Innanzi tutto, debbo ringraziare il Prof. Nunziatino Magro ; malgrado le distanze che ci separano, telefonicamente mi ha incoraggiato a riprendere la mia penna, ridandomi il gusto per esprimermi e di rimemorare il mio passato.
Ma, prima di continuare, desidero chiedere scusa a tutti i miei amici e intellettuali, per l’uso del mio semplice vocabolario. In verita’ non ho mai frequentato le aule e i banchi delle Università. Rappresento una vecchia generazione randazzese possedendo semplicemente un modesto diploma elementare.
Ma , amo moltissimo , non solamente la mia città di Randazzo perche’ è stato il luogo della mia nascita, ma anche i resti delle sue opere d’arte che i nostri alleati non hanno osato demolire nel periodo dei bombardamenti del luglio e agosto 1943. Spesse volte, mi siedo alla terrazza del mio modesto appartamento, ammirando il panorama del Principato di Monaco, con le sue moderne costruzioni destinati ad una classe sociale privilegiata e milionaria.
Talvolta, socchiudo i miei occhi, facendo divagare la mia mente ed anche il mio pensiero, percorrendo le vecchie stradine dei nostri antichi quartieri di Santa Maria, S. Nicolò e San Martino della nostra città, luoghi riposanti, pieni di misteri, aneddoti, storie, li’ dove molti anni indietro, erano animati con la presenza di artigiani, carrettieri, contadini , musicisti, pastori, intellettuali, moltissime signorine ,sedute davanti le loro porte d’ingresso, ricamando la loro dote eseguendo un lavoro d’arte e talvolta prezioso, dando vita e animazione a questi luoghi storici.
In certi periodi delle stagioni, sentivamo gli odori del vino, delle mele e di altri frutti, che i nostri antenati e le nostre mamme avevano l’arte ed il segreto di conservazione per il periodo invernale.
Ma, ritorniamo alla realtà.
Qualche anno indietro, trascorrevo un certo periodo di vacanza presso i miei famigliari ; qualche giorno dopo il mio arrivo, ricevo un cortese invito dal Prof. Nunziatino Magro invitandomi ad una lunga passeggiata piuttosto storica. A bordo del suo veicolo, abbiamo percorso parecchi kilometri , salendo verso Santa Domenica vittoria. Ma, quale fu la mia sorpresa ? fermandosi, non solamente abbiamo ammirato lo stupendo paesaggio della nostra Randazzo ma anche il panorama dell’imponente Etna molto invidiata dai nostri turisti stranieri.
La seconda, è stata la scoperta dei resti di una antica cappella situata sul lato Sud dei Nebrodi dedicata in passato a San Marco.
Da ragazzo, percorrevo spesso questo cammino per recarmi a Santa Domenica Vittoria soprattutto per assistere alla festa di S. Antonio , chiedendomi sempre , che cosa rappresentavano questi ruderi. Penso, che qualche secolo fà , è stato un luogo di raccoglimento di pellegrinaggio, di raduno e di preghiera non solamente per i contadini ,numerosi in questo settore agricolo, ma anche per gli abitanti delle masserie e dei comuni limitrofi.
Finalmente, dopo tanti anni, la mia curiosità è stata ricompensata. Penso, che qualche tempo indietro, questo luogo è stato citato dal Dott. Salvatore Rizzeri nel suo libro : Le Cento Chiese .
Riscendendo, dopo avere attraversato il Ponte di San Giuliano, l’ho pregato di fermarsi a sinistra su questo piazzale chiamato volgarmente da noi randazzesi : U Stazzuni , in quanto che, volevo far conoscere una antica costruzione dove attualmente esiste un mulino inefficiente chiamato dai nostri antenati : Il Mulinello.
L’accoglienza del proprietario è stato molto cordiale e soprattutto amichevole . Fiero di mostrare non solamente la vecchia costruzione, ma anche il resto delle vecchie macine o mole, con qualche resto di antichi accessori. La botte situata sul piano superiore , la quale serviva di riserva e di pressione, é in eccellente stato di conservazione e di curiosità per gli alunni di tutte le scuole e soprattutto per osservare e conoscere , i vecchi sistemi idrici usati nell’epoca passata.
Scendendo, e passando dietro l’antica costruzione, la nostra seconda grande sorpresa, è stata di scoprire una delle antiche fornaci , numerosissime qualche secolo fa , in questo quartiere di San Giuliano, destinate alla fabbricazione della calce e nello stesso tempo alla cottura delle tegole, mattonelle e recipienti di argilla.
Ed è proprio di questo soggetto, di quest’ arte , di questi artigiani più che artisti nella loro materia, dotati di una straordinaria esperienza e di un sapere sconosciuto dai nostri giovani, i quali non hanno mai avuto l’occasione e la gioia di ammirare il lavoro di questi talentuosi artigiani.
Le fornaci erano state costruite principalmente in questo quartiere ; numerose nei dintorni di questo piazzale chiamato come avevo scritto prima : Stazzone : in dialetto randazzese, U Stazzuni. Sopra questa superfice , dove le costruzioni in duro non esistevano, c’erano circa quattro fornaci ; un certo numero appartenevano alle famiglie Arcidiacono, molto numerose fino agli anni 1960.
Altre, si trovavano nei dintorni della Via Regina Margherita , oggi chiamata in onore del nostro concittadino sindacalista e deceduto molto tempo fa, Via Giuseppe Bonaventura.
Una di queste, apparteneva al Signor Egidio Arcidiacono, specializzato nella fabbricazione di anfore, giare , vasi , lampade ad olio, ed altri oggetti, i quali servivano per conservare l’acqua, l’aceto , l’olio di oliva indispensabile per la nostra buona cucina. Questo artigiano, ha smesso la sua attività dopo il 1950 emigrando come moltissimi dei nostri concittadini in Argentina.
Le ultime notizie del signor Egidio, le ho ottenute nel dicembre del 1987. Essendomi recato parecchie volte a Buenos Aires, e dopo nella città di Haedo , situata nella grande periferia della Capitale, dal nostro concittadino Nino Luca, fratello del defunto Mario Luca, all’occasione di un incontro piu’ che affettuoso e nello stesso tempo, per la visita della sua , grande fabbrica di mobili .
Preciso, che in questa Citta’ , vivevano moltissime famiglie originarie della nostra Randazzo.
Il signor Egidio, si era stabilito in un’altra regione ; forse nella città di Mendoza.
Diverse fornaci, si trovavano nei pressi della chiesa del Signore della Pietà. Un’atra, apparteneva alle famiglie Mazza ; salvo errore da parte mia, questa era vicino la discesa del Ciapparo.
Mi chiedo sempre, perchè i nostri antenati , avevano dato questo nome . Oltrepassando la chiesetta, e andando a sinistra seguendo la strada che conduceva sia alle vecchie vasche di scarico delle fognature del comune ed anche al vecchio Mulino di Citta’ Vecchia, una di queste era proprieta’ del defunto Signor Alfio Bordonaro, padre del Dr. Nunzio Bordonaro, il quale da professionista, aveva creato una vera piccola industria per la fabbricazione della calce e soprattutto produrre la migliore qualita’ del prodotto.
Altre fornaci si trovavano nel quartiere di Murazzorotto, andando verso il lago Gurrida .
Anni passati, questa zona era molto popolata, dove ancora si potevano contemplare molte antichissime casette costruite in pietra lavica a secco, esistenti forse anche all’epoca araba, le quali, potevano servire temporaneamente di alloggio per i contadini e nello stesso tempo , come riserve di foraggio per nutrire asini, cavalli ,muli, pecore , numerosi in quel periodo.
Ma quasi tutte sono state demolite per ignoranza ed incoscienza , costruendo casette certo moderne , ma senza stile ed in un modo piu’ che disordinato.
Un’ altra fornace molto antica, si trovava a fianco del muro di cinta della Citta’ tra il Convento di San Giorgio e la Via Duca degli Abruzzi esattamente a fianco dell’antica Porta dell’Erbaspina , chiamata anche , Porta del Quartarario ; esisteva anche una piccola fontanella chiamata dai nostri antenati, Fontanella dell’Erbaspina.
Questo artigiano lavorava esclusivamente l’argilla per la fabbricazione delle Quartare, vasi, e diversi recipienti in terracotta. Desidero precisare che questa porta con il suo semiarco e i suoi due pilastri, era visibile prima del Luglio 1943. Una parte è stata demolita dai bombardamenti ; il resto, dall’incoscienza umana.
Le fornaci, potevano avere la forma di un grande cubo munito di una corta ciminiera oppure rotonde come un grande cilindro di un diametro di parecchi metri, munite sempre di una ciminiera. Il materiale utilizzato, erano le pietre laviche, murate con un impasto di calce e sabbia dell’Etna . L’ argilla in certi casi era utilizzata per la sua resistenza al calore.
L’ interno, era diviso in diversi piani ; si accedeva attraverso una apertura situata a piano terra. Il sottosuolo era riservato per il grande focolare, il primo perimetro , per la cottura delle pietre calcaree . Il piano superiore, per la cottura delle tegole, i mattoni, le mattonelle. In seguito, le anfore, vasi, ed alti oggetti ad esempio le lampade ad olio, molto utilizzate nel periodo della guerra e specialmente nel periodo dei bombardamenti del luglio e agosto 1943. I focolari, erano alimentati con parecchie tonnellate di legno proveniente dalle nostre foreste comunali ed anche da foreste private.
DA DOVE PROVENIVANO LE PIETRE A CALCE ?
La cava delle pietre a calce, si trovava sul versante Nord dei Monti Peloritani parecchi kilometri dopo il comune di Santa Domenica Vittoria.
Nella mia giovinezza, ho avuto una sola volta di visitarla in compagnia di un conoscente e concittadino carrettiere , offrendomi un passaggio. Preciso che questo signore, faceva il trasporto di materiale edile. Non mi ricordo il nome di questa contrada ; mi ricordo solamente che durante il tragitto , ho potuto ammirare il magnifico paesaggio, ma anche i lavori dei campi eseguiti dai nostri bravi contadini.
L’ estrazione delle pietre, era un lavoro molto faticoso e soprattutto pericoloso per gli operai. I mezzi meccanici moderni non esistevano. Tutto era eseguito con la forza delle loro braccia, a colpi di mazza , picco ed altri rudimentari arnesi per potere spaccare le grosse rocce, ottenendo cosi’ il volume desiderato.
Il trasporto era eseguito con l’aiuto dei carretti trainati dai muli e per i piu’ ricchi, dai cavalli. Moltissime famiglie di carrettieri della nostra città eseguivano il trasporto di questo materiale, approvvigionando i proprietari delle fornaci.
I carrettieri partivano nella notte, per ritornare di buon mattino evitando cosi’ l’afoso calore dell’ estate. Il lavoro degli artigiani carrettieri, era molto impegnativo e faticoso , anche per gli animali che in realtà erano ben nutriti , ben curati e ben protetti.
IL LAVORO DELL’ARGILLA
Diversi proprietari di fornaci, come avevo accennato prima, si erano specializzati nella lavorazione dell’argilla , fabbricando mattoni, mattonelle, anfore, piatti e casseruole, molto usate dai nostri antenati per la cottura dei cibi prelibati e gustosi.
Queste piccole imprese, erano proprieta’ di parecchie famiglie randazzesi. Desidero citare la famiglia Mazza, la famiglia Bordonaro e soprattutto, le numerosissime famiglie Arcidiacono.
Sicuramente, ne esistevano altre , ma onestamente non ho mai avuto l’occasione di conoscerle.
Per quanto concerna la famiglia Arcidiacono, ho conosciuto i due fratelli , Luigi e Battista, intimi amici musicisti, che per molti anni, hanno fatto parte del Corpo Musicale di Randazzo, all’epoca in cui era diretto dal Maestro Lilio Narduzzi e sovvenzionato dal Comune di Randazzo e soprattutto con l’aiuto e la contribuzione degli abitanti molto fieri del loro complesso.
Parlerò di Battista Arcidiacono nelle prossime pagine.
La nostra argilla, era estratta nel piano della Gurrida. All’epoca, questo terreno , era molto argilloso. In certe stagioni il fiume Simeto e Flascio , non solamente alimentavano il lago Gurrida ma anche moltissime superfici adibiti a vigne e ortaggi. Alimentavano anche un piccolo corso d’acqua che scorreva ai piedi del Castello Svevo per finire nel fiume Alcantara.
Non posso precisare il luogo esatto dove l’argilla era prelevata. Sicuramente all’interno di certe proprietà private ed anche nei terreni comunali pagando una tassa. Questa materia, era trasportata con i carretti a Randazzo e depositata sul luogo di lavoro. Ma, prima di usarla, necessitava una lunga preparazione. Depositata al suolo ed al sole per moltissimi giorni l’ argilla si riduceva cosi’ in finissima polvere. In seguito, era depositata in un grande bacino dove era mescolata e dosata con una qualità di terra che ogn’uno di loro, conosceva il segreto ed il dosaggio.
Il lavoro più faticoso, era quando tutta questa materia doveva essere mescolata, umidificata e pigiata da parecchi operai con la forza dei loro piedi e delle gambe, ottenendo così una materia omogenea , malleabile e pronta per la lavorazione .
Gli artigiani, lavoravano a cielo aperto. Moltissime erano le donne, figlie di artigiani adibiti a questo lavoro. Sopra i loro banchi di lavoro ,confezionati in legno oppure con i mattoni, avevano parecchi telai in legno duro molto resistente all’umidità; per le tegole di forma trapezoidale, per i mattoni rettangolari, per le mattonelle in terra cotta, i telai erano quadrati a secondo la superfice richiesta dai clienti.
Per la confezione delle tegole, l’argilla era spalmata con le mani, livellata con una piccola regola nel suo apposito telaio, e dopo averla uscita dal telaio con l’aiuto di una piccola cordicella, era depositata sopra una forma semi rotonda, e impermeabilizzata con un impasto liquido a base di argilla e depositata al suolo e al sole per molti giorni ; in seguito all’interno della fornace per la cottura. Così per i mattoni ed altri oggetti.
Giovane apprendista falegname, ho avuto parecchie occasioni di costruire molti di questi telai. Da ragazzino, vedevo lavorare molte donne ed anche uomini con una enorme rapidità. Questo lavoro era molto impegnativo ; per proteggersi dal sole, specialmente nei mesi estivi, il loro capo era coperto con un cappello di paglia oppure con l’aiuto di un grande fazzoletto .
Gli uomini, erano vestiti con un semplice pantaloncino, talvolta torso nudo e con i piedi scalzi, molto allegri, fieri della loro arte e del loro sapere.
Il primo lavoro, consisteva allo sgombero delle scorie del grande focolare situato nel piano inferiore ed alla pulitura del perimetro interno . Le pietre a calce, erano squadrate con colpi di martello e mazza ; parecchi muri a secco erano costruiti all’interno , occupando cosi’ la prima parte inferiore. Le tegole , le anfore , i grandi vasi ed altre oggetti da fare cuocere, erano situati sulla parte superiore.
L’ entrata veniva murata, lasciando semplicemente un’ apertura per l’alimentazione del focolare con piccoli tronchi d’alberi , truccioli ed anche con enormi mazzi di legno secco di poco valore , usato generalmente per questo lavoro.
Il focolare acceso, la fornace doveva essere alimentata e soprattutto sorvegliata giorno e notte per parecchi giorni. Talvolta, e questo dipendeva della quantità del materiale da cuocere, circa una settimana.
Nel periodo della mia giovinezza, ho avuto molte occasioni di percorrere di notte in compagnia di mio padre Giuseppe e mio nonno paterno Carmine Venezia , mugnai di professione, la strada che partiva dal vecchio mulino di Citta’ Vecchia, e che conduceva verso la chiesetta del Signore della Pieta’, soffermandomi vicino a queste fornaci , per ammirare le fiamme che sgorgavano dal focolare e della ciminiera , creando cosi un gioco d’ artifizio , sviluppando non solamente un grande calore , ma anche un fumo molto denso , soffocante , rendendo ancora più faticoso il lavoro degli operai .
Durante la cottura della calce, le fornaci erano soggetti ai cambiamenti atmosferici ; un giorno, parlando con il Signor Bordonaro, proprietario di questa grande fornace situata in questi paraggi , mi spiegò che un cambiamento atmosferico durante la cottura , poteva influenzare sulla durata del fuoco. Non posso precisare quanti gradi erano necessari per ottenere una eccellente qualità di calce ; forse circa 900 gradi .
Questi talentuosi artigiani pieni di esperienza e di maestria, conoscevano il momento in cui la fornace doveva essere spenta. Talvolta, una settimana di tempo era necessaria per raffreddare l’insieme di questa piramide, e accedere all’interno recuperando tutto il materiale il quale era venduto a tutti gli artigiani edili ed anche ai privati per la costruzione e la copertura delle nostre vecchie e moderne dimore.
Per la preparazione delle pietre a calce, i nostri artigiani muratori usavano un metodo molto semplice ; creavano un piccolo bacino di una profondità desiderata e secondo la quantità di calce da fare sciogliere. La pietra a calce già cotta, veniva depositata nel fondo di questo bacino e ricoperta con molta acqua. La calce al contatto con l’acqua, si scioglieva, sviluppando un forte calore che talvolta al contatto della pelle e del corpo, causava moltissime ustioni.
Dalla calce sciolta, qualche giorno dopo , si otteneva una materia bianchissima e cremosa, la quale mescolata con la sabbia dell’Etna e con una certa dose di acqua, ottenevano così un impasto per la costruzione dei muri in pietra lavica ma anche per costruire case ed altre opere. Serviva anche per imbiancare i muri e le pareti .
Possiamo anche dire, che tutte le costruzioni della nostra vecchia Citta’, sono state eseguite e realizzate con questi materiali. Voglio precisare un dettaglio molto importante ; nei secoli passati, la calce prodotta dai nostri artigiani, era molto usata da tutti gli artisti frescanti , specializzati nelle esecuzioni degli affreschi.
Ma, prima di usarla, ciascuno di loro, aveva il loro segreto di conservazione.
Moltissimi artisti di grande nome, conservavano la calce all’interno delle botti di legno per circa venti anni cioè conservata per le future generazioni ; per i loro figli ed anche per i nipoti.
Non sono capace di spiegarvi l’effetto e la reazione chimica di questa materia , dopo molti anni di conservazione, posso invece affermarvi, che questo metodo è esistito. Onore ai nostri artisti del passato , i quali ci permettono di ammirare gli affreschi e capolavori dopo molti secoli passati.
Molte cose si potrebbero scrivere concernante la preparazione di questi lavori ; ma il soggetto è troppo importante.
Nelle precedenti pagine, avevo accennato il cognome delle famiglie Arcidiacono. Mi permetto ancora di parlare di Battista e Luigi ; due fratelli che pur essendo specialisti dei lavori in terracotta erano anche due eccellenti musicisti.
Per molti anni, hanno fatto parte del Corpo Musicale di Randazzo ; prima sotto la direzione del Maestro Marrone , dopo sotto la direzione del nostro talentuoso maestro Lilio Narduzzi , deceduto a Roma molti anni indietro.
Ho avuto l’onore di averli frequentato dal 1950 al gennaio 1957 facendo parte anch’io di questo prestigioso Complesso musicale molto amato da noi Randazzesi .
Mi ricordo , che tutte le domeniche e nei giorni festivi nel periodo estivo, i cittadini potevano assistere e ascoltare nelle piazze comunali concerti di musica lirica e non solo.
Colgo l’occasione per ricordare un artista dimenticato da noi randazzesi , deceduto a Milano qualche decennio indietro: Battista Arcidiacono , da giovane, a parte le sue qualità artigianali, possedeva una eccezionale dote musicale . Primo Trombone solista del Corpo musicale sotto la direzione del Maestro Lilio Narduzzi . Battista, era sempre alla ricerca della perfezione , dei coloriti e della raffinatezza musicale.
Una sera, , i componenti del Complesso , eravamo riuniti nella sala del Concerto della Via San Giacomo per la ripetizione generale di una romanza dell’opera Rigoletto di Giuseppe Verdi . Il maestro Narduzzi con la sua bacchetta , chiama con un segno il primo trombone solista ! La risposta è stata più che negativa ! nessun suono. Battista, invece di suonare, si é messo a cantare la romanza mettendo un po’ in collera il maestro ; ma dopo qualche secondo, la collera si è trasformata in un grande sorriso paterno facendo anche ridere tutti i componenti del Corpo musicale. Battista, possedeva una bella voce ,un orecchio più che perfetto sempre alla ricerca della sensibilità musicale.
La sua esecuzione della Cavatina di Figaro del Barbiere di Siviglia era eccezionale ; un vero delizio per gli appassionati della musica lirica.
Come moltissimi randazzesi, nel periodo del 1960 è partito per Milano, continuando a perfezionarsi nella storia musicale . Mi è stato riferito che dirigeva un complesso musicale, dedicandosi anche alla composizione.
Ho avuto l’ occasione di rivederlo a Randazzo nel periodo estivo con il complesso Marotta presentando prima dell’esecuzione dell’ opera musicale, i dettagli storici dei grandi compositori italiani.
Tante storie potrei scrivere concernente certi componenti del vecchio Corpo Musicale di Randazzo.
Non volendo cambiare i miei propositi , prima di terminare questo modesto diario, desidero semplicemente citare qualche cognome di concittadini , facendo parte del Corpo musicale negli anni 1950 ed anche dopo.
Gaetano Lazzaro , grande clarinettista, grande copista, dotato di una eccezionale calligrafia musicale ,abitava in Piazza San Martino , allievo del Maestro Marrone, primo clarinetto A sotto la direzione del Maestro Narduzzi . Il nostro concittadino è deceduto a Milano , Carmelo Scalisi , primo clarinetto , di professione ebanista.
Salvatore Mendolaro , clarinetto, di professione calzolaio
Salvatore Raciti , primo clarinetto , accompagnato dal figlio Mario Raciti trombettista. In realtà Mario suonava parecchi strumenti. Voglio ricordare ai nostri giovani randazzesi , che il Signor Salvatore Raciti , era un grande maestro scalpellino ; accompagnato dal figlio Mario, verso gli anni 1947 cioè nel dopo guerra, le dobbiamo il restauro del Chiostro , colonne , banchine e finestre del nostro Palazzo Comunale , la realizzazione della scalinata del Santuario del Carmine , moltissimi lavori in pietra lavica , e innumerevoli monumenti funerari .
Pietrino Grasso , anche lui suonava il clarino ed anche i saxsofoni . Eccellente copista sicuramente negli archivi del Complesso Marotta, si possono trovare ancora molte partizioni musicali trascritte dalle sue mani.
Per completare, voglio accennare la fine delle nostre antiche fornaci.
Nel quartiere di San Giuliano e nei pressi della Via Carcare, quasi tutte le fornaci sono state demolite . Ci sarebbe da conservare e proteggere ancora qualche fornace più che nascosta e che sarebbe dell’ epoca Araba , non voglio citarla , per paura della demolizione.
Ricordo, la sera dell’ 11 agosto 2001 in occasione dell’ inaugurazione della Grande Esposizione in onore di Federico II , realizzata dall’artista siciliano Pippo MADE’ e presentata all’ interno del Chiostro Municipale dal Rev.mo Monsignore Santino Spartà. Dopo la presentazione di questa grandiosa esposizione, dei suoi oggetti preziosi e del suo libro, terminò il suo discorso accennando la delicata questione della protezione e della conservazione dei resti antichi lasciati per miracolo in salvo dopo i bombardamenti del luglio e agosto 1943 .
Ascoltai e ammirai il coraggio di questo eminente religioso , affermando pubblicamente che questi, non sono stati ne curati ne apprezzati da certi cittadini . Noi dobbiamo essere fieri di avere un religioso intelligente , un uomo di lettere , dotato di un grande sapere , con moltissime buone idee non solamente al livello amministrativo , ma anche per la protezione dei nostri monumenti, e per lo sviluppo del turismo locale.
Molte volte le sue buone idee non sono state ben seguite ed eseguite da certi dirigenti della nostra Amministrazione . La citta’ di Randazzo, ha bisogno di un grande sviluppo economico. Molti giovani non hanno occupazione . Per rimediare a questa grande lacuna, male cancerogeno della nostra epoca, due soluzioni esistono ; rilanciare l’ agricoltura e il turismo.
Non dimentichiamo che il nostro territorio, è stato sempre una grande zona artigianale e agricola. Produrre locale, significa creazione di posti di lavoro e impieghi per i nostri giovani , evitando così l’immigrazione e la separazione dell’unità famigliare. Nelle contrade del nostro Comune, esistono ancora bellissime proprietà agricole con sontuose palazzine antiche di una vera bellezza architetturale inestimabile.
Ammiro sempre, il coraggio dei proprietari, i quali con la forza fisica e mentale, malgrado gli inconvenienti amministrativi, riescono con molta volontà e gusto, al restauro, trasformandoli in alberghi, ristoranti e luoghi di vacanza , creando qualche posto di lavoro per i nostri giovani .
Ma, tutti i cittadini randazzesi amano le nostre antiche costruzioni ? Trovandomi molto distante della mia amata Randazzo, la mia risposta è forse negativa.
Senza la forza e la fede degli abitanti, un giorno o l’altro , moltissimi vestigi antichi e meno antichi, saranno distrutte . Non desidero impicciarmi di certi affari . Ultimo caso , la parte antica Est del vecchio palazzetto Germana’ ; questa piccola particella piu’ che antica, è rimasta per miracolo in piedi dopo i disastrosi bombardamenti del 1943.
Da ragazzo, ho conosciuto il vecchio palazzetto ; potrei anche descrivere come era , il pianoterra, era occupato da parecchie botteghe di artigiani ; falegnami, barbieri, stagnini e venditori di buon vino.
Era possibile salvarla ? questa particella, poteva essere inglobata nella nuova costruzione ? Non essendo un esperto in questa materia , non posso rispondere a queste spinose questioni.
Amici miei randazzesi, amministratori comunali di tutte le tendenze , avete pensato al salvataggio del nostro vecchio Convento di San Giorgio ? al nostro Convento dei Frati Cappuccini ? al nostro rinomato Collegio San Basilio ? volete che questi monumenti cadono in rovina e dare via libera ai demolitori ? Sarebbe un gesto ed un atto più che grave .
Il turismo, si attira proteggendo le vecchie pietre e non costruendo muri in cemento oppure in calcestruzzo .
Ho avuto diverse occasioni di visitare molte regioni della Francia con i suoi sublimi antichi villaggi ; talvolta abbandonati a causa delle guerre e delle carestie , oggi risuscitati dal disastro , con la forza e la volonta’ dei cittadini , ridando vita a queste antiche dimore , attirando molti turisti e molto benessere per gli abitanti.
Con la volonta’ e l’aiuto delle numerose associazioni locale, nei nostri antichi quartieri, molte cose si potrebbero imbellire ; molti abitanti lo fanno, mettendo in valore i lavori in pietra lavica, archi di porte , finestre, balconi ed altre belle cose.
Di ritorno nella mia Randazzo, mi rendo conto che certe mentalita’ e principi, non cambiano ; pertanto, l’intelligenza e l’istruzione esiste .
I cittadini randazzesi, possiedono un enorme potenziale intellettuale , artistico e culturale . Non dimentichiamo che le belle realizzazioni culturali , intellettuali e architettoniche , si possono realizzare con le idee e la volonta’ di tutti gli abitanti , all’infuori della politica e delle idee politiche.
Ringrazio il Prof. Nunziatino Magro e la sua equipe di T.G.R. Televisione Randazzo , il Signor Giuseppe Portale per le sue interviste , i suoi libri , per i suoi inteventi . Il Signor Francesco Rubbino per il suo sito internet “Randazzo . Blog” il quale con il suo lavoro e le sue ricerche , ha onorato e onora la memoria dei nostri defunti illustri cittadini , ma anche a noi immigrati randazzesi presenti in tutti i luoghi d’Italia e del mondo .
Grazie Signor Rubbino. Grazie a tutti coloro che hanno pubblicato sui siti internet , e consultati da noi residenti all’ estero.
Auguri a tutti i cittadini di Randazzo , e che la nostra Citta’ sia sempre piu’ bella, piu’ prospera, più tranquilla.
Carmelo Venezia Beausoleil Agosto 2019 .
Il 22 settembre 1847, dal sindaco di Randazzo, con l’aiuto del canonico Giuseppe Cavallaro amministratore dell’Opera De Quatris, grazie alle leggi e al consenso dell’amministrazione comunale dell’epoca, fu creato il corpo bandistico cittadino di Randazzo per abbellire e migliorare le feste cittadine.
Il Canonico istituì anche una scuola per l’insegnamento di musica, solfeggio, strumenti ad ancia e ottone, per giovani ed anche per adulti che avevano la passione per la musica. Il costo, a quei tempi, fu di circa di trenta onze, penso in oro.
Prima di continuare nella ricerca ho voluto fare un piccolo calcolo per potere conoscere il valore di questa antica moneta la quale, per l’epoca, rappresentava una grossa cifra ; oggi sicuramente molte migliaia di euro.
L’onza, od oncia, era una moneta che ebbe corso in Sicilia nel XVIII° secolo fino all’annessione della Sicilia al Regno d’Italia del 1860 . Il suo valore corrispondeva a 30 tarì. Nel 1732 fu coniata in argento e in oro nel 1733 dal peso di 4,4 grammi d’oro puro.
Prima del 1800 era stata coniata una doppia onza d’oro di circa 8,8 grammi. Verso il 1814 fu coniata in argento con un peso di circa 69 grammi.
Dobbiamo essere grati ai tanti finanziatori di quell’epoca appassionati di questa meravigliosa arte musicale, per la loro grande generosità, perché essi pensavano non solamente all’istruzione, ma anche al bene in generale della cittadinanza randazzese .
Dal 1847, anno dell’istituzione e sino al 1967, l’Amministrazione Comunale di Randazzo sostenne le spese per il salario dei maestri e finanziava anche le spese per la fornitura e per eventuali riparazioni degli strumenti musicali; metteva anche a disposizione un locale spazioso e gratuito non solamente per il solfeggio, ma anche per l’insegnamento degli strumenti musicali e per le ripetizioni generali.
La sala di musica era quella attuale ; cioè l’antica chiesetta sconsacrata di San Giacomo ubicata sempre in questa antica stradina che è la via San Giacomo. Percorrendola a piedi possiamo ancora ammirare moltissime antiche casette con magnifici archi di porta in pietra lavica decorati con sculture semplici e date di costruzione.
La banda musicale, allora, era composta esclusivamente da uomini; tutti i mestieri artigianali vi erano rappresentati.
Le donne non erano ammesse; la mentalità e le usanze dell’epoca erano completamente diverse da oggi. Le donne non avevano la libertà di scelta. Forse per un arcano spirito di protezione? Forse per egoismo maschilistico? La risposta non è facile. Tuttavia anche loro avevano il diritto di amare la musica.
Come avevo scritto nella precedente pagina , il 22 Settembre del 1847 iniziò la storia del nostro corpo bandistico musicale di Randazzo. Certi documenti ci portano poi al 1891 quando ne fu nominato presidente un nostro concittadino, uomo d’aspetto un po’ austero , ma dotato di una grande intelligenza: era il Signor Francesco Vagliasindi.
Pur avendo consultato parecchi documenti, purtroppo non posso indicare quale fosse la sua attività principale. Forse era un eminente funzionario del comune di Randazzo ? Ignoro. Il signor Francesco Vagliasindi, grazie alla sua intelligenza ed alla sua perspicacia, capì subito che bisognava assumere un vero maestro di musica e così insegnare e trasmettere agli allievi le appropriate tecniche per una adeguata competenza musicale teorica e strumentale.
Vincenzo Rotella mi ha precisato che i maestri, sin dalla istituzione della banda musicale, cioè dal 1847, erano di origine catanese e si erano formati al Conservatorio di Napoli, scelti da Carmelo e Mario Bellini fratelli di Vincenzo l’autore della “Sonnambula”, della “Norma” e de “ I Puritani”.
Alcuni documenti ci conducono immediatamente al 1891, quando il presidente Francesco Vagliasindi assunse un nuovo maestro di musica, sempre con l’intenzione di perfezionare e migliorare le capacità dei musicanti.
Questo documento ci descrive l’incontro di queste due persone così recitando :
“Un bel giorno, un signore di altezza media, con un vestito ben curato, con un bel paio di baffetti su un volto rotondo, scese dal treno proveniente da Catania e si presentò subito al Signor Francesco Vagliasindi che, da circa un’ora, lo attendeva alla stazione ferroviaria di Randazzo. Questo elegante signore era il maestro Antonino Borzì accompagnato da Orazio Scuderi, virtuoso trombettista e capo banda del complesso bandistico di Biancavilla.
Il maestro Borzì, dopo parecchi mesi di intenso lavoro, raggiunse tutto quello che aveva desiderato, cioè i frutti del suo lavoro e del suo insegnamento musicale. La banda musicale aveva raggiunto il numero straordinario di trentuno musicanti bene addestrati”
Malgrado la distanza che mi separa da Randazzo, ho potuto fare una breve ricerca riguardo la famiglia Borzì. Un documento di quell’epoca specifica che nel 1878, il consiglio comunale di Catania deliberò un sussidio per solida pensione al figlio di Antonino Borzì per altri due anni e per fargli completare i suoi studi musicali a Napoli.
Antonino Borzì non fu irriconoscente. Egli regalò la Messa di Gloria che venne eseguita al Duomo nella festa di Sant’ Agata il 21 Agosto 1882. Nel 1886, ancora lui, il maestro , istituì la nuova banda musicale di Catania con la denominazione di “Bellini”.
Il maestro Borzì rimase a Randazzo probabilmente per parecchi anni, praticando sempre il suo insegnamento musicale per i suoi allievi i quali, riconoscenti, lo ricambiavano eseguendo con molta passione, tecnica e melodia, diversi brani musicali sinfonici e fornendo, nei periodi festivi, allegria ai cittadini randazzesi ed anche ai numerosi forestieri che assistevano ai festeggiamenti del quindici agosto.
Come è destino di tutte le cose belle della nostra esistenza, il maestro Borzì, per sconosciuti motivi, dovette lasciare il corpo musicale e la città di Randazzo. Pur cercando nei miei documenti, non mi è stato possibile conoscere la data esatta della sua partenza.
Un documento fotografico del 1872, forse unico, si trova nell’archivio fotografico personale del prof. Nunzio Magro. Si tratta, di una fotografia su lastra di vetro argentato, metodo fotografico in uso in quell’epoca, ed in esso figurano i componenti della banda.
Questa copia è ancora visibile nella sala di ripetizione della via San Giacomo.
C’è un’altra antica foto, scattata il 5 Marzo 1899 sotto i portici all’interno del cortile del Convento di San Domenico, nella quale possiamo vedere tutti i musicanti della banda, vestiti con un’ elegante divisa e con il loro simpatico cappello a piume.
Possiamo anche ammirare l’elegantissimo maestro Antonio Borzì e, alla sua destra, forse il suo capo banda.
Mi compiaccio di fornire una precisazione; questa foto è stata eseguita all’epoca sotto i portici, situati all’interno del cortile dell’antico Convento di San Domenico, oggi in rovina, e al centro del quale si trovava un’antica cisterna la quale serviva come riserva d’acqua per i monaci. Le loro celle erano situate al disopra di questa struttura. Sfortunatamente una parte della chiesa e dell’ antica costruzione furono danneggiate dai bombardamenti del luglio e dell’ agosto del 1943.
In seguito, intorno al 1959, il resto dell’edificio, che in parte poteva essere salvato e conservato come antica rovina, è stata demolito dalle mani di uomini poco scrupolosi ed indifferenti verso le testimonianze storiche .
Una informazione ben precisa mi è stata fornita una sera del 1952, da un anziano musicante Signor Santo Santangelo ormai deceduto da molti anni .
Nel secolo scorso molte fotografie sono state scattate all’interno di questo cortile che veniva utilizzato forse saltuariamente. L’interno della chiesa serviva come sala di ripetizione.
Il motivo dell’utilizzo del cortile era il fatto che tutti i giovani allievi, dopo molti mesi di insegnamento musicale e strumentale, prima di essere ammessi nel corpo musicale per le sfilate e concerti, dovevano imparare a camminare a passo militare cioè a passo sinfonico.
Ed era appunto all’interno di questo spazio aperto, che certi anziani insegnavano ai giovani questi movimenti che, come tutti sappiamo, consistono nel camminare battendo i piedi a tempo e contemporaneamente.
Il Signor Santangelo suonava il sax basso con molta passione ed era fiero del suo strumento sempre intonatissimo.
Un’altra antica fotografia , anni fa, era in possesso del signor Vincenzino Scandurra e di suo fratello Pippo, due eccellenti clarinettisti e “duettisti”, che erano stati allievi del maestro Gerardo Marrone; essa era esposta all’interno della sua antica segheria situata nel quartiere di San Francesco di Paola. Un membro della sua famiglia vi era rappresentato: forse suo padre.
Dopo la partenza del maestro Antonino Borzì, un altro talentuoso personaggio gli successe alla direzione del Corpo Musicale: il maestro Sigismondo Manno nato a Monreale (Palermo). Questa persona dotata da un notevole ingegno musicale e artistico , ha saputo continuare il lavoro e l’opera del suo predecessore, aiutata nello stesso tempo della collaborazione dei due Capi banda Santo Bruno e Orazio Scuderi.
Il maestro Sigismondo Manno, prima di venire nella città di Randazzo, aveva diretto per qualche periodo diversi complessi bandistici.
L’idea di questa ricerca mi è venuta per curiosità piuttosto storica concernente la sua carriera musicale.
Un altro documento che riguarda la banda musicale della città di Augusta, creata nel 1863, e diretta in quell’epoca dal maestro Monteforte, ci informa che nel 1895 costui lasciò la direzione del complesso e a lui succedette il supplente maestro Sigismondo Manno nato a Monreale.
Nel 1896 a sua volta quest’ultimo si dimise della sua carica lasciando il posto al maestro Monteforte.
Successivamente la banda di Augusta fu diretta dal maestro Francesco Farina il quale nel 1899 emigrò in Argentina per cui alla direzione della banda di Augusta succedette ancora il maestro Sigismondo Manno fino al 1906, quando ne riprese la direzione il maestro Farina rientrato dall’Argentina.
Il maestro Manno diresse anche il corpo bandistico della città di Calascibetta a seguito di pubblico concorso nel 1891. A lui succedette il maestro Antonino Leto di Castelbuono (Palermo) nel 1903.
Il maestro Sigismondo Manno prese la direzione della banda musicale di Randazzo probabilmente dopo il 1906; ma questa data non è documentata. Egli era un uomo di un notevole ingegno musicale e artistico e continuò efficacemente il lavoro del maestro Borzì sempre con l’aiuto e la collaborazione dei due capi banda Santo Bruno e Orazio Scuderi, virtuoso trombettista, come certi scritti attestano.
Il 28 ottobre 1922 un evento politico venne a sconvolgere l’Italia cambiando le abitudini, i costumi, la situazione politica e le manifestazioni della vita di tutti i cittadini.
Per essere chiari, è stata la creazione del Partito Fascista. In seguito all’affermarsi di questo movimento politico, la banda fu costretta a cambiare il nome trasformandolo in: Corpo Musicale Fascista e fu anche nominato un nuovo presidente.
La persona scelta fu un concittadino dell’antica nobiltà randazzese, il dottore Consalvo Vagliasindi, uomo molto intelligente, appassionato di musica, cortese e, soprattutto, rigoroso e amante della disciplina.
Quanto ero ragazzino, vi parlo degli anni 1940-1944, mi ricordo di questo simpatico personaggio di grande statura vestito sempre con molta eleganza e raffinatezza soprattutto i sabati fascisti con la sua elegante divisa militare in compagnia di altri dignitari.
In quel periodo il Corpo Musicale Fascista tornò veramente di moda, usato e impiegato come propaganda per moltissimi rituali del regime; ad esempio, le parate militari e soprattutto per festeggiare i sabati fascisti.
Molti concerti sinfonici erano eseguiti sulle piazze della nostra città di Randazzo. Molte volte, il sabato fascista, era festeggiato con sfilate e parate militari.
Non volendo commentare questo triste periodo, desidero spiegare brevemente ai nostri giovani in che cosa consisteva il sabato fascista. Tutti i giovani di allora che avessero compiuto 18 anni, tutti i sabati, avevano l’obbligo di partecipare alla preparazione militare. Vestiti con una divisa militare imparavano a marciare a passo militare, salutare militarmente ed acquisire la conoscenza dell’uso delle armi da fuoco e da combattimento. Lo scopo dei dirigenti politici e dell’esercito era che quando questi giovani sarebbero stati reclutati, arrivando nel loro luogo di assegnazione, erano già quasi preparati e pronti per essere destinati sui campi di battaglia e d’occupazione.
Molti giovani musicanti appartenenti alla banda, hanno dovuto fare questo percorso.
Un altro importante fatto storico avvenne nel luglio del 1929, quando il Podestà (massima autorità municipale) essendo molto soddisfatto del lavoro compiuto dal maestro Manno, decise di rinnovargli l’incarico per altri cinque anni. Ma il maestro non era in un eccellente stato di salute. Le sue condizioni fisiche si aggravarono sempre di più e, nel 1931, circondato dall’affetto della sua famiglia e di molti cittadini randazzesi, lasciò definitivamente questo mondo.
Per un breve periodo il Corpo Musicale Fascista fu diretto dal maestro Sebastiani ; pur avendo effettuato una pur breve ricerca, non ho raccolto notizie precise su questa persona.
Dopo il decesso del maestro Manno un altro grave problema si doveva risolvere : trovare il suo successore.
Il problema fu presto risolto. La persona scelta fu un giovane di circa 36 anni molto simpatico, diplomato dal Conservatorio di Napoli e che fu subito assunto.
Era il maestro Gerardo Marrone, nato nella città di Lanciano il 25 luglio 1895, diplomato in oboe e corno inglese. Pare che da giovane abbia fatto parte del Corpo Musicale di Chianciano.
Con il suo aspetto giovanile, con il suo modo di parlare, e con il suo accento continentale, trovò il modo esatto di conquistare l’affetto, la fiducia e la stima di tutti i musicanti e di molti cittadini randazzesi.
Un documento del 1931 ci informa che il Podestà, con delibera immediatamente esecutiva , lo nominò subito direttore della banda e della scuola del dopo lavoro. Da allora il giovane maestro Marrone trasferì a Randazzo la sua famiglia. La moglie era originaria della città di Giarre ; aveva due figli, una femminuccia e un maschietto chiamato Paolo. Non posso indicarvi il loro luogo di nascita, ma posso affermare che la loro giovinezza l’hanno trascorsa nella nostra città di Randazzo.
Il maestro Gerardo Marrone , con il suo grande zelo e con le sue capacità musicali, si impegnò moltissimo nel il suo nuovo lavoro. All’inizio il suo cambiamento di metodo disorientò un po’ i musicanti, abituati ad un altro modo di direzione. Quando questi si resero conto del valore umano , artistico e musicale del maestro, modificarono il loro comportamento ed i loro atteggiamenti; ed un particolare trattavano con grande rispetto il giovane maestro che si dimostrò un eccellente insegnante rispettoso dei i suoi allievi, ma molto severo nell’ ’insegnamento del solfeggio.
Dopo il suo arrivo alla direzione della banda, impose un sistema di lavoro molto severo e in certi periodi anche faticoso.
Le prove si effettuavano a partire delle diciannove e trenta senza limiti di orario finale. Con questo metodo la banda progredì musicalmente e artisticamente con un ritmo più che veloce.
Nel periodo dei concerti domenicali e festivi la presenza dei cittadini era sempre più numerosa ; costoro, dopo avere ascoltato diversi brani musicali, applaudivano con molta energia e passione il maestro e tutti i componenti del corpo bandistico.
Desidero aggiungere che, anche sotto la direzione del Maestro Lilio Narduzzi, quest’orario è stato mantenuto.
I principali periodi delle feste nella città di Randazzo incominciavano sempre a Capodanno, con un grande concerto sinfonico eseguito su una delle piazze scelte dall’autorità municipale: molte volte all’interno dell’antico chiostro del nostro Municipio.
Seguivano le processioni della Settimana Santa, la festa della Santa Pasqua, dell’Annunziata con la sua grande fiera del bestiame, la festa di San Giovanni Battista nel quartiere di San Martino, sempre con la sua particolare fiera del bestiame tenuta all’esterno della Porta San Martino nei dintorni dei ruderi dell’antica chiesa oggi nascosta da parecchie nuove costruzioni forse abusive.
Questi due importantissimi avvenimenti duravano circa una settimana attirando moltissimi commercianti forestieri .
La città di Randazzo, in questi periodi, era un centro molto animato e vivace; il commercio locale prosperava e soprattutto l’artigianato era molto attivo, tornando ai livelli di prima degli eventi bellici del luglio e dell’agosto 1943.
La stagione lirica terminava sempre nel mese di settembre in coincidenza con le feste dell’Immacolata nel quartiere di San Pietro e del Signore della Pietà sulla piazzetta dello storico quartiere di San Giuliano.
Nelle precedenti pagine avevo scritto che, dal 1847 fino al 1940, moltissimi avvenimenti si verificarono sotto la direzione del corpo bandistico. Essendo io nato nel 1934, il maestro che ho conosciuto nel periodo della mia infanzia è stato il maestro Gerardo Marrone.
Da ragazzino e nei periodi festivi i miei genitori mi accompagnavano per assistere alle animatissime feste ed anche ai concerti serali eseguiti con molto talento dalla banda municipale diretta dall’infaticabile maestro Marrone.
Mi divertivo vedendolo gesticolare tenendo nella sua mano destra una bacchetta anche se non capivo i suoi movimenti.
Il suo fisico era piuttosto robusto; indossava una elegantissima divisa sicuramente confezionata da qualche maestro sarto della nostra Città. Non capivo i gesti ed i segni della sua mano sinistra come della mano destra.
Cosa esprimevano questi gesti ora lenti ora veloci ? Per me ragazzino erano gesti appartenenti ad uno strano ed incomprensibile linguaggio. Con il passare degli anni ho capito l’importanza di questi gesti e movimenti.
Nel 1939 iniziò la seconda e disastrosa guerra mondiale, creando disordine ed un grande disagio economico e sociale in tutte le nostre famiglie.
Molti musicisti furono arruolati e inviati sui campi di guerra: in Grecia , in Africa, in Russia.
Il corpo musicale subì grandi perdite tra i principali componenti. Molti non sono più ritornati, dispersi o deceduti sui campi di battaglia. Malgrado questi inconvenienti, il complesso bandistico con la forza e l’impegno del maestro Marrone, continuò a sopravvivere sino al 1943.
Tra luglio e agosto 1943 la nostra antica città di Randazzo fu bombardata più che duramente dai nostri alleati. L’ottantatré per cento circa delle nostre case e dei nostri antichi monumenti furono distrutti .
L’antica chiesetta sconsacrata della via San Giacomo che era adibita a sala di musica, d’insegnamento e ripetizioni, fu distrutta dalle micidiali bombe privando il corpo musicale del suo luogo di raduno.
In seguito a questi disagi (forse poche persone ne sono a conoscenza) è stata utilizzata una sala provvisoria all’interno del nostro Municipio pur essendo stato bombardato anch’esso assieme all’antica chiesa di San Francesco oggi inesistente.
Questa si trovava, dopo l’entrata dal cancello, a sinistra, a piano terra, prima di accedere alla scala che conduce al primo piano. Un nostro simpatico concittadino, il papà del nostro musicista, artista, trombettista Massimo Greco, conosce bene questo dettaglio, in quanto la sua famiglia, nonni, mamma e papà, erano stati guardiani del palazzo comunale.
Un altro luogo di insegnamento e ripetizione è stato l’interno dell’antica chiesa e Convento di San Domenico anche se una parte dell’edificio, cioè le celle e un lato del campanile furono semidistrutte.
Per un breve periodo ospitò anche la scuola per l’insegnamento dei mestieri, in particolare per la lavorazione del legno cioè ebanisteria e falegnameria.
Ho avuto l’occasione di leggere, in un breve commento scritto forse da un nostro concittadino, che la chiesa di San Martino sarebbe servita provvisoriamente come sala di ripetizione; questo non è possibile in quanto la chiesa era stata bombardata nel luglio del 1943.
Desidero apportare una precisazione; quando ero adolescente, prima delle feste di San Giovanni ed anche in occasione di altri eventi festivi, in certi giorni piovosi, il corpo musicale si metteva al riparo all’interno della chiesa eseguendo marce sinfoniche ed anche liriche. Tutto questo però avveniva molto di rado.
Vorrei dare una precisa informazione storica ai giovani che non hanno conosciuto e visto l’interno di questa chiesa prima del disastro bellico. Entrando dalla porta centrale ,sulla destra , esisteva un grande antico organo poi distrutto nel periodo dei bombardamenti e mai ricostruito. La grande porta centrale con le due porte laterali, erano in bronzo con pannelli in rilievo che raffiguravano vari santi e personaggi della liturgia cattolica. Queste porte richiamano quelle esistenti nel Battistero di Pisa.
Forse, negli archivi della chiesa, esiste qualche documento fotografico di queste opere d’arte oggi distrutte.
Molti anni di lavoro sono occorsi a queste persone per ricomporre il corpo musicale. Molti giovani appassionati di musica frequentavano i corsi gratuiti in questi luoghi provvisori.
Per quanto mi riguarda, la persona che mi ha veramente trasmesso la passione per la musica e per il clarino è stato mio padrino di cresima Carmelo Scalisi, clarinettista, fisarmonicista e pianista, che era stato allievo del maestro Gerardo Marrone.
Una sera del 1947 mi presentò al maestro Marrone; dopo un breve colloquio con moltissime domande, egli non esitò ad assumermi nella sua scuola per l’apprendimento del solfeggio e solo l’anno seguente per l’apprendimento del clarinetto in la bemolle chiamato anche sestino a causa delle dita delle mie mani non abbastanza lunghe essendo ancora giovanissimo.
Le prime lezioni di solfeggio mi erano state impartite nella sua abitazione situata nel quartiere di Santa Maria, all’angolo tra via dei Caggegi e la via G. Marconi. In seguito i corsi e le prove si tenevano all’interno della chiesa dell’antico Convento di San Domenico. Dopo la guerra la ricostruzione fu molto laboriosa e difficilissima per la comunità randazzese.
Il maestro Marrone fece molto con le sue capacità ed il suo coraggio , ma fu anche aiutato da molti anziani musicanti soprattutto dal capo banda Signor Francesco Di Silvestro e da suo padre Signor Antonino Di Silvestro; preciso che essi erano anche due bravissimi baritoni dotati di un eccezionale cultura musicale, e furono aiutati da altri musicanti quali Gaetano Lazzaro , Carmelo Scalisi, Pietrino Grasso ed altri, riuscendo a riorganizzare i corsi di musica e d’insegnamento strumentale.
In questo periodo moltissimi antichi strumenti musicali furono inviati a Messina per una completa revisione. Aggiungo un piccolo dettaglio: il signor Antonino Di Silvestro aveva conosciuto il maestro Manno. Lo troviamo con altri anziani musicanti su un foto dell’otto aprile 1928 dove possiamo riconoscere il signor Salvatore Raciti, clarinettista, il signor Antonino Di Silvestro, il giovane Luciano Samperi con il suo tamburo e piatti ed altre persone come il signor Baieri Carmelo con i suoi piatti, il signor Santangelo, il signor Papotto con il suo bombardino, il signor Salanitri con il suo saxofono soprano.
Persone con molta cultura musicale, oggi passate al mondo dei defunti.
In attesa della fine dei lavori nella nuova sala dei concerti della via San Giacomo, l’antica chiesa di San Domenico serviva ancora come luogo di insegnamento e raduno.
Il metodo d’insegnamento del maestro Marrone era molto impegnativo per noi giovani allievi. Egli teneva moltissimo all’ottima conoscenza del solfeggio; anche ad una rapidissima lettura delle note musicali. Durante il mio percorso di vita musicale ho avuto moltissimi consigli e lezioni particolari da due clarinettisti, il signor Gaetano Lazzaro bravissimo copista dotato di una bellissima calligrafia musicale e il signor Carmelo Scalisi anche lui insegnante.
Finalmente tra il 1949 ed il 1950 e dopo molti mesi di lavoro edile, la sala della Via San Giacomo fu riaperta.
Con grande sorpresa dei dirigenti i muri interni, compreso il soffitto, non erano stati isolati; durante le ripetizioni i suoni producevano un eco, creando disturbo sonoro per l’accordo degli strumenti.
Dopo molte consultazioni e discussioni, il capo banda signor Francesco Di Silvestro ed il maestro apportarono un grande miglioramento acustico facendo collocare un gran telone sotto il soffitto.
Qualche anno dopo la sala fu arricchita di una grande cattedra (palco) in legno che formava un semicerchio con diversi livelli che permettevano di separare gli strumenti ad ance da quelli in ottone e percussione.
Quest’opera fu eseguita da un nostro concittadino, oggi defunto, signor Salvatore Di Stefano con l’aiuto del giovane figlio Ettore. La sua falegnameria si trovava in Via Umberto dirimpetto alla chiesa di San Martino.
Nel 1949 il Comune di Giarre decise di ricomporre il suo corpo musicale facendo appello al maestro Gerardo Marrone.
Il bravissimo maestro decise di lasciare la città di Randazzo e la sua banda per andare a dirigere quella di Giarre. Aggiungo una precisazione: tutti i musicanti della nuova banda della città di Giarre era stipendiati e pagati mensilmente dal Comune. In pochi mesi di lavoro egli fece progredire il complesso bandistico ad un alto livello artistico essendo lui, all’epoca, il migliore e il più rinomato della provincia.
Non volendo abbandonare definitivamente i suoi allievi e la sua banda di Randazzo, ritornava per brevi periodi circa due volte la settimana. Per qualche anno la banda di Randazzo rimase senza maestro. Con la tenacia e le capacità del capobanda Francesco Di Silvestro, aiutato da suo padre signor Antonino, si riuscì, malgrado gli innumerevoli problemi finanziari, a mantenere il complesso bandistico efficiente.
Nel 1950 l’amministrazione comunale, col contributo del sindaco cav. Pietro Vagliasindi, fu creata una nuova commissione . L’affidamento della presidenza fu dato ad una persona che noi tutti abbiamo conosciuto e che troviamo su molte fotografie con il maestro Manno; si tratta del canonico Edoardo Lo Giudice, persona dotata di una grande cultura ecclesiastica e musicale.
Altre tre persone facevano parte della nuova commissione: il notaio Cammarda, il signor Castiglione ed un altro concittadino; perdonatemi se non ricordo il suo cognome.
Il rev.mo canonico Lo Giudice era nato a Randazzo il 21 febbraio 1888 e morì il 9 gennaio 1977.
Il suo corpo riposa nel cimitero di Randazzo accanto alla tomba di padre Luigi Magro da Randazzo, monaco Cappuccino e grande storico.
Il nuovo presidente, nei primi mesi del 1951, andò alla ricerca di un nuovo maestro. Dopo una consultazione tra i componenti della nuova commissione, il canonico Lo Giudice decise di chiamare un giovane maestro proveniente dalla provincia di Viterbo.
La mattina del 13 febbraio 1951 un piccolo gruppo di musicanti si recò alla stazione della Ferrovia Circumetnea ad attendere il treno proveniente da Catania. Il maestro Lilio Narduzzi scese dal treno un po’ infreddolito; ma, con molto garbo, andò incontro a questo piccolo gruppo composto anche dal signor Vincenzino Trazzera.
Dopo le rituali presentazioni il maestro Narduzzi fu accompagnato in Via Dei Lanza alla dimora del canonico Edoardo Lo Giudice, il quale aveva già fatto preparare per lui un piccolo alloggio. L’incontro tra i due fu più che caloroso; la stretta di mano fu lunga e calorosa.
Il maestro, che discendeva da una famiglia di musicisti, era nato nella città di Vallerano (Viterbo) il 7 gennaio 1921 e si era diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia in Roma in fagotto e composizione musicale. Nel 1946 diresse la storica banda musicale G. Verdi della città di Corchiano, facendole vivere un grande rinascimento artistico. Lilio Narduzzi aveva anche diretto la banda della città di Orte. Sarebbe stato anche ( ma io non ne ho notizie certe) direttore sostituto della RAI e di Gorizia.
Nella serata del 13 febbraio egli convocò tutti i componenti della banda all’interno del nuovo luogo di ripetizione della via San Giacomo. Tutti erano presenti; eravamo circa 65, numero molto importante. Il maestro, dopo avere fatto conoscenza di noi tutti e dopo aver accordato i nostri strumenti, ha voluto che provassimo un brano sinfonico. L’esecuzione fu più che soddisfacente, sia per la nostra preparazione musicale, sia per l’eccellente esecuzione.
Per parecchi mesi le prove serali furono molto intense e laboriose.
Il maestro Narduzzi dirigeva le ripetizioni sempre con molta eleganza gestuale, ricercando sempre la perfezione, l’armonia, con la sua mano sinistra, i coloriti musicali, la sensualità e la sensibilità musicale. Ed era così che preparava il corpo bandistico ai nuovi concerti per la nuova stagione estiva, la quale si presentava molto promettente.
Il nuovo presidente dovette affrontare un altro importantissimo problema; il corpo musicale di Randazzo non possedeva le divise. Con l’aiuto del sindaco che (se non faccio errore) era il cav. Pietro Vagliasindi e, del consiglio municipale di allora, una importante somma (forse cinquecentomila lire) fu stanziata per la confezione di divise, cappelli e accessori. I migliori sarti della nostra Città furono consultati per la scelta e la confezione del modello. Cito semplicemente quattro sartorie:
la sartoria Ferro, situata in via Umberto nelle vicinanze della chiesa di San Martino, la sartoria Livello, la sartoria Caggegi e quella dei fratelli Scuderi.
Posso affermarvi che questi artigiani , possiamo anche dire artisti nella loro materia, erano i migliori della città di Randazzo e forse anche della provincia.
Il modello, confezionato con tessuto di lana colore nero, forse fu creato dal signor Ferro, accogliendo anche i suggerimenti dei suoi colleghi.
Tutti gli artigiani sarti di Randazzo parteciparono alla confezione delle divise. Ogni artigiano confezionava circa sette divise su misura pagate dal Comune. I cappelli furono confezionati, sempre su misura, a Messina. Per il ritiro delle confezioni fummo invitati all’interno della sacrestia della Basilica di Santa Maria, dove il presidente can. Edoardo Lo Giudice consegnava con molto orgoglio e soddisfazione il nostro cappello decorato con una superba lira musicale dorata.
Il maestro Narduzzi accelerava le ripetizioni serali per presentare il complesso non solamente alla cittadinanza randazzese, ma anche per eseguire il primo concerto sinfonico e lirico previsto in Piazza Santa Maria per il 14 maggio 1951.
Il giorno della sfilata tutti i musicanti vestiti elegantemente con le nuove divise, camicia bianca, pantaloni e giacca neri, con cravatta e scarpe nere e con il nostro superbo cappello decorato con la simbolica lira musicale, ci adunammo all’esterno della sala di ripetizione della via San Giacomo.
Certo noi giovani con un po’ di apprensione; ma fummo aiutati da qualche anziano. Cito semplicemente il signor Giuseppe La Piana, cornista, il quale incoraggiava noi giovani ancora senza esperienza. Dopo esserci inquadrati eseguendo gli ordini del maestro Narduzzi e del capo banda Francesco Di Silvestro, il signor Vincenzo Spitaleri, con il suo tamburo, diede il segnale della partenza a passo sinfonico, per procedere verso la via Umberto sotto gli applausi di molti abitanti del quartiere di San Martino.
Attraversando piazza Municipio, cittadini e curiosi erano fieri di rivedere e applaudire il loro nuovo corpo bandistico con i suoi nuovi strumenti musicali in ottone più che brillanti.
Ricordo il signor Vincenzo Facondo, in piedi davanti alla sua pasticceria, che applaudiva con un grande sorriso il complesso musicale che eseguiva le nuove marce sinfoniche e percorreva la via Umberto fino a Piazza Loreto sempre applaudito e accompagnato da molti cittadini di tutte le età.
Dopo le festività della Settimana Santa in Randazzo i membri della commissione erano soddisfatti per le loro iniziative e dei risultati ottenuti. Per noi giovani ed anche per gli anziani musicanti, il giorno più memorabile fu quello del 14 maggio1951 quando tenemmo il nostro primo concerto lirico, eseguito in Piazza Santa Maria in presenza dei membri della giunta municipale, della commissione e, soprattutto, di moltissimi cittadini.
Per immortalare quella serata una fotografia in bianco e nero fu realizzata dallo studio fotografico Longo, situato in Via Sciacca, oggi inesistente. In essa possiamo riconoscere i volti di tre guardie municipali, oggi decedute, il signor Cernuto, il signor Varsallona, il signor Zappalà, il padre di Monsignore Vincenzo Mancini con i suoi nipoti, Pietro Giusa con suo fratello, il signor Giuseppe Facondo all’epoca molto giovane in compagnia di altre persone oggi assenti al mondo.
Non mi ricordo del programma serale; penso che nella prima parte del programma si eseguiva l’opera Ernani. Per molti anni avevo conservato questa foto, in seguito smarrita a causa dei miei viaggi di lavoro in Francia.
I musicanti erano posizionati in parecchi semicerchi piramidali e per categorie strumentali.La parte inferiore era riservata alla cattedra del maestro.
Dopo l’accordo dei nostri strumenti eravamo pronti per l’esecuzione del primo brano lirico. Poi il tradizionale colpo di timpano eseguito dal signor Vincenzo Spitaleri che significava per noi metterci in piedi. Qualche istante dopo arrivò il maestro Lilio Narduzzi, il quale con molta eleganza e agilità salì sulla sua cattedra.
Il mio posto era in prima fila, alla mia destra c’erano due clarinetti in mi bemolle, cioè il signor Gaetano Catania e il suo secondo il giovane Rasano; dopo c’ero io con il mio clarinetto in la bemolle ed alla mia sinistra l’oboe suonato dal mio amico Paolo Maio partito qualche anno dopo per l’Australia.
Essendo a poca distanza dal maestro, sul suo leggio notai che mancava la sua partizione generale. Pensavo che fosse stata una dimenticanza del nostro simpatico bidello signor Santangelo; volevo avvertire! Troppo tardi! Il maestro Narduzzi sempre con molta eleganza e con delicati gesti, tenendo nella sua mano destra una lunga bacchetta in acero bianco (confezionata dalle mie mani) diede il via al complesso bandistico. Con nostra grande meraviglia notammo che il maestro con la sua memoria ed abilità dirigeva senza leggere la sua partizione. Per noi tutti fu una grande sorpresa; questo tipo di direzione era molto rischioso; ma la sua memoria fu infallibile. Molte altre composizioni si sono succedute.
Nelle prossime pagine mi permetterò di enumerare una parte dei suoi scritti e composizioni.
Con l’impegnativo lavoro del maestro, aiutato dal capo banda Francesco Di Silvestro, da suo padre Antonino, dai clarinettisti Gaetano Lazzaro, Carmelo Scalisi, Pietrino Grasso, Vincenzino Trazzera trombone e tromba, Salvatore Mannino tromba e filicornino, Gaetano Papotto primo flicornino, queste persone con il loro insegnamento trasmettevano agli allievi il loro prezioso sapere musicale.
Con tale metodo la banda musicale aveva raggiunto un alto livello artistico; essa era rinomata non solamente nella nostra provincia ma anche in tutta la nostra isola.
Il 31 maggio 1952 la banda municipale di Randazzo fu chiamata dal comune della città di Assoro in provincia di Enna per animare la festa di Santa Petronilla patrona di questa antica città. La sera un grande concerto lirico fu eseguito sulla grande piazza, sotto la direzione del maestro Narduzzi, riportando un grande successo e molti applausi dalla cittadinanza di Assoro.
Mi ricordo con molta precisione questo viaggio in autobus della ditta Giovanni Pagano. Eravamo accompagnati dal capo delle guardie municipali, signor Zappala’ padre del nostro concittadino avv. Zappalà.
Una foto ricordo fu scattata con il mio apparecchio fotografico al gruppo del signor Zappalà, del capobanda Francesco Di Silvestro, del signor Antonino Di Silvestro, del signor Papotto, del signor Santangelo e del nostro autista.
Questa foto in mia possesso, è visibile sul sito internet : www.randazzo.blog.
Durante il viaggio, abbiamo potuto ammirare i meravigliosi paesaggi di questa provincia sconosciuti all’epoca da noi giovani. All’alba del primo giugno 1952, malgrado la nostra stanchezza, eravamo pronti per l’apertura dei festeggiamenti della Madonna dell’Annunziata in Randazzo; infatti, arrivati di buon mattino, il corpo musicale percorse la via Umberto eseguendo qualche marcia sinfonica, terminando il nostro servizio davanti la chiesa dell’Annunziata.
Agli inizi dell’estate 1954, in presenza del presidente rev.mo canonico Edoardo Lo Giudice, dei membri della commissione, del maestro Lilio Narduzzi, del capobanda Francesco Di Silvestro, una foto possiamo dire leggendaria del Corpo Musicale di Randazzo fu scattata davanti alle scalinate della Basilica di Santa Maria dal fotografo signor Longo. Vi possiamo riconoscere molti anziani musicanti i quali avevano conosciuto il maestro Manno e forse erano stati anche suoi allievi. Una copia di essa si trova esposta all’interno della sala di ripetizione della via San Giacomo.
Un altro importante avvenimento si verificò nel periodo di Ferragosto; non posso affermare la data esatta, forse il 15 agosto del 1952; si tratta della venuta a Randazzo del corpo bandistico della città di Noto, quando i due complessi bandistici percorsero insieme, la nostra via Umberto, fermandosi in Piazza Santa Maria e quando la sera in Piazza Loreto meravigliosamente illuminata, fu tenuto un grande concerto lirico. Una foto, possiamo anche dire rara dei due complessi, fu scattata in Piazza Santa Maria dal nostro concittadino maresciallo Bonaventura fotografo, ed in essa possiamo ancora vedere le antiche facciate delle case, oggi modernizzate.
Desidero ricordare ai nostri giovani che il signor maresciallo Bonaventura era stato un grande reporter nell’esercito italiano nel periodo della guerra. Il suo archivio fotografico era molto importante; moltissimi avvenimenti svoltisi nella nostra città, sono stati fotografati e penso conservati dai suoi figli e eredi.
Ci sarebbero molte cose e molti avvenimenti da raccontare e scrivere riguardanti il periodo della direzione del nostro talentuoso maestro Narduzzi. Altre trasferte si sono effettuate nel periodo tra il 1951 e 1957; tra di esse un grande concerto lirico nella città di Biancavilla, a Passopisciaro, a Malvagna per le feste di Cristo Re, a Montelaguardia ed in altri luoghi della provincia. Mi ricordo perfettamente del viaggio della banda a Riposto per animare la festa di San Pietro. Fu un viaggio speciale con la littorina andata e ritorno organizzato dai dirigenti della Ferrovia Circumetnea e la sera, sulla piazza e davanti alla chiesa, fu eseguito un grande concerto lirico diretto dal nostro maestro Lilio Narduzzi in presenza del nostro maestro Gerardo Marrone il quale alla fine del concerto, si complimentò con Lilio Narduzzi per la sua eccellente direzione.
Per noi tutti fu un grande onore e piacere rivedere il nostro anziano maestro e insegnante. Il tempo trascorre velocemente; malgrado la mia buona memoria, molti altri avvenimenti sono stati dimenticati.
Nelle prossime pagine, vi racconterò, evidentemente con un po’ di nostalgia del passato, parecchi aneddoti, verificatisi all’interno della sala di ripetizione della via San Giacomo.
Dopo parecchi anni di intenso esercizio musicale con il mio clarinetto in la bemolle, il maestro Narduzzi mi consigliò di cambiare strumento e di suonare il clarino in si bemolle. Ho percepito questo consiglio come una promozione meritata.
Il mio piccolo clarinetto , qualche anno dopo, fu affidato ad un giovane allievo molto volenteroso: Egidio Cavallaro.
Con il mio nuovo strumento trascorrevo molte ore eseguendo moltissime scale tenute e arpeggi; esercizi molto seccanti e talvolta noiosi ma necessari essendo il solo metodo per tutti i clarinettisti per raffinare i suoni, alla ricerca dei coloriti e sviluppare l’agilità delle dita.
Il giorno più lieto fu quello in cui il maestro mi assegnò un posto tra i primi cinque clarinetti, ritrovandomi a fianco dei clarinettisti Gaetano Lazzaro, il signor Salvatore Raciti, il signor Carmelo Scalisi ed il signor Pizzino.
Essere a fianco di questi bravi insegnanti è stato per me un grande riconoscimento, una gioia goduta con grande umiltà.
Desidero citare altre persone: il signor Salvatore Mendolaro, il signor Vecchio ed suo amico anche lui clarinettista; venivano da Linguaglossa viaggiando con la loro vespa.
Non posso dimenticare i fratelli Scandurra, Vincenzino e Pippo eccellenti duettisti, senza dimenticare il signor Gaetano Catania con il suo clarinetto in mi bemolle, accompagnato da un suo allievo, il giovane Rasano. Ricordo un altro clarinettista, uno dei primi allievi del maestro Marrone, il signor Varotta, figlio del signor Paolo Varotta, ma che non aveva conosciuto Narduzzi; questi, dopo la fine degli avvenimenti bellici del 1943, emigrò in Belgio. Ricordo ancora il signor Santo Santangelo con il suo basso sempre lucido e brillante ed il signor Presti, con il suo saxo basso, partito per l’Argentina verso il 1955. E poi i fratelli Vecchio, Rosario, saxo contralto, emigrato in Australia, il quale poco dopo il suo arrivo, creò la sua orchestra composta di sedici musicisti riportando molto successo.
Il fratello Antonino Vecchio, trombettista, il giovane Antonino Gullotto, basso in si bemolle deceduto in un incidente di lavoro; ed ancora, un altro caro amico, Salvatore Mascali, saxofono, ma che da principio aveva suonato il clarone. Non possiamo dimenticare i nostri anziani, il signor Giuseppe La Piana, bravissimo cornista nato a Randazzo il 13 aprile 1913, anche lui dotato di un’ottima cultura musicale, uomo rispettoso con noi giovani, Salvatore Mannino, tromba e flicornino, deceduto nel 2015 a Randazzo, senza dimenticare un altro caro amico, Gaetano Papotto, primo flicornino solista del corpo musicale di Randazzo, uomo molto appassionato per il suo strumento e per la musica.
Lo ricordo sempre nell’esecuzione dei suoi brani lirici, soprattutto nella Norma, nella sua “ Casta Diva”. Il suo suono era chiaro, trasparente, melodioso; anche nel Barbiere di Siviglia ed anche in altri brani lirici come Rigoletto, Ernani, Traviata, Cavalleria Rusticana, Puritani ed altre opere. Gaetano, dopo qualche ora di esecuzione musicale, sentiva il bisogno di riposare le sue labbra a causa del suo bocchino; in quel periodo la scelta era molto limitata e difficile in quanto i modelli non erano abbondanti come adesso. Ma, al suo fianco sinistro, aveva l’aiuto di Mario Raciti che spesse volte, con il leggendario segnale del piccolo colpo di gomito, su certi brani secondari prendeva la rileva.
Un altro importante personaggio, scherzoso nei suoi modi di agire, era il signor Vincenzino Spitaleri percussionista; suonava i timpani, il tamburo ed altri strumenti musicali. Nelle serate di ripetizione generale entrava in sala frettolosamente. Il suo primo lavoro consisteva nell’accordo dei suoi timpani; con le sue mazzuole eseguiva delicati colpi sulle pelli con molta cura e precisione cercando l’accordo perfetto.
Il signor Vincenzino Spitaleri era un personaggio attraente, svelto e virtuosissimo nei suoi gesti. Egli trasmise la sua passione a moltissimi allievi. Desidero citare suo nipote Antonino Spitaleri il quale , sia nelle prove, sia nei concerti, era sempre al suo fianco.
Per i giovani che non hanno avuto il piacere di conoscerlo, cito il signor Vincenzino che suonava le campane in quanto era il sacrestano della chiesa di San Nicolò in Randazzo. Uomo di gentile e rispettato da noi giovani musicanti; amatore e degustatore del nostro buon vino locale, durante le processioni sapeva, assieme ad altri, dove fermarsi per qualche istante, per potere rinfrescare il suo palato nei momenti afosi della nostra estate, riprendendo con molta discrezione il proprio posto con un grande sorriso. Molte volte queste furtive assenze non piacevano al capo banda Francesco Di Silvestro il quale teneva molto alla disciplina. Erano periodi di festa e gioia; tutto si svolgeva nel buon umore e tra le risate.
Il signor Spitaleri è deceduto nella nostra città di Randazzo nel 1977.
Mi è molto difficile raccontare le storielle svoltesi nel seno della banda municipale diretta dal maestro Narduzzi. Per anni, in inverno come anche in estate, le prove si svolgevano con molta puntualità e disciplina. Certe sere molte autorità comunali venivano ad assistere alle nostre ripetizioni. Spesso abbiamo avuto l’onore di ricevere il nostro celebre e onorevole concittadino avvocato Ferdinando Basile; chi di noi non ricorda questo illustre personaggio? Uomo di cuore e buono, è stato lui che in più anni di lotta amministrativa, si interessò per il completamento della tratta ferroviaria Taormina- Randazzo, oggi ridotta in uno stato di disordine e macerie.
L’avvocato Ferdinando Basile, amava molto la musica; il suo compositore preferito, era Boccherini. Vestito sempre con pantaloni, camicia e cravatta colorati, con scarponi, lungo pastrano, grande cappello, sempre con il suo fazzoletto in mano e soprattutto con la sua leggendaria pipa.
Il maestro Narduzzi, conoscendo le sue preferenze, distribuiva a noi tutti le partizioni del Minuetto di Boccherini.
Seduto a fianco del maestro, ascoltava con molta religiosità questa dolce, melodiosa e sentimentale composizione. Alzandosi e prima di ripartire, con il suo simpatico gesto, tenendo in mano il suo cappello e la sua pipa, salutava il maestro e tutti i presenti uscendo dalla sala con un grande sorriso.
Molte pagine si potrebbero scrivere su questo illustre personaggio conosciuto, stimato, e rispettato da tutti i cittadini.
Altre persone che mi vengono in mente sono i tre fratelli della famiglia Turnaturi: Michelino, Nicolino e Pippo, tre fratelli intelligenti, simpatici e divertenti. Michelino era il fratello maggiore, suonava la tromba in si bemolle e per un lungo periodo anche il trombone. Come tutti i bravi solisti, suonava cercando la perfezione.
Una sera, in periodo di prove, con sorpresa del maestro , smise di suonare e con molta gentilezza chiese scusa al maestro perché le sue note e la sua romanza non erano perfette.
Nicolino suonava la tromba, Pippo il flicorno. Era un giovane molto scherzoso, sempre con un sincero sorriso, e raccontava sempre le sue solite barzellette facendo ridere gli amici. I tre simpatici fratelli, per motivi personali e di lavoro, si trasferirono in altri luoghi della nostra Isola, lasciando definitivamente il corpo musicale.
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In un mio precedente diario scritto nell’agosto del 2019 con il titolo: Le fornaci del quartiere di San Giuliano, avevo ricordato i nomi di Luigi e Battista Arcidiacono, due fratelli che non solo erano specialisti nei lavori in terracotta, ma erano anche due eccellenti musicisti. Per molti anni hanno fatto parte del corpo musicale di Randazzo.
Luigi suonava il basso, prima con il maestro Marrone, dopo sotto la direzione del maestro Narduzzi.
Per moltissimi anni ho avuto il piacere di essere uno dei suoi veri amici. Con Battista ci conoscevamo da quando siamo nati cioè prima della seconda guerra e colgo l’occasione per ricordare con lui un artista dimenticato da noi cittadini randazzesi, deceduto a Milano qualche decennio fà.
Battista Arcidiacono, a parte la sua perizia come artigiano della terracotta, possedeva un’eccezionale dote musicale. Primo trombone solista del corpo musicale sotto la direzione del maestro Narduzzi, Battista con il suo brillante strumento era un grande perfezionista che ricercava sempre i coloriti, l’intonazione ed anche l’armonia musicale.
Una sera, come sempre, il complesso si riuniva nella sala di ripetizione della via San Giacomo; c’era in programma il Rigoletto : opera di Giuseppe Verdi, con una trascrizione del maestro Narduzzi. Da principio tutto si svolgeva nella precisione e nell’armonia; l’esecuzione era perfetta e noi tutti leggevamo la nostra partizione con molta attenzione seguendo sempre i gesti del maestro con un particolare sguardo. Narduzzi, tenendo sempre nella sua mano destra la sua bacchetta, sempre con il suo delicato gesto, chiamò il primo trombone solista. La risposta fu più che negativa: nessun suono. Battista, invece di suonare, si mise a cantare la romanza mettendo un po’ in collera il maestro; dopo qualche secondo la collera si trasformò in un grande sorriso paterno facendo ridere tutti i componenti del corpo musicale.
Battista Arcidiacono possedeva una bella voce, aveva un orecchio più che perfetto, sempre alla ricerca di una certa sensibilità musicale. La sua esecuzione di Figaro nel Barbiere di Siviglia di Rossini era eccezionale, ma anche in altri brani lirici come Ernani, Traviata, il Trovatore, Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni , La Forza del Destino, opere di Verdi, Puccini ed altri compositori .
Ascoltarlo era una vera delizia musicale per gli appassionati della musica lirica. Come moltissimi cittadini randazzesi, nel periodo del 1960, si è trasferito a Milano, continuando a perfezionarsi nella storia musicale. Mi è stato riferito che a Milano dirigeva un complesso bandistico e che si dedicava anche alla composizione musicale.
Ho avuto l’occasione di rivederlo a Randazzo in periodo festivo e prima del suo decesso, principalmente nei mesi di agosto, con il corpo bandistico Erasmo Marotta quando presentava, prima delle esecuzioni, i dettagli storici dei nostri grandi compositori italiani.
Altre storie si potrebbero scrivere su altri anziani componenti del corpo musicale di Randazzo, oggi deceduti, ma che noi non dimentichiamo.
Voglio citare un altro penultimo aneddoto che si è svolto sempre durante le ripetizioni. Una sera il maestro Narduzzi aveva deciso di mettere in programma una trascrizione dell’opera Andrea Chenier, scritta dal compositore Umberto Giordano e con il libretto scritto di Luigi Illico. La storia è ambientata nel periodo della rivoluzione francese del 1789. In essa Andrea Chenier, accusato di essere un rivoluzionario, fu rinchiuso a Parigi nella prigione di Saint Lazare ed in seguito fu ghigliottinato nel 1794.
L’opera fu data alla Scala di Milano il 28 marzo 1896 riportando un enorme successo. In quest’opera c’è un’importante romanza eseguita dal baritono solista cioè dal capo banda Francesco Di Silvestro; alla sua sinistra, era seduto il padre, il signor Antonino.
Questa romanza era il canto patriottico dell’Inno nazionale francese cantato da Andrea Chenier dietro le griglie della sua prigione prima della sua esecuzione capitale. Questo canto doveva essere eseguito con una certa lentezza , dolcezza e armoniosamente, e non con un tempo marziale. Il capo banda, con molta diligenza, eseguiva la sua partizione; il maestro lo pregò di rincominciare, ma questa esecuzione non piaceva al padre il quale con un gesto di nervosismo pregò suo figlio di fermarsi e disse : “Non è questo il modo esatto di eseguire questa romanza !” e riprendendo il suo strumento, eseguì con molto talento questo nostalgico brano musicale chiamato La Marsigliese. Dobbiamo dire che il signor Antonino Di Silvestro era il più anziano dei componenti del corpo musicale ma, malgrado la sua età, era ancora in grado di eseguire meravigliosamente tante leggendarie romanze del nostro grande repertorio lirico italiano.
Prima di finire con i miei brevi aneddoti, desidero raccontarvi una piccola storiella, svoltasi una sera d’estate intorno al 1954.
Come tutte le settimane, dopo le prove serali del complesso bandistico, terminandosi sempre dopo le ore 22, in compagnia di Gaetano Papotto ed altri amici, avevamo sempre l’abitudine, uscendo dalla via San Giacomo, di percorrere la via Umberto, Piazza Loreto e Via Vittorio Veneto, sino ad arrivare nelle vicinanze della stazione Circumetnea, e nello stesso tempo avevano l’occasione di ossigenare i nostri polmoni respirando l’aria pura e odorosa del gelsomino ed anche l’occasione di ammirare questo decoro naturale, illuminato in piena luna d’estate, che è la nostra Etna.
Bisogna dire che tra il 1950 ed il 1960, gli abitanti di Randazzo numerosi in questo periodo, potevano andare a passeggio in tutti i luoghi senza essere disturbati dalle automobili in quanto pochi veicoli circolavano all’interno della nostra Città.
Ognuno di noi trovava sempre spunti di discussione. Si parlava di musica, delle nostre belle e simpatiche signorine, di avvenimenti culturali, dei nostri mestieri, del nostro lavoro. Una sera, percorrendo la via Vittorio Veneto, passando davanti le nuove palazzine costruite dal comune anni dopo la fine dei bombardamenti del 1943, in un appartamento situato al primo piano, giungemmo all’altezza del luogo in cui abitava il nostro bravo fotografo maresciallo Bonaventura.
Erano circa le ore 23, la temperatura era un po’ afosa; Gaetano Papotto si accorse, attraverso la sua finestra, che il signor Bonaventura aveva tirato fuori dalla sua ghiacciaia una bottiglia semipiena di vino depositandola sul bordo della sua finestra a circa due metri di altezza, punto facilissimo per recuperarla dall’esterno. Gaetano volle fare uno scherzo al nostro bravo fotografo sapendo che, anche lui, era un grande estimatore del nostro buon vino. In un istante la bottiglia con il suo contenuto molto fresco si trovò nelle sue mani. Ci nascondemmo tutti per goderci la reazione del signor Bonaventura.
Il maresciallo era stupito di non trovare più il suo prezioso liquido e cercava in tutti gli angoli della sua cucina, e chiedeva anche a sua moglie dove avesse sistemato la bottiglia. Quando si rassegnò, pensando forse a qualche allucinazione, andò a prendere un’altra bottiglia. Posso assicurarvi che la scena è stata unica, molto divertente e con molte risate. Prima di ripartire la bottiglia fu rimessa al suo posto senza causare rumori e con molte precauzioni. Carissimo maresciallo, tu che ci guardi dall’alto dei Cieli, perdonaci di questo gesto più che monello; ma l’abbiamo commesso perché ti volevamo bene, sapendo che anche tu sapevi ricambiarlo con la tua arte cioè con le tue magnifiche fotografie in bianco e nero. Grazie, sperando che nel tuo Paradiso trovi ancora il nostro buon vino genuino.
Dopo i racconti di questi aneddoti veri, bisogna riprendere la storia del corpo bandistico di Randazzo. Per lo svolgimento di un altro spettacolo lirico nella nostra Città, nel ferragosto del 1955 è stata invitata la banda municipale di Giarre, e la sera del 15 agosto assieme al corpo bandistico musicale di Randazzo, un grande concerto lirico fu diretto dal maestro Gerardo Marrone riscuotendo un grande successo e moltissimi applausi dalla cittadinanza randazzese e dai numerosi turisti in Piazza Loreto.
Nel 1956 si è svolto un altro importante cambiamento nel seno della presidenza; il nostro amato e rispettato eminente canonico Edoardo Lo Giudice dimissiona lasciando la carica al nuovo presidente Signor Gaetano Fisauli il quale per dieci anni ha avuto anche lui molta passione e molto interessamento per la musica e per l’organizzazione del complesso bandistico fino al 1965.
Riferisco un altro dettaglio concernente il rev.mo Edoardo Lo Giudice; quando un giovane musicante partiva per compiere il servizio militare, il sacerdote si interessava moltissimo per la sua nuova situazione chiedendo sempre le sue notizie. Spesse volte, e grazie ai suoi interventi presso le autorità militari e con il loro accordo, in certi periodi festivi potevamo ottenere una breve licenzia premio per rivedere la famiglia e nello stesso tempo partecipare alla festa ed ai concerti aumentando così il numero dei musicanti.
Nel 1957 un altro concertone fu eseguito assieme alla banda municipale di Catania diretto dal maestro Michele Ventre.
Debbo affermare che a questo concerto non ho potuto partecipare a causa dei miei obblighi militari, trovandomi in sevizio al XXI Battaglione Trasmissioni F.T.A.S.E. nella magnifica e storica città di Verona.
Dopo molti anni trascorsi nella nostra città il maestro Narduzzi era diventato per noi tutti non solamente un vero cittadino randazzese ma anche un figura indispensabile perché partecipava attivamente alla vita artistica; per cui era rispettato e ammirato per le sue composizioni musicali da noi tutti, allievi e musicanti, e da tutta la comunità randazzese.
Durante le sue poche ore di riposo amava percorrere certe stradine antiche della nostra Città, ammirando i resti dell’antica architettura soffermandosi spesso davanti alle antiche botteghe degli artigiani, numerosissimi ancora in questo periodo, oggi spariti, ed ammirava il loro lavoro eseguito manualmente con molta arte e passione.
La sua famiglia, con la nascita dei suoi figli, si era ingrandita; possiamo dire che era un uomo felice! La sua abitazione si trovava nel quartiere di San Pietro , in un piano elevato, dove di buon mattino poteva ammirare e contemplare l’alba, la nascita del sole e nello stesso tempo il superbo panorama della nostra Etna, la quale ispirò al maestro qualche composizione musicale.
A proposito di composizione, qualche anno dopo il suo arrivo, egli ha voluto innovare la fine dei concerti lirici, con le tradizionali marce sinfoniche molto conosciute dai cittadini, trascrivendo, esclusivamente per la banda municipale di Randazzo, una lunga composizione di vecchie canzoni napoletane e del repertorio italiano dalla fine del 1800 al 1950.
Posso affermare che le armonie e i coloriti della sua trascrizione erano perfetti. Il nostro stile di interpretazione era completamente cambiato: non era più la lirica ma un altro linguaggio musicale moderno, veramente una musica popolare cantata e conosciuta dalle nostre mamme, nonni ed anche dalle nostre belle signorine.
Questo nuovo repertorio diretto sempre da Narduzzi fu eseguito una sera del 15 agosto in Piazza Loreto. I nostri giovani cantavano, i nostri anziani , e tutti i presenti, ascoltavano con molta, possiamo dire, nostalgia di tempi passati, questi magnifici melodiosi brani musicali.
Il canzoniere era sempre eseguito alla fine del concerto lirico e molte volte richiesto da moltissimi cittadini, e il maestro Narduzzi lo dirigeva sempre con un grande sorriso.
Alla fine del mio servizio militare nel dicembre del 1957 ho ripreso il mio posto nel seno della banda musicale della nostra Città, felicissimo di ritrovare i miei amici e soprattutto la presenza del maestro Lilio Narduzzi.
La mia gioia fu molto breve; qualche mese dopo, precisamente il 17 gennaio 1958, per ragioni di lavoro, sono partito a malincuore per la Francia dove per circa ventidue anni mi sono stabilito nella città di Lyon.
Il maestro Narduzzi ancora per anni continuò sempre il suo intenso lavoro, facendo progredire il complesso bandistico attirando moltissimi allievi tra i quali possiamo citare due dei nostri cittadini, Massimo Greco ed il fratello Antonio.
Massimo fu un allievo esemplare, intelligente e volenteroso. E’ stato anche un allievo di mia sorella nel periodo dell’insegnamento elementare e, con la sua caparbietà e con la sua capacità intellettuale, è stato sempre uno dei primi della sua classe.
La passione per il suo flicornino e dopo per la tromba,a trasmessa da Gaetano Papotto.
E’ stato proprio lui che si accorse che Massimo aveva la passione e la capacità per questi due strumenti. Con l’insegnamento ed i consigli prodigati dal maestro Narduzzi, egli aveva quasi raggiunto il vertice dell’apprendimento.
Massimo, ripeto, era molto volenteroso; e con la sua ambizione ha voluto raggiungere il vertice frequentando ( se non mi sbaglio ) il Conservatorio Musicale di Catania, ottenendo agli esami un alto punteggio.
Massimo Greco suonò con l’orchestra del Teatro Massimo di Catania. Fu poi trombettista del musicista e cantante Zucchero Fornaciari, in seguito lavorò con Luciano Ligabue, Neffa (pseudonimo di Giovanni Pellino) ed anche con altri complessi.
Oggi dirige molti complessi artistici in Italia ed anche all’estero. Ha diretto diversi spettacoli all’interno di quel luogo più che mitico che è l’Arena di Verona.
Durante il mio servizio militare, nell’estate del 1957, ho avuto l’occasione e la gioia di assistere a quattro rappresentazioni liriche con i tenori Franco Corelli all’epoca molto giovane, Giuseppe Di Stefano ed altri artisti.
Possiamo affermare che Massimo ha fatto e farà onore alla nostra città di Randazzo assieme al fratello Antonio eccellente clarinettista.
Anni addietro in periodo estivo, in compagnia di mia sorella, ho avuto il piacere di incontrare Massimo Greco nella nostra cittadina in compagnia della sua famiglia. Mia sorella fu molto sorpresa nel vedere che, l’allievo che aveva avuto anni passati, non era più un adolescente. Era vestito molto alla moda con capelli e barba lunghi, grande cappello e stivaletti; noi ammiravamo un personaggio di televisione, un vero artista!
Nel giugno del 1956 il maestro Narduzzi, per ragioni personali, decise di ritornare con la sua numerosa famiglia a Roma.
Leggendo un articolo pubblicato sulla ‘’ Rassegna Periodica di Randazzo” del 1990, trovo che il vero motivo della sua partenza sarebbero state le avverse condizioni economiche del comune di Randazzo il quale non era più in grado di versare lo stipendio mensile al maestro. Forse anche per altre ragioni? Personalmente non affermo niente in quanto in quel periodo vivevo lontanissimo della mia Randazzo e non ne seguivo bene le vicende.
Dopo la dipartita del maestro Narduzzi il complesso bandistico rimase per parecchio tempo sotto la direzione del capo banda Francesco Di Silvestro.
Lilio Narduzzi ritornava una volta l’anno per dirigere il complesso nel periodo estivo, soprattutto per i concerti lirici eseguiti nei periodi festivi cioè per la festa dell’Annunziata, di San Giovanni Battista il 24 giugno e la festa dell’Assunzione il 15 agosto.
Era sempre una gioia per allievi, musicanti, amici e cittadini rivederlo nella nostra Città.
Dopo il decesso del capo banda Francesco Di Silvestro diversi anziani musicanti desideravano occuparne il posto vacante. La scelta era un po’ imbarazzante e difficile.
Verso la fine del 1970 il signor Vincenzino Trazzera fu scelto e nominato capobanda.
Vincenzino era un ottimo trombettista, suonava il trombone, il saxofono ed era anche un bravo fisarmonicista. Nel periodo della sua direzione apportò un gradevole cambiamento all’interno della banda, facendo partecipare ai concerti pubblici altre voci cioè invitando molti cantanti lirici: soprani, tenori, e baritoni nei periodi festivi
Questi artisti venivano abitualmente dal Conservatorio di Catania, forse anche dal Teatro Massimo ed anche da altri luoghi della nostra isola. Questo cambiamento è stato non solamente un’innovazione artistica , ma anche musicale.
Come tutte le cose belle, dopo qualche periodo, il signor Vincenzino Trazzera è stato sostituito dal signor Salvatore Mannino, in seguito dal suo amico Gaetano Pappotto, a sua volta sostituito da Egidio Cavallaro.
Un altro cambiamento avvenne anche in questo periodo: la nomina di un nuovo presidente. Il signor Salvatore Mannino fu scelto non solamente per la sua esperienza ma anche per le sue capacità musicali e intellettuali ; personalmente l’avevo conosciuto quando ero suo allievo.
Salvatore Mannino era molto legato al complesso bandistico ed anche ai suoi dirigenti. Con l’accordo del direttivo nominò un giovanissimo maestro molto valente: il signor Giovanni Blanca.
Dopo la nomina del nuovo giovane capobanda Egidio Cavallaro, con l’accordo dei dirigenti, un cambiamento che possiamo dire importane, si verificò nel seno del complesso bandistico.
Dopo più di un secolo di esistenza la porta della sala di ripetizione della via San Giacomo fu finalmente aperta a tutte le giovani donne desiderose di imparare la musica e suonare uno strumento musicale; in seguito fu data anche la possibilità di accedere nel seno del corpo bandistico. E’ stata un’eccellente idea la quale ha permesso di aumentare considerabilmente il numero degli allievi e per conseguenza, per il futuro, i membri del complesso. Finalmente le donne entrarono in questa sala, che per anni era riservata esclusivamente agli uomini, assicurando la continuità e la tradizione di questo antico complesso musicale.
Dopo la dimissione del signor Salvatore Mannino un’ altra persona conosciuta e stimata da noi tutti cittadini ha avuto il coraggio e possiamo anche dire la vera passione musicale di ricoprire la carica di presidente ; il signor Vincenzo Rotella.
Vincenzo Rotella è stato Presidente dal 1987 al 1990. Per tutti questi anni la sua collaborazione nel seno del corpo bandistico è stata molto efficace.
Nel luglio del 1987, non essendo più sovvenzionato dal Comune, il corpo bandistico diventò un’Associazione e venne chiamato: “Corpo Bandistico Erasmo Marotta”, musicista nato a Randazzo il 24 febbraio 1576 e morto a Palermo il 6 ottobre 1641. Inventore del dramma musicale pastorale nel 1620 pubblicò l’Aminta musicale… Il primo libro di madrigali a cinque voci, con un dialogo a otto.
L’associazione comprendeva circa 65 elementi giovani da 14 a 20 anni e una media tra i 40 ai 60 anni.
Vincenzino Rotella modernizzò l’interno della sala di musica, attrezzandola con un locale igienico, dotando il complesso bandistico di nuove divise e nuovi strumenti e nello stesso tempo attirò molti giovani elementi, i quali non avevano la possibilità di frequentare i conservatori musicali di Catania e di Messina. Grazie al suo dinamismo ed alla sua passione riuscì a dare un’anima musicale al corpo bandistico coinvolgendoli nella gestione dell’Associazione facendoli sentire parte di un progetto prestigioso per la nostra Randazzo.
Per un lungo periodo molti maestri si sono succeduti: Giovanni Blanca, Francesco Letta, Salvatore Miraglia, Francesco Sapienza, Toni Trazzera.
Attualmente in Corpo Bandistico Erasmo Marotta, è sotto la direzione di un nostro bravissimo concittadino, il giovane maestro Angelo Zirilli diplomato dal Conservatorio Musicale di Messina in direzione e composizione.
Il maestro Angelo Zirilli discendeva anche lui da una grande famiglia di musicisti e cantanti più che amatori. Ho avuto l’onore di conoscerne i bisnonni, i nonni, le zie e gli zii.
Desidero citare il bisnonno signor Giuseppe Adornetto, costruttore edile e chitarrista, dotato di una straordinaria memoria, che si accompagnava sempre con la sua antica chitarra, recitando e cantando tutte le antiche e meravigliose canzoni dialettali siciliane ed italiane del secolo passato, assieme ai suoi figli e molte volte accompagnato da sua moglie signora Margherita la quale aveva una straordinaria voce di soprano. Desidero anche citare il nonno, signor Alfredo Adornetto e lo zio Gino; anche loro erano due melodiosi chitarristi. Ricordo sempre le serate trascorse assieme ad altri ragazzi e giovani signorine del quartiere in compagnia del signor Giuseppe seduto davanti la sua dimora sopra un grosso blocco di granito il quale serviva da sedile, ancora oggi esistente, con la sua celebre chitarra in mano, quando raccontava le antiche storielle dell’epoca passata accompagnandosi sempre con il suo melodioso strumento.
Molti di questi antichi racconti e canzoni sono stati registrati con magnetofoni da turisti americani di origine randazzese, venuti per rivedere le loro famiglie , ritrovare le loro origini e per conoscere versi , poesie e antiche canzoni, da riascoltare nei loro luoghi di residenza negli Stati Uniti d’America ; dolci ricordi.
Altri tempi! altri periodi, i quali malgrado molte difficoltà quotidiane, erano forse più ricchi di sentimento e la gente era più sensibile e più sincera.
Gli anni di lavoro trascorsi da me in Francia sono passati più che velocemente non dimenticando mai il mio luogo di nascita , ritornandovi quasi ogni anno . Una sera, un venerdì d’estate del 2017 trovandomi in vacanza nella nostra città di Randazzo, il maestro Angelo Zirilli mi invitò nella sala di ripetizione della Via san Giacomo per presentarmi tutti i giovani componenti del complesso bandistico ed assistere alla ripetizione generale
Da circa sessanta anni non avevo più avuto l’occasione di ritornare in questo luogo, per me più che mitico e pieno di dolci ricordi della mia giovinezza. Con moltissima emozione ed anche con qualche lacrima, ho socchiuso per qualche istante i miei occhi, rivedendo nella mia mente la presenza dei miei amici giovani e anziani musicanti assieme al maestro Lilio Narduzzi, oggi deceduti.
Di questo memorabile ricordo rimangono le antiche fotografie esposte in permanenza sui muri di questo “tempio” musicale ed esse rappresenteranno sempre, anche simbolicamente, la presenza di questi persone, possiamo dire artisti nelle loro materie e competenze professionali.
Molti di questi non avevano mai frequentato i conservatori musicali, ma la loro perizia musicale era indiscutibile ed essi avevano trasmesso sempre il loro sapere e le loro esperienze a noi giovani allievi.
Seduto in un angolo della sala ammiravo il nostro giovane maestro Angelo Zirilli con i suoi elegantissimi gesti quando dirigeva con molta maestria ed abilità questo complesso composto di elementi giovani e anziani.
Modestamente, desidero citare il nostro concittadino Santo Anzalone con il suo trombone, dedicato sempre alla composizione di canzoni e musica moderna. E’ stato sempre una persona molto attiva sia nella sua carriera musicale che nella sua professione.
Ascoltai con molta attenzione questi giovani che eseguivano con molta perfezione e brio la loro partizione; meravigliato per il loro insegnamento, molti frequentano i Consevatori.
Desidero citare i clarinetti, gli oboi suonati da due simpatiche signorine, anche le trombette, gli eccellenti giovani cornisti, i baritoni, i tamburi , i bassi, i saxofoni, le percussioni. Ho potuto notare la presenza della signorina Greco con il suo oboe; i suoni del suo strumento erano pastorali e melodiosi. Farà ancora qualche anno di studio per raggiungere la perfezione.
La signorina Greco è la figlia dell’attuale presidente Antonio Greco , clarinettista e fratello di Massimo Greco.
Questa gradevole serata, terminò con una squisita degustazione di pizzette e varie specialità culinarie prodotte dai nostri eccellenti artigiani di Randazzo. Che magnifica serata trascorsa assieme a questa gioventù appassionata e capace di continuare e proseguire questa antica tradizione artistica.
Con il signor Antonio Greco ci siamo incontrati nel mese di giugno 2020 proprio a Montecarlo. Rivederlo per me è stato non solamente una gioia ma anche un gradevole piacere. Abbiamo anche avuto il tempo di parlare della nostra Città e del corpo bandistico.
Un appuntamento e un incontro è stato fissato per la sera de 15 agosto a Randazzo alle ore ventuno, ai piedi della scalinata dell’antico convento dei Cappuccini per assistere ad un concerto lirico organizzato gratuitamente dai membri del corpo bandistico Erasmo Marotta. La puntualità è stata rispettata. Il complesso bandistico, malgrado le difficoltà causate dal coronavirus, e dalla mancanza di un podio per la comodità dei musicanti, era disposto ai piedi di un’ imponente scalinata composta di 107 gradini, quella che conduce sul piazzale davanti alla chiesa del nostro antico Convento dei Frati Cappuccini, oggi senza anima e senza presenza umana.
Negli anni passati questo convento non era semplicemente un luogo di insegnamento e di preghiera. Molti frati cappuccini, con la loro presenza, si occupavano della loro organizzazione e della loro vita monacale; ma anche aiutavano i bisognosi, gli ammalati , e si dedicavano all’educazione dei giovani. Nei periodi festivi partecipavano alle processioni organizzate da altre parrocchie della nostra Città, dando anche vita e animazione al quartiere dei Cappuccini, luogo di tranquillità abitato da moltissimi agricoltori, artigiani e professionisti, oggi quasi spariti.
Desidero ricordare , fuori dal racconto sulla musica, sempre in questo convento, la presenza di un nostro illustre concittadino, Padre Luigi Magro da Randazzo, monaco cappuccino deceduto nel 1951. La sua vita monacale è stata consacrata non solamente alla religione, ma anche alla scrittura ed al servizio dei bisognosi. Molti scritti e ricerche, dopo la sua morte, sono state recuperati da storici e studenti randazzesi, sperando che presto siano pubblicati nell’interesse dei nostri numerosi studenti e della nostra storia locale.
Quasi tutti i componenti del corpo musicale erano presenti; vestiti con molta eleganza e classe; assieme al maestro Angelo Zirilli, la mezzo soprano Daniela Caggegi, il baritono Ludovico Cammarda, il presidente e clarinettista Antonio Greco.
L’insieme visto e ammirato in un decoro naturale possiamo anche dire in un quadro antico. Quasi tutti i gradini di questa scalinata erano stati occupati da molti cittadini: bambini, giovani ed anziani amanti di quest’arte musicale. Malgrado la mancanza di ripetizioni per causa della pandemia, il concerto si è svolto in una gioiosa ambientazione. Molti brani lirici sono stati eseguiti con molta professionalità, melodia e coloriti, eseguiti dai nostri artisti e concittadini Daniela Caggegi e dal baritono Ludovico Cammarda .
Complimenti per il nostro giovane baritono. Il suo timbro di voce è stupendo, vibrante, melodioso! Spero che nei prossimi anni avremo il piacere di ascoltarlo in un grande teatro lirico: questo è il mio augurio; attualmente però frequenta il conservatorio.
Non desidero dimenticare i meriti della signora Daniela Caggegi; anche lei ha un voce sublime, melodiosa, delicata e colorita. Moltissime serate d’estate sono state animate da suo padre, Nino Caggegi, anche lui pianista e cantante nei suoi momenti liberi, nella nostra città di Randazzo ed anche in altri luoghi della nostra isola.
Possiamo affermare che nella nostra Città ,malgrado certi problemi, la passione per la musica è stata sempre viva.
La sorpresa in questo concerto lirico è stata l’esecuzione della composizione musicale del nostro celeberrimo compositore Ennio Morricone : Il etait une fois dans l’ouest : ( C’era una volta il West ) e, malgrado le poche ripetizioni, la voce di Daniela Caggegi, con il suo stile, con la sua squillante voce, e con gli effetti sonori del complesso bandistico, trasportò per qualche momento noi spettatori nel deserto americano dell’Arizona.
Il giovane maestro Angelo Zirilli diresse questa difficile composizione con molta eleganza e affermo con molta maestria. Bravissimi tutti i componenti che suonavano gli strumenti ad ancia, in ottone, percussioni senza dimenticare i bravi cornisti e i trombonisti.
La serata del 15 agosto 2020 terminò con moltissimi applausi, ringraziamenti e felicitazioni da parte di noi tutti spettatori e con i ringraziamenti pronunciati dal presidente Antonio Greco, persona meritevole per la sua efficacia artistica e musicale nel seno del Corpo Musicale Erasmo Marotta.
Nella tarda sera, dopo aver trascorso questi magnifici momenti d’estate, e percorrendo le stradine dell’antico quartiere di San Martino, passando per via San Giacomo, ho avuto un particolare pensiero per il maestro Lilio Narduzzi ed anche per il maestro Gerardo Marrone. Un altro aneddoto mi è venuto in mente. Una sera, come tutti i venerdì ,era in programma l’esecuzione della Cavalleria Rusticana scritta dal nostro compositore Pietro Mascagni nato a Livorno ne 1863, deceduto a Roma nel 1945. L’opera fu data nel 1890.
Il maestro Narduzzi con il suo solito gesto della mano destra diede il via, marcando delicatamente il tempo di questa melodiosa composizione.
Leggendo la mia partizione davo uno sguardo ai suoi gesti i quali, con la sua mano sinistra, indicavano a noi tutti musicanti i coloriti musicali e melodici. Il suo sguardo era fissato sul suo leggio . In questi momenti un musicante legge una linea della sua partizione mentre il maestro ne leggeva quasi una ventina.
Questo lavoro necessita una grande forza mentale e di resistenza; due qualità complementari che Lilio Narduzzi possedeva, cui si aggiungeva il suo raffinato sorriso, e il suo affiatamento con i musicanti. Il finale di questo melodioso intermezzo terminava con il gesto della sua mano destra che disegnava simbolicamente un punto coronato, il quale per noi musicanti significava la fine di questo lungo brano musicale eseguito con molta attenzione, grazia, e melodia da tutti i componenti del corpo musicale.
Il maestro Lilio Narduzzi era nato nella citta di Vallerano in provincia di Viterbo il 7 gennaio del 1921. Nella metà del 1966 lasciò la nostra città di Randazzo per stabilirsi a Roma. Nel 1974 ha diretto la banda musicale della città di Squinzano; in seguito, dal 1981 al 1997, ha diretto la banda musicale della città di San Giovanni Valdarno.
Dopo l’unione con una nostra cittadina, sono nati quattro eredi: Nello, direttore musicale dei Vigili Urbani della città di Roma nel 1987, Esmeralda insegnante, Massimo, e infine Alessandro architetto.
Moltissime composizioni musicali sono state scritte dal maestro Narduzzi. Non avendo consultato nessun archivio, posso solo citare le sue composizioni da me conosciute:_ La Strega, Esmeralda, Il Pianto dell’Etna, marcia funebre scritta a Randazzo esclusivamente per il nostro corpo bandistico ; ed ancora: Romeo e Giulietta; Passeggiando; Persistenti; Dialogo, composizione per clavicembalo. Continente Nero, prima e seconda parte; Week- End; Danza Selvaggia; Angolazioni, composizione sempre per clavicembalo; Meravigliosa Natura; Impulsi e Ricerche.
Molte di queste composizioni, sono state registrate e forse diffuse. Il maestro si è spento il 24 luglio del 2008 a Roma.
La sua salma riposa nel cimitero di Vallerano secondo le sue volontà. Ed è sempre col dito coronato che termino il mio diario. Grazie maestro Narduzzi, grazie maestro Gerardo Marrone per i vostri insegnamenti; i vostri ultimi allievi, oggi anziani, malgrado gli anni passati più che velocemente, si ricordano di voi. Penso che, dall’alto dei cieli, circondati dalla musica degli angeli, volgete sempre lo sguardo sulla nostra bella città di Randazzo con la sua Etna, “A MUNTAGNA”, circondata dai suoi paesaggi, boschi, vigneti con le sue antiche costruzioni, lì dove la natura nasce , lì dove muore
Spero che verrà il giorno in cui concittadini e dirigenti municipali amanti della musica, quest’arte nobile, pacifica e internazionale, avranno l’idea di dedicare due nuove strade in onore di questi due maestri:
“Via Lilio Narduzzi Direttore Musicale e Compositore”, ed anche “Via Gerardo Marrone direttore musicale”.
Desidero nuovamente ringraziare il signor Vincenzo Rotella Presidente per più di un decennio, nonché memoria storica del ” Corpo Bandistico Città di Randazzo ” e dopo rinominato “Associazione Corpo Bandistico Scuola Musicale Erasmo Marotta”, .
Molti avvenimenti mi sono stati precisati da Lui.
Disidero pure ringraziare il prof. Santino Casalotto e Francesco Rubbino per l’aiuto dato nella stesura del testo anchè se lasciato a mò di memoria e scritto come la mia mente ma, soprattutto il mio cuore dettava.
Carmelo Venezia . Montecarlo Aprile 2021.
Carmelo Venezia nasce a Randazzo il 18 ottobre 1934 nella via Orales, 2.
Lavora come ebanista specializzato in mobili antichi e per 7 anni ( dal 1950 al 1957) frequenta la Banda Musicale prima con il maestro Marrone e poi con Lilio Narduzzi suonando il clarino in si e mi bimolle.
Dopo aver fatto il servizio militare a Verona nel XXI Battaglione Trasmissioni F.T.A.S.E. ( Forze Terrestre Alleate Sud Europa), con il grado di Caporale il 17 gennaio 1958 parte per la Francia e si stabilisce a Lione.
Anche qui lavora come ebanista specializzandosi nel restauro di mobili antichi dello stile francese.
il 10 novembre 1960 si sposa con la signora Michele e dopo 4 anni nasce Francesca.
Nel 1979 si stabilisce nel Sud della Francia nel comune di Beausoleil ( nel 1900 è denominata la Montecarlo Superiore) confinante con il Principato di Monaco dove risiede tuttora.
Carmelo Venezia ha partecipato, tra l’altro, al restauro del Teatro “Principessa Grace di Monaco ” ed alla ristrutturazione del Casinò di Montecarlo.
Ovunque ha prestato la sua opera di artista/artigiano gli è sempre stato riconosciuto un talento naturale ed una serietà nel lavoro veramente encomiabile.
La figlia Francesca gli ha dato un nipote Clemente che ora ha 28 anni e lavora come Ingegnere nella Ricerca Informatica.
E’ rimasto legatissimo alla nostra/sua Città e ai suoi tesori artistici, storici ed architettonici. Infatti viene tutti gli anni anche per assaporare l’atmosfera familiare dei suoi amati parenti.
Carmelo Venezia è il fratello maggiore della signora Anna, Nina e del non dimenticato Gaetano.
Francesco Rubbino
Esistono, durante la vita di una persona, periodi di difficoltà morale, causati da circostanze dolorose ; lontananza, malattie, perdita di persone piu’ che cari. Per qualche anno, non ho più voluto continuare a scrivere il mio diario di un tempo piu’ che passato.
Innanzi tutto, debbo ringraziare il Prof. Nunziatino Magro ; malgrado le distanze che ci separano, telefonicamente mi ha incoraggiato a riprendere la mia penna, ridandomi il gusto per esprimermi e di rimemorare il mio passato.
Ma, prima di continuare, desidero chiedere scusa a tutti i miei amici e intellettuali, per l’uso del mio semplice vocabolario. In verita’ non ho mai frequentato le aule e i banchi delle Università. Rappresento una vecchia generazione randazzese possedendo semplicemente un modesto diploma elementare.
Ma , amo moltissimo , non solamente la mia città di Randazzo perche’ è stato il luogo della mia nascita, ma anche i resti delle sue opere d’arte che i nostri alleati non hanno osato demolire nel periodo dei bombardamenti del luglio e agosto 1943. Spesse volte, mi siedo alla terrazza del mio modesto appartamento, ammirando il panorama del Principato di Monaco, con le sue moderne costruzioni destinati ad una classe sociale privilegiata e milionaria.
Talvolta, socchiudo i miei occhi, facendo divagare la mia mente ed anche il mio pensiero, percorrendo le vecchie stradine dei nostri antichi quartieri di Santa Maria, S. Nicolò e San Martino della nostra città, luoghi riposanti, pieni di misteri, aneddoti, storie, li’ dove molti anni indietro, erano animati con la presenza di artigiani, carrettieri, contadini , musicisti, pastori, intellettuali, moltissime signorine ,sedute davanti le loro porte d’ingresso, ricamando la loro dote eseguendo un lavoro d’arte e talvolta prezioso, dando vita e animazione a questi luoghi storici.
In certi periodi delle stagioni, sentivamo gli odori del vino, delle mele e di altri frutti, che i nostri antenati e le nostre mamme avevano l’arte ed il segreto di conservazione per il periodo invernale.
Ma, ritorniamo alla realtà.
Qualche anno indietro, trascorrevo un certo periodo di vacanza presso i miei famigliari ; qualche giorno dopo il mio arrivo, ricevo un cortese invito dal Prof. Nunziatino Magro invitandomi ad una lunga passeggiata piuttosto storica. A bordo del suo veicolo, abbiamo percorso parecchi kilometri , salendo verso Santa Domenica vittoria. Ma, quale fu la mia sorpresa ? fermandosi, non solamente abbiamo ammirato lo stupendo paesaggio della nostra Randazzo ma anche il panorama dell’imponente Etna molto invidiata dai nostri turisti stranieri. La seconda, è stata la scoperta dei resti di una antica cappella situata sul lato Sud dei Nebrodi dedicata tempo passato a San Marco.
Da ragazzo, percorrevo spesso questo cammino per recarmi a Santa Domenica Vittoria soprattutto per assistere alla festa di S. Antonio , chiedendomi sempre , che cosa rappresentavano questi ruderi. Penso, che qualche secolo fà , è stato un luogo di raccoglimento di pellegrinaggio, di raduno e di preghiera non solamente per i contadini ,numerosi in questo settore agricolo, ma anche per gli abitanti delle masserie e dei comuni limitrofi.
Finalmente, dopo tanti anni, la mia curiosità è stata ricompensata. Penso, che qualche tempo indietro, questo luogo è stato citato dal Dott. Salvatore Rizzeri nel suo libro : Le Cento Chiese .
Riscendendo, dopo avere attraversato il Ponte di San Giuliano, l’ho pregato di fermarsi a sinistra su questo piazzale chiamato volgarmente da noi randazzesi : U Stazzuni , in quanto che, volevo far conoscere una antica costruzione dove attualmente esiste un mulino inefficiente chiamato dai nostri antenati : Il Mulinello.
L’accoglienza del proprietario è stato molto cordiale e soprattutto amichevole . Fiero di mostrare non solamente la vecchia costruzione, ma anche il resto delle vecchie macine o mole, con qualche resto di antichi accessori. La botte situata sul piano superiore , la quale serviva di riserva e di pressione, é in eccellente stato di conservazione e di curiosità per gli alunni di tutte le scuole e soprattutto per osservare e conoscere , i vecchi sistemi idrici usati nell’epoca passata.
Scendendo, e passando dietro l’antica costruzione, la nostra seconda grande sorpresa, è stata di scoprire una delle antiche fornaci , numerosissime qualche secolo fa , in questo quartiere di San Giuliano, destinate alla fabbricazione della calce e nello stesso tempo alla cottura delle tegole, mattonelle e recipienti di argilla.
Ed è proprio di questo soggetto, di quest’ arte , di questi artigiani più che artisti nella loro materia, dotati di una straordinaria esperienza e di un sapere sconosciuto dai nostri giovani, i quali non hanno mai avuto l’occasione e la gioia di ammirare il lavoro di questi talentuosi artigiani.
Le fornaci erano state costruite principalmente in questo quartiere ; numerose nei dintorni di questo piazzale chiamato come avevo scritto prima : Stazzone : in dialetto randazzese, U Stazzuni. Sopra questa superfice , dove le costruzioni in duro non esistevano, c’erano circa quattro fornaci ; un certo numero appartenevano alle famiglie Arcidiacono, molto numerose fino agli anni 1960.
Altre, si trovavano nei dintorni della Via Regina Margherita , oggi chiamata in onore del nostro concittadino sindacalista e deceduto molto tempo fa, via Giuseppe Bonaventura.
Una di queste, apparteneva al Signor Egidio Arcidiacono, specializzato nella fabbricazione di anfore, giare , vasi , lampade ad olio, ed altri oggetti, i quali servivano per conservare l’acqua, l’aceto , l’olio di oliva indispensabile per la nostra buona cucina. Questo artigiano, ha smesso la sua attività dopo il 1950 immigrando come moltissimi dei nostri concittadini in Argentina.
Le ultime notizie del signor Egidio, le ho ottenute nel dicembre del 1987. Essendomi recato parecchie volte a Buenos Aires, e dopo nella città di Haedo , situata nella grande periferia della Capitale, dal nostro concittadino Nino Luca, fratello di Mario, Melino ed Arturo Luca, all’occasione di un incontro piu’ che affettuoso e nello stesso tempo, per la visita della sua , grande fabbrica di mobili .
Preciso, che in questa Citta’ , vivevano moltissime famiglie originarie della nostra Randazzo.
Il signor Egidio , si era stabilito in un’altra regione ; forse nella città di Mendoza.
Diverse fornaci, si trovavano nei pressi della chiesa del Signore della Pietà. Un’atra, apparteneva alle famiglie Mazza ; salvo errore da parte mia, questa era vicino la discesa del Ciapparo.
Mi chiedo sempre, perchè i nostri antenati , avevano dato questo nome. Oltrepassando la chiesetta, e andando a sinistra seguendo la strada che conduceva sia alle vecchie vasche di scarico delle fognature del comune ed anche al vecchio Mulino di Citta’ Vecchia, una di queste era proprieta’ del defunto Signor Alfio Bordonaro, padre del nostro concittadino Dottore Nunzio Bordonaro, il quale da professionista, aveva creato una vera piccola industria per la fabbricazione della calce e soprattutto produrre la migliore qualità del prodotto.
Altre fornaci si trovavano nel quartiere di Murazzorotto, andando verso il lago Gurrida .
Anni passati, questa zona era molto popolata, dove ancora si potevano contemplare molte antichissime casette costruite in pietra lavica a secco, esistenti forse anche all’epoca araba, le quali, potevano servire temporaneamente di alloggio per i contadini e nello stesso tempo , come riserve di foraggio per nutrire asini, cavalli ,muli, pecore , numerosi in quel periodo.
Ma quasi tutte sono state demolite per ignoranza ed incoscienza , costruendo casette certo moderne , ma senza stile ed in un modo piu’ che disordinato.
Un’ altra fornace molto antica, si trovava a fianco del muro di cinta della Citta’ tra il Convento di San Giorgio e la Via Duca degli Abruzzi esattamente a fianco dell’antica Porta dell’Erbaspina , chiamata anche , Porta del Quartarario ; esisteva anche una piccola fontanella chiamata dai nostri antenati, Fontanella dell’Erbaspina.
Questo artigiano lavorava esclusivamente l’argilla per la fabbricazione delle Quartare, vasi, e diversi recipienti in terracotta. Desidero precisare che questa porta con il suo semiarco e i suoi due pilastri, era visibile prima del Luglio 1943. Una parte è stata demolita dai bombardamenti ; il resto, dall’incoscienza umana.
Le fornaci, potevano avere la forma di un grande cubo munito di una corta ciminiera oppure rotonde come un grande cilindro di un diametro di parecchi metri, munite sempre di una ciminiera. Il materiale utilizzato, erano le pietre laviche, murate con un impasto di calce e sabbia dell’Etna . L’ argilla in certi casi era utilizzata per la sua resistenza al calore.
L’ interno, era diviso in diversi piani ; si accedeva attraverso una apertura situata a piano terra. Il sottosuolo era riservato per il grande focolare, il primo perimetro , per la cottura delle pietre calcaree . Il piano superiore, per la cottura delle tegole, i mattoni, le mattonelle. In seguito, le anfore, vasi, ed alti oggetti ad esempio le lampade ad olio, molto utilizzate nel periodo della guerra e specialmente nel periodo dei bombardamenti del luglio e agosto 1943. I focolari, erano alimentati con parecchie tonnellate di legno proveniente dalle nostre foreste comunali ed anche da foreste private.
DA DOVE PROVENIVANO LE PIETRE A CALCE ?
La cava delle pietre a calce, si trovava sul versante Nord dei Monti Peloritani parecchi kilometri dopo il comune di Santa Domenica Vittoria.
Nella mia giovinezza, ho avuto una sola volta di visitarla in compagnia di un conoscente e concittadino carrettiere , offrendomi un passaggio. Preciso che questo signore, faceva il trasporto di materiale edile. Non mi ricordo il nome di questa contrada ; mi ricordo solamente che durante il tragitto , ho potuto ammirare il magnifico paesaggio, ma anche i lavori dei campi eseguiti dai nostri bravi contadini.
L’ estrazione delle pietre, era un lavoro molto faticoso e soprattutto pericoloso per gli operai. I mezzi meccanici moderni non esistevano. Tutto era eseguito con la forza delle loro braccia, a colpi di mazza , picco ed altri rudimentari arnesi per potere spaccare le grosse rocce, ottenendo cosi’ il volume desiderato.
Il trasporto era eseguito con l’aiuto dei carretti trainati dai muli e per i piu’ ricchi, dai cavalli. Moltissime famiglie di carrettieri della nostra città eseguivano il trasporto di questo materiale, approvvigionando i proprietari delle fornaci.
I carrettieri partivano nella notte, per ritornare di buon mattino evitando cosi’ l’afoso calore dell’ estate. Il lavoro degli artigiani carrettieri, era molto impegnativo e faticoso , anche per gli animali che in realtà erano ben nutriti , ben curati e ben protetti.
IL LAVORO DELL’ARGILLA
Queste piccole imprese, erano proprieta’ di parecchie famiglie randazzesi. Desidero citare la famiglia Mazza, la famiglia Bordonaro e soprattutto, le numerosissime famiglie Arcidiacono.
Sicuramente, ne esistevano altre , ma onestamente non ho mai avuto l’occasione di conoscerle.
Per quanto concerna la famiglia Arcidiacono, ho conosciuto i due fratelli , Luigi e Battista, intimi amici musicisti, che per molti anni, hanno fatto parte del Corpo Musicale di Randazzo, all’epoca in cui era diretto dal Maestro Lilio Narduzzi e sovvenzionato dal Comune di Randazzo e soprattutto con l’aiuto e la contribuzione degli abitanti molto fieri del loro complesso.
Parlerò di Battista Arcidiacono nelle prossime pagine.
La nostra argilla, era estratta nel piano della Gurrida. All’epoca, questo terreno , era molto argilloso. In certe stagioni il fiume Simeto e Flascio , non solamente alimentavano il lago Gurrida ma anche moltissime superfici adibiti a vigne e ortaggi. Alimentavano anche un piccolo corso d’acqua che scorreva ai piedi del Castello Svevo per finire nel fiume Alcantara.
Non posso precisare il luogo esatto dove l’argilla era prelevata. Sicuramente all’interno di certe proprietà private ed anche nei terreni comunali pagando una tassa. Questa materia, era trasportata con i carretti a Randazzo e depositata sul luogo di lavoro. Ma, prima di usarla, necessitava una lunga preparazione. Depositata al suolo ed al sole per moltissimi giorni l’ argilla si riduceva cosi’ in finissima polvere. In seguito, era depositata in un grande bacino dove era mescolata e dosata con una qualità di terra che ogn’uno di loro, conosceva il segreto ed il dosaggio.
Il lavoro piu’ faticoso, era quando tutta questa materia doveva essere mescolata, umidificata e pigiata da parecchi operai con la forza dei loro piedi e delle gambe, ottenendo cosi’ una materia omogenea , malleabile e pronta per la lavorazione .
Gli artigiani, lavoravano a cielo aperto. Moltissime erano le donne, figlie di artigiani adibiti a questo lavoro. Sopra i loro banchi di lavoro ,confezionati in legno oppure con i mattoni, avevano parecchi telai in legno duro molto resistente all’umidità; per le tegole di forma trapezoidale, per i mattoni rettangolari, per le mattonelle in terra cotta, i telai erano quadrati a secondo la superfice richiesta dai clienti.
Per la confezione delle tegole, l’argilla era spalmata con le mani, livellata con una piccola regola nel suo apposito telaio, e dopo averla uscita dal telaio con l’aiuto di una piccola cordicella, era depositata sopra una forma semi rotonda, e impermeabilizzata con un impasto liquido a base di argilla e depositata al suolo e al sole per molti giorni ; in seguito all’interno della fornace per la cottura. Cosi’ per i mattoni ed altri oggetti.
Giovane apprendista falegname, ho avuto parecchie occasioni di costruire molti di questi telai. Da ragazzino, vedevo lavorare molte donne ed anche uomini con una enorme rapidità. Questo lavoro era molto impegnativo ; per proteggersi dal sole, specialmente nei mesi estivi, il loro capo era coperto con un cappello di paglia oppure con l’aiuto di un grande fazzoletto .
Gli uomini, erano vestiti con un semplice pantaloncino, talvolta torso nudo e con i piedi scalzi, molto allegri, fieri della loro arte e del loro sapere.
Il primo lavoro, consisteva allo sgombero delle scorie del grande focolare situato nel piano inferiore ed alla pulitura del perimetro interno .
Le pietre a calce, erano squadrate con colpi di martello e mazza ; parecchi muri a secco erano costruiti all’interno , occupando cosi’ la prima parte inferiore.
Le tegole , le anfore , i grandi vasi ed altre oggetti da fare cuocere, erano situati sulla parte superiore. L’ entrata veniva murata, lasciando semplicemente un’ apertura per l’alimentazione del focolare con piccoli tronchi d’alberi , truccioli ed anche con enormi mazzi di legno secco di poco valore , usato generalmente per questo lavoro.
Il focolare acceso, la fornace doveva essere alimentata e soprattutto sorvegliata giorno e notte per parecchi giorni. Talvolta, e questo dipendeva della quantita’ del materiale da cuocere, circa una settimana.
Nel periodo della mia giovinezza, ho avuto molte occasioni di percorrere di notte in compagnia di mio padre Giuseppe e mio nonno paterno Carmine Venezia , mugnai di professione, la strada che partiva dal vecchio mulino di Città Vecchia, e che conduceva verso la chiesetta del Signore della Pieta’, soffermandomi vicino queste fornaci , per ammirare le fiamme che sgorgavano dal focolare e della ciminiera , creando cosi un gioco d’ artifizio , sviluppando non solamente un grande calore , ma anche un fumo molto denso , soffocante , rendendo ancora piu’ faticoso il lavoro degli operai . Durante la cottura della calce, le fornaci erano soggetti ai cambiamenti atmosferici. Un giorno, parlando con il Signor Bordonaro, proprietario di questa grande fornace situata in questi paraggi , mi spiego’ che un cambiamento atmosferico durante la cottura , poteva influenzare sulla durata del fuoco.
Non posso precisare quanti gradi erano necessari per ottenere una eccellente qualita’ di calce ; forse circa 900 gradi . Questi talentuosi artigiani pieni di esperienza e di maestria, conoscevano il momento in cui la fornace doveva essere spenta. Talvolta, una settimana di tempo era necessaria per raffreddare l’insieme di questa piramide, e accedere all’interno recuperando tutto il materiale il quale era venduto a tutti gli artigiani edili ed anche ai privati per la costruzione e la copertura delle nostre vecchie e moderne dimore.
Per la preparazione delle pietre a calce, i nostri artigiani muratori usavano un metodo molto semplice ; creavano un piccolo bacino di una profondita’ desiderata e secondo la quantita’ di calce da fare sciogliere. La pietra a calce già cotta, veniva depositata nel fondo di questo bacino e ricoperto con molta acqua. La calce al contatto con l’acqua, si scioglieva, sviluppando un forte calore che talvolta al contatto della pelle e del corpo, causava moltissime ustioni.
La calce sciolta, qualche giorno dopo , si otteneva una materia bianchissima e cremosa, la quale mescolata con la sabbia dell’Etna e con una certa dose di acqua, ottenevano cosi’ un impasto per la costruzione dei muri in pietra lavica ma anche per costruire case ed altre opere.
Serviva anche per imbiancare i muri e le pareti . Possiamo anche dire, che tutte le costruzioni della nostra vecchia Citta’, sono state eseguite e realizzate con questi materiali. Voglio precisare un dettaglio molto importante ; nei secoli passati, la calce prodotta dai nostri artigiani, era molto usata da tutti gli artisti frescanti , specializzati nelle esecuzioni degli affreschi . Ma, prima di usarla, ciascuno di loro, avevano il loro segreto di conservazione.
Moltissimi artisti di grande nome, conservavano la calce all’interno delle botti di legno per circa venti anni conservata per le future generazioni per i loro figli ed anche per i nipoti.
Non sono in grado di spiegarvi l’effetto e la reazione chimica di questa materia , dopo molti anni di conservazione . Posso invece affermarvi, che questo metodo è esistito. Onore ai nostri artisti del passato , i quali ci permettono di ammirare gli affreschi e capolavori dopo molti secoli passati.
Molte cose si potrebbero scrivere concernente la preparazione di questi lavori ; ma il soggetto è troppo importante. Nelle precedenti pagine, avevo accennato il cognome delle famiglie Arcidiacono. Mi permetto ancora di parlare di Battista e Luigi ; due fratelli che pur essendo specialisti dei lavori in terracotta , erano due eccellenti musicisti. Per molti anni, hanno fatto parte del Corpo Musicale di Randazzo ; prima sotto la direzione del Maestro Marrone , dopo sotto la direzione del nostro talentuoso maestro Lilio Narduzzi , deceduto a Roma. Ho avuto l’onore di averli frequentato dal 1950 a gennaio 1957 facendo parte anch’io di questo prestigioso Complesso musicale molto amato da noi Randazzesi .
Mi ricordo , che tutte le domeniche, giorni festivi e periodi estivi, i cittadini randazzesi , potevano assistere e ascoltare nelle piazze comunali ai concerti di musica lirica . Colgo l’occasione per ricordare un artista dimenticato da noi randazzesi , deceduto a Milano qualche decennio indietro. Battista Arcidiacono , da giovane, a parte le sue qualita’ artigianali, possedeva una eccezionale dote musicale . Primo Trombone solista del Corpo musicale sotto la direzione del Maestro Lilio Narduzzi . Battista, era sempre alla ricerca della perfezione , dei coloriti e della raffinatezza musicale. Una sera, e come tutte le settimane , tutti i componenti del Complesso , eravammo riuniti nella sala del Concerto della Via San Giacomo per la ripetizione generale di una romanza dell’opera Rigoletto di Giuseppe Verdi . Il maestro Narduzzi con la sua bachetta , chiama con un segno il primo trombone solista ! La risposta è stata piu’ che negativa ! nessun suono. Battista, invece di suonare, si é messo a cantare la romanza mettendo un po’ in collera il maestro ; ma dopo qualche secondo, la collera si è trasformata in un grande sorriso paterno facendo anche ridere tutti i componenti del Corpo musicale. Battista, possedeva una bella voce ,un orecchio piu’ che perfetto sempre alla ricerca della sensibilita’ musicale.
La sua esecuzione della Cavatina di Figaro del Barbiere di Siviglia era eccezionale ; un vero delizio per gli appassionati della musica lirica.
Come moltissimi randazzesi, nel periodo del 1960 è partito a Milano, continuando a perfezionarsi nella storia musicale . Mi è stato riferito che dirigeva un complesso musicale, dedicandosi anche alla composizione. Ho avuto l’ occasione di rivederlo a Randazzo in periodo festivo prima del suo decesso , principalmente nei mesi di agosto , con il complesso Marotta presentando prima dell’esecuzione dell’ opera musicale, i dettagli storici dei grandi compositori italiani.
Tante storie potrei scrivere concernente certi componenti del vecchio Corpo musicale di Randazzo.
Non volendo cambiare i miei propositi , prima di terminare questo modesto diario, desidero semplicemente citare qualche cognome di concittadini , facendo parte del Corpo musicale negli anni 1950 ed anche dopo ; Gaetano Lazzaro , grande clarinettista, grande copista, dotato di una eccezionale calligrafia musicale . Abitava in Piazza San Martino , allievo del Maestro Marrone ; primo clarinetto A sotto la direzione del Maestro Narduzzi . Il nostro concittadino è deceduto a Milano , Carmelo Scalisi , primo clarinetto , di professione ebanista , Salvatore Mendolaro , clarinetto, di professione calzolaio, Salvatore Raciti , primo clarinetto , accompagnato dal figlio Mario Raciti trompettista . In realita’ Mario suonava parecchi strumenti. Pietrino Grasso , anche lui suonava il clarino ed anche i saxsofoni . Eccellente copista ; sicuramente che negli archivi del Complesso Marotta, si possono trovare ancora molte partizioni musicali trascritte dalle sue mani. Voglio ricordare ai nostri giovani randazzesi , che il Signor Salvatore Raciti , era un grande maestro scalpellino ; accompagnato dal figlio Mario, verso gli anni 1947 cioè nel dopo guerra, le dobbiamo il ristauro del Chiostro , colonne , banchine e finestre del nostro Palazzo Comunale , la realizzazione della scalinata del Santuario del Carmine , moltissimi lavori in pietra lavica , e innumerevoli monumenti funerari . Per completare, voglio accennare la fine delle nostre antiche fornaci. Nel quartiere di San Giuliano e nei pressi della Via Carcare, quasi tutte sono state demolite . Ci sarebbe da conservare e proteggere ancora qualche fornace piu’ che nascosta e che sarebbe dell’ epoca Araba , non voglio citarla , per paura della demolizione . Ricordo, la sera dell’ 11 agosto 2001 a l’occasione dell’ inaugurazione della Grande Esposizione in onore di Federico secondo , realizzata dall’artista siciliano : MADE’ : e presentata all’ interno del Chiostro Municipale di Randazzo dal nostro Rev.mo Monsignore Santino SPARTA’. Dopo la presentazione di questa grandiosa esposizione ,dei suoi oggetti preziosi e del suo libro, termino’ il suo discorso accennando la delicata questione della protezione e della conservazione dei resti antichi lasciati per miracolo in salvo dopo i bombardamenti del luglio e agosto 1943 . Ascoltai e ammirai il coraggio di questo eminente religioso , affermando pubblicamente che questi, non sono stati ne curati ne apprezzati da certi cittadini . Noi cittadini randazzesi ,dobbiamo essere fieri di avere un religioso intelligente , un uomo di lettere , dotato di un grande sapere , con moltissime buone idee non solamente al livello amministrativo , ma anche per la protezione dei nostri monumenti, e per lo sviluppo del turismo locale. Molte volte le sue buone idee non sono state ben seguite ed eseguite da certi dirigenti della nostra Amministrazione . La citta’ di Randazzo, ha bisogno di un grande sviluppo economico . Molti giovani diplomati e non diplomati, mancano di occupazione . Per rimediare a questa grande lacuna, male cangrenoso della nostra epoca, due soluzioni esistono ; rilanciare l’ agricoltura e il turismo. Non dimentichiammo che il nostro territorio, è stato sempre una grande zona artigianale e agricola. Producere locale, significa creazione di posti di lavoro e impieghi per i nostri giovani ,evitando cosi’ l’immigrazione e la separazione dell’unita’ famigliare. Nelle contrade del nostro Comune, esistono ancora bellissime proprieta’ agricole con sontuose palazzine antiche di una vera bellezza architetturale inestimabile.
Ammiro sempre, il coraggio dei proprietari, i quali con la forza fisica e mentale, malgrado gli inconvenienti amministrativi, riescono con molta volonta’ e gusto, al ristauro, trasformandoli in alberghi, ristoranti e luoghi di vacanza , creando qualche posto di lavoro per i nostri giovani . Ma, tutti i cittadini randazzesi amano le nostre antiche costruzioni ? Trovandomi molto distante della mia amata Randazzo, la mia risposta è forse negativa.
Senza la forza e la fede degli abitanti, un giorno o l’altro , moltissimi vestigi antichi e meno antichi, saranno distrutte . Non desidero impicciarmi di certi affari . Ultimo caso , la parte antica Est del vecchio palazzetto Germana’ ; questa piccola particella piu’ che antica, è rimasta per miracolo in piedi dopo i disastrosi bombardamenti del 1943. Da ragazzo, ho conosciuto il vecchio palazzetto ; potrei anche descrivere come era , il pianoterra, era occupato da parecchie botteghe di artigiani ; falegnami, barbieri, stagnini e venditori di buon vino. Era possibile salvarla ? questa particella, poteva essere inglobata nella nuova costruzione ? Non essendo un esperto in questa materia , non posso rispondere a queste spinose questioni.
Amici miei randazzesi, amministratori comunali di tutte le tendenze , avete pensato al salvataggio del nostro vecchio Convento di San Giorgio ? al nostro Convento dei Frati Cappuccini ? al nostro rinomato Collegio San Basilio ? volete che questi monumenti cadono in rovina e dare via libera ai demolitori ? Sarebbe un gesto ed un atto piu’ che grave .
Il turismo, si attira proteggendo le vecchie pietre e non costruendo muri in cemento oppure in calcestruzzo .
Ho avuto diverse occasioni di visitare molte regioni della Francia con i suoi sublimi antichi villaggi ; tavolta abbandonati a causa delle guerre e delle carestie , oggi rissuscitati dal disastro , con la forza e la volonta’ dei cittadini , ridando vita a queste antiche dimore , attirando molti turisti e molto benessere per gli abitanti.
Con la volonta’ e l’aiuto delle numerose associazioni locale, nei nostri antichi quartieri,molte cose si potrebbero imbellire ; molti abitanti lo fanno, mettendo in valore i lavori in pietra lavica , archi di porte , finestre, balconi ed altre belle cose. Di ritorno nella mia Randazzo, mi rendo conto che certe mentalita’ e principi, non cambiano ; pertanto, l’intelligenza e l’istruzione esiste . I cittadini randazzesi, possedono un enorme potenziale intellettuale , artistico e culturale . Non dimentichiamo che le belle realizzazioni culturali , intellettuali e archittetturali , si possono realizzare con le idee e la volonta’ di tutti gli abitanti , all’infuori della politica e delle idee politiche.
Ringrazio il Prof. Nunziatino Magro e la sua equipe di T.G.R. Televisione Randazzo , il Signor Giuseppe Portale per le sue interviste , i suoi libri , per i suoi inteventi . Il Signor Francesco Rubbino per il suo sito internet « Randazzo . Blog il quale con il suo lavoro e le sue ricerche , ha onorato e onora la memoria dei nostri defunti illustri cittadini , ma anche a noi immigrati randazzesi presenti in tutti i luoghi d’Italia e del mondo . Grazie Signor Rubbino . Grazie a tutti coloro che hanno pubblicato sui siti internet , e consultati da noi residenti all’ estero. Non desidero dimenticare il nostro concittadino Dott. Salvatore Rizzeri per le sue pubblicazioni e per l’interessamento allo sviluppo turistico della nostra Citta’ di Randazzo.
Auguri a tutti i cittadini di Randazzo , e che la Citta’ sia sempre piu’ bella, piu’ prospera, più tranquilla.
Carmelo Venezia Beausoleil Agosto 2019 .
Camelo Venezia ha scritto due bei racconti, uno sul nostro Corpo Bandistico Musicale, l’altro sulle fornaci del quartiere di San Giuliano che puoi leggere cliccando qui sotto.
https://www.randazzo.blog/2022/07/25/le-fornaci-del-quartiere-di-san-giuliano-di-carmelo-venezia/
Dopo aver conseguito nel 1983 la Maturità Classica presso il Liceo Classico Spedalieri di Catania, nel 1984 si diploma in Tromba con “10 e lode” presso il Liceo Musicale V. Bellini di Catania.
Dopo alcune esperienze come “aggiunto” (seconda tromba) presso l’Orchestra del Teatro Massimo V. Bellini di Catania, si introduce nel mondo del jazz.
Con la City Brass Big Band di Catania, nel 1987 suona, come tromba solista, insieme ad Enrico Rava, Lee Konitz, Hannibal Marvin Peterson.
Nel 1988, come tromba solista dell’Orchestra Jazz Siciliana di Palermo, registra il suo primo disco sotto la direzione di Carla Bley e Steve Swallow (XtraWATT/ECM).
Lasciata la sua terra, si trasferisce a Piacenza dove inizia una serie di esperienze musicali anche nel campo della musica leggera e dintorni.
Queste esperienze culminano nel 1995 quando diventa “la tromba” di Zucchero, con il quale collabora tuttora.
Nel Marzo del 1995 rincontra Carla Bley e Steve Swallow suonando insieme a loro come tromba solista dell’OFP Orchestra un importante concerto il 7 Marzo presso l’Aula Absidale di Santa Lucia a Bologna, concerto decantato dalla critica sulla rivista Musica Jazz n.9 del Maggio 1995 (articolo firmato da Helmut Failoni).
Il suo primo progetto jazz come “leader”, compositore ed arrangiatore è il Massimo Greco Quartet con il quale alla fine del 1995 registra il suo primo album intitolato : “Cattivik” (Modern Time). Nel 1996 registra in qualità di tromba solista per la Splash Records l’album intitolato “melodia popolare”. Leader del gruppo il clarinettista Claudio Zappi.
Nel 1997 forma il Clan Greco. Il primo album del Clan Greco, sempre con composizioni ed arrangiamenti originali di M.Greco, é uscito nel Maggio del 1998, si intitola “Musical Fitness” ed è stato prodotto e distribuito dalla Irma Records.
Il Clan Greco è inoltre presente in molte Compilations prodotte sempre dalla Irma Records tra le quali “Live in Montreaux vol. 1“. Degna di nota è infatti la partecipazione del Clan Greco al Montreaux Jazz Festival nel Luglio 1997 e nel Luglio 1998.
Nel 1997 incide ed esce l’album di Giuseppe Arezzo in titolato “Le dodici terre” edito dalla DanzadelleDita Records, album in cui M.Greco è la tromba solista accompagnato da una band di 23 elementi con archi e fiati.
Nel 2000 esce il secondo album del Clan Greco intitolato “Raptus” per la VideoRadioJazz, distribuito dalla Fonola Dischi.
Sempre nel 2000 incontra il pianista Franco D’andrea, con il quale ha registrato, in qualità di tromba solista, 2 albums per la Philology. Il primo si intitola “Eleven” ed il secondo “Combinazione 1“.
Intorno alla fine del 2000 inizia a collaborare, sempre come tromba solista, con uno dei jazzisti italiani più quotati sia in Italia che all’Estero, Gianluigi Trovesi.
Dal 1999 infatti suona con il “Gianluigi Trovesi Ottetto“.
Con il Gianluigi Trovesi Quintet invece, M.Greco registra l’album “live” Freedom in Jazz per la RAI nel Dicembre 2000 con il gruppo di Elton Dean, disco che è uscito con la rivista Musica jazz nel Giugno 2001.
Nel 2001 M.Greco viene intervistato dal giornalista e critico Riccardo Schwamenthal, intervista che esce su un articolo interamente dedicato a Greco sulla rivista Musica Jazz n.2 del mese di Febbraio.
Nel 2001 suona, come tromba solista, con il sassofonista americano David Liebman in vari Festivals fra cui il “Termoli Jazz Podium“.
Nel Gennaio 2002 esce il terzo album del Clan Greco intitolato “Brassisity” sempre per l’Irma Records.
Tanti i concerti fatti nei Jazz Club, Rassegne e nei Festival Jazz non solo in Italia ma anche all’Estero.
Nel maggio 2003 è uscito il nuovo album del Gianluigi Trovesi Ottetto intitolato “Fugace“, per la prestigiosa etichetta discografica tedesca ECM, uscita seguita da innumerevoli concerti nei più prestigiosi Festival Jazz europei e non solo.
Con l’album “Fugace” il gruppo vince il premio come miglior disco dell’anno 2003 sia in Italia che in Germania.
Nel 2004 M.Greco registra come tromba solista, insieme al trombonista Gianluca Petrella, l’album “Basic” di Gaetano Partipilo, album uscito nel mese di Settembre per la Soul Note.
Intorno alla fine del 2004 M.Greco inizia a comporre ed arrangiare per grandi formazioni.
Il suo primo lavoro degno di nota è il concerto che ha eseguito il 16 dicembre 2005 con le bande di Fornovo e di Borgotaro unite insieme più un trio jazz, nell’ambito del “Parma Jazz Festival“.
In questa occasione Greco è stato oltre che il solista anche compositore ed arrangiatore per un organico di ben 60 elementi.
Dal 2005, M.Greco si cimenta, di tanto in tanto, nei panni del produttore artisticodiscografico, grazie anche alla sua buona conoscenza tecnica nell’uso del computer e di diversi programmi musicali professionali (Protools, Logic Audio, Digital Performer, Reason, Ableton Live ed altri).
Fra alcuni interessanti gruppi da lui prodotti, troviamo: Rodriguez, Ohm Guru, Ninfa, Black Migth Wax, LTJxperience, gruppi con i quali, oltre a collaborare come produttore artistico e compositore, veste sempre il ruolo di tromba solista.
Sempre nel 2005 registra, come di tromba solista, l’album “Biba Band Live”, un omaggio alla musica dei Wether Report, album registrato con la Biba Band di Milano insieme ad altri solisti di eccezione quali Stefano Bollani, Mauro Negri, Roberto Cecchetto, Paolo Costa e tanti altri. Il disco, uscito lo stesso anno, è edito dalla Hucapan.
Dal 2006 presso il Centro Studi Musicali di Verona, nei corsi BTEC Natiolnal Diploma e Higher National Diploma, insegna le seguenti materie: tromba, teoria ed armonia funzionale, composizione ed arrangiamento jazz, musica d’insieme.
Dal 2007 al 2009 ha lavorato, sia come arrangiatore per la sezione fiati che come tromba solista, con il cantante Neffa.
Nel settembre 2007, M.Greco continuando la collaborazione con Zucchero, in occasione dei concerti all’Arena di Verona, sia come trombettista che come arrangiatore per la sezione fiati, ha registrato un doppio Cd-Dvd dal vivo.
Nel mese di dicembre 2008 è appunto uscito il doppio cd e doppio dvd di intitolato “Live in Italy“, lavoro che contiene le registrazioni audio-video oltre che dei concerti all’Arena di Verona anche quelle dello stadio S.Siro di Milano.
Dal 2008 M.Greco è entrato a far parte del nuovo quintetto di Gianluigi Trovesi, sostituendo Enrico Rava nel progetto “Espressamente”.
Dal 2008 fino al 2013 ha insegnato tromba classica e tromba jazz presso l’Associazione Musicale Acquarelli Musicali di Bologna.
Sempre nel 2008 registra come ospite tromba solista l’album “Massical”, album del grande poli-percussionista Trilok Gurtu insieme a Jan Garbarek, album che è uscito nel 2009 edito dalla BHM Production.
Dal 2009 al 2012 ha insegnato tromba classica, tromba jazz, teoria ed armonia funzionale presso Liv Centro di Ricerca e Formazione nelle Arti Performative – Comune di Bologna e Regione Emilia Romagna.
Nel 2009 è uscito l’album “Restless Spirits”, album registrato in qualità di tromba solista insieme al pianista Roberto Magris con l’Orchestra Ritmico Sinfonica di Verona.
Da febbraio 2009 M.Greco insegna “Tromba jazz” presso il Conservatorio G.B.Martini di Bologna.
Nel 2010 esce invece l’album “Motion” del gruppo “Faze Liquid”, album in cui partecipa come tromba solista insieme al sassofonista Carlo Atti ed al pianista Nico Menci, prodotto e distribuito dalla Irma Records.
Sempre nel 2010 registra l’album “Britannia shing-a-ling” a Londra presso il famoso Miloco Studio, sempre come tromba solista, insieme ad una band di jazzisti londinesi tra cui i sassofonisti Brandon Allen e Tony Kofl.
L’album è uscito nel 2011 per la Sunlightsquare Records.
Nel 2011 ha suonato nel “Chocabeck World Tour 2011” con Zucchero. In questo Tour mondiale oltre alla tromba ed al flicorno ha suonato anche il corno francese.
Il 31 di Ottobre 2011, durante una pausa del tour, M.Greco consegue il Diploma di II Livello in Tromba Jazz con voto 110 e lode presso il Conservatorio F.Venezze di Rovigo.
Nel 2012 ha insegnato Tecniche di Composizione ed Arrangiamento Jazz e Tecniche di Orchestrazione e Concertazione Jazz sempre presso il Conservatorio “G.B.Martini” di Bologna.
Sempre nel 2012 fonda gli Afronauti, un quintetto con jazzisti di spicco quali Roberto Rossi e Nico Menci.
Anche in questo gruppo M.Greco ricopre il ruolo di tromba solista, compositore ed arrangiatore.
L’album di questo quintetto dal titolo “A Jazz Odyssey” per l’Irma Records è uscito nel Febbraio 2013, edizioni Music Market.
Nel 2013 ha insegnato Tromba jazz anche presso il Conservatorio “Luisa D’Annunzio” di Pescara, Tecniche di improvvisazione presso il Conservatorio F.A.Bonperti di Trento e Composizione jazz presso il Conservatorio G.Martucci di Salerno.
Sempre da Gennaio 2013 collabora con la Reno Galliera Wind Orchestra, un’ orchestra composta da ben 45 strumenti a fiato.
Il primo concerto nato da questa collaborazione è del 10 Giugno 2013 intitolato “Note da Cinema” svoltosi al Teatro Arena del Sole di Bologna.
In quell’occasione M.Greco, oltre che ad essere la tromba solista, ha eseguito alcuni suoi brani originali, scrivendo ed arrangiando ad hoc per la numerosa formazione anche alcune Suite contenenti brani tratti dalle colonne sonore di films italiani.
Nel mese di Maggio 2013 è stato docente di “musica d’insieme jazz” e di “improvvisazione jazz” nel Seminario Jazz al Borgo organizzato dal Comune di Bologna presso la Villa Bernaroli di Borgo Panigale insieme a John Taylor e Diana Torto.
Da Maggio 2013 ha intrapreso una collaborazione con alcuni comici del programma televisivo Zelig off (M.Dondarini, M.Grano, R.Dal Fiume) con i quali ha creato uno spettacolo di teatro e musica in veste non solo di tromba solista, ma anche come compositore, arrangiatore e direttore musicale.
Lo spettacolo si chiama “x man at work” e la “prima” si è svolta il 24 Maggio presso il Rockafè di Bologna.
Sempre da Maggio 2013, M.Greco dirige la University Big Band di Verona con la quale sta preparando il loro nuovo secondo album.
Nel mese di Settembre 2013 è uscito l’album intitolato “Pa’lante” di Hamlet Fiorilli & His Latin Jazz Experience registrato in Austria ed edito dalla Freiaudio Records, album dove M.Greco ha suonato come tromba solista “special guest” insieme al sassofonista Lukas Gabric.
Il 17 Maggio 2014 ha suonato per il Bergamo Jazz Club presso la prestigiosa Sala di Porta S.Agostino con il pianista Fabrizio Puglisi in un concerto interamente dedicato a Miles Davis riscuotendo un enorme consenso da parte del pubblico e della critica come dimostra l’articolo sull’Eco di Bergamo uscito l’11 Maggio scritto da Renato Magni.
Alla fine di Maggio 2014 è uscito l’album intitolato degli Estrela Guia “Equilibrio acustico” nel quale M.Greco è oltre che tromba solista anche compositore ed
arrangiatore.
Il disco è uscito per l’Irma Records ed è edito dalla Music Market.
Nei giorni 6,7 ed 8 di Giugno 2014 M.Greco ha svolto tre giorni di Seminari in qualità di docente di Musica d’insieme jazz e Tecniche di improvvisazione.
I Seminari si sono svolti all’interno di Imola in Musica e sono stati organizzati dal Comune di Imola e dalla Scuola Civica V.Baroncini.
Oltre a svolgere l’attività di docente, ha tenuto tre concerti serali, rispettivamente il 6, il 7 e l’8, in qualità di compositore, arrangiatore e tromba solista: il primo con il M.Greco Trio, formazione alla quale fanno parte Marco Micheli al contrabbasso e Roberto Cecchetto alla chitarra; il secondo in Duo con il pianista
svedese Jan Lundgren ed il terzo con il gruppo Estrela Guia con il quale ha presentato il nuovo disco.
Il 9 Novembre 2014 ha suonato, come tromba solista, con la Big Band del Conservatorio G.B.Martini di Bologna, all’interno della rassegna “Bologna Jazz Festival”, insieme a John Taylor, Giulian Siegel e Diana Torto.
A Maggio 2015 è uscito l’album intitolato “Two suites for jazz orchestra” di Oscar Del Barba “featuring” il sassofonista Dave Liebman, album in cui M.Greco ha partecipato in qualità di tromba solista.
Nell’A.A 2014/2015 ha insegnato Musica d’Insieme Jazz e Composizione Jazz presso il Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce, Tecniche di Improvvisazione presso il Conservatorio “G.B.Martini di Bologna e Tromba Jazz presso il Conservatorio “L.Campiani” di Mantova.
Nel 2015, nei giorni 6,7 ed 8 di Giugno 2015 M.Greco ha svolto tre giorni di Seminari in qualità di docente di Musica d’insieme jazz e Tecniche di improvvisazione.
I Seminari si sono svolti all’interno di Imola in Musica e sono stati organizzati dal Comune di Imola e dalla Scuola Civica V.Baroncini. Oltre a svolgere l’attività di docente, ha tenuto un concerto, il venerdì 5, insieme al chitarrista Bebo Ferra, concerto durante il quale i due musicisti hanno presentato le loro nuove composizioni.
Sempre nel 2015 incide per l’Irma Records di Bologna due albums con due progetti trasversali al proprio, progetti di cui M.Greco è direttore, compositore, arrangiatore e tromba solista. Il primo è “Smoothy Jazz” del gruppo JBX Experience ed il secondo è “Looking for stardust” del gruppo Gals & Bra.
Il 15 e 17 Luglio 2015 M.Greco, con il suo quintetto, il Clan Greco, è stato protagonista di due concerti all’ EXPO MILANO 2015 all’interno del Padiglione Bio-Mediterraneo,nella rassegna Etna e le sue eccellenze, in qualità di “testimonial musicale” della sua Terra (la Sicilia) e dei Suoi prodotti autoctoni.
Il 13 Ottobre 2015 ha partecipato come compositore, arrangiatore e tromba solista al Salento Guitar Festival all’interno della rassegna “I musicisti del Terzo Millennio”.
Nel 2016 ha insegnato Composizione e Arrangiamento Jazz, Armonia Jazz, Analisi delle forme sia classiche che jazz, Videoscrittura musicale e Tromba Jazz presso il Conservatorio A.Buzzola di Adria, Tromba Jazz presso il Conservatorio L.Campiani di Mantova, Composizione Jazz, Tromba Jazz, Forme,sistemi e linguaggi musicali presso il Conservatorio G.Verdi di Como, Tromba Jazz presso il Conservatorio G.B.Martini di Bologna.
Tuttora dirige la University Big Band di Verona con all’attivo, già nei primi mesi di quest’anno, alcuni importanti concerti come quelli eseguiti presso il Teatro Camploy di Verona, presso la Sala Rossa di Villa S.Fermo a Lonigo (Vi) e presso il Teatro Centrale di S.Bonifacio (Vr).
Nel mese di Giugno 2016 M.Greco ha registrato il suo nuovo album intitolato “Misticanze” con il Massimo Greco Quartet (composizioni ed arrangiamenti originali di M.Greco), album che è uscito il 2 Dicembre 2016 per la prestigiosa etichetta jazz italiana “To be jazz”.
Il 19 Luglio 2016 ha suonato in qualità di prima tromba e tromba solista della Colours Jazz Orchestra con il chitarrista brasiliano Toninho Horta e con il baritonista statunitense Ronnie Cuber all’interno dell’Ancona Jazz Festival.
Sempre a Luglio 2016 ha registrato un album con la Colours Jazz Orchestra insieme ai musicisti statunitensi Scott Robinson e Joe La Barbera, album in uscita per la fine dell’anno.
Nel mese di Settembre 2016 ha registrato, come tromba e flicorno solista, nel nuovo album di Luciano Ligabue, album che si intitola “Made in Italy” in uscita alla fine dell’anno, mentre il 24 e 25 Settembre ha suonato insieme a Luciano Ligabue nei due grandi concerti-evento all’Autodromo di Monza davanti ad un pubblico che ha raggiunto le 80.000 presenze a concerto.
Il 18 Novembre 2016 è uscito l’album “Made in Italy” del cantante Luciano Ligabue per la prestigiosissima etichetta “Warner Music”.
In questo album M.Greco ha suonato in qualità di tromba e flicorno solista.
A Gennaio 2017 è uscito l’album intitolato “ArrangiMenti” di Massimo Morganti, per l’etichetta discografica “Notami Jazz”, album in cui M.Greco ha suonato come prima tromba. In questo album ha suonato insieme agli statunitensi Joe La Barbera, Bill Cunliffe, Martin Wind e Scott Robinson.
In questo Anno Accademico 2016/2017 a M.Greco è stata assegnata la cattedra di Composizione Jazz presso il Conservatorio G.Frescobaldi di Ferrara.
Dal 1 Febbraio 2017 M.Greco è in tournè come tromba e flicorno solista con il cantante Luciano Ligabue nel “Made in Italy tour”, tour proseguito fino al mese di Novembre 2017 con più di 70 concerti in Italia e all’Estero.
Anche in quest’Anno Accademico 2017/2018, M.Greco svolge la docenza di Composizione ed Arrangiamento Jazz, Tromba Jazz e Musica d’insieme Jazz presso vari Conservatori italiani.
Ieri sera, prima del concerto di Ligabue, ho avuto l’onore di conoscere ed intervistare il grande Massimo Greco, per 20 anni “la tromba” di Zucchero e da quest’anno trombettista di Ligabue.
Per le domande ho preso spunto dal mastro intervistatore Zosimo. Scusate per la poca inventiva, spero vi piaccia comunque.
Ciao Massimo! Iniziamo subito con la domanda di rito: perché la tromba?
Non lo so…quando avevo 10 anni mi regalarono una fisarmonica giocattolo e io ci giocavo dalla mattina alla sera. Mio papà allora mi disse che se mi piaceva mi avrebbe mandato alla banda. Ci sono andato, mi sono iscritto ed ho iniziato con il flicornino in Mib…poi la tromba…poi sono andato al conservatorio, ecc.
Al mondo del jazz, ti sei avvicinato da autodidatta o sei andato da qualche maestro?
Assolutamente da autodidatta.
Cosa c’è ora nel tuo ipod? Non ce l’ho…
Non ascolti musica? Poca, e ti spiego anche il perché. Fortunatamente sono impegnato un sacco in molti progetti e passo molto tempo ad ascoltare e studiare i pezzi che poi devo suonare.
Oltre che di tromba e trombone, sei insegnante di informatica musicale applicata: di cosa si tratta?
Nello specifico, in conservatorio, si tratta di studiare e approfondire il programma Finale come programma musicale per scrivere partiture, ecc.
Hai mai pensato di fare musica classica?
Io in realtà sono diplomato in tromba classica. Per quasi due anni sono stato seconda tromba al Bellini di Catania, in orchestra, però poi ho incontrato il jazz e ho girato l’angolo…
Se non avessi suonato la tromba, quale strumento avresti scelto o se non avessi suonato la tromba che lavoro avresti voluto fare?
Non ne ho la più pallida idea…so fare solo questo!
Visto che il nostro è un forum di trombettisti, oltre alla musica ci interrano anche cose prettamente tecniche tipo la spasmodica ricerca dell’acuto. Tu che ne pensi?
Non me ne frega assolutamente niente! Io arrivo fino al fa parlando per il piano, quindi al nostro Sol sopra il pentagramma in maniera pulita ed intonata e sono apposto così.
Riguardo all’impostazione, ne hai una normale o hai cercato qualcosa di particolare?
Assolutamente niente, normalissima, vengo dal classico quindi un’impostazione molto pulita e semplice.
Qual è la tua tipica giornata di studio?
Suono soprattutto le parti che devo suonare in giro.
Altra domanda da trombettisti: tu sei famoso per la tua Martin rossa, hai altre trombe?
Adesso si, prima di oggi ho avuto solo la mia Martin rossa, ora ho anche la Martin blue. Comunque sia sempre e solo Martin, sono abituato all’emissione e per me è molto importante.
E invece come flicorno?
Attualmente ho solo un Leblanc. Ora mi sto muovendo per cercarne uno di scorta e credo che prenderò un Courtois, secondo me uno strumento molto interessante.
Per i bocchini cosa usi?
Yamaha GP ma non ricordo il numero…l’ho provato, mi trovavo benissimo e l’ho tenuto.
Hai mai fatto una ricerca per il suono con i bocchini? Ne hai provati molti?
Ni….ho iniziato con il classico Bach, poi sono passato allo Schilke e poi il Yamaha GP che ho da 20 anni
Se avessi a disposizione una macchina del tempo con chi vorresti suonare?
Andando nel passato vorrei trovarmi al posto di Miles Davis con Charlie Parker!
Oltre che un grande musicista sei un grande compositore e direttore artistico: come si conciliano le tre cose?
Le 3 cose sono perfettamente parallele: come musicista ti fai le ossa con i tuoi progetti, col trio o col quartetto ecc., poi passi a dirigere la big band, direi che è tutto collegato. Man mano che cresci negli anni diventa tutto naturale.
Come vedi la situazione del jazz in Italia?
Direi buona soprattutto perché insegnando in conservatorio incontro tanti giovani che amano il jazz e secondo me ci sono tanti talenti e tante proposte nuove molto interessanti.
Dopo tanti anni con Zucchero ora sei in tournee con Ligabue. Com’è quest’esperienza?
Ottima, mi sento in famiglia.
Grazie Massimo, sei stato gentilissimo. Un saluto agli amici del forum.
Ragazzotti mi raccomando: STU-DIA-RE! Ciao!
LA “FAVOLA” DI MASSIMO DA RANDAZZO A LIGABUE 18 febbraio 2017
Dalle falde dell’Etna, a prestigiosi palchi, dalla banda “E. Marotta” all’Arena di Verona, e non solo. E’ la favola di Massimo Greco, Randazzese, trombettista, strumento che ha iniziato a suonare con la banda di Randazzo, e che lo ha portato ad affiancare artisti del calibro di Zucchero, Neffa ed ora Ligabue.
Abbiamo incontrato Massimo, tra le 3 date del tour di Ligabue ad Acireale. “Mi trovo qui per caso – ci dice – ho suonato il Filicorno in una canzone del suo ultimo album; e poco prima dell’inizio della tournée, Liga , mi ha chiesto di fare parte della sua band.
Una grande soddisfazione, che si unisce alle tante avute in carriera”. Massimo è nato in Francia, ma a sei mesi si trovò a Randazzo: “Sono randazzese, ho vissuto lì per anni, e la mia famiglia risiede ancora a Randazzo, mio padre lavorava nell’edilizia
A 11 anni sono entrato nella banda, dove ho suonato fino a 16 anni quando mi trasferii al conservatorio.
Laurea in tromba con 10 e lode.
Poi la gavetta, con tante band in Sicilia, ma l’insoddisfazione di essere pagati poco o niente.
A 26 anni – continua – ho lasciato la Sicilia per andare a Piacenza, quella è stata la svolta della mia carriera musicale”.
A Piacenza e nei dintorni Massimo riesce a vivere di Musica, specie jazz, la sua passione, e inizia anche la carriera di compositore, che continua tutt’ora con molti dischi all’attivo.
“Nel 1994 ho effettuato un provino per Zucchero, che mi volle nella sua band, con la quale ho suonato fino al 2011.
Poi la collaborazione con Neffa, e l’attuale collaborazione con Ligabue, che seguirò per il tour nei palazzetti partito da Acireale, che mi terrà impegnato fino a fine maggio”.
Un musicista che è noto in Italia e nel mondo per la musica jazz, anche se arriva alla notorietà collaborando con artisti pop di grande livello.
“Ricordo ancora le mie prime esperienze con la Banda Musicale di Randazzo “Erasmo Marotta” alla quale mi sento molto legato, tra l’altro mio fratello è l’attuale Presidente, e sono felice di sapere che molti giovani partiti come me dalla banda, attualmente sono in Conservatorio”.
Qualche anno fa, Massimo è tornato a suonare a Randazzo, con degli arrangiamenti particolari per la Banda Musicale suonando insieme.
“Nel mio ultimo disco la copertina è di Sergio Treglia, artista Randazzese”. LUIGI SAITTA Fonte “La Sicilia” del 18-02-2017
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