilmente apparteneva ad una famiglia nobiliare di quei tempi, e trasferita in seguito ad una comunità di suore e ancora dopo ad una Confraternita che ne portava il nome.
Enzo Crimi

 Galleria Fotografica:

 

Giuseppe De Thomasio, La Santissima Trinità – Chiesa di S. Nicola – Randazzo

I discepoli di Emmaus, (paliotto), secolo XIX, marmo scolpito. Randazzo, Basilica San Nicolò di Bari

Vittorio Sgarbi ammira i due episodi di San Nicola scolpiti da Antonello Gagini sotto la statua del Santo .

Chiesa di San Nicola. Opera di Salvatore Grasso

   

Antonio Gagini

 

Rannazzu Vecchiu

 

Randazzo Vecchio: liber mutus alchemico

Angela Militi

Pubblicato il 22 ottobre 2017 da angela-militi

Nell’ammirare i monumenti di una città, spesso, ci limitiamo alla loro estetica e/o alla loro storia superficiale trasmessaci dalle guide o dai libri.
Tuttavia, se ci si soffermassimo ad osservarli con un occhio più attento, scopriremo che tali monumenti possono nascondere intriganti segreti, come nel caso dell’enigmatico “Randazzo Vecchio”, che si erge imponente sul suo alto basamento in pietra lavica, dominando la piazza antistante la chiesa di San Nicola in Randazzo, il quale all’apparenza sembrerebbe una normale statua, ma, in realtà, questa scultura, emblema e memoria della storia della città, nasconde, come vedremo, un messaggio segreto, lasciato ben in vista, ma passato del tutto inosservato agli occhi profani.

Figura 1: Randazzo, Piazza San Nicolò

Il monumento, è sempre stato circondato da un alone di mistero legato all’identificazione del personaggio effigiato, molto dibattuta e non risolta, di cui ci siamo occupati in un nostro precedente lavoro (A proposito di Randazzo Vecchio (Rannazzu Vecchio), 2013), dell’avvenimento storico che ha determinato la sua erezione, nonché al suo significato, incomprensibile se non si entra in possesso della chiave adatta, ovvero della regola per decifrarlo o svelarlo.
Innanzitutto occorre ricordare che l’attuale statua è, in realtà, una copia, realizzata negli anni ’30 del 700, commissionata dall’abate Pietro Rotelli (†1765 agosto)[1], a sostituzione della statua originaria, in arenaria, risalente al XII secolo, i cui resti – un leone, un’aquila e un berretto frigio –, attualmente, si trovano murati sulla parete settentrionale della chiesa di San Nicola.

Figura 2: Resti della vecchia statua in arenaria

Collocata dov’è oggi, nel 1746, essa, però, presenta alcune varianti iconografiche rispetto all’originale, tali da conferire alla statua un significato diverso rispetto a quello dato originariamente alla statua primitiva, poiché il leone, l’aquila e il berretto frigio (che i latini chiamavano pileus) sono emblemi legati al potere e alla regalità.

       Figura 3: Il leone                                       Figura 4: L’aquila                             Figura 5: Il berretto frigio

Per poter comprendere il significato della “nuova” statua occorre, prima di tutto, considerare il periodo storico in cui essa fu realizzata.
Il XVIII secolo, che la storia letteraria e filosofica definisce «secolo dei lumi», fu un secolo in cui l’astrologia, l’esoterismo e l’alchimia (Ars Regia) suscitavano ancora grande fascino e interesse negli artisti e nei committenti (sopratutto nobili ed ecclesiastici) del tempo.
E proprio l’alchimia sembra essere una delle possibili chiavi di lettura, poiché rinveniamo una simbolica che riconduce alla Magnum Opus, che non possiamo ignorare.
L’alchimia è una scienza esoterica antichissima e universale, in cui la metallurgia, la chimica, la fisica, l’astrologia, la medicina e il misticismo si sono fuse per formare una scuola di pensiero. Uno dei più ardui obiettivi degli Alchimisti era conquistare l’onniscienza, ovvero raggiungere il massimo della conoscenza in tutti i campi della scienza, rappresentato dalla Pietra Filosofale o Quintessenza, il principio capace di rivelare i segreti dell’esistenza e della materia. Essa era disciplina solo per pochi Eletti, pertanto gli alchimisti (“Filosofi”) cercavano di nascondersi e utilizzavano varie allegorie e simboli per criptare il messaggio ermetico.

Figura 6: Blasone dell’Arte Regia

Ma veniamo al significato nascosto della statua.

Figura 7Randazzo Vecchio

Essa, raffigura un uomo maturo nudo. Nella simbologia alchemica esso rappresenta la “materia prima”, la materia grezza da trasformare.
La figura virile è accompagnata da 4 animali: un leone, due serpenti e un’aquila che rappresentano i 4 elementi: fuoco (leone), aria (aquila), terra e acqua (i due serpenti), i principi fondamentali della vita e in alchimia indispensabili per creare la Pietra Filosofale.
Ai piedi dell’uomo si trova un leone. In alchimia il leone verde simboleggia l’inizio dell’Opera. Esso è inteso come solvente e acido che tutto corrode con un Fuoco Segreto, ovvero un potente elemento in grado di produrre la trasmutazione.

Figura 8:Particolare del leone che sta ai suoi piedi

Intorno alle gambe si attorcigliano due serpenti che simboleggiano lo zolfo, principio dell’infiammabilità, e il mercurio, principio metallico della instabilità, che mescolati alla “materia prima” e scaldati nell’Athanor[2] si trasformano gradualmente, passando attraverso tre fasi – Nigredo, Albedo e Rubedo – in Pietra Filosofale. Un serpente si avvolge intorno alla gamba destra sino a quasi all’altezza dell’ombelico, sede dell’essenza vitale, in alchimia simbolo del fuoco; l’altro, una vipera[3], si avvolge intorno alla gamba sinistra e striscia sino al cuore, sede della Coscienza spirituale.

Figura 9: Particolare dei due serpenti

Un’aquila, con gli artigli posati sulle spalle, poggia il suo rostro sulla testa dell’uomo, sede della Coscienza psichica. In alchimia l’aquila allude alla materia dopo la sublimazione e il raggiungimento della Pietra Filosofale.

Figura 10:Particolare dell’aquila

La statua, quindi, nasconde il percorso iniziatico dell’Adepto, comprensibile soltanto ad un piccola élite di iniziati.
A tale proposito sorge spontanea una domanda: gli “Iniziati” appartenevano alla sfera ecclesiastica, come l’abate Rotelli, considerato che Randazzo Vecchio puntava l’indice[4]verso la chiesa?

Figura 11Randazzo Vecchio in una foto, degli inizi del Novecento, di  Federico  De Roberto

Va ricordato che nel corso della storia numerosi sono stati gli ecclesiastici, per lo più francescani e domenicani, che si sono dedicati allo studio dell’alchimia, tra essi Bonaventura da Iseo (†1250?), frate francescano, Tommaso D’Aquino (1225-1274), frate domenicano, Alberto Magno (†1280), vescovo, Ruggero Bacone (1214-1294), frate francescano, Raimondo Lullo (1232-1316), Terziario francescano, Athanasius Kircher (1602-1680), gesuita.

Angela Militi    –  Randazzo Segreta 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vito La Mantia

 

LA MANTIA VITO

di Maria Antonella Cocchiara – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 63 (2004

 

Vito La Mantia

LA MANTIA, Vito. – Nacque il 6 nov. 1822 a Cerda, piccolo comune del Palermitano, da Francesco e da Rosa Arcara, entrambi appartenenti a famiglie dell’agiata borghesia terriera. Compiuti gli studi superiori a Termini Imerese, si trasferì a Palermo per iscriversi alla facoltà giuridica, dove ebbe tra i suoi maestri E. Amari e B. D’Acquisto. 
Negli anni di studi universitari fu insignito del premio Angioino per l’economia politica e del premio Di Giovanni in lingua greca e latina, storia sacra e storia di Sicilia. A uno di tali premi è legata la sua prima pubblicazione, Sul modo di procurare la ricchezza e la civiltà delle nazioni (Palermo 1843), in cui il La Mantia  professava un’incondizionata adesione al liberismo economico, pur differenziando le proprie posizioni da quelle della scuola degli economisti siciliani di matrice autonomistica e liberale, quali R. Busacca e F. Ferrara.
Dopo qualche anno di pratica legale presso lo studio di P. Calvi, nel febbraio 1846 conseguì la laurea in giurisprudenza, dedicandosi, dopo un vano tentativo di ottenere un incarico universitario, all’avvocatura. 
Antinapoletano convinto e prudente sostenitore del movimento liberale siciliano, restò tuttavia estraneo all’esperienza rivoluzionaria e costituzionale del 1848 e, di conseguenza, all’ondata di persecuzioni successive al ritorno dei Borbone. Fino all’Unità, continuò a esercitare la professione di avvocato. Risalgono a questo periodo diverse memorie difensive e il progetto di dotare il foro siciliano di una rivista di legislazione e giurisprudenza, gli Annali di legislazione e giurisprudenza patria e straniera: nel 1858 ne pubblicò il primo (e unico) volume, seguito dalla raccolta di Decisioni della Corte suprema di Sicilia (Palermo 1858), relativa al primo decennio di attività della Suprema Corte siciliana (1819-29).
Nel 1856, il L. sposò Antonina Salemi, sorella del democratico-radicale G. Salemi-Oddo. Dalla loro unione nacquero quattro figli, Francesco Giuseppe, Giuseppe – futuri collaboratori del padre e autori anch’essi di numerosi lavori storico-giuridici -, Rosa e Maria Concetta.
In un contesto culturale impoverito dalla fuga di cervelli causata dalla repressione borbonica, il L. avviò il primo nucleo di studi di storia dell’antico diritto siciliano. Nell’opuscolo Discorso sulle basi della legislazione seguito da un progetto di storia del diritto civile e penale in Sicilia (Palermo 1853), presentò l’ambizioso disegno che, con qualche modifica resasi ancor più necessaria a seguito dell’unificazione territoriale e legislativa del Regno d’Italia, avrebbe preso corpo con la pubblicazione della Storia della legislazione civile e criminale di Sicilia (I-IV, ibid. 1858-74). L’opera, che gli avrebbe dato ampia notorietà, è ancora oggi punto di riferimento per gli studi di storia del diritto siciliano.
Articolata su due grandi aree temporali (dai tempi primitivi all’espulsione degli Arabi dall’isola e dalla conquista normanna sino ai suoi giorni), la Storia della legislazione, dopo i primi due volumi pubblicati nel 1858 e nel 1859, fu completata dopo l’Unità d’Italia (Palermo 1866 [ma 1868] e 1874), finendo per costituire una sorta di testimonianza dell’impatto con il processo di unificazione e codificazione nazionale.
Il 6 agosto 1860 il La Mantia  fu nominato giudice del tribunale civile di Palermo, entrando così a far parte della rinnovata magistratura siciliana. Nei trentacinque anni di attività giudiziaria, il L. continuò a coltivare gli studi di storia del diritto, spesso anteponendoli a interessanti prospettive di carriera e affrontando con rigore la difficoltà di conciliarli con i doveri del suo ufficio. All’età di 73 anni, pressato dal carico di lavoro connesso ai compiti di consigliere di Corte di cassazione, chiese l’anticipato collocamento a riposo, per dedicarsi totalmente alla ricerca storico-giuridica e, in particolare, ai lavori sulle consuetudini siciliane.
La dimensione praticistica dei suoi studi, sollecitati sin dagli anni giovanili anche da esigenze di natura professionale, trovò alimento nell’attività di magistrato: le indagini per risolvere le controversie sottoposte alla sua cognizione si associavano alla ricerca storica sulle fonti, ritenuta necessaria per dominare un sistema giuridico di tipo codicistico, ma con vaste influenze dell’antico sistema giurisprudenziale del diritto comune. Rivelavano interferenze tra il lavoro di giudice e l’impegno di storico del diritto i numerosi approfondimenti su argomenti presi in esame in ragione del suo ufficio.
Si ricordano, in proposito, le ricerche in tema di prescrizione centenaria, di diritti del Pubblico Demanio sulle spiagge e terreni adiacenti, di decime siciliane e di tonnare. Su quest’ultimo argomento il L. pubblicò la monografia Le tonnare in Sicilia (Palermo 1901), che riprendeva una nota alla sentenza della Corte di cassazione di Palermo del 22 marzo 1890, di cui era stato estensore. Lo studio ricostruiva, con ampio corredo di fonti documentarie e normative, la regolamentazione giuridica delle tonnare siciliane, ripercorrendone le tappe: dal sistema della libertà della pesca, riconosciuto dal diritto romano, alle concessioni di età normanna, sveva, angioina e aragonese, fino alla normativa di età borbonica e alla vigente legislazione unitaria. Un esame già effettuato in occasione del giudizio di cassazione, non per gusto antiquario ma per ragioni processuali, poiché, pur nel vigore della normativa nazionale, il caso concreto esigeva, per accertare il titolo del possesso, un’indagine storica sulle fonti.
Riconducibili ai suoi percorsi di carriera furono anche le ricerche sugli statuti di Roma, primo passo verso l’ambizioso progetto, rimasto incompiuto, di scrivere una storia della legislazione italiana. Il L. iniziò questo filone di studi quando, nel 1877, trasferito a Perugia in seguito alla promozione a consigliere di corte d’appello, fu costretto ad allontanarsi dagli archivi siciliani e quindi a sospendere le ricerche da tempo intraprese sulle consuetudini delle città di Sicilia.
Avviate in occasione del rinvenimento di un codice membranaceo custodito nell’Archivio segreto Vaticano, le indagini sfociarono in un breve saggio intitolato Statuti di Roma: cenni storici (Roma 1877), che costituì il primo lavoro critico intorno agli statuti romani di età medievale. L’illustre Eugène de Rozière elogiò il lavoro, conferendo al L. notorietà e consensi negli ambienti storico-giuridici e letterari d’Oltralpe e consacrandolo come l’iniziatore di quegli studi.
Affrontato in un più articolato saggio dal titolo Origini e vicende degli statuti di Roma (Firenze 1879), il tema sarebbe stato successivamente ripreso e sviluppato nella memoria I Comuni dello Stato romano nel Medio Evo (s.l. 1884) e, quindi, nella più vasta opera Storia della legislazione italiana, I, Roma e Stato romano (Torino 1884). A questo volume fu riservata, però, un’inattesa, negativa accoglienza da parte della intelligencija accademica.
Se la parte relativa alla ricostruzione delle fonti – la cosiddetta “storia esterna” – fu unanimemente apprezzata, il metodo storico-sistematico, con il quale il L. seguì cronologicamente l’evoluzione del diritto, degli studi giuridici e della giurisprudenza per aree politico-geografiche differenziate, suscitò aspri giudizi. Il tentativo di passare da una dimensione localistica a una storia del diritto nazionale produceva una somma di storie regionali che prendevano in sostanza le mosse dall’età comunale. Scelta infelice in anni in cui proprio alla storia del diritto italiano e al diritto romano si affidava il compito di saldare i nessi dell’unità culturale della nazione italiana, all’insegna della continuità tra l’antica Roma e l’ottocentesco Regno d’Italia.
Forse in conseguenza di quelle critiche, il L. archiviò il progetto di una storia generale del diritto italiano e tornò a dedicarsi agli studi sull’antico diritto siciliano e, soprattutto, ai lavori sulle consuetudini delle città di Sicilia, che suscitarono interesse e approvazione tra i contemporanei e ai quali ancora oggi è in gran parte legata la sua notorietà.

 


Avviati intorno agli anni Sessanta, con la pubblicazione di una raccolta di Consuetudini delle città di Sicilia (Palermo 1862) in cui si limitava a includere i capitoli di diritto civile ritenuti utili per risolvere questioni pendenti in giudizio, gli studi sulla legislazione cittadina sarebbero stati da lui approfonditi in successivi lavori: Notizie e documenti su le consuetudini delle città di Sicilia, monografia pubblicata a puntate nell’Archivio storico italiano, poi raccolta in estratto (Firenze 1888); le Consuetudini siciliane in lingua volgare, in Il Propugnatore, XVI (1883), pp. 3-73; Leggi civili del Regno di Sicilia: 1130-1816 (Palermo 1895).
Seguirono altri saggi che confluirono nell’ampia silloge Antiche consuetudini delle città di Sicilia (ibid. 1900), comprensiva non solo dei testi delle consuetudini in senso stretto, ma di gran parte dello ius proprium, costituito da privilegi, capitoli, ordinationes ecc. Una scelta apprezzata, che avrebbe consentito di registrare in modo organico l’estensione delle libertates vantate, in tempi diversi, dalle varie città siciliane.
Socio dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo e della Società siciliana per la storia patria, il L. fu anche assiduo collaboratore del più originale tra i cenacoli culturali palermitani, il Circolo giuridico, editore dell’omonimo periodico (dopo la morte del fondatore, Circolo giuridico Luigi Sampolo), fra le cui pagine pubblicò, a puntate, dal 1883 al 1894, il saggio Diritto civile siciliano esposto secondo l’ordine del codice italiano. Il lavoro, in cui ripercorreva la tradizione giuridica isolana in aderenza con la sistematica del codice civile del 1865, fu poi dato alle stampe, nella redazione completa, nel citato volume Leggi civili del Regno di Sicilia.
Protagonista di vivaci polemiche con storici del diritto italiani e stranieri (particolarmente aspre quelle con O. Hartwig, A. Del Vecchio, A. Todaro della Galia), che rivelavano l’intransigenza e la spigolosità del carattere, fu peraltro legato da rapporti di amicizia e cooperazione con illustri esponenti della cultura giuridica nazionale, da F. Sclopis a P.S. Mancini, su invito del quale scrisse diverse voci dell’Enciclopedia giuridica italiana. Collaboratore di prestigiose riviste storiche e giuridiche nazionali, il L. pubblicò, tra monografie, saggi, memorie, recensioni e scritti polemici, oltre cento lavori.
Coadiuvato dai figli il La Mantia completò altri lavori originali in materia di diritto consuetudinario, come quelli sulle Consuetudini di Paternò (Palermo 1903) e le Consuetudini di Randazzo (ibid. 1903), riproponendosi di dare alle stampe in tempi brevi un volume conclusivo sulla legislazione cittadina siciliana di età medievale e moderna.

Il progetto non si realizzò. Vito La Mantia  morì a Palermo, dopo breve malattia, il 16 giugno 1904.

Apparve postumo, per cura dei figli, il volume L’Inquisizione in Sicilia. Serie dei rilasciati al braccio secolare, 1487-1732. Documenti su l’abolizione dell’Inquisizione 1782 (Palermo 1904), che completava il suo precedente lavoro sull’Inquisizione siciliana (Origine e vicende dell’Inquisizione in Sicilia, ibid. 1886). Si tratta di un’opera ricca di documenti inediti, capace di suggerire interessanti itinerari di ricerca, e in grado di offrire agli studiosi un prezioso materiale per indagini ancora passibili di sviluppi.

Il libro “Consuetudini di Randazzo”  di Vito La Mantia (che puoi sfogliare cliccando sui link sottostanti) è una gentile concessione di Angela Militi – 

Consuetudini di Randazzo 01.pdf

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AVVENIMENTI STORICI – CRONOLOGIA

CRONOLOGIA

 

 440 a.c.  –   La Città di Trinacia (futura Randazzo) nel 440 a.C. fu  assediata e sconfitta dai Siracusani.  I Trinacesi  diedero prova di grande valore e per non ca­dere in mano al nemico, cui non vollero arrendersi, si uccisero tutti l’un l’altro, senza restarne in vita che fosse uno”.  (così scrive Emmanuele La Monaca, nella sua “Antichità di Sicilia”).

254 – Il 1° febbraio del 254 si verificò una terribile eruzione dell’Etna. Gli abitanti del luogo si rivolsero alla SS Vergine che accogliendo le suppliche salva la Città dalla lava. Grati del celeste favore i Tiraciesi costruirono una Chiesa di legno nella quale rimase nello stesso luogo dove si era trovato il pilastro con l’Immagine della Madonna  e fu chiamata  Santa Maria del Pileri.  (Padre L.Magro) 

891 –   Secondo il Codice Arabo Tomo II° fogl. 285, nel 891  Randazzo aveva la popolazione di ventitremila anime.

1074  –  Il monastero di San Giorgio, che prima si chiamava Monastero di S. Maria Maddalena delle Moniale Benedettine,  prese questo nome per volere del Conte Ruggero che aveva lasciato lì il Quadro con l’Immagine di San Giorgio Martire e  cin­que pezzetti di ossa fra cui un’intera costola preziose Reliquie del  Santo ed un dente mascellare dell’Apostolo Paolo.

1088 Il Pontefice Urbano II (ispiratore della Prima Crociata per la liberazione di Costantinopoli e realizzatore del programma di portare e tenere   la  Campania e la  Sicilia saldamente nella sfera d’influenza cattolica,) diretto a Troina si fermò a Randazzo e celebrò messa nella chiesa di S. Maria (unica di rito latino).

1198  – La Chiesa Abbaziale di Randazzo era “Suffraganea” di Messina, ol­tre che per tradizione, anche perché una Bolla Pontificia di Innocenzo III°, emanata nell’anno 1198, trascritta da Carlo Domenico Gallo negli Annali della Città di Messina,  accordava a Bernardo Arcivescovo di Messina l’uso del Pallio, autorizzandolo a poterlo usare non solo nella propria Diocesi, ma pure nelle Chiese suffraganee di Troina, Lipari, Cefalù, Taormina e Randazzo.

1150 – …… nel veridico sito detto Triocla, oggi su fortissima rupe,  è giacente quella Nobile Città che fu denominata Randatium.
(Nota bene: = RANDATIUM : nome originario da Trinacium, che senza la T fu detta dai Saraceni Rinacium e Ranacium. Il primo che poi la denominò Randatium fu il conte Ruggiero, allora quanto concesse all’Abate di Sant’Angelo di Brolo l’ex feudo di Santa Maria del Bosco).

1154  Il geografo arabo del re Ruggero II  El-Edrisi descrive Randazzo come un villaggio “del tutto simile ad una cittadina con un mercato che pullula di mercanti e artigiani”, testimoniandone il particolare periodo di prosperità economica.

1195  –  L’Imperatore Arrigo VI, nel suo viaggio (1195 ?) da Castrogiovanni a Messina dove si recava per causa di malattia, a settembre fu a Maniace ; in tale occasione dovette necessariamente passare da Randazzo.

1197  – La Regina Costanza – moglie dell’Imperatore Arrigo VI  – fu di passaggio da Randazzo in luglio 1197, nel suo viaggio da Messina a Palermo.

1210  –  L’Imperatore Federico II e sua moglie la Regina Costanza, per consiglio dei medici in quanto a Palermo vi era la peste, soggiornarono per la salubrità del clima prima a Montalbano e poi a Randazzo ove si fermarono tutto il mese di ottobre.

1217  –  La chiesa di Santa Maria. La data della costruzione della Chiesa si trova scolpita nell’ Epigrafe  sul pilastro di tramontana della Chiesa che recita  (la traduzione è di don Calogero Virzì) 🙁 una nuova versione di Angela Militi la data 12 marzo del 1214. vedere: randazzo segreta)     “ Nel lasso di tempo del 1217 dopo la nascita della Vergine Maria del Verbo, fu costruito questo edificio coperto da volte in pietra sopra archi sostenuti da dodici colonne lavorate con arte eccellente.  Un leone collocato sopra la parte terminale orna con arte questa opera egregia, tempio venerato di Cristo.  Nell’anno del Signore 1239 questa opera fu portata a termine “.
 Con Lettere Apostoliche  del 20 settembre 1957 fu elevata a Basilica Minore Pontificia.  

1239 – Nella cornice del  muro di destra della Basilica di Santa Maria (dalla parte del corso Umberto I) si legge la scritta  “IMPERANTE”.  Doveva esserci scritto: ” IMPERANTE FEDERICO II “. La domenica di Palma del 1239, però, il Papa Gregorio IX  scomunica per la seconda volta l’Imperatore e quindi  la frase resta incompleta.

1256    “L’imperatore Manfredi, figlio naturale del Re Federico II e della Regina Bianca, presa d’assalto Randazzo nel 1256, e si fece quì acclamare Re, due anni prima che fosse coronato in Palermo, lasciando quì Governatore suo zio Federico Lanza Principe di Antiochia e Conte di Capizzi, dal quale ebbe origine in Randazzo questa Fami­glia della quale Nicolò De Antiochia fu uno dei Senatori nel 1282,  e Benedetto De Antiochia che sposò in Ran­dazzo Margarita Omodei, Baronessa di Maletto”.

1282  –  Pietro I d’Aragona il 10 agosto 1282 sbarcava a Trapani e dopo essere stato incoronato a Palermo si diresse (8 settembre) a Randazzo  – unica città murata dell’entroterra del Valdemone posta sull’alto Alcantara che presentava per l’esercito siciliano tutte le garanzie di una città fortificata – e qui fece attendere il suo esercito, in una località che ancora, a ricordo, porta il nome di “Campu re“, per soccorrere Messina assediata dagli Angioini.  

1282 –  Randazzo prese parte ai Vespri Siciliani (ribellione scoppiata a Palermo all’ora dei vespri di Lunedì dell’Angelo contro i francesi). La città insorse contro gli Angioini e nel piano che circonda il lago Gurrita i randazzesi sterminarono le truppe francesi che presidiavano la città.

1282 Pietro I d’Aragona fa restaurare le porte di San Giorgio e la porta aragonese, detta anche Porta di San Giuliano, che deve il suo nome al fatto che Re Pietro d’Aragona restaurandola, fece apporre accanto allo stemma del paese anche il proprio e quello della moglie Costanza. 

1286  –  Il re Giacomo D’Aragona, secondogenito di Pietro e della regina Costanza, visitò Randazzo e la definì Terra Prelibata.

1292  – 
Nella battaglia navale, il mese di luglio, che vide contrapporsi il re di Sicilia Federico II contro Carlo D’Angiò perse la vita il randazzese Corrado Lanza che nel 1282 era stato nominato  dal Re  Pietro I° Senatore di Randazzo occupando pure la Carica di Gran Cancelliere della Corona di Sicilia.

1296  –  Lo storico Giuseppe Bonfiglio (1547-1622) cosi descrive Randazzo parlando della guerra tra il Re Federico II e Carlo D’Angiò    “Vicino Castiglione principale fortezza del Laoria, è situata la Città di Randazzo la quale, per le sue ricchezze, nobiltà di  Cittadini, numerosità di popolo e grandezza di territorio, a nessuna del Regno è seconda”.

1299  –  Michele Amari (Palermo 1806 – Firenze 1899 storico, politico ed arabista) nella sua opera “La guerra del Vespro Siciliano” definisce: “Randazzo, principal città in Val Demone dopo Messina” . Commentando un testo arabo  trova che Randazzo veniva definita: “città  tetra e sinistra , nonostante i suoi balconi , le sue porte di pietra scolpita”.

1300 – Agli inizi del 1300, il duca Roberto d’Angiò, sferrò un attacco armato contro Randazzo, città fedelissima a re Federico III d’Aragona. I Randazzesi serrarono le porte, le munirono di armati e presidiarono le otto torri di guardie scelte. Per evitare un lungo, probabile assedio, i cittadini passarono al contrattacco: in una notte di buio fittissimo, l’esercito randazzese uscì da Porta Pugliese ed attaccò gli armati angioini. Seguì un furioso combattimento: l’esercito angioino fu costretto a battere in ritirata dall’impeto dei Randazzesi. L’avvenimento va sotto il nome di “assalto della Fonte del Roccaro”, una  fontana che ancora esiste sulle sponde del fiume Alcantara.

1303  –  Federico d’Aragona o Federico II (Barcellona 1273-Paternò 1337),  incoronato re di Sicilia (o di Trinacria) a Palermo il 25 marzo del 1296, per una particolare distinzione di onore e per lo sviluppo  urbanistico della Città, il 10 febbraio 1303 emanò un decreto con cui fece obbligo a tutti i baroni del regno di trasferirsi a Randazzo assieme alla sua Corte per villeggiare nei quattro mesi estivi.

1312 La Regina Eleonora, moglie del Re Federico II, diede alla luce a Randazzo il Reale Infante cui, nella fonte battesimale della Chiesa  di S. Nicolò, fu imposto il nome di Guglielmo e  gli fu dato dal Padre il titolo di primo Duca di Randazzo. 

1337  –  Il Re Federico II,  nell’ultimo giro che fece in Sicilia, giunto a Castrogiovanni   elesse il suo quartogenito Principe Giovanni quale secondo Duca di Randazzo in sostitu­zione del fratello Guglielmo deceduto nel 1320, all’età di otto anni. A questo Duca, oltre ai Casali soggetti al Distretto di Randazzo, furono addette le Città di Troina, Castiglione e Francavilla. 

1337  Giovanni d’Aragona,  Quarto figlio di re Federico III di Trinacria e di Eleonora d’Angiò, nacque nella primavera del 1317. Dotato di ricchi feudi (Mineo, Alcamo, Francavilla, Torino, Malta, Pantelleria), alla morte di Federico nel 1337, in virtù appunto del testamento paterno vide elevato al rango di Marchesato, fino allora mai conferito in Sicilia, la sua signoria di Randazzo, ottenendo un posto di grande rilievo nella feudalità siciliana

1338  –  Il Re Pietro II° , figlio primogenito di Federico II,  e la moglie Elisabetta di Baviera che sposò nel 1321,  tenne Residenza in Randazzo con tutta la Reale Famiglia, nei quattro mesi di estate. 

1342  –  Divenuta  vedova la Regina Elisabetta l’ 8 agosto 1342, insieme ai figli Ludovico e Federico, dovette rimanere a Randazzo   sino al 1347, per disposizione del Duca Giovanni, Tutore di Ludovico ed Amministratore del Regno.

1348  – Si può leggere  da un diploma del 1348, emanato in Catania il 14 agosto  da Federico il Giovane,  Duca di Atene, Marchese di Randazzo, Conte di Mi­neo e Calatafimi, che Randazzo ottenne la Reale ap­provazione di due Capi­toli dove era dichiarato che il Distretto della Città di Randazzo era costituito da dodici Casali e precisamente : Spanò, Carcaci, Floresta, Pulichello, Cattaino, Bolo, S. Teodoro, Chisarò, Cuttò, Santa Lucia, Maniace e Bronte, e nelle Cause Criminali, soggetti al Capitano Giustiziere di Randazzo.

1358  –  Il Re Federico III°  tenne  Randazzo un Parlamento Generale di tutti i Baroni fedeli, per trovare i mezzi per poter vincere ed umi­liare tutti i nemici.

1380  – Nel 1380, come riferisce il Padre Lazana Carmelitano e con lui anche il Padre Giu­seppe Fornari, essendo venuti a Randazzo i Padri Carmelitani per fondarvi un Convento, fu loro concessa la  Chiesa che i Trinaciesi, Triocolini ed Alesini, quando si accamparono in un sito ad oriente della Città,  fabbricarono un Suburbio (sobborgo)  e vi edificarono una Chiesa per loro Parrocchia che dedicarono a San Michele Arcangelo,  accanto alla quale edificarono il loro Cenobio (monastero).  Questo Convento con la relativa Chiesa si rese glorioso sotto il governo di Padre Luigi Ra­batà Religioso Carmelitano, nato in Monte San Giuliano in quel di Trapani, circa il 1420 e morto in fama di santità in Randazzo, in un sabato di maggio, con molta probabilità il giorno 11 del 1490.

1366  – Il Principe di Torremuzza Vincenzo Castelli scrive  nei Fasti di Sicilia, vol. I°, pag. 75 ,  che quando ancora l’Infante Maria aveva tre anni ed era sotto la tutela di Artale d’Aragona suo Balio, fu riunito in Randazzo il Parlamento Generale del Regno rap­portato,  per stabilire la successione di Maria, nel caso che fosse deceduto il Re Federico III°, allora molto grave e senza eredi maschi. 

1398  –  Il  Re Martino e la Regina Maria furono in Randazzo, accompagnati dal Car­dinale Gilforte, Arcivescovo di Palermo e da fra’ Paolo Romano Arcivescovo di Monreale, a preghiera dei quali, furono perdonati i Baroni ribelli.

1411  –  La regina Biancadopo aver visitato in lungo e in largo la Sicilia con la sua corte itinerante, venne anche a Randazzo  il 3 giugno 1411 e venne accolta con tutti gli onori. Fu così contenta che fece scrivere una missiva dal suo segretario a Palermo: “…….. hodie intrammu feliciter in quista terra di randazu, undi fommu richiputiet ascuntrati cum solemni festa et alligrizia da tucti universaliter....”.

1414  –  L’Arciprete di Randazzo R.mo Matteo D’Elefante nel 1400 fece un’istanza al Metropolitano Arcivescovo di Messina, perché fosse dichiarata la Chiesa di S. Maria la maggiore sopra delle altre due Chiese di S. Martino e S. Nicolò. Dopo 14 anni di litigio,
il 15 febraio 1414 l’Arcivescovo di Messina e Metropolitano di Ran­dazzo, Mons. D. Tommaso Crisafi proferì la sua sentenza definitiva con la quale di­chiarò Maggiore sulle altre Chiese quella di S. Maria, col Titolo di Madre Chiesa duratura in perpe­tuum usque ad finem mundi.

1419  –  Il Beato Matteo Gallo di Agrigento (1377-1450) fu il fondatore del nostro Convento dei Frati Osservanti cioè di Santa Maria di Gesù. Il culto della sua beatificazione  venne riconosciuto dalla Chiesa con decreto del 21 febbraio 1767, approvato da papa Clemente XIII.
La memoria si celebra l’8 febbraio.

1420  –  Luigi Rabatà dell’Ordine dei Carmelitani nasce a Monte San Giuliano. Muore 11 maggio 1490 in odore di santità. Si distinse per carità ed umiltà. Le sue ossa riposano nella Basilica Minore di Santa Maria. La Congregazione dei Riti ha permesso nel 1841 con un Decreto il culto del Beato

1420  –  Mons. Francesco Conzaga (1546-1620)  Gene­rale dell’Ordine Francescano  scri­vendo della fondazione del Convento dei Minori Osservanti di Randazzo dedicato a S. Ma­ria di Gesù, afferma che è stato fabbricato, a spese pubbliche, dai Cittadini di Triocla, vulgo Randazzo, nel 1420. La donazione venne  confermata dal Re Alfonso, con Diploma che si trova copiato in margine nell’atto  della Donazione stipulato in Randazzo presso le Tavole del Notaro Guglielmo Milìa, il 3 gennaio 1420.

1420  – Per poter edificare il Convento di Santa Maria di Gesù i Giurati di Randazzo donarono come locale alcune fabbriche appartenenti al Comune, che erano reliquie dell’antico teatro di Triocla che i Saraceni avevano distrutto e convertito in Quartiere militare e  poi diventato magazzino del Comune. Tale donazione venne confermata da Re Alfonso con Diploma che fu in­serito a margine dell’Atto  presso il Notaro Guglielmo Milia, il 23 gennaio 1420, in Randazzo.

1426  –  Il 24 dicembre del 1426 il R.mo Capitolo della Cattedrale di Messina, funzionante da Metro­politano,  confermò la superiorità della Chiesa Abbaziale di S. Maria, perché le due ex Cattedrali di S. Nicolò e S. Martino non avevano voluto cedere a detta Chiesa l’esercizio e le funzioni di Madre Chiesa di Randazzo. Nel 1435 anche il Sommo Pontefice Eugenio IV riconfermò questa supremazia.

1435  –  Sotto il Sommo Pontefice Eugenio IV, a richiesta dei Randazzesi, la Città Abbaziale ( cioè le tre chiese: Santa Maria, San Nicola e San Martino) di Randazzo viene incorporata  nella Diocesi di Messina di cui era Suffraganea già dal 1198.  Nel 1872 passa nella Diocesi di Acireale.

1438  –  Il Re Alfonso sollecitato   dall’’Arciprete di Santa Maria  Santoro Palermo confermava la supremazia della Madre Chiesa di S. Maria e il  2 febbraio 1439 lo stesso Re Alfonso mandò Lettera Oratoria all’Arcivescovo di Messina per dar esecutoria alla citata Bolla già spedita nel 1434 per detta supremazia.

  1450 –  Alfonso V  d’Aragona detto il Magnanimo visitò Randazzo il 1 maggio e riaffermò il previlegio giuridico che i Randazzesi potevano essere giudicati solo da Magistrati della Città e ribadisce il diritto di tagliare il legname nei boschi della Foresta della porta di Randazzo.  

1466  –  San  Francesco di Paola venne a Randazzo per incontrare , Simone Pollichino, uno dei Giurati di Randazzo, per avere l’autorizzazione a potere estrarre dal suo fondo il legname e trasportarlo da Tortorici fino a Torrenova e di là, via mare, a Milazzo per la costruzione di un Convento.

1466 – “ Era il 26 ottobre del 1466, quando il viceré Lupum Ximenez d’Urrea approvava, per la prima volta,  le Consuetudini di Randazzo, un sistema di norme civili – composte da 58 articoli – che regolavano la vita comunitaria della città. Le stesse furono redatte durante «un Consiglio generale in locu» e sottoposte allo stesso viceré per la conferma, il 6 giugno dello stesso anno, dal reverendo Jaymum de Citellis, arcipresbitero della terra di Randazzo e dal nobile Michaelem la Provina «sindicos et ambaxiatores universitatis terre Randacii» (Vito La Mantia.Consuetudini di Randazzo, Palermo, 1903.  (dal blog.: www. randazzo segreta.it di Angela Militi). 

1470Gualtiero Spadafora, barone di Maletto, ma residente a Randazzo in piazza San Nicola nel “Palazzo del Duca “, fondò  l’Ospedale Civile per gli Infermi Poveri e miserabili, a beneficio del quale donò in per­petuo i salti d’acqua di tutti i mulini, serre d’acqua e battinderi ossia paratori esistenti nel Fiume Grande di Randazzo ch’egli possedeva per investitura feudale. Questa donazione, con testamento del 3 ottobre 1470 presso il Notaro Pino Camarda di Randazzo, ebbe la conferma Reale il 9 ottobre dello stesso anno 1470, come si leg­geva nella Giuliana dell’Ospedale Cittadino redatta dal nostro storico locale Sac. D. Anto­nino Pollicino circa il 1706  con atto pubblico del 31-10-1470, in Notaio Pino Camarda.

1476 – Il 3 agosto venne istituita la Fiera Franca nell’ambito del territorio della chiesa di Santa Maria. Questo privilegio fu concesso dal Re Giovanni (Giovanni II D’Aragona – 1398/1479 -)  La Fiera Franca fa da volàno alla manifestazione della “a Vara” che si svolgeva e si svolge il 15 di agosto. 

1477  – Il Supremo Gerarca della Chiesa Universale, dopo furibonde liti tra le tre Chiese per la supremazia,  nel 1470 incaricò per la  Revi­sione della  Causa il  Delegato Apostolico Mons. D. Leonzio Crisafi Archimandrita di Messina, con l’espresso incarico di  ponderare bene tutte le ragioni dei Ricorrenti e  pro­nunziare una  Sentenza finale la quale avesse forza di perpetuo silenzio sopra tutto.  Dopo una lunga discussione della Causa che durò circa sette anni , Mons. Crisafi spedì la  sentenza definitiva il 16 gennaio 1477, dove si riaffermava la parità di tutti i diritti e privilegi delle tre Chiese.

1487  –  Il Monastero di S. Filippo di Demena, detto anche di S. Filippo di Fragalà viene annesso al territorio di Randazzo così detto Nuovo, con Diploma 4 febbraio 1487 del Re Ferdinando II° di Castiglia. In esso Diploma fu ordinato che , non si potesse portare vino da altra parte se non dalla sola Città di Randazzo. 

1492 Gli ebrei di Randazzo sono costretti a lasciare la Città a seguito del provvedimento di  Ferdinando II  d’Aragona re della Sicilia (1468/1516) che prevedeva l’espulsione di tutti gli ebrei dai suoi territori. A seguito di ciò vendettero alle Monache di S. Giorgio la sopraddetta casa con l’attigua Moschea e due altri casaleni con degli annessi e il Cimitero confinanti con il Monastero, con il patto di ritorno nel caso che fossero richiamati dall’esilio. L’atto fu redatto presso il Notaro Staiti il 26 novembre IIª Indiz. 1492,

1506  –  La baronessa Giovannella De Quatris, con atto notarile redatto  il 5 marzo dal Notaro Geronimo Crupi di Palermo e l’assenso di Ferdinando II, lasciò il suo vistoso patrimonio (i feudi di Flascio e Brieni) alla Chiesa di Santa Maria creando la sua “maramma” o fabbriceria per cui si fu in grado di terminare i lavori di ricostruzione e la si potè arricchire di quegli arredi sacri preziosissimi che formano il suo pregevolissimo tesoro. Tale decisione venne confermata e ratificata dal Re Ferdinando il Cattolico il 25 aprile dello stesso anno e il 22 dicembre del 1545, con Bolla Pontificia, venne ratificata dal Sommo Pontefice Paolo III

1519  –  I giurati di Randazzo volendo costruire un convento dei Frati di San Domenico di Gusman, si riunirono  nella Chiesa Parrocchiale di San Nicolò il 4 aprile 1519 e ad unanimità di voti decisero di chiedere al Padre Provinciale dei Domenicani l’autorizzazione a costruirlo. Avuto il benestare scelsero come luogo il locale della cosidetta Torrazza, che era l’antico Palazzo con Torre della nobile famiglia Russo, di origine Lombarda, ma che poi era diventata proprietà dei nobili Si­gnori D. Antonino e Figli Floritta. Pertanto il 20 aprile 1519 presso il Notaro Vincenzo Di Luna fu stipulato l’atto non solo della Torrazza ma anche  delle due chie­sette attigue di Santa Maria delle Grazie e dell’Apostolo San Barnaba. 

1523 –  Nella cappella del SS. Sacramento della Chiesa di S. Nicolò si ammirano, di Antonello Gagini, un tabernacolo posto dietro l’altare ed altri bassorilievi eucaristici e qualche scena della Passione. I lavori furono commissionati il 7 dicembre 1523 per onze 37 pari a lire 471,75, ma incominciati nel 1535 e rimasti incompleti per la morte dell’artista avvenuta nell’aprile dello stesso anno e poi rifiniti dal figlio  Giacomo.

1535 – Il sindaco (Magistrato Civico per quei tempi)  è  Francesco Lanza.

1535  –  Ai piedi di questo campanile ( di S.Martino ) si affacciò la cavalcata del biondo e triste  Imperatore Carlo V  il 16 ottobre e si fermò per  tre giorni nel Palazzo Reale prima di ripartire per Messina. A Lui si attribuiscono le fatidiche parole. ” Estoes  todos  Caballeros ” ( Siate tutti Cavalieri ).   Dal che il sottotitolo di questo sito: ” tutticavalieritutti “.

1535 L’imperatore Carlo V giunse a Randazzo il 18 ottobre del 1535. Dicono pure i nostri storici concittadini, nei loro manoscritti che, quando l’Imperatore, dal punto della diruta Chiesa di S. Elia scoprì il nostro Paese, volgendosi ai circostanti, abbia detto queste parole: “Come si appella questa Città con tre Torri?” indicando i Campanili delle tre Chiese Parrocchiali; alla quale domanda il Magistrato rispose: “Semprecché la Parola Reale di Vostra Cesarea Maestà non deve andare indietro, è questa la Città di Randazzo dalla Vostra Maestà or ora onorata col Titolo di Città”.  Al ché l’Imperatore soggiunse: resta accordato. (Padre Luigi Magro). A ricevere l’Imperatore è stato il Magistrato Civico (Sindaco di quei tempi) che si chiamava Francesco Lanza così come riportato nel libro rosso della chiesa di San Martino.

1535L’Imperatore Carlo V  ordinò che venisse rifatto il Campanile di San Nicola che le autorità cittadine volevano abbatterlo perché pericolante, e che venisse fortificato con grosse catene di ferro, a spese del Regio Imperiale Erario. Il campanile fu poi demolito nel secolo XVIII a causa del terremoto dell’11 gennaio 1693 che demolì Catania. 

1535Tra il 1535 e il 1540, secondo un pregevole ragionamento di Don Virzì,  deve essere il periodo nel quale i Randazzesi costruirono “a Vara”.  Carro trionfante alto 18 metri con 25 figure viventi che rappresentano i Misteri Mariani:
  Dormizione o Morte,  Assunzione  e  Incoronazione di Maria Santissima. Costruito  dai nostri bravi artigiani dietro la direzione – pare – dell’architetto messinese Andrea Calamech.

1536 Nel marzo 1536 vi verificò una violenta eruzione dell’Etna. Lo storico Tommaso Fazello (1498-1570), testimone oculare della spaventosa eruzione, così descrisse l’inizio dell’evento eruttivo: «il 23 di marzo del 1536, verso il tramontare del Sole, una nube di fumo nero al di dentro rosseggiante coprì la cima dell’Etna, e poco dopo dal cratere, e da nuove aperture fattesi nel contorno, uscì un gran fiume di lava che verso oriente andò a coprire un lago, dove liquefacendosi le nevi che vi erano si formò un grosso torrente che furioso scese con corso arcuto verso Randazzo sommergendo greggi di pecore, animali e tutto ciò che incontrò».

1536  –  A seguito di questa violenta eruzione dell’Etna, il  23 marzo 1536, la colata lavica, emessa dal cratere di monte Pomiciaro, ostruì nuovamente l’alveo del fiume Flascio determinando la formazione del lago Gurrida.78

1536  –  Il Papa Paolo III nel suo secondo anno di Pontificato, ordina, tramite l’arcivescovo di Messina mons. Andrea  Mastrilli, ai preti delle tre parrocchie, di non vantare più diritti di “proeminentia” nelle processioni, né diritti di vessilli. 

1537  –  Per volere di re Carlo V, che sottrae a Randazzo popolazione e introiti, viene fondata la cittadina di Bronte. (Arch. Francesca Paolino). 

1540 – In una notte di tempesta del settembre del 1540 alcuni viandanti, che portavano un crocifisso, chiesero ospitalità al parroco della chiesa di San Martino. L’indomani e per tre giorni successivi, non poterono ripartire in quanto il temporale era sempre più violento. Questo fu interpretato dalla Comunità Ecclesiale come un segno del Signore che voleva che il Crocifisso rimanesse nella chiesa. Fu acquistato e ” Il Crocifisso della Pioggia”  o “‘u Signuri ‘i l’acqua “ da allora è fatto segno di grande devozione soprattutto nei periodi di siccità e carestia.
Il Crocifisso è opera di Giovanni Antonio Mattinati scultore di Messina.
 
1544 – Fondazione del Convento de’ Frati Minori Cappuccini. Un secondo Convento fu costruito nel 1600. Il Convento e l’orto nel 1866 furono incamerati dal Governo e riacquistati dai Frati che vi eressero il Seminario Serafico. Distrutto dalla guerra nel 1943 fu ricostruito e ingrandito e il Seminario rimase funzionale sino alla chiusura definitiva dopo il Concilio.

1551 – Il primo aprile G. Antonio Fasside, nato a Randazzo, vescovo di Cristopoli e ausiliare dell’Arcivescovo di Monreale, consacrò la nostra monumentale Basilica. (Padre Vincenzo Mancini).  Nel  2001450° dalla Dedicazione – viene ricordata questa data con una solenne celebrazione nella Basilica e con la pubblicazione ” La Basilica Santa Maria di Randazzo”.

1522 – Il 1 di ottobre fu commissionato allo scultore di Palermo Antonello Gagini (1478/1536) la statua di San Nicola – che ancora ora si trova nella omonima chiesa – per intervento (come fideiussore) di Gian Michele Spadafora nipote del Beato Domenico Spadafora.(P.Raimondo ) . Federico De Roberto ci racconta che se la statua non fosse riuscita bene il Gagini avrebbe dovuta rifarla.

1536 l’Etna eruttò due larghi torrenti di fuoco che vennero a formare le  Sciare dell’Annunziata, così titolate dalla vicina Chiesa. La  lava ostruì il corso del fiume, estendendosi in larghezza fino al lago Gur­rida, per cui le acque non potendo più scorrere dal lato meridionale della Città, vanno ad inabissarsi in certi sotterranei acquedotti naturali dello stesso lago che dal volgo, in lingua Siciliana, vengono chiamati pirituri.

1553  – Padre Agostino da Randazzo fu Provinciale dei Cappuccini di tutta la Sicilia. 

1555  –  L’Imperatore Carlo V convocò un’ Assemblea nel mese di marzo a Messina per poter ottenere dei soldi essendosi indebitato per le molte guerre che aveva sostenuto. In questa occasione chiese pure di poter vendere  e di alienare dal Regio Demanio la Città di Randazzo. I Randazzesi per impedire questa ingiuriosa vendita si recarono a Messina e riuscirono ad impedire la vendita e la alienazione sborsando al Regio Erario la somma di quattromila scudi. Questa Transazione fu stipulata il 4 novembre 1555, come sta registrata nel Libro Magno dei Privilegi di Randazzo.

1567 Camerata Girolamo pubblica il libro ” Trattato dell’honor vero, et del vero dishonore. Con tre questioni qual meriti più honore, ò la donna, ò l’huomo. O’ il soldato, ò il letterato. O’ l’artista, ò il leggista ”  presso l’editore Alessandro Benacci.

1569 – La nostra Città così veniva definita: Randazzo Città di Sicilia: TRIOCLA – TRIOCLAE.  Bevilacqua Vocabolario – Venezia 1569.

1575  – Gli abitanti di Randazzo erano ottantaquattro mila (84.000) per cui si meritò l’epiteto di URBIS PLENA.

1575 – La nostra Città fu funestata dalla peste fino al 1580. Dopo inutili tentativi di domare “la bestia” furono costretti ad incendiare quasi tutto il quartiere di Santa Maria.  Molte famiglie nobili abbandonarono per sempre Randazzo. I deceduti si calcola che furono all’incirca trentaduemila persone.

1576  Erasmo Marotta nasce a Randazzo. Compose madrigali, mottetti, litanie, salmi e musicò l’Aminta di Torquato Tasso. Fu l’inventore del dramma pastorale in Italia.  “sul cader degli anni” si fece gesuita. Muore il 6 ottobre 1641.  

1578  – Con il perversare della  peste, che infierì a lungo per ben 5 anni nella nostra Città, il Convento del Carmine fu trasformato in Lazzaretto per gli appestati non poveri, mentre per i poveri si è provveduto con una baracca costruita nella piazza antistante simile ad altre due costruite fuori le mura della Città.

1578  –  Antonino Randazzese l’anno di nascita di questo umile frate minore. Divenne responsabile provinciale del suo Ordine che guidò con molta saggezza. Fu un acuto agiografo. Rimangono alcune sue opere manoscritte sulla vita dei santi. Morì il 13 giugno 1632. 

1579  – Padre Vincenzo da Randazzo   prima Vicario Provinciale e poi, per la morte del Provinciale Padre Antonio da Torto­rici, nel seguente Capitolo fu nominato Provinciale.

1582 – La chiesa di San Nicola venne rifatta ed ingrandita per la terza volta, lo dimostra la scritta all’esterno dell’abside dal lato di mezzogiorno: 
              ”  L’antichità fece – il tempo disfece – la posterità con mezzi – pubblici e privati – più bellamente rifece –   (Padre Luigi Magro).

1584  – Nel Convento di Randazzo fu tenuto un Capitolo (Assemblea elettiva e legislativa dell’Ordine Francescano)  in cui fu eletto Provinciale Padre Ludovico da Catania. Altri Capitoli furono tenuti nel 1701 e nel 1739.

 1590  –  Muore a Palermo – Randazzese di nascita – Giovanni Domenico De Cavallaris, famoso giureconsulto fu tra gli esperti che presero parte alla elaborazione della legislazione della Sicilia.

1600  – Si apprende da un Documento del secolo XVII che sotto il Regno di Filippo IV° Re di Spagna (1605-1665) era stata proposta la vendita della Città di Randazzo, ma non vi si riuscì perché Pietro Oliveri, morto a Madrid il 1680, Reggente del Su­premo Consiglio d’Italia, quale cittadino di Randazzo,  ne prese la difesa e  furono così tanti gli argomenti che seppe portare che non fu posta in vendita. ( La data precisa non ci é nota).

1610 I Padri Cappuccini con Atto del 20 maggio 1600 presso il Notaro Pietro Dominedò, volendo costruire un Convento acquistarono il terreno da un  un certo Giuseppe Margaglio che, ben volentieri lo vendette e l’ 8 settembre1600, con gran concorso di popolo, fu ivi eretta la Croce . L’anno se­guente il 14 aprile 1601 , fu tenuto un Civico Consesso  per trattare sulla contri­buzione della spesa per la erezione di questo secondo Convento, e questa fu così generosa da accelerare i tempi e nel 1610 il lavoro della Chiesa e del Convento, che furono dedicati al SS. Salvatore, era terminato.                   

1604 – In base alla documentazione raccolta da Francesco Fisauli, – “Le Confraternite di Randazzo nella Storia e nel diritto ecclesiastico” – a partire dal 1604 le Confraternite e le loro Chiese, da laiche o indipendenti diventarono prima Chiese venerabili e poi Chiese filiali delle tre Parrocchie: S. Maria, S. Nicola, S. Martino.

1615 – Il Vicerè di Sicilia Duca d’Ossuna convocò a Palermo il Parlamento Generale del Regno.  Randazzo mandò come suo Procuratore il Dott. D. Pietro Fisauli che, grazie alla sua amicizia con il Vicerè, ottenne molte Grazie e Privilegi che si leggono  in un Diploma datato
Palermo il 7 agosto 1615,  e registrato a Randazzo nel Libro Grande dei Privilegi, il 12 novembre 1615. 

1616 –  Una lapide in arenaria posta sulla porta di levante ci fa sapere che essa fu ricostruita ed ampliata nel 1616
su progetto dell’Arch. Francesco Rubino: “ Ars et labor – Francisci Rubini – 1616 “.

1618  –  Il gesuita Giuseppe Marzio nasce a Randazzo nel 1618 . Nel 1654 pubblicò: Primo saggio di Panegirici. Fu molto apprezzato come “sacro oratore”. Morì nel 1676.

1619  –  l’Arcivescovo di Messina Andrea Mastrilli propose la soppressione della Parrocchia di S. Nicolò, dietro  il pretesto di cederla ai Padri Gesuiti che volevano fon­dare un Collegio in Randazzo ed anche perché i Sacerdoti di questa Chiesa non potevano vivere, essendo la Chiesa povera di rendite. Il 3 dicembre  1619,  Notaro Pietro Dominedò redige l’atto della fusione della Chiesa di S.Nicolò con la chiesa di Santa Maria avendo sottoscritto l’atto tutti i Sacerdoti dell’una e dell’altra Chiesa.

1621  –  Il Notaio (Notar) Pietro Dominedò il 18 settembre certifica che nella chiesa di Santa Maria vi sono 28 Preti.
Ironicamente annotato: «Or se ciò si fu da Pastori ; che è; e che sarà dai Secolari ? Auri sacra fames.

1624  –  Non essendo stata eretta la chiesa di Santa Maria con la chiesa di S. Nicola a Collegiata in quanto  avrebbero con ciò acquistata la tanto desiderata Maggioranza anche sopra l’altra Parrocchia di S. Martino, cosa contraria alla egualità stabilita dalle Sentenze Apostoliche precedenti, l’Atto di fusione non ebbe effetto e le due chiese ritornarono ad essere due Parrocchie.

1624 Nel mese di giugno scoppio la peste a Palermo. I Palermitani si votarono a Santa Rosalia e venne a cessare la peste nella Città. Pure Randazzo fu colpita e il Magistrato Municipale con tutti i cittadini come riconoscenza per la cessazione della peste, si votarono a Santa Rosalia facendo fare  un quadro con la Sua Immagine che fu posto dentro la Chiesa dei Conventuali di San Francesco. Quadro andato perduto con i bombardamenti del 1943 sotto le macerie della Chiesa.         

1628  –  IL Concittadino Dott. in Teologia D. Antonino De Aiuto che ritornava da Roma volendo che i Padri Gesuiti fondassero un Collegio di Studi a Randazzo, Gli lasciò tutti i suoi beni a condizione che non dovessero pretendere la chiesa di San Nicola. Venuti in Randazzo i Gesuiti, dopo la morte del Testatore, presero possesso dell’eredità che ammontò a 350 Onze annue di rendita,  fondarono il loro Collegio nella casa ereditata e aprirono la Chiesa della Madonna delle Grazie, sotto il nuovo Titolo di S. Igna­zio. Ma reputando insufficiente la rendita De Aiuto per il mantenimento del Collegio, pretesero di avere dai Procuratori della Fabbrica di S. Maria, il denaro cumulato in Cassa. Da qui nacque un lungo contenzioso di cui fu coinvolto anche il il Vicerè Duca di Alcalà, ma i Padri Gesuiti non riuscirono a spuntarla. Nel 1638 poi i Padri Gesuiti, adducendo che la loro abitazione era angusta, che essi non avevano potuto ottenere la Chiesa di S. Nicolò e che era insufficiente l’annua rendita di Onze 350 proveniente dalla eredità De Aiuto, pur aumentate di Onze 50 date dall’Università di Randazzo per mantenere il Collegio, erano costretti a lasciare la Città, cedendo la eredità De Aiuto ai Padri Minimi del Convento di S. Francesco di Paola.

1632 –  Nella Parrocchiale chiesa di S. Nicolò esiste l’Arciconfraternita dell’Opera della Mise­ricordia fondata sotto il Titolo del “SS. Crocifisso in suffragio delle Anime del Purgatorio” il 1° luglio 1632 dall’Arciprete di Randazzo Dott. D. Ettore Prescimone approvata dalla Curia Arcivescovile di Messina per mezzo del Vicario Generale D. Mario Guzzaniti ed esecutoriatà nella Curia di Randazzo il 10 luglio 1632.

1636
–  Il 27 agosto del 1636, Filippo IV re di Spagna, bisognoso di denaro  inviò alla città di Randazzo una pergamena reale con la quale chiedeva ai cittadini una notevole somma per la Corona, minacciando di annullare la demanialità della Città, con la conseguente vendita in qualità di Feudo.  I Randazzesi raccolsero il donativo dal feudo Torrazzo e dalla vendita del Castello.

1640 – L’11 gennaio 1640, don Carlo Romeo  comprò dal Regio Fisco per 404 onze il Castello di Randazzo (dove ora è ubicato il Museo Archeologico Vagliasindi)  e il titolo di barone del Castello di Randazzo.

1647 – Il sindaco di Randazzo è  Don  Giovanni Romeo. 

1647 – Nella chiesa di San Martino, dietro la porta maggiore, si conserva un antico Battistero di marmo rosso con pilastrini ottagonali ed archetti ogivali con capitelli frondosi, nel quale, benché a stento, si legge la seguente iscrizione:
               “Qui crediderit et Baptizatus fuerit Salvus erit. Hoc opus Expeditum fuit per me Magistrum Angelum De Riccio de Messana. Sub Anno Incarnationis Domini + MCCCCXXXXVII “.  “Chi avrà creduto e sarà Battezzato sarà salvo. Questo lavoro fu concepito da me Maestro Angelo De Riccio da Messina. Sotto l’anno del Signore 1447.”

1647 – Dal 16 luglio al 9 agosto scoppiò a Randazzo una rivolta a causa dell’aumento delle tasse e per l’estrema miseria nella quale era ridotta la Città. Don Muzio Spatafora, Vicario Generale, alla testa di sei compagnie entrò il 27 luglio nella nostra Città e dopo aver eseguito arresti e alcune condanne a morte ristabilisce la pace. Il cardinale Trivulzio dichiara che il motivo scatenante della rivolta palermitana dell’agosto 1647 è stata proprio la dura repressione militare avvenuta a Randazzo.  ( Daniele Palermo).

 1650  – Nasce a Randazzo, probabilmente in questa data Francesco La Guzza . Uomo di molta cultura ed un  grande predicatore. Scrisse molte opere religiose. 

1674  –  La regina Marianna d’Austria il 21 novembre concede a Randazzo il titolo di Graziosissima per essere stata aiutata a sottomettere la città di Messina , ribelle alla Spagna. 

1676  –  Nasce a Randazzo Nunzio Perciabosco poeta comico ed autore di varie commedie e drammi di cui alcuni titoli:
 – Donna Margherita o vero l’incognita conosciuta negl’accidenti del carnovale, 
 – L’Altamura o vero l’amorosa simpatia
 – Fidauro o vero le bellicose vendette favorita dalla fortuna
 – L’Olivara o vero l’Amante crudele
 – Il Polifemo o vero la Tirannide soggiogata.
Gli è stata dedicata una via (graziosissima) dietro la chiesa di San Martino che va verso piazza San Pietro.

1678 –  Il Re Carlo II° figlio del Re Filippo IV dopo la reggenza della Madre Marianna  salito al trono di Spagna spedì una lettera il 26 aprile dove manifestava la riconoscenza per la fedeltà ed il valore mostrato dai Cittadini Randazzesi. 

1679  –  Dopo la dichiarazione del Re Carlo II° anche Randazzo il 19 marzo 1679 dichiarò Patrono della Città San Giuseppe, Sposo di Maria, sottoscrivendo l’Atto ben 300 Famiglie, l’Arciprete D. Giuseppe Emmanuele Oliveri, n. 51 sacerdoti e n. 32 Chierici addetti al Servizio delle Tre Parrocchie.

1680  –  Pietro Oliviero il 15 luglio muore a Madrid. Nato a Randazzo, ma non si conosce la data di nascita. Fu autore di pregiate opere giuridiche. Nel 1678 fu Reggente del Supremo Consiglio d’Italia e con questa carica si recò a Madrid. 

1686  La confraternita di Maria SS Annunziata della Chiesa dell’Annunziata è stata fondata il 25 maggio 1686 ed  un tempo riuniva massari ( Contadini a cui era affidata la gestione di un appezzamento di terreno  in base a un contratto di locazione – detto contratto di masseria).

1689  –  Vi fu una grande inondazione e il  Fiume straripando inondarono il Borgo denominato dei Conciariotti ove erano le Concierie che rimasero di­strutte con tutte le case ivi esistenti. Anche  la Chiesa di S. Maria dell’Itria fu inondata e per  tale di­sastro cessò di funzionare. Rimase pure demolito il Ponte grande a cinque archi che congiungeva Randazzo con Santa Domenica, ed altri due piccoli uno chiamato della Misericor­dia che dava accesso alla Chiesa omonima e l’altro della Fontana del Roccaro.

1693 –  Il  più forte evento sismico (Mw=7.4) avvenuto negli ultimi 1000 anni sull’intero territorio nazionale si verificò in tutta la SiciliaIl primo terremoto fu il 9 gennaio 1693 attorno alle ore 21:00. Il  secondo terremoto – preceduto circa 4 ore prima da un’altra forte scossa che però non aggravò sensibilmente i danni della prima – avvenne il giorno 11 gennaio 1693 alle ore 13:30 ed ebbe effetti veramente catastrofici. Tutto il periodo sismico fu, inoltre, accompagnato da un’intensa attività dell’Etna. La statistica ufficiale, redatta nel maggio 1693, riporta circa 54.000 mortiCatania, Acireale e i piccoli centri del versante sud-orientale dell’Etna furono quasi interamente distrutti.  Anche  Randazzo ebbe diversi morti e notevoli  danni alle abitazioni e  fu sconquassato il Campanile di S. Nicola che era stato incatenato a spese dell’Imperatore Carlo V°, quando onorò la no­stra Città di sua presenza, e dopo pochi anni si è dovuto abbattere.  Le repliche, anche di forte intensità, furono avvertite per oltre 3 anni .La nostra Città di Randazzo ebbe dei danni e

1718 Ebbe luogo la sanguinosa battaglia di Francavilla fra tedeschi e spagnoli, passarono da Randazzo tante truppe spagnole da non poter essere ospitate nei vari conventi locali, per cui si dovette ricorrere alle Chiese per alloggiare i soldati. La prima che fu adibita a Caserma, come la più grande, fu quella di S. Nicola.

1718 – Il Capitano d’Arme D. GIORGIO LICARI è  Patrizio della Città e occupò Cinque volte la Carica di Capitano Giustiziere,

1720 – Vi fu una notevole siccità. Infatti non piovve per ben 18 mesi. Delle sette fontane da cui attingevano acqua i nostri concittadini cinque erano prosciugate ( Roccaro, Gallo, Erba Spina, Sanamalati e Sela dei PP.Cappuccini) solo due (Flascio e Faucera) erano attive.

1724  –  Francesco Onorato Colonna  (1683/1731) dei Duchi di Cesarò e dei Marchesi di Fiumedinisi storico e letterato scrive il libro:  Idea dell’antichità della Città di Randazzo. Il libro è custodito nella biblioteca comunale di Catania. 

1730  L’attuale statua di Rannazzu Vecchiu è, in realtà, una copia, realizzata negli anni ’30 del 700, commissionata dall’abate Pietro Rotelli (†1765 agosto)  a sostituzione della statua originaria, in arenaria, risalente al XII secolo, i cui resti – un leone, un’aquila e un berretto frigio –, attualmente, si trovano murati sulla parete settentrionale della chiesa di San Nicola. 

1741  – Sulla porta dell’Ospedale vi è un Medaglione in pietra su cui è scolpita in rilievo la Ma­donna della Pietà che è stata qui trasportata dal vecchio Ospedale: porta inciso l’anno 1741.

1741 –  Carlo III , Re delle due Sicilie, istituì a Randazzo un Tribunale Commerciale con ampia Giurisdizione sopra 27 Città e Terre.
 
1741 – L’Infante Filippo. primo figlio maschio di Carlo III, Re delle Due Sicilie, nato il 13 giugno 1741,  ebbe il titolo di Conte di Calabria e  Duca di Randazzo.

1746 – 29 novembre, fu innalzata, nella piazza antistante la chiesa di San Nicola, la nuova statua, in marmo, di Randazzo Vecchio, emblema e memoria della storia della città. Essa venne commissionata dall’abate Pietro Rotelli (†1765 agosto), a sostituzione della statua originaria, in arenaria, risalente al XII secolo. Diverse sono le ipotesi avanzate sul personaggio che rappresenta: ciclope Piracmone, Ducezio, re dei Siculi, o l’unione delle tre etnie della città (Lombardi, Greci e Latini). Differenti sono anche le interpretazioni avanzate, sin’ora, intorno al significato allegorico dei tre animali – leone, serpenti e aquila – che accompagnano Randazzo Vecchio.
(Angela Militi
)

1746Visita del monsignore Tommaso Moncada, Arcivescovo di Messina, il quale stette a Randazzo dal 13 al 29 dicembre nel corso della quale celebrò il rito della consacrazione della chiesa di San Martino (21 dicembre).

1746 –  Il 27 dicembre 1746 Mons. Francesco Tommaso Moncada, Arcivescovo di Messina. essendo in Randazzo in occasione della Sacra Visita, consacrò la Chiesa di San Nicola e nel 1751, in qualità di Delegato Apostolico, la eresse, insieme alle altre due S. Martino e S. Maria, alla dignità di Collegiata, con le relative Dignità ed Insegne Canonicali di cui la Cappa corale e l’Ermellino che vennero confermati dalla S. Sede nel 1785.

1753  Il Viceré D. Eustachio Duca di Viefuille venne a Randazzo verso le ore 17 del 14 novembre 1753 e si fermò sino al 28 dello stesso mese alloggiando nel Convento dei Minori Conventuali della Chiesa di S. Francesco. In questa occasione Gli fu fatto presente che a causa della peste (1575-1580) la popolazione si era di molto ridotta, impoverita ed abbandonata per sempre dai Nobili che si erano trasferiti a Messina. Il Viceré ordinò di regolare le tasse secondo la popolazione del 1753.     

1756  –   Il Marchese Fogliani, nuovo Viceré di Sicilia il 12 maggio, dispose che, a causa della diminuzione della popolazione per la elezione dei Giurati, vi fossero due scrutini, uno per eleggere due del Ceto Nobile ed uno per eleggere due del Ceto Civile.

1760 Il Collegio San Basilio nasce come Monastero Basiliano tra il 1760 e il 1768. Divenuto di proprietà del Comune, grazie alle leggi eversive del 1866/67, fu concesso ai Salesiani nel 1879 che per volontà di don Bosco divenne il primo centro studi salesiano della Sicilia.

1761  –  Arcangiolo Leanti  nel suo ” Lo stato presente della Sicilia del 1761″ così descrive Randazzo:
Città piccola reale, pur mediterranea, posta alle falde dell’Etna: è animata in quattro parrocchie da 4.169 abitatori; ha quattro conventi di religiosi e tre di monache dell’Ordine di S. Benedetto. Presso questa città trovasi il lago Gorrida, di cui molto favoleggiarono gli antichi poeti greci e latini. 

1767  –  Il Re Carlo III° dispone, con un decreto datato 25 aprile, che a tutti quelli che avessero avuto il Padre o l’Avo iscritti nella Mastra Civile (la Mastra era l’elenco dei nobili per la partecipazione alla elezione dei 4 Magistrati che avrebbero governato la Città) gli era concesso di passare nella Mastra Nobile.

1770  –  L’Arciprete Don Giuseppe Plumari ed Emmanuele, nacque il 17 agosto dal notaio D. Candeloro  e da Paola Emmanuele. Gloria primaria ed unica della Storiografia Randazzese, ci ha lasciato una grande opera , che ci parla di tutte le glorie della nostra Città. Muore il 1 ottobre del 1851 e probabilmente fu seppellito nella Chiesa di Santa Maria, ma della sua tomba si è perduto ogni ricordo.  

1785  – Finalmente, dopo tre secoli di discordie fra le Tre Chiese , come si rileva dagli Atti del Regio Notaro  D. Carmelo Ribizzi, in data  6 marzo  1785, troviamo che le tre Collegiate otten­nero dalla S. Sede il Privilegio della Cappa di Coro ossia l’Ermellino.

1789 – Al fine di equilibrare su tutti i cittadini del Regno le entrate dello Stato  Ferdinando III re di Sicilia (Ferdinando IV re di Napoli) fece eseguire un censimento generale. A Randazzo si ebbe  il seguente risultato: 
             Quartiere di Santa Maria:  Maschi 607     Femmine 467   totale 1074
              Quartiere di san Nicolò:    Maschi 1415    Femmine 1183  totale 2598
              Quartiere di San Martino: Maschi 1476   Femmine 1129 totale 2605
              Totale : 6.277 anime.
Il censimento è stato fatto da Don Girolamo Saletti deputato della locale Deputazione.

1808  –  Il Sindaco di Randazzo é  il Dott. Filippo Scala”

1818  Il 20 febbraio vi fu un tremendo terremoto. Non si hanno notizie per  danni agli uomini o alle cose si sa di questo terremoto in quanto il Quadro raffigurante San Giorgio donato dal Conte Ruggero I di Sicilia (1031-1101) al Monastero si stacco dal muro e cadendo si ridusse in minutissimi pezzi, essendo corroso dalla tignuola, come ebbe a constatare il Duca di San Mar­tino, allora Intendente di Catania, venuto a visitare per ordine del Sovrano la nostra Città. Federico II°, insieme alla Regina Eleonora, (circa il 1312) donarono alle Monache di San Giorgio un Quadro dipinto su Tavola, rappresentante il Transito del loro Patriarca San Be­nedetto,  anche questo cadde e andò in frantumi .   

1824 –  Alla morte del re Ferdinando I , la Chiesa di San Nicola – che funzionava da Cattedrale del triennio – celebrò solenne funerale; ma, dato il caso specialissimo, anche le altre due chiese vollero celebrare il suo: e i funerali furono tre.
(Pietro Silvio Rivetta in arte Toddi).

1825 – L’Arciprete Giuseppe Plumari  il 30 agosto rivolse una petizione al Re Francesco I°  perché fosse demandata l’Amministrazione dei Beni della Baronessa Joannella De Quatris lasciati alla Maramma di S. Maria, ad una Commissione locale, sotto il controllo del Consiglio degli Ospizi di Catania, togliendo dalle mani dell’Amministratore residente a Palermo, perché la Chiesa, in poco più di un secolo di tale Amministrazione aveva avuto la perdita di almeno Onze sessantatre­mila (63.000).  Il Re  accoglie la petizione e dà disposizioni affinché sia eseguita. 

1834  – Nel 1834 si accese una forte polemica provocata da uno scritto sulle “glorie di Randazzo di Leonardo Vigo”, pubblicato nelle Effemeridi Scientifiche e Letterarie di Palermo, dopo ch’egli aveva consultato il manoscritto: Idea dell’Antichità di Randazzo di Don Francesco Colonna dei Duchi di Cesarò e dei Marchesi di Fiumedinisi, ed il Sunto della Storia di Randazzo, scritto ed inviato dall’Arciprete Don Giuseppe Plumari Emanuele all’Accademia dei Zelanti della Città di Acireale.

1835  –  Paolo Vagliasindi Basiliano pubblica per la tipografia del Giornale di Scienze Lettere ed Arte di Palermo “Discussione storica e topografica di Paolo VAGLIASINDI basiliano di Randazzo” . L’Opera polemicamente cerca di confutare alcune teorie dello storico Giuseppe Plumari sulle origini della nostra Città.

1836 – La presunta data dell’apertura del Cimitero. Questa data infatti è riportata in una lapide ancora esistente nella zona pericolante.

1836 La confraternita dell’Addolorata, che precedentemente si chiamava Confraternita di Maria SS.ma degli Agonizzanti, non possiede alcun documento manoscritto che ne attesti la data di fondazione. Ha solo un recente dattiloscritto in cui tra l’altro si legge: data di fondazione 20 luglio 1834; data di autorizzazione da parte di Ferdinando II, re delle due Sicilie, 13 febbraio 1836.

1838  –  Paolo Vagliasindi Polizzi, nasce nel 1838 e si deve a Lui l’esistenza del Museo Archeologico Vagliasindi.  Infatti nel 1889 in un suo fondo in contrada Sant’Anastasia-Mischi  furono trovati casualmente dei reperti archeologici oggi esposti nel museo archeologico di Randazzo e nel museo Paolo Orsi di Siracusa.

1847 l’Arciprete Giuseppe Plumari scrive: ” Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia esposta dall’Arciprete di essa Città Giuseppe Plumari ed Emmanuele dottore in Sacra Teologia e socio dell’Accademia dè Zelanti di Scienze, Lettere, ed Arti della Città di Aci-Reale. Divisa in tre volumi. – Volume I  anno 1847 “.

1847 – Il  22 settembre 1847, il sindaco di Randazzo con l’aiuto del Canonico Giuseppe Cavallaro amministratore dell’Opera De Quatris, , crearono  il Corpo Bandistico  Città di Randazzo. La spesa in quell’epoca, è stata circa di trenta Onze.

1849 –  l’Arciprete Giuseppe Plumari scrive: ” Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia esposta dall’Arciprete di essa Città Giuseppe Plumari ed Emmanuele dottore in Sacra Teologia e socio dell’Accademia dè Zelanti di Scienze, Lettere, ed Arti della Città di Aci-Reale. Divisa in tre volumi. – Volume II   anno 1849″.

1855 –  Muore nel Monastero di Randazzo l’Abate D. Paolo Vagliasindi. Fu Segretario della Camera dei Pari nel 1848, profondo conoscitore delle scienze storiche, archeologiche, economiche siciliane. Scrisse sull’eruzione dell’Etna del 1832, La Riflessione Sull’Appendice (1835) e confutando le tesi del Plumari sulle origini di Randazzo “DISCUSSIONE STORICA E TOPOGRAFICA DI PAOLO VAGLIASINDI BASILIANO DI RANDAZZO”.  Sostituì le lettere ad uno Obelisco egiziano. Seppellito nella chiesa di S.Maria di Gesù sulla tomba fu inciso: “Voce mortale non potrà accrescere meriti alla fama di Lui “.

1859 Padre Gesualdo De Luca, ex Provinciale Cappuccino da Bronte,  “ In S. Martino di Randazzo chiesa collegiata Parrochiale a turno matrice “, fece l’elogio funebre per Sua Maestà Ferdinando II re delle Due Sicilie. Il testo integrale lo trovi nella sezione “LIBRERIA”. 

1860Giuseppe Garibaldi da Messina ordina a Nino Bixio di recarsi a Randazzo – dove giunge il 6 agosto insediandosi nella casa di Giuseppe Fisauli –  per sedare la rivolta scoppiata a Bronte, Linguaglossa, Adrano.

1861   –  Nicola Petrina, politico, sindacalista e uno dei fondatori dei  Fasci Siciliani o Fasci Siciliani dei lavoratori  ( con Giuseppe De Felice,  Giacomo Montalto, Francesco Paolo Ciralli, Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato, Bernardino Verro ),  nasce a Randazzo il 13 novembre 1861 e muore il 28 dicembre del 1908 a Messina a causa del tremendo terremoto che ha colpito questa città.

1861  –   Gli abitanti di Randazzo sono : 7005 

1864  –  Gaetano Basile fu Ferdinando nasce a Randazzo il 6 luglio. E’ stato un medico e igienista italiano, Direttore della Sanità Pubblica dal 01/02/1934 al 28/02/1935. Nel dicembre 1912 fu prescelto come Direttore capo della divisione per il servizio igienico generale al Ministero dell’Interno e nel 1916 ricevette la medaglia d’oro ai benemeriti della salute pubblica. Nel dicembre 1930 fu promosso Direttore Generale della Sanità Pubblica. Nel 1943 avendo avuto distrutta la casa di Catania dai bombardamenti del 1943 si ritirò a Crocitta dove morì il febbraio 1951. Una immensa folla partecipò al suo funerale. Il Comune gli ha intitolato una tra le più belle strade della città.

1866 – Nel 1866 lo Stato incamerò i beni di tutte le Confraternite, senza eccezione alcuna. (Con il regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866, detta legge eversiva, fu negato il riconoscimento (e di conseguenza la capacità patrimoniale) a tutti gli ordini, le corporazioni, e le congregazioni religiose regolari, ai conservatori ed i ritiri che comportassero vita in comune ed avessero carattere ecclesiastico). 

1866  –  A seguito della legge eversiva (il regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866) fu soppresso il convento dei Carmelitani. I fedeli allora chiesero che le Sante Reliquie del Beato Luigi Rabatà fossero tolte dalla chiesa del Carmine e fossero trasfe­rite nella Chiesa Collegiata di Santa  Maria. La  Sacra Congregazione dei Riti, con l’approvazione di Pio X°,  in data 10 giu­gno 1910 accordava la richiesta di traslazione dalla Chiesa del Carmine ove erano state conservate per più di quattro secoli, alla Chiesa di S. Maria. 

1868  –  Sindaco della Città e don Giuseppe Fisauli. 

1872 La città di Randazzo che fino al 1435  faceva parte della diocesi di Messina, passa con la diocesi di Acireale.

1875  –  Secondo il Vocabolario Geografico – Storico – Statistico e il Dizionario Geografico Postale del regno d’Italia il comune di Randazzo era dotato di un ufficio postale, di scuole e d’istituti di pubblica beneficenza.  

1878 – Le nostre Autorità Municipali (Sindaco Giuseppe Fisauli), preoccupati di dare una buona educazione ai nostri giovani, in accordo con le Autorità Ecclesiastiche, fecero venire le Suore di Carità che presero la Direzione dell’Asilo, della Scuole Elementari ed in seguito dell’Ospedale.  L’Asilo fu inaugurato il 13 settembre 1878 ed eretto in Ente Morale l’8 dicembre dello stesso anno. Lo scopo è l’ammissione dei bambini di ambo i sessi, dai tre ai sei anni per ricevere la prima educazione religiosa e civile.  La prima Deputazione ebbe a Componenti i Signori: Giuseppe Vagliasindi Romeo Presidente, Dottor Antonino Birelli e Giuseppe Fisauli Piccione Deputati.

1879 – Sindaco della Città è il barone Giuseppe Fisauli.

1879 – Su indicazione del prefetto di Catania Conte Ottavio Lovel de Maria e il comm. Achille Basile. che caso stranissimo, rappresentavano uno Stato massonico e anticlericale, ed il vescovo di Acireale Mons. Gerlando Genuardi,  le autorità della Città –  l’Arciprete Francesco Fisauli, il Sindaco B.ne Giuseppe Fisauli, il Consigliere Provinciale Giuseppe Vagliasindi –  si incontrano con i delegati di Don Bosco –  Don Gio­vanni Cagliero (reduce dalla prima missione salesiana in Patagonia, e che poi, qualche anno dopo, diventerà cardinale di Sancta Romana Ecclesia.” Pino Portale”) e Don Celestino Durando – per firmare la “Convenzione” dove si stabiliscono i lavori di ristrutturazione e ammodernamento del vecchio monastero basiliano che avrebbe dovuto ospitare il Collegio Salesiano e si fissò la data dell’inizio dell’opera con scuole elementari e ginnasiali per l’ottobre del medesimo anno 1879.

1884  –  Gustavo Vagliasindi nasce a Randazzo. Professore universitario di argomenti agricoli nel 1947 promosse la fondazione della Facoltà di Agraria di Catania. L’Università nel 1961 gli conferì alla memoria la medaglia d’oro al merito della scuola. Il comune di Sanremo il “Garofano Rosso”.  Morì a Catania nel 1957.

1885 – Viene eletto sindaco Paolo Vagliasindi (1858/1905) a soli 27 anni.

1886 – Il pittore viterbese Pietro Vanni dipinge “La Madonna in trono col Bambino” che si trova sull’altare Maggiore (1663 in marmo policromo intarsiato) nella Basilica di Santa Maria.

1887 – Viene rieletto sindaco Paolo Vagliasindi (1858/1905).

1887 – Si diffonde una epidemia di colera. Il sindaco Paolo Vagliasindi, per la sua opera meritoria gli viene attribuita la medaglia d’argento al valore civile da parte del Governo.

1887 – Viene costruito il ponte sul fiume Alcantara tutto in pietra lavica e con una serie di accorgimenti per consolidare il terreno circostante. Il 13 agosto 1943 i tedeschi ritirandosi fecero crollare con delle mine le tre arcate. 

1891  –  Giuseppina Dilettoso Vagliasindi (in religione Suor Maria Addolorata) nasce a Randazzo il 21 giugno. Rimasta vedova dedicò tutta la sua vita al Signore. Fondò l’Opera Betania Ancelle di Gesù Sacerdote, con lo scopo di assistere i sacerdoti, quelli malati e più bisognosi.  Morì il 15 agosto 1981. 

1893  –  l’Orfanotrofio Femminile, affidato alle Suore di Carità, veniva fondato e dedicato al Sacro Cuore di Gesù dal Rev.mo Canonico D. Francesco Fisauli fu Dott. Vincenzo e dai Signori: Barone Avv. Benedetto Fisauli con i fratelli Ing. Vincenzo, Avv. Antonio, Colon­nello Brigadiere Diego, Avv. Gualtiero figli del Barone Giuseppe, 11 maggio 1893 e 20 settembre 1894 presso il Notaro Basile avv.Giuseppe, con lo scopo di ricovero, istru­zione e mantenimento, fino alla maggiore età, delle orfane abbandonate, nate legittime da genitori che ebbero domicilio in Randazzo.

1895Inaugurazione della Ferrovia CircumEtnea il 29 settembre.  Mario Mandalari (1851-1908), che arrivò a Randazzo comodamente seduto sul treno inaugurale, descrive, nel libro “Ricordi di Sicilia: Randazzo” ( N.Giannotta editore – 1897) con accenti trionfali “ la vittoria dell’Uomo sul Mostro”, il Gigante Mongibello, che, ormai cinto di rotaie, non riesce ad ostacolare la marcia del Progresso.

1896 – Per opera del  Canonico D. Vincenzo Panissidi  viene costituita nella Chiesa di San Nicola la Confraternita del SS. Sacramento che, sorta modestamente fra alcuni parrocchiani, andò vie più accrescendosi col titolo di Pia Società del SS. Sacramento e venne canonicamente fondata dopo un decennio di esistenza, nel 1896. Venne poi elevata al rango di Confraternita l’anno 1925 ed aggregata alla Primaria Arciconfraternita di Roma.

1896Andrea Capparelli  fu nominato Rettore dell’Università di Catania. Nato a Randazzo il 14.12.1854 .  Nel 1880 si laurea in Medicina all’Università di Catania. Fisiologo si interessò pure di Neurologia, Istologia e Terapia. Importanti i suoi studi sul diabete. Morì a Catania nel giugno 1921 . 

1897Scoppia nella nostra Città una epidemia di colera.

1899 – l’onorevole Paolo Vagliasindi  (1858/1905), deputato per 4 legislature, il  14 maggio del 1899 viene nominato Sottosegretario all’Agricoltura, Industria e Commercio durante il governo di Luigi Pelloux.  Carica che mantiene fino al 21 giugno 1900.

1903 Cesare Finocchiaro pubblica il libro. “L’acqua potabile in Randazzo “. Editore: lo Stabilimento Tipografico di Catania. 

1903  –  il 4 ottobre fu inaugurato nella Sala del Palazzo Comunale un Circolo di Cultura e una sezione dell’Archivio Storico per la Sicilia Orientale. Il Vice Presidente, prof. V. Casagrande, tenne il discorso inaugurale, mentre F. Basile ricordò quella cerimonia con un opuscolo intitolato “Circolo di cultura a favore della gioventù”.  

1903 Vito La Mantia Commendatore, Grande Ufficiale e Primo Presidente Onorario di Corte d’Appello –  pubblica il libro: “Consuetudini di Randazzo.  Editore : Tip. Stab. A. Giannitrapani via Monteleone n. 23 – Palermo

1905 – Sindaco è l’avvocato  Gualtiero Fisauli 

1905 – il 23 dicembre 1905 a soli 47 anni muore di pleurite a Catania l’onorevole Paolo Vagliasindi (1858/1905).

1906/1907  –   il 1° acquedotto costruito a Randazzo (1906/1907). sindaco pro- tempore  Gualtiero Fisauli.  L’acqua detta di “Pietre Bianche” proviene dalle sorgenti di Portale o Pietre Bianche, Tortorici (ME) a circa 1350mt. sul livello del mare, portata acqua circa 7 litri al secondo. Sorgente di Montone-territorio di Randazzo circa 1275 mt. sul livello del mare, (portata:  1 litro/sec). La condotta che raccoglie l’acqua  delle due sorgenti arriva al Serbatoio dei  Cappuccini, dopo avere attraversato alcune  zone, tra cui  Roccabellia e Murazorotto.  Acque eccellenti e saluberrime sono definite dalla ” Relazione a cura del Prof. Eugenio Di Mattei-Università di Catania”.

1907 –  Randazzo ebbe la luce elettrica per la prima volta dall’Officina del Sig. D. Ciccione Vagliasindi.

1907 Douglas Sladen pubblica a New York : “Sicily The New Resort an Encyclopedia of Sicily by Douglas Sladen”  una guida turistica della Sicilia.  Nella II parte del libro da pag. 462 a pag. 468 si parla di Randazzo impreziosito da belle foto.

1908 – Sindaco della Città è Sebastiano Polizzi.  Il 30 giugno 1908 firma la transazione dove vengono sanciti i criteri e stabilite le norme e segnate le quote che spettano a ciascun Ente dell’eredità della Baronessa Dè Quatris.  Così si pose fine a quasi 300 anni di lotte fra le Tre Chiese (San Martino, San Nicola, Santa Maria).

1909 – Lo storico di Acireale  Vincenzo Raciti Romeo (1849-1937)  Fu un Canonico e archivista della cattedrale di Acireale e bibliotecario della locale Accademia Zelantea. Studioso di storia patria si dedicò con particolare cura alla storia della città di Acireale e dintorni. Nel 1909 pubblicò due suoi scritti: “Da Acireale a Randazzo” e “Randazzo Origini e monumenti”. Si trovano in originale presso la Biblioteca Zelantea di Acireale.

1909 – Federico De Roberto pubblica il libro “Randazzo e la Valle dell’Alcantara”.  Editore: Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo. Il libro contiene n.147  illustrazioni e I tavola. 

1909Il sindaco di Randazzo è l’avvocato Sebastiano Polizzi.

1909 Vito La Mantia (1822/1904) storico e giurista siciliano il quale  fu anche Consigliere di corte di Cassazione a Roma, coadiuvato dai figli completò alcuni lavori originali in materia di diritto consuetudinario  tra cui   “Le consuetudini di Randazzo”  che venne pubblicato nel 1909.  L’intero testo lo puoi leggere nel profilo di Angela Militi.

1910 –  il Sacerdote don Salvatore Calogero Virzì nasce 11 gennaio a Cesarò (ME). Salesiano, Educatore, Storico della nostra Città, Ricercatore.  Si spegne intorno alle ore venti del 21 novembre 1986 al San Basilio di Randazzo.

1910Per iniziativa di Giovanni Puglisi ( anarchico e poi socialista)  il 18 maggio venne scoperta una lapide nella casa natale di Nicola Petrina che così diceva: 
                ” In questa casa / il 13 novembre 1861 / schiudeva gli occhi / a vita intensa di entusiasmi e di lotte NICOLA PETRINA // Le calamità pubbliche e il carcere iniquo / furono per lui campo fecondo / di azione di pensiero / La catastrofe di Messina del 28 dicembre 1908 / tragicamente lo travolse // Il Popolo di Randazzo / pose questo ricordo / il giorno 18 maggio 1910 / solennemente commemorando / il tribuno gagliardo l’apostolo fervente / di una civiltà più vera ed umana “.
              La lapide non esiste più a causa degli eventi bellici del 1943 che distrussero un gran parte della nostra Città.

1910  – La  Sacra Congregazione dei Riti, approvato da Pio X° in data 10 giu­gno 1910,  accordava la richiesta di  traslazione dei resti del Beato Luigi Rabatà dalla Chiesa del Carmine ove erano state conservate per più di quattro secoli, alla Chiesa di S. Maria. Avendo poi il popolo, in occasione del colera del 1911, ad iniziativa del Vescovo, fatto voto al Beato di procedere presto a tale traslazione se Egli avesse ottenuto da Dio la cessazione del morbo entro il 15 agosto, concessa la Grazia come la si desiderava, si procedette alla preparazione ed il 13 agosto 1912 avveniva la trasla­zione in forma solennissima.

1911  –  Si registra a Randazzo una epidemia da colera.

1911 – Dopo aver inaugurato la statua del Re Umberto  I nella Piazza Roma di Catania, il Re Vittorio Emmanuele III e la Regina Elena  il 31 maggio vennero a Randazzo con il treno reale della Circumetnea.  Alla stazione il commissario  Spasiano  a nome della Città offrì un mazzo di fiori. Proseguendo i reali si fermarono alla villa Statella del marchese Giovanni Romeo. Accompagnavano  il Re il Ministro degli Esteri Sangiuliano, il Ministro di Grazia e Giustizia Finocchiaro Aprile, il Ministro dei Lavori Pubblici Sacchi, la Presidenza del Senato e della Camera dei Deputati con parecchi Onorevoli ed il Prefetto della Provincia.

1912  –  Il 13 agosto le ossa del beato Luigi Rabatà furono trasportate in processione dalla chiesa del Carmine alla Basilica Minore di Santa Maria. Dal 1866 (ano della soppressione degli Ordini religiosi per le leggi eversive) erano state dimenticate nel convento carmelitano. Si racconta che il beato aveva salvato nel 1897  Randazzo dal colera. 

1913Walter Leopold (1882-1976) in un lavoro svolto per la sua tesi di dottorato a Dresda : ” Studio sulle architetture medievali a Castrogiovanni (odierna Enna), Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo” a proposito della nostra città scrive : 
       «la roccia nera di basalto lavico su cui Randazzo è stata costruita scende a strapiombo verso il fiume Alcantara, che scorre proprio sotto le sue mura. Sono da apprezzare le caratteristiche paesaggistiche particolari di un centro storico incastonato sui declivi dell’imponente vulcano Etna. Estremamente interessanti sono la Chiesa di Santa Maria e la torre di San Martino». 

(Antonino Portaro). 

1914  –  Il sindaco di Randazzo è  Alberti Capparelli. 

1914  – Il 19 aprile 1914, a Randazzo, nel corso di una cerimonia cui parteciparono numerosi cittadini, e le varie associazioni del tempo, dietro iniziativa del sindaco Alberto Capparelli, in onore dell’on.le Paolo Vagliasindi, veniva inaugurata una lapide, scolpita da Antonino Corallo, e posta sul cantonale del Palazzo Vagliasindi in via Umberto I, il cui testo, dettato proprio da Federico De Roberto, recita:
         “Paolo Vagliasindi / nelle lotte della vita pubblica / portò la forza e la gentilezza / di un cavaliere antico / in Parlamento e al Governo / fu propugnatore immutabile / di libertà con ordine / crudelmente troncata / prima di dare tutti i suoi frutti / l’opera nobilissima / del Cittadino esemplare / vive nella memoria dei contemporanei / rivivrà nella storia / di questa diletta sua terra.” 

 

1915 La prima Guerra Mondiale (1915-1918) causò a Randazzo la morte di ben 150 nostri Concittadini e un gran  numero di feriti e mutilati. I superstiti di questa spaventosa guerra furono insigniti del titolo di “ Cavalieri dell’Ordine di Vittorio Veneto “.  

1918 – Sindaco di Randazzo è  Andrea Capparelli ( la giunta è formata da: U.Vagliasindi, G. Caldarera, D Vagliasindi, G. Fisauli, G. Panissidi ).

1919 – A seguito di molte manifestazioni di Popolo per le condizioni misere in cui versava, vi fu una scalata al Municipio e la folla inferocita  resistette  alla forza pubblica che fu costretta ad usare le armi e sparò sui manifestanti  causando la morte di nove Cittadini.

1919 – Giuseppe Bonaventura nasce a Randazzo il 6 Ottobre. Nel 1951 assieme a Vito Scalia e Antonio D’Amico fu uno dei fondatori della CISL di Catania, e Segretario Generale dal 1961 al 1964. Fu Consigliere Provinciale e Sindaco della nostra Città dal 14 dicembre 1960 al 26 agosto 1961. Morì prematuramente a 45 anni il 17 dicembre 1964. E’ stato il personaggio politico e sindacale di maggior prestigio nella seconda metà del novecento di Randazzo.

1920 – Nel mese di aprile fanno visita a Randazzo  la novellista irlandese EDITH SOMERVILLE (1858-1949) e la musicista inglese e leader del movimento “Women’s Suffrage” delle Suffragettes ETHEL SMYTH (1858-1944), meglio nota come Dame Ethel Smyth Descrivono la nostra Città in un modo orrido con delle affermazioni francamente molto gratuite. Puoi leggere l’articolo cliccando: “Non tutti parlano bene di Noi” .

1920  –  Il 25 luglio, preceduto da una serie di proteste anche da parte di molte donne, vi fu una grande dimostrazione di Cittadini contro il Commissario Prefettizio Rocco Scriva, a causa della mancanza del pane e da una iniqua distribuzione della farina. I dimostranti assaltarono il Municipio e dopo che furono stati costretti ad uscire si accalcarono dietro le due porte d’uscita. I carabinieri , forse impauriti da tutta questa gente, incominciarono a sparare sulla folla. Il risultato fu che vi furono sette morti ( i contadini Vincenzo Calcagno, Francesco Paolo Magro, Giuseppe Sorbello, il pastore Giuseppe Giglio, il calzolaio Luigi Celona, il falegname Benedetto La Piana, e lo scalpellino Gaetano Mangione) e sedici feriti di cui quattro dell’Arma.

1921 Il 14 gennaio  Padre Domenico Spadafora fu dichiarato, dal Papa Benedetto XV (1854-1922) ufficialmente Beato. Nasce a Randazzo nel 1450 dai Conti Spadafora. Educato dai padri Domenicani consegue il titolo di  Maestro di Teologia. Viene consacrato sacerdote nel 1479 e dietro invito della locale comunità nel 1491 si reca a  Montecerignone dove fa costruire il conventino con sei celle per i frati e la Chiesa dedicata alla Madonna. Nel 1494 durante la quaresima avvenne ” il miracolo dei fiori”. Muore il 21 dicembre 1521

1921 – Il Principe Ereditario Umberto di Savoia il 28 ottobre fu ospite del marchese Giovanni Romeo nella sua casa di Statella. La data di questa visita è incisa in una delle  tre lapidi murate nella facciata del Castello sulla veranda.

1921 – Gli abitanti di Randazzo sono  17.762  il massimo storico.

1921 – Il Ministero della Pubblica Istruzione pubblica un catalogo del Patrimonio Artistico dello Stato suddiviso per Province. In quella di Catania, Randazzo fa bella mostra di sé. Puoi leggerlo “Elenco degli Edifici Monumentali” del sito  .

 1923 – Le principesse Mafalda (morì il 27 agosto 1944 nel  Campo di concentramento di Buchenwald, Weimar, Germania ) e Giovanna di Savoia il 24 aprile furono ospiti del marchese Giovanni Romeo alla Statella.  La data di questa visita è incisa in una delle  tre lapidi murate nella facciata del Castello sulla veranda.

1929 – Con Decreto del 13 luglio del Governo di S.M. il Re Vittorio Emanuele III la superiora Suor Maria Carolina Zefilippo e la direttrice Suor Antonietta Veggiotti  dell’Istituto Santa Caterina, furono decorate con Medaglie D’Oro per gli oltre quarant’anni di insegnamento con lodevolissimi risultati.

1931Guglielmo Policastro scrive, “Randazzo: La città del silenzio.” e  “Il museo Vagliasindi di Randazzo”. 

1931 – Nel dicembre del 1931 i confrati dell‘Arciconfraternita delle SS Anime del Purgatorio di S. Nicola approvarono un nuovo statuto che all ‘articolo 8 così recita:” …si proibisce in modo tassativo ed assoluto a qualsiasi rettore di portare il Cristo morto in casa propria”. Prima di questa data veniva portato nella casa del Governatore dell’Arciconfraternita, dove il “Cristu ‘ndo cataletto” veniva preparato e ornato e da lì partiva la processione.

1932 – Il prof Enzo Maganuco visita Randazzo con la speranza di rinvenire una qualche traccia della chiesetta di Sancta Maria in Nemore. Visitò pure  la chiesa di Sant’Agata che descrisse nel libro “Cicli di affreschi medievali a Randazzo e a Nunziata di Giarre”. A seguito di questa visita nella rivista “Panorami di Provincia” pubblicò una serie di articoli sull’Architettura, Pittura, Miniatura della nostra Città e descrisse – mirabilmente –  il libro di preghiere della baronessa Giovanella Dè Quatris . 

1934
– Il parapetto della “Tribonia”
  (oggi largo Monsignore Vincenzo Mancini) è stato costruito nel 1934. Questa data risulta incisa nel secondo pilone di destra, guardando verso il fiume. (segnalato da Vincenzo Rotella).

1936  –  Mons. Don Salvatore Russo Vescovo Diocesano di Acireale, dopo la S. Visita Pastorale fatta in Ran­dazzo l’ 8 dicembre 1936, emanò una ordinanza nella quale pose fine alla diatriba fra le Tre Chiese Santa Maria,  San Nicolò e San Martino, dichiarando e decretando la loro totale autonomia e  parrocchialità, che vi deve essere un solo Parroco e che il Matriciato a turno viene abolito. La sola chiesa di Santa Maria resta per sempre la sede dell’Arcipretura con tutto quello che ne consegue.     

1936 –  Essendo Arciprete il Can. D. Giovanni Birelli, dopo la rinunzia dell’Arc. Mons. D. Francesco Paolo Germanà, col contributo di tutti i Cittadini, venne rifatto, in lastre di marmo, tutto il pavimento antico della Chiesa di San Nicola che era in mattonelle di terracotta e già malandato ed avvallato in molti punti per le sepolture sottostanti.

1937Francesco Fisauli  discute la sua tesi di laurea in diritto ecclesiastico, dal tema “Le Confraternite di Randazzo nella Storia e nel diritto ecclesiastico”  all ‘Università di Bologna , relatore il Prof. Cesare Magni.

1941  –  Il vescovo di Acireale Mons. Russo, il 2 luglio, avanzò alla Santa Sede una petizione,  accompagnata da oltre quattromila firme e con l’approvazione di tutte le Organizzazioni Randazzesi sia Civili che Religiose, con la quale chiedeva alla Sacra Congregazione dei Riti,  di poter ornare del Titolo di Santuario la Chiesa di Maria Santissima del Monte Carmelo con i privilegi consentiti dal Diritto e da concedersi dal medesimo Ordinario. Petizione che ebbe l’approvazione. 

1943 Dal 13 luglio al 13 agosto Randazzo fu oggetto di pesantissimi bombardamenti da parte degli Alleati. Le incursioni aeree furono 84 e furono utilizzati 425 bombardieri medi, 249 leggeri e 72 cacciabombardieri. Si calcola che su Messina e Randazzo volarono più di 1.100 aerei.  L’80% degli edifici furono distrutti – la chiesa di S.Martino fu la più danneggiata – e i tedeschi completarono l’opera saccheggiandola. Per saperne di più leggi la tesi di  Lucia Lo Presti
         “Randazzo la Cassino di Sicilia. Indagine sul patrimonio storico-artistico distrutto e danneggiato negli anni della seconda guerra mondiale”.

1943 – La Prefettura di Catania il 26 giugno calcola che gli sfollati (intere famiglie che abbandonarono le proprie case per rifugiarsi nelle caverne, grotte, masserie e case di campagne abbandonate) furono 983.

1943 – 
Randazzo venne occupata il 13 agosto dai “Falcons” del 39°reggimento di fanteria della 9^ divisione statunitense.

1943 – Dal 13 luglio al 13 agosto, secondo quanto riporta US Air Force, Randazzo subì attacchi aerei per diciannove giorni: dieci giorni nel mese di luglio e nove nel mese di agosto.

1944 Naufragio del piroscafo Oria il 12 febbraio, una delle maggiori tragedie della seconda guerra mondiale, nella quale persero la vita oltre 4000 soldati italiani che, fatti prigionieri dai tedeschi, dovevano  essere trasferiti da Rodi al Pireo e da lì deportati in Germania. Soldati che  non si erano piegati al volere nazista. Tra questi due soldati Randazzesi: Salvatore Fornito e Renato Vagliasindi.  (Vito Gullotto).

1945Salvatore Genovese – Partigiano nato a Randazzo il 19 settembre 1921 e morto a Spalato il 9 aprile 1945. Fucilato da un plotone di esecuzione nazista nel carcere di Spalato assieme ad altri 28 giovani partigiani dopo un processo “farsa”.

1945  –  Antonio Canepa, noto pure con lo pseudonimo di Mario Turri, nasce a Palermo il 25 ottobre 1908 e la mattina del 17 giugno 1945 fu ucciso in un conflitto a fuoco con i carabinieri, in contrada Murazzu Ruttu sulla SS n. 120, in circostanze non del tutto chiare. Insieme a Lui morirono Carmelo Rosano di 22 anni e Giuseppe Lo Giudice di 18 anni. Canepa è stato un docente e politico italiano e fu comandante dell’ Esercito Volontario per la Indipendenza della Sicilia  (EVIS).  Sul luogo dove è stato ucciso sorge un cippo dedicato ai caduti dell’ E.V.I.S. Antonio Canepa è sepolto nel cimitero di Catania, nel viale dei siciliani illustri, accanto a Giovanni Verga e Angelo Musco.

1946 – Il Consiglio Comunale il 18 aprile 1946 elegge Sindaco il dottor  Giuseppe Emanuele.

1947Il Consiglio Comunale nella seduta del 9 maggio 1947 approva il  Piano di Ricostruzione redatto dal prof. Giovanni Rizzo. Definitivo il 12 febbraio 1948.

1947  –  Il 26 aprile  muore il pittore randazzese Francesco Paolo Finocchiaro a Taormina dove si era stabilito nel 1930 avendo acquistato Villa Florenzia e l’hotel Excelsior. Pittore molto rinomato, le Sue opere si trovano a Roma, Napoli ed in molte altre città. Nella Casa Bianca (USA) è esposto un suo quadro raffigurante  Theodore ed Eleanor Roosevelt, con i quali intrattenne un’intensa amicizia. I bombardamenti del 1943 distrussero il dipinto  la Trasfigurazione che si trovava nella chiesa di S. Francesco di Paola. Del Finocchiaro possiamo ammirare  la tavoletta con il Pastorelloappartenente al Comune di Randazzo che faceva bella mostra  nella stanza del Sindaco, e  il Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano all’ingresso della Basilica di Santa Maria. Nato a Randazzo il 15 marzo 1868, studiò all’Istituto di Belle Arti di Napoli, si trasferì a Roma, dove si fece un nome eseguendo ritratti di notabili ed ecclesiastici.

1947
Il Consiglio Comunale in data 5 luglio 1947 elegge Sindaco  Pietro Vagliasindi. 

1948Antonio Pallante, giovane studente universitario di Giurisprudenza di Randazzo, (aveva allora 24 anni)  il 14 luglio davanti a Montecitorio ferisce gravemente il segretario del PCI  Palmiro Togliatti con quattro colpi di calibro 38. Subito preso fu condannato a 19 anni di reclusione. Ne sconto 5 anni. Togliatti ordinò ai suoi di non commettere azioni che potevano comportare l’inizio di una guerra civile. Così si salvò la Repubblica.

1950 – La confraternita del S. Cuore è Stata costituita il 12 novembre 1950, lasciata chiudere dagli stessi confrati nel 1966 e ricostituita nel 1999.

1951 Il padre Luigi Magro da Randazzo dei Frati Minori Cappuccini al secolo Magro Santo fu Vincenzo muore il 16 novembre. Nato il 29 giugno 1881 a Randazzo, fu ordinato sacerdote a Nicosia il 7 febbraio 1904. Oltre che apprezzato per il suo impegno pastorale, ha dedicato la sua vita alla ricerca e allo studio della Storia di Randazzo scrivendo:   Cenni storici della Città di Randazzo    dai primi abitatori della Sicilia fino al 1946. Questo documento rivisitato dal salesiano don Sergio Aidala , è fondamentale per la conoscenza della Storia della nostra Città.

1952 – Consiglio Comunale nella seduta del 10 giugno 1952  elegge Sindaco  Pietro Vagliasindi. 

195411 febbraio Francesco Vagliasindi fonda l’Opera Pro Facci Mucciati in onore dei suoi genitori Giuseppe ed Anna Vagliasindi.

1955 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 28 febbraio 1955 elegge Sindaco Nicolò Palermo. 

1956– Il Consiglio Comunale elegge nella seduta del 12 giugno 1956 Sindaco Pietro Vagliasindi. 

1959 – Alla presenza dell’on.le Angelini Ministro dei Trasporti il 4 giugno viene inaugurato il tronco ferroviario  Alcantara-Randazzo . Si conclusero così positivamente anni di lotta di tutti i Comuni della Valle avendo come alfiere l’avvocato Ferdinando Basile.

1960 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 14 dicembre 1960 elegge Sindaco Giuseppe Bonaventura .

1961 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 26 agosto 1961 elegge Sindaco  Giuseppe Montera. 

1962 – Monsignore Salvatore Russo – Vescovo di Acireale – dispone, dopo avere ottenuto dal Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione dei Religiosi, la licenza ad erigere a “Congregazione Religiosa delle Ancelle di Gesù Sacerdote” l’Opera della N.D.  Giuseppina Dilettoso,  il 3 agosto 1962  con un Suo decreto “l’erezione canonica in persona morale dell’Opera Betania – Ancelle di Gesù Sacerdote – con sede a Randazzo via Musco, 14.  Nomina Direttrice, vita natural durante, la Signora Dilettoso Giuseppina ved. Vagliasindi, promotrice e sostenitrice dell’Opera suddetta”. 

1964Leonardo Sciascia durante un suo viaggio sull’Etna visita la nostra Città, lo accompagna Ferdinando Scianna, noto fotografo, che gli scatta alcune foto nella piazza di San Martino. In seguito scriverà un bell’articolo  sui “Paesi Etnei”. 

1965 Il Consiglio Comunale nella seduta del 20 febbraio 1965 elegge Sindaco Sebastiano Giuffrida .

1966 Nel Settimanale “ABC” del 14 agosto compare un articolo di Luigi Stancampiano dal titolo: “Brache di cemento par il Ciclope Piracmone ” dove si racconta che, con bella ironia,  “ un ignoto muratore ha ricoperto nottetempo l’addome della antica statua con uno strato di malta a presa rapida per onorare la severità dell’epoca in cui viviamo”. (R.N. n.3 del novembre 1982). Era sulla bocca di tutti che ha commettere questo atto “moralistico” pare sia stato il signor S.S. istigato dal un noto professionista S.D.

1968 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 27 marzo 1968 elegge Sindaco Sebastiano Giuffrida. 

1968 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 31 agosto 1968 delibera di acquistare la villa  “Vagliasindi”  di piazza Loreto con tutta l’area circostante per consentire la costruzione dell’attuale Scuola Media. 

1969 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 22 gennaio 1969 elegge Sindaco Santo Camarata .

1969 – Il Professore Pietro Virgilio pubblica il 24 maggio per la Scuola Salesiana del Libro – Catania Barriera  il libro Randazzo e il Museo Vagliasindi” con foto di “Dal Vecchio-Vega”.  Opera fondamentale per la conoscenza del Museo. Lo scopo di questa pubblicazione è racchiuso in questa dedica: “Ti ho vista nel crepuscolo/possa presto io vederti nello splendore/della tua rinascita”.

1970  –  Si svolsero le elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Comunale dopo la parentesi commissariale del dr. Vincenzo Viviano. Il consigliere Vincenzo Munforte (1906) del PSIUP ebbe a dire, con grande soddisfazione, che finalmente erano stati estromessi i  nobili dal civico consesso.  Infatti tra i trenta Consiglieri eletti nella votazione del 6 giugno per la prima volta nella storia della nostra Città, non vi erano rappresentati nobili nè loro discendenti.  

1970 – Il consiglio Comunale nella seduta del 13 agosto 1970 elegge Sindaco  Paolo Felice Iovino

1971 – Il Consiglio Comunale nella seduta del ….. aprile 1971 elegge Sindaco   Giuseppe Montera 

1971 –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 5 ottobre 1971 elegge Sindaco  Francesco Rubbino (a soli 22 anni)

1971 – Vengono consegnati dal sindaco  Francesco Rubbino,  con una commovente cerimonia svoltasi nella sala del Consiglio Comunale,  la Medaglia e l’Attestato agli insigniti di “Cavalieri dell’Ordine di Vittorio Veneto ” per avere partecipato alla guerra 15/18.  così come previsto dalla legge 18 marzo 1968 n.263 

1972 – Viene approvata dall’ARS la legge n. 44 del 22 luglio 1972 , ottenuta a furor di popolo,che autorizzava i Mercati Domenicali in Sicilia,  ove per tradizione si erano svolti. In esecuzione di questa legge, l’Assessore Regionale all’Industria e Commercio, con D.A. n. 558 del 13 settembre 1972 sanciva il diritto all’apertura del Mercato Domenicale nel Comune di Randazzo, di fatto esistente da oltre trentacinque anni.

1972 –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 31 luglio 1972 rielegge Sindaco  Francesco Rubbino

1972  –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 30.10.1972 eleggeva sindaco Giuseppe Gulino. 

1975   Giuseppe (Pippo) Gullotto e Alfio Scirto  danno vita a Radio Randazzo International  la prima radio libera di Randazzo. 

1976Il Consiglio Comunale il 24 aprile istituisce La Biblioteca Comunale .  Dopo una apertura saltuaria dal mese di ottobre del 1978 inizia a funzionare con regolarità. 

1979  –  Il Consiglio Comunale elegge sindaco Francesco Rubbino

1979  –  Il Consiglio Comunale (Sindaco Francesco Rubbino) nella seduta del 2 febbraio 1979 concede la “Cittadinanza Onoraria” al Salesiano Salvatore Calogero Virzì  per essersi distinto con azioni e opere a valorizzare e fare conoscere le tradizioni ed il patrimonio storico ed artistico della Città.

1980  –  Il Collegio Salesiano San Basilio il 2 giugno con Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per i Beni e le Attività Culturali viene insignito dalla Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.  

1981 – Nel mese di febbraio iniziano le trasmissioni di  TVR ( Tele Video Randazzo), la prima rete televisiva randazzese. Pippo Gullotto inizia la sua avventura televisiva presentando programmi che riscuotono sempre grande successo.

1981  –  Il 17 marzo ebbe inzio “Eruzione di Randazzo“. Dopo tutta una serie di scosse telluriche e aperture di varie fratture a quota 2625 e 2500 m, ebbe inizio la colata lavica principale con fuoruscita di lava a quota 1800 m. con direzione tra Randazzo e Montelaguardia, distruggendo boschi, vigneti, coltivazioni,  case di campagne . Inoltre tagliava il binario della CircumEtnea e della Ferrovia dello Stato, la SS.120, la strada provinciale verso Moio ed altre strade comunali e poderali e raggiungeva le sponde del fiume Alcantara. Dopo aver percorso km.7,5 la lava si fermò. L’attività  delle bocche di frattura (1250-1115) continuò fino al 23 marzo ma il braccio di lava che minacciava Randazzo rallentò fino ad arrestarsi a circa 2 km dall’abitato. 

1982 – il 19 marzo viene inaugurata la statua di San Giuseppe dello scultore Gaetano Arrigo. Messa nella piazza San Giovanni Bosco, guarda il vulcano Etna, nella speranza che la città possa essere protetta.

1983 – Dopo varie vicissitudini burocratiche, giudiziarie, amministrative e finanziarie alle ore 19,24 del 22 agosto dal pozzo 2 di Santa Caterina sgorgava in abbondanza l’acqua rinvenuta a una profondità di 160 metri. Per la nostra Città è un evento storico ha dichiarato il sindaco Salvatore Agati ai cittadini, tecnici e amministratori presenti.

1987 – il 1 febbraio del 1987 si svolge la cerimonia della riapertura dell’Ospedale Civile . Presenti alla cerimonia, oltre ad un folto pubblico di cittadini ed addetti alla sanità e  con la gioiosa partecipazione della Banda Musicale di Randazzo “Erasmo Marotta“,  il Presidente Rino Nicolosi (che ha finanziato l’opera), l’assessore alla Sanità Aldino Sardo Infirri, l’assessore agli Enti Locali Francesco Parisi, il Sottosegretario ai Trasporti Nicola Grassi Bertazzi, gli onorevoli Nino Perrone, Pino Firrarello, Salvatore Leanza, Nino Caragliano, Raffaele Lombardo, il Sindaco Salvatore Agati e molte autorità politiche, civili e religiose non solo del nostro Comune. Nel ringraziare tutti  il Presidente dell’USL n.39  Francesco Rubbino, ha ricordato le tante vicissitudini passate per poter ristrutturare ed ammodernare il Presidio Ospedaliero.

1987Sabato 23 maggio 1987 ha avuto luogo la cerimonia di intitolazione di una piazza al Maggiore paracadutista Francesco Vagliasindi. Il sindaco Salvatore Agati assieme al fratello del Maggiore Paolo Vagliasindi ha scoperto la lapide commemorativa alla presenza di numerose autorità e di cittadini.

1988 – L’Amministrazione Comunale (sindaco Salvatore Agati) acquista la collezione dei Pupi Siciliani che viene collocata nella saletta ricavata nel seminterrato all’interno del Castello ove è anche ubicato il Museo Archeologico Paolo Vagliasindi 

1988 – Il Consiglio Comunale il 13 dicembre elegge sindaco Salvatore Agati.

1989 – Il Consiglio Comunale su proposta del sindaco Salvatore Agati con delibera n. 192 del 27 novembre 1989 concede la Cittadinanza Onoraria all’on. Calogero Mannino.

1990 – Il consiglio Comunale il 29 maggio  elegge sindaco  Francesco Rubbino.

1990 – Viene inaugurata nel mese di luglio la statua di San Giovanni Bosco nella piazza di San Francesco di Paola.

1991 – La Siciliana Gas inizia i lavori di metanizzazione della Città.

1992 – il Consiglio Comunale il 23 novembre elegge sindaco Giovanni Germanà.

1993 – Il Consiglio Comunale il 21 aprile elegge sindaco Francesco Lanza.

1994 – Nelle elezioni comunali del 27 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Angela Vecchio.

1996   Il Consiglio Comunale, Sindaco  Angela Vecchio, Presidente Fabio Aidala, con delibera n. 33 del 6 maggio intitola la Sala del Consiglio in: “Sala Consiliare Giovanni Falcone Paolo Borsellino “.

1996 – Tra il 20 e il 29 marzo si verificò un evento franoso che interessò il lato sinistro del fiume Alcantara. Il movimento esteso per circa 1850 metri di lunghezza e di circa 900 metri di larghezza copri 165 ettari di terreno. La frana distrusse quasi un chilometro di S.S. n° 116, che collega gli abitati di Randazzo e Santa Domenica Vittoria, trascinò a valle terreni coltivati di un certo pregio causando danni all’economia locale, infine, rovinò all’interno dell’alveo del fiume, ostruendolo e formando un invaso di sbarramento naturale di circa 375.000 m³, che impediva il normale deflusso delle acque verso valle.

1998 – Nelle elezioni comunali del  8 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Ernesto Del Campo.

2002 La Link Japan, una tra le maggiori reti televisive giapponesi, annualmente produce uno special televisivo di 30 minuti, dedicato ad un personaggio nazionale o straniero che si è distinto particolarmente per la sua attività.  Il 2002 è stato celebrato dall’ONU come anno dedicato alla montagna e alla natura ed è stato questo il motivo per cui i responsabili dell’emittente nipponica hanno voluto dedicare uno dei suddetti programmi ad un personaggio che si occupa di ambiente e natura.
La scelta è caduta sul nostro concittadino Vincenzo Crimi Commissario Superiore della  Forestale
.

2003 –  Nelle elezioni comunali del  10 giugno  i cittadini eleggono direttamente sindaco Salvatore Agati.

2005  –  Medaglia D’Argento al Merito Civile. Data del Conferimento il 25 gennaio 2005 con la seguente motivazione: Comune, occupato per la posizione strategicamente favorevole dall’esercito tedesco, fu sottoposto per trentuno giorni, tanto da essere definito  ” la Cassino di Sicilia “, a violentissimi bombardamenti che provocarono numerose vittime civili e la distruzione dell’intero abitato. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.  13 luglio – 13 agosto 1943

2006 – Il 20 settembre 2006, all’età di 83 anni, si è spento a Catania  Angelo Priolo. Ornitologo di fama mondiale. Nel 1983 viene costituito il Museo Civico di Scienze Naturali . Nel 1986 consegna al Comune la sua Collezione Ornitologica di 2250 esemplari che rappresenta una delle maggiori raccolte di uccelli che si conservino nell’Italia Meridionale. Nel 1991 viene nominato, assieme a Luigi Lino del WWF, Conservatore Onorario del Museo. Nel 2012 aderendo ad una richiesta dell’Associazione Ornitologica, ma soprattutto per riconoscenza e gratitudine della nostra Comunità,  gli viene intitolato il Museo.

2007Emanuele Manitta, già portiere della A.S.Randazzo, fa il suo esordio nel campionato di calcio della Serie A nella partita Livorno – Roma (1-1) 21 gennaio 2007. E’ il primo giocatore di calcio Randazzese che ha giocato nella massima divisione calcistica. Emanuele Manitta ha anche giocato nel Bari, Ragusa, Messina, Napoli, Catanzaro, Bologna, Siena.

2008 – il 22 febbraio muore all’età di 90 anni ad Acireale  padre Antonino Maugeri. Era nato a Randazzo il 4 settembre 1918 primo di nove fratelli di cui un altro , padre Rosario, anch’esso sacerdote.  Per più di 40 anni canonico della chiesa San Pietro e Paolo di Acireale fu stimato ed amato dagli acesi non solo per la missione sacerdotale, ma soprattutto per l’intelligenza e cultura. Appassionato di musica fu pianista, organista, compositore vincendo diversi concorsi di musica sacra. Nel 1990 nasce la Corale Polifonica ” Don Antonino Maugeri “. Il 23 maggio 2007 gli è stato intitolato l’Auditorium dell’Istituto “Galileo Galilei”  di Acireale.

2008 –  Nelle elezioni comunali del  1 luglio  i cittadini eleggono direttamente sindaco Ernesto Del Campo.

2011 – Gli abitanti di Randazzo sono:  11.108

2013 –  Nelle elezioni comunali del  12 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Michele Mario Mangione.

2013 Carmelo Carmeni  (nato a Randazzo il 29 settembre 1972) ha vinto il sesto campionato del mondo di forgiatura disputatosi a Stia (Arezzo) nei giorni tra il cinque e l’otto settembre durante la XX Biennale Europea d’Arte Fabbrile La gara  ha visto la partecipazione di 200 fabbri provenienti da 20 paesi stranieri e aveva come temaPlasticità“.  Carmeni ispirandosi alla Sicilia e a Luigi Pirandello ha intitolato la sua opera “Uno, nessuno e centomila”. I lavori eseguiti sono stati giudicati da una giuria internazionale.

2013 – Il 15 di agosto, causa una pioggia torrenziale e persistente,  “a Vara”,  per ovvi motivi di sicurezza, non “esce”. La prima volta da quando è stata ripristinata l’uscita. Con una discutibile decisione delle autorità Comunali e Religiose la domenica 18  “a Vara” niesci.

2016 – Alla presenza di molte autorità e cittadini il 29 aprile si è svolta la cerimonia di  intitolazione dello spiazzo antistante il lato nord della chiesa e la sacrestia (‘a Tribonia) all’Arciprete Monsignore Vincenzo Mancini che d’ora in poi si chiamerà  “Largo mons. Vincenzo Mancini”. Il sindaco Michele Mangione ha dichiarato che la Giunta  con delibera n. 19 del 19 febbraio 2016 stabilendo di dedicargli questo “largo” ha voluto riconoscere i tanti meriti dell’Arciprete Mancini nei confronti della nostra Cittadinanza.  Il vescovo Antonino Raspanti e il parroco don Domenico Massimino hanno ricordato il suo impegno sacerdotale.

2017 – il 23 settembre nasce il sito: www.randazzo.blog . Lo scopo è dare una rappresentazione dell’arte, della storia, della cultura, dei costumi, degli avvenimenti, dei personaggi e dei luoghi della nostra Città.  Amministratori : Giulio Nido, Francesco Rubbino, Lucio Rubbino .

2018 –  Nelle elezioni comunali del  11 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Francesco Sgroi.

2018 – Il 15 di agosto, causa una pioggia torrenziale e persistente,  “a Vara”,  per ovvi motivi di sicurezza, non “esce”. Le autorità Comunali e Religiose decidono di fare uscire “a Vara” domenica 25 agosto. Arrivata in piazza Municipio si blocca per un guasto tecnico e si è costretti a farla ritornare lentamente indietro. 

2019 Il Consiglio Comunale nella seduta del 30 maggio approva, su proposta dell’Amministrazione Comunale, la delibera n.17 avente per oggetto:“Dichiarazione dello stato di dissesto finanziario, dell’ente, ai sensi dell’art. 246 del D. Lgs. 267/2000”. Per la prima volta nella sua storia amministrativa avviene questa Dichiarazione di Dissesto. Le conseguenze per i Cittadini e per i fornitori saranno molto gravi.

2019 Il  Presidente della Repubblica, a seguito della Dichiarazione del Dissesto Finanziario del Comune,  in data 23 agosto 2019, su proposta del Ministero dell’Interno, che ha competenza sulla finanza locale, ha nominato tre Commissari Straordinari che faranno parte dell’Organo Straordinario di Liquidazione ( OSL ) al fine di estinguere la massa debitoria del comune. I tre Commissari del dissesto sono il dott. Giuseppe Milano, Funzionario in servizio della Prefettura di Catania, il Dott. Antonino Alberti, Segretario Generale in quiescenza ed il Dott. Andrea Dara, Dottore Commercialista dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Palermo. Detto OSL con delibera n. 1 del 18 settembre 2019 si è regolarmente insediato ed ha eletto a suo Presidente il Dott. Giuseppe Milano.

2020 – Il 9 marzo a seguito del Coronavirus (Covid-19) che ha colpito tutto il Mondo, siamo costretti a rimanere in casa . Si può uscire soltanto per lo stretto necessario. Sono state chiuse le scuole, bar, negozi, e quasi tutte le attività lavorative. 

2020 –  Al concorso di  Londra il Decanter Awards 2020 – il concorso enologico più importante al mondo – che si è svolto il 25 settembre, sono state premiate tre etichette di Al-Cantàra. La medaglia d’oro e ben 95 punti su 100 a   “O Scuru O Scuru”,   un vibrante e corposo Etna rosso Doc del 2017 ottenuto da grappoli del vitigno etneo per eccellenza, il nerello mascalese, raccolto a mano da antichissimi ceppi prefillossera sparsi a macchia di leopardo nella tenuta di Feudo Sant’Anastasia e qui vinificato in purezza, degustati alla cieca insieme a oltre 16.000 vini da un giuria internazionale di oltre cento esperti per .
Due medaglie d’argento sono invece per “Luci Luci” 2018 (Etna Bianco Doc da uve carricante, altra cultivar autoctona dell’Etna a bacca bianca) con 93 punti e per “‘A Nutturna” 2018 (IGP Terre Siciliane, bianco di nera da uve di nerello mascalese vinificate in bianco) al quale sono stati assegnati 92 punti. Anche lo scorso anno, Al-Cantàra ha ricevuto tre medaglie al Decanter.
Grande soddisfazione per Pucci Giuffrida, commerciante catanese, che grazie ai molti premi vinti, si è guadagnato in quindici anni l’affettuoso appellativo di “vigneron letterario”.

2020 – Il Presidente della Regione Nello Musumeci con l’Ordinanza n. 47 del 18 ottobre 2020 ordina particolari misure di contenimento del contagio nel territorio del Comune di Randazzo a causa del Coronavirus (COVID-19). Praticamente dichiara “Zona Rossa” la nostra Città per una settimana. Randazzo sembra una città morta. 

2020  –  Salvatore Rizzeri, noto storico Randazzese, pubblica per l’Edizione La Rocca “RANDAZZO E LA SUA STORIA  Origine ed Evoluzione nei Secoli”. Una Opera di 429 pagine ricca di illustrazioni e commenti.

2021  –  Giovedì 28 ottobre  muore, a 45 anni,  Vera Guidotto. Sabato 30 alle ore 10 sono stati celebrati i funerali nella chiesa del Sacro Cuore. Nonostante il divieto a causa del Covid la partecipazione della gente è stata assai numerosa. Vera è stata una ragazza molto segnata dal destino, ma nonostante questo è riuscita a diventare una poetessa ed una scrittrice di raro talento. Nata a Randazzo il venerdì 10 settembre 1976  Ha frequentato regolarmente le Scuole Medie e Superiori. Nel 1998 scrive un libro sull’amore e l’amicizia dal titolo “Il diverso non esiste”. Scopre di avere una propensione per la poesia e ne scrive parecchie con profonda e limpida semplicità. Le sue riflessioni sulle cose del mondo ed i suoi racconti non sono mai banali. Randazzo perde una grande donna (mai vinta) e in campo letterario la prima e la più importante. 

2022 –  Il sindaco Francesco Sgroi il 4 febbraio rassegna le dimissioni dalla carica di Sindaco. 

2022  –  Nelle elezioni comunali del  12 giugno i cittadini eleggono direttamente Sindaco Francesco Sgroi

2022  –  Il 3 novembre (II anniversario della sua morte) è stato presentato, nella sala consiliare “Falcone e Borsellino” del Palazzo Municipale il libro postumo di Salvatore Agati : La Storia di Randazzo. Lungo il corso tracciato dal Plumari. Dopo i saluti del vice sindaco Gianluca Anzalone, sono intervenuti Giuseppe Giglio, Alfonso Sciacca relatore, il sen. Pino Firrarello, padre Domenico Massimino, Maristella Dilettoso, Francesco Rubbino, dr. Patti.  Rosaria Agati a nome della famiglia ha ringraziato i presenti.

2022  –  Il maratoneta Antonino La Piana (20.01.1979) il 6  novembre partecipa alla Prestigiosa Maratona di NEW YORK  percorrendo tutto l’itinerario in 03.52.19. Nino La Piana non è nuovo a  queste imprese sportive infatti negli anni 2021/2022 ha partecipato, percorrendo tutto l’itinerario, a più di 20 maratone. Nino la Piana è il primo randazzese che riesce ad ottenere questi risultati.

2022  –  Sabato 3 dicembre è morto il Prof. Antonino Grasso. Nato a Randazzo il 16 ottobre 1943. Giornalista, scrittore, dotto conferenziere con molti titoli accademici tra cui: Magistero in Scienze Religiose conseguito nel 1999,  Bacellierato in S. Teologia conseguito nel 2000, Dottorato in S. Teologia con specializzazione in Mariologia che insegna nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Luca” di Catania aggregato alla Pontificia Facoltà Teologia di Sicilia.
 È stato Insignito il 02 giugno 1980 dal Presidente Sandro Pertini dell’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana” “per particolari benemerenze” acquisite al servizio dell’emigrazione degli italiani in Germania.
 Autore di 10 pubblicazioni mariane:  “Maria con te”  [1994] ; “E la Vergine distese le mani” [1995]  ; “Guadalupe. Le apparizioni della “Perfetta Vergine Maria” ,   “Maria, madre della speranza, Donna di legalità”  [2006] ;   “La Vergine Maria e la pace nel magistero di Paolo VI” [2008];   “Maria di Nazareth. Saggi teologici” [2011] ;  “Perchè appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane” [2012] ;   Maria, maestra e modello di fede vissuta [2013] ;  Apparizioni, malati e guarigioni a Lourdes. La prodigiosa guarigione di Delizia Cirolli il miracolo n. 65 di Lourdes riconosciuto dalla Chiesa [2015] ;   Maria, Madre di misericordia: “sotto il tuo manto c’è posto per tutti” Meditazioni [2016] ;  Lucia Mangano. Una vita d’unione con Maria.
Insieme a
don Santino Spartà è stato il realizzatore del “Parco Sciarone” e del sito web ” www. fatimaparcosciaronerandazzo. 
É autore e gestore del portale di Mariologia  http://www.latheotokos.it,
raccomandato dalla Congregazione per il Clero e dalla Pontificia Academia Mariana Internationalis. ha migliaia di pagine di articoli su ogni aspetto della Mariologia, filmati, audio, immagini, ecc. è il sito mariano più visitato d’Italia e uno dei più visitati del mondo in campo mariano ed è stato recensito spesso.

Un nostro illustre concittadino che ricordiamo con affetto, stima e ammirazione.

2023  – È operativa da ieri  – 20 marzo – la commissione di indagine con il compito di realizzare un accesso ispettivo presso il comune di Randazzo. La misura è stata disposta dal prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, su delega del ministro dell’Interno, per verificare l’eventuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso. La commissione, secondo le previsioni del Testo unico degli enti locali, dispone di tre mesi – rinnovabili per ulteriori tre mesi – per terminare gli accertamenti e presentare al prefetto le conclusioni dell’attività ispettiva effettuata.

2023    Il 17 settembre viene pubblicato da Amazon il libro di padre Luigi Magro Cappuccino “Cenni Storici della Città di Randazzo” (1946) a cura di Francesco e Lucio Rubbino. Il libro originale viene implementato da oltre 50 fotografie molte delle quali riproducono i ritratti degli Scrittori Storici a cui fa riferimento il Magro (al secolo Santo Magro). Le note bibliografiche sono 72 e le pagine 427. 

 

Rubrica a cura di LucioFrancesco Rubbino

 

BIBLIOGRAFIA:
  –  Giuseppe Plumari ed Emmanuele  (1770/1851):  Storia di Randazzo, trattata in seno ad alcuni cenni  della Storia Generale della Sicilia – Ms. in 2 voll. 1849, presso la Biblioteca Comunale di Palermo.
 – Giuseppe Plumari ed Emmanuele: Primo Volume della Storia di Randazzo  .
  –  Padre Luigi Magro Cappuccino: Cenni storici della Città di Randazzo 1946 .
  –  Angela Militi : sito ” Randazzo Segreta.myblog,it”  .
  –  Federico De Roberto : “Randazzo e la Valle dell’Alcantara” .
  –  Don Calogero Virzì – Salesiano .
  –  Maristella Dilettoso : Randazzo città d’arte nel 1994.  Guida alla Città di Randazzo nel 2002. 
    Un beato che unisce : Randazzo e Montecerignone, nell’anno 2006.  
    Detti, sentenze, proverbi, storielle, modi di dire, usanze e anedotti  siciliane: un viaggio nell’universo      
    randazzese. 
  –  Lucia Lo Presti : Randazzo la Cassino di Sicilia. Indagine sul patrimonio storico-artistico distrutto danneggiato
     negli anni della seconda guerra mondiale .
  –  Antonio Agostini : Sei secoli di oreficerie. Artisti e committente internazionali e isolane nell’etnea Randazzo .
  –  Walther Leopold : Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo”. 
     Berlino 1917 . 
  –  Nino Grasso : Portale di Mariologia – latheotokos.it  .
  –  Maria Teresa Magro : Museo Archeologico Vagliasindi .
  –  Vito La Mantia : Le consuetudini di Randazzo (1903) .
  –  Enzo Crimi : Randazzo e il suo Territorio. Al Quàntara la Valle Incantata
  –  Emanuele Mollica : De Quadro (una storia prende vita) – Baronessa De Quadris
  –  Mario Alberghina : Ospedale Civile Randazzo – 1470/1864 
  –  Stefano Bottari : Le oreficerie di Randazzo
  –  Domenico Ventura : Randazzo e il suo territorio tra medioevo e prima età moderna. 
 
  –  Camerata GirolamoTrattato dell’honor vero, et del vero dishonore
 
 –  Santo Carmelo Spartà detto Don Santino : storico-scientifico di Randazzo
  – Sladen, Douglas Brooke– Sicily – The  New Winter Resort By ( pag. 462/468)
  –  Pietro Virgilio : Randazzo e il Museo Vagliasindi .
  –  Fabrizio Titone : Il caso dell’universitas di Randazzo nel tardo Medioevo .
  –  Paolo Vagliasindi Basiliano : Discussione Storica e Topografica di Randazzo (1835)
  –  Davide Cristaldi : L’Aquila Marmorea del Castello di Randazzo .
  –  Gesualdo De Luca : Elogio funebre per Sua Maestà Ferdinando II Re delle Due Sicilie .
  –  Raimondo Diaccini : Vita del Beato Domenico Spadafora .
  –  Fernando Mainenti : Il castello di Randazzo: architettura, storia, miti e leggende popolari .
  –  Francesca Passalcqua : 1787 /1805  L’intervento di Giuseppe Venanzio Marvuglia nella fabbrica di 
     Santa Maria a Randazzo .
  –  Mariangela Niglio : La Conservazione della Cinta Muraria di Randazzo .

 

 

 

 

 

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