Il dottor Francesco Finocchiaro (nato a Randazzo il 23 luglio 1864, morto il 19 ottobre 1938), “chimico e farmacista”, conduceva la sua farmacia nella prima metà del secolo scorso sulla via Umberto, nei pressi di San Martino: era la tipica farmacia d’una volta, con vasi e alambicchi allineati sugli scaffali, dove lo speziale preparava con le sue mani rimedi e antidoti per ogni infermità, una farmacia come quelle descritte da Giovanni Verga o da Vitaliano Brancati, una sorta di Circolo Cittadino, frequentata alla sera da amici e conoscenti, dove confluivano tutte le notizie e le chiacchiere del paese, si progettavano scherzi memorabili, si leggevano le composizioni più salaci destinate a pochi intimi.
Pare che il dottor Francesco Finocchiaro fosse piuttosto bravo nella preparazione di sciroppi e per qualche suo preparato aveva anche ottenuto il brevetto.
Nella attività lo affiancava il fratello Gabriele (nato l’11 settembre 1870), che coltivava un animo d’artista: dipingeva,
realizzava caricature e vignette umoristiche, intrecciava canestri e all’occasione praticava anche la tassidermia (imbalsamazione di animali).
Sarebbe scomparso il 7 agosto 1943, durante i bombardamenti cui aveva sperato di sottrarsi rifugiandosi, come tanti altri, nella chiesa di S. Martino, ritenendola un luogo sicuro.
In tempi, come quelli, di scarsa alfabetizzazione, i pochi “uomini di penna” godevano di una certa fiducia e considerazione, al momento di dovere scrivere una lettera, un contratto, richieste queste che il farmacista soddisfaceva sempre, e spesso in versi.
I due fratelli, spiriti arguti, dalla penna sciolta e la rima facile, poetavano su tutto e tutti.
Non esiste purtroppo una raccolta organica dei loro scritti, se n’è potuta avere memoria frammentariamente, e solo attraverso fonti orali, ormai estinte, di “discepoli” e frequentatori, pagine di vecchi giornali e trascrizioni.
La loro poesia era spesso estemporanea, ma mai illetterata, tanto in lingua che in dialetto, nel pieno rispetto della metrica, una poesia dal fraseggio sciolto, disseminata di doppi sensi, finissime allusioni, citazioni dagli autori classici.
I farmacisti seguivano attentamente la vita politica locale e nazionale, le loro composizioni trovavano spazio su fogli satirici dell’epoca, quali “ U trabanti” di Bronte,” L ei è la rio ” di Catania, e altri ancora, firmate spesso con lo pseudonimo di Turi Raspa, dove trattavano tutti i problemi della Randazzo del tempo: acqua, illuminazione, ferrovia, ospedale, igiene pubblica… Purtroppo a chi legge adesso, potranno sfuggire tanti riferimenti a fatti e personaggi distanti parecchi decenni non conoscendone il contesto, ma nonostante ciò la loro poesia ed i temi trattati si rivelano attuali e piacevoli ancora oggi.
Maristella Dilettoso dal libro “POETI RANDAZZESI DEL PASSATO” IX Rassegna di Poesie Dialettali e in italiano :“Versi e parole nelle parlate galloitaliche di Sicilia” – 2013 edito dalla Pro Loco di Randazzo.
Da un vecchio cassetto è sbucato fuori un antico opuscoletto di poesie dialettali dal titolo ” Poesie Siciliane” di Turi Raspa che ci rappresenta una situazione politico-sociale dei primi del Novecento, ci è sembrato opportuno presentarvene una nella versione originale.
A Franciscu Vitu Gasparazzu: (Notizi supra a situazioni politica a Rannazzu: “Arriva l’acqua ri Pietri Janchi?”
Sta’ vota a Gasparazzu mi presentu /ccu la facci cascata e ccu la cuda
a ‘mmienzu li gammi e triemu ri spaventu /si non cci scrissi nun fu curpa mia,
ma tutta di la nostra Ferrovia-/
La nostra Ferrovia , lu sannu tutti/ogni dui e tri cummina sti frittati,
di li giusti pretisi si nni frega…./ma pagatili .ppi favuri ,l’impiegati!
E viditi cca cessanu ‘ntra nenti/vuci, minazzi,scioperi e lamenti.
Ma st’argumentu a nui nn’importa pocu,/e parrari di “ l’acqua” nni cunvieni,
giusta comu vi dissi: a tempu e locu/diremu di la nivi cosi ameni,
rimannannu a la prossima simana/li fattarelli ri la gna’ Bastiana.
“L’acqua” ,vi dissi vieni, ri Muntuni/evi chiara frisca e trasparenti,
si arrivati a tastarini un buccuni,/viditi chi vi stronanu li denti.
Ma l’acqua non verrà ‘nta lu paisi/s’evi guvirnatu ri li Rannazzisi.
Già un cunsigghieri ,ri li cchiù arraggiati,/di chilli chi v’aggiustanu lu munnu,
ccu quattru scarabocchi e du’ parrati,/a la questioni cci tuccau lu funnu,
cu stu’ discursu fattu tempu arreri/avanti nauntri setti cunsigghieri.
Si ‘i Vaiasinni avissuru a chianari,/st’acqua a Rannazzu nun cci vieni mai;
si turnassi Pulizzi a guvirnari/dici chi st’acqua costa troppu assai.
I pupulari vincinu ? E allura/Muntuni evi chiusu ‘nda ‘na sipultura!
Pinsari ad autra acqua evi ‘na fissaria/chilla ri Vaiasinni evi ‘nsufficienti…
-Cunsidirati chilla De Maria…/Gugliermu non cunchiuri; finalmenti
resta Muntuni, e alluri evi necessariu/cca ristassi tru nui lu Commissariu.
L’acqua detta di “Pietre Bianche” proviene dalle sorgenti di Portale o Pietre Bianche, Tortorici (ME) a circa 1350mt. sul livello del mare, portata acqua circa 7 litri al secondo. Sorgente di Montone-territorio di Randazzo circa 1275 mt.sul livello del mare, (portata: 1 litro/sec). La condotta che raccoglie l’acqua delle due sorgenti arriva al Serbatoio dei Cappuccini, dopo avere attraversato alcune zone, tra cui Roccabellia e Murazorotto.
E’ il 1° acquedotto costruito a Randazzo (1906/1907). sindaco pro- tempore Gualtiero Fisauli. Acque eccellenti e saluberrime sono definite dalla ” Relazione a cura del Prof.Eugenio Di Mattei-Università di Catania”.
A cura di Silvia Vagliasindi dal libro “POETI RANDAZZESI DEL PASSATO” IX Rassegna di Poesie Dialettali e in italiano :
“Versi e parole nelle parlate galloitaliche di Sicilia” – 2013 edito dalla Pro Loco di Randazzo.
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Un originalissimo contratto di affitto di una abitazione scritto in versi dal dr. Francesco Finocchiaro gentilmente concesso da Pippo Dilettoso.
CONTRATTO DI LOCAZIONE
L’anno di grazia novecentoquindici/Fatta in Randazzo il 29 Giugno
Avanti i testi che si rendon vindici/E sottoscrivon con il proprio pugno,
Si convien quanto appresso sarà detto/E quanto infine poi sarà riletto.
Zingali Santo cede in locazione/A Ciccio Garagozzo fu Bastiano
Una bottega per abitazione/La qual sarà pagata mano a mano,
Come suol dirsi a terzo anticipato/E come meglio qui sarà spiegato,
Il primo terzo all’ultima di Agosto/Ed il secondo il primo di gennaio
L’ultimo terzo sarà corrisposto/Il primo Maggio, ed è evidente, chiaro
Che lo Zingali lascerà quietanza/Di nulla più a pretender della stanza.
Il Garagozzo s’obbliga osservare/Alla sua volta i patti tali e quali
La bottega non può subaffittare/Se non dietro permesso del Zingali
S’obbliga infine di non far rumore/Giusta le leggi urbane oggi in vigore.
Ciò non vuoi dire che durante il giorno/Non possa fare chiavi, serrature,
Maniglie, saliscendi o qualche adorno,/Purché la notte non dia seccature.
Né si potrà lagnare il vicinato/Se esercita il mestiere a cui è portato
Il prezzo convenuto è lire trenta/Da ripartirsi come sopra è detto
Zingali dal suo lato si accontenta,/mentre l’accordo al Garagozzo è accetto
Dietro tai patti espliciti ed asciutti/Contenti loro due contenti tutti
L’affitto ha sol di un anno la durata/E col trentuno Agosto avrà scadenza
Può venir questa scritta rinnovata/Se le parti ci trovan convenienza
In questo caso basta solamente/Scrivere un cenno in calce alla presente.
S’obbliga Garagozzo custodire/La casa da buon padre di famiglia,
Usarla con decoro e pria di uscire/Riconsegnarla tale e qual la piglia
non occorre concedo perché è patto/Che il termine suddetto val di sfratto.
Vien la presente in doppio originale/firmata per comune garanzia
Ed è inutile dire che essa vale/Come se da Notar redatta sia,
Cautela non pregiudica, io dico,/Come diceva pure il motto antico,
Qualora si dovesse registrare/La scrittura privata qui presente,
Tutte le spese si dovrà addossare/Chi trasgredisce i patti o se ne pente.
Stabilite cosi le condizioni/Alla firma si vien dei testimoni.