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Nunzio Perciabosco

                                                    Nunzio Perciabosco è nato a Randazzo probabilmente nel 1676.    

Francesco Rubbino

                 Fu uno scrittore di varie commedie e drammi oltre che poeta comico. Non si hanno molte notizie di Lui. Sicuramente ha viaggiato molto  è riuscito a laurearsi ed entrare nelle corti nobili di Roma e di altre Città. E’ stato citato da alcuni storici:

  –  Giuseppe Emanuele Ortolani (1758-1828)  ha scritto quattro volumi sulla storia di molti Uomini Illustri e  parlando di Randazzo (1821)  lo cita come “poeta comico e autore di varie commedie e drammi”. Interessante la breve citazione che fa di Randazzo nel
      “Nuovo Dizionario Geografico e Biografico della Sicilia”

  • Domenico Martuscelli · (1825) nella Sua Opera ” Dizionario topografico della Sicilia di Vito Amico”  a pagina 415   così lo definisce:  “Nunzio Perciabosco addetto alle più amene lettere ed intento a comporre opere comiche , nelle quali alcune furono pubblicate ed altre corrono manoscritte per le mani degli amici ; visse famigliare di Matteo Fazio vescovo di Patti”. 

    Nicola Morelli (1825) nella Sua Opera “Biografia dé Re di Napoli -a Pagina 564 così lo definisce: “Nunzio Perciabosco Siciliano fu Autore molto esatto della Commedia intitolata Altamira , In quest’epoca fu introdotta la musica nel teatro .

    Pietro Napoli-Signorelli  (1811)  nella sua opera: “Vicende della coltura nelle due Sicilie dalla venuta delle colonie straniere sino a nostri giorni”. a pag. 100 lo cita : “… Niccolò Salerno de ‘ baroni di Lucignano autore del Gianni barattieri pubblicata nel 1717,  Nunzio Perciabosco siciliano autore dell’ Altamira, …..”

    Alessio Narbone  (1855)  nella sua opera: “Bibliografia sicola sistematica – Volume 4 – Pagina 113  così ne parla: ” Nunzio Perciabosco da Randazzo , Il Fidauro , ovvero Le bellicose vendette . – L ‘ Altamira , ovvero L’amorosa simpatia . Giulio V Cesare in Egitto , ovvero La vendetta giurata “.

    Agostino Gallo (1832) nella sua ” Lettera sulla Collegiata di S.M. di Randazzo, e su una descrizione ivi esistente”  inviata all’Abate Buscemi cita Nunzio Perciabosco.

     

Le Sue opere conosciute ed anche molto stimate dalla critica sono:

  • Altamira o vero l’Armoniosa Simpatia del sangue. ( 1713)
    Gl’Accidenti del Carnovale. ( 1716)
    Il Polifemo o vero la Tirannide soggiogata.
    Fidauro o vero le bellicose vendette favorite dalla fortuna.  (1698)
    L’Olivara o vero l’amante crudele.
    La Partenza e l’arrivo in Porto Salvo degli ambasciatori di Messina a Nostra Signora in Jerusalemme, Musica del Rev. Abb. D. Marco Caraffa  (1740)
    La Donna  Margarita, O vero L’incognita Conosciuta Negl’ Accidenti Scenici Del Carnovale.  Opera Scenica (1743). 

  • Giulio Cesare in Egitto o vero la vendetta giurata in premio del tradimento opera tragicomica datata 1 novembre 1716. 

  •       Di quest’ultima Opera fortunatamente è arrivato fino a Noi il testo integrale che potrai leggere cliccandoci sopra.
          Non ci è nota la data della Sua morte.

     
    Gli Amministratori Comunali in Suo ricordo gli hanno intitolato una graziosa Via che si trova dietro la chiesa di San Martino ed è l’immagine in evidenza che caratterizza il personaggio.   

 

 

 
 

Antonino La Piana “Maratoneta”

                                                                             

 

Francesco Rubbino

                   Nino La Piana nasce in Germania a Francoforte il 20 gennaio 1979 da Mario e Franca Pina Saporito emigrati lì per lavorare.

Da piccolo ritorna a Randazzo dai nonni Antonino La Piana e Benedetta Longhitano che si prendono cura di Lui.

Frequenta la scuola media al Collegio Salesiano San Basilio. Nel 1999 si diploma all’Istituto Agrario. Nel 2001/2003 svolge il servizio Civile/Militare a Messina e 2 mesi  nel 5^ Reggimento Alpini di Vipiteno (Bolzano).

  Nel 2004, suo malgrado, ritorna in Germania per lavorare. Purtroppo non riesce ad ambientarsi ed ha trovare un lavoro soddisfacente e decide di rientrare definitivamente a Randazzo dagli adorati nonni.

 

Nino con i nonni.

Nino con i nonni.

Nino con suo padre.

Nino militare a Vipiteno.

 


      La sua passione è la bicicletta, ma nel periodo della Pandemia – 2020 – incomincia a correre riscontrando di avere delle qualità in questa disciplina sportiva. Incomincia il Suo percorso da
“Maratoneta”.

       Queste sono le Sue partecipazioni agli eventi sportivi: 

Enzo Maganuco

                                                                                ENZO  MAGANUCO  (1896-1968)

Il 4 febbraio 1968 si è spento a Catania il Professore Enzo Maganuco, figura eminente di umanista che vivrà sempre ne ricordo di quanti lo ebbero come Maestro e come collega.
Enzo Maganuco nacque ad Acate il 10novembre 1896, compì i suoi studi a Genova, dove si laureò in Letteratura Italiana; specializzandosi poi a Firenze in Storia dell’Arte. Insegnò Storia dell’Arte nei licei statali di Catania (Cutelli e Spedalieri)  per molti anni.
In questo periodo pubblicò pregevoli saggi artistici.

Maria Cristina Maganuco

Impegnato nell’insegnamento medio, iniziò l’attività universitaria dopo aver conseguito la docenza nel 1938.
Fu Accademico d’Italia nel 1939.
Gli fu conferito l’incarico di Storia dell’Arte Medioevale e Moderna presso l’Università di Messina, che mantenne per venti anni; contemporaneamente insegnava presso l’Università di Catania in un primo tempo Storia della Musica e Storia delle Tradizioni Popolari ed in seguito Stria dell’Arte Musulmana e Copta.
Dal 1950 in poi e fine alla fine insegnò Storia dell’Arte Medioevale e Moderna presso l’Istituto di Magistero di Catania.
Suoi argomenti preferiti di ricerca furono i problemi relativi all’Arte Siciliana.
Nel 1962 conseguì anche per questo la Medaglia d’Oro al merito della Cultura e dell’Arte.
Diresse con appassionata cura il Museo Civico del Castello Ursino fino alla morte.
Fra le sue pubblicazioni notevole risonanza ebbero gli studi sui problemi di datazione e sui pittori Pietro Novelli e Giuseppe Paladino.
Grande è il vuoto che Enzo Maganuco ha lasciato nel mondo della Cultura. Particolarmente in quello Siciliano, che aveva trovato in Lui il Maestro sempre aperto ad ogni entusiasmo, sempre pronto ad esaltare la generosità della sua terra di Sicilia.
Egli, irridendo la vita, insegnò ad amarla perché della vita fece intendere i valori eterni e, sprezzante di ogni conformismo sociale, rivelò i veri ideali umani per i quali vale la pena di vivere.

 

                                        Enzo Maganuco

OPERE: 
   –   Lineamenti e motivi di storia dell’arte siciliana, in “Archivio Storico per la Sicilia Orientale”, 1932
   –   Architettura plateresca e del tardo cinquecento in Sicilia, Catania 1939
   –   Problemi di datazione nell’Architettura Siciliana del Medioevo, Catania 1940
   –   Icòne di Antonello Gagini in Roccella Valdemone, Catania 1939
   –   Cicli di affreschi medioevali a Randazzo e a Nunziata di Giarre, Catania 1939
   –   Opere d’Arte catanesi inedite o malnote in Catania, Catania aprile 1933
   –   La pittura a Piazza Armerina, Siciliana, agosto 1923
   –   Artigianato e piccole industrie, 1932
   –   Le decorazioni dei carri e delle barche, 1945
   –   Motivi d’Arte Siciliana, 1957
   –   Bibliografia: Salvatore Nicolosi, Enzo Maganuco, in “La Sicilia”, 6 febbraio 1968, p. 3. 

 

 

 

Catania-1930.-A-sinistra-Vitaliano-Brancati-il-fratello-Enzo-Maganuco-Franca-Santangelo-un-amico.-In-basso-Maria-Maganuco-DAmico-Maria-Concetta-Santangelo-Maria-Concetta-DAmico (foto di Maria Cristina Maganuco) ..jpg

                                                                                                               ***

  Enzo Maganuco nella sua attività di critico d’arte ha scritto molti articoli alcuni riprodotti qui di seguito:

 

01-La-Sicilia-4-gennaio-1966 (1) Enzo Maganuco
il pittore Antonino Gandolfo, articolo di Enzo Maganuco, 1933
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   Libri:

 

 

 

Alcuni articoli sulla figura umana, professionale, artistica, storica del prof. Enzo Maganuco.

La Sicilia

 

L’amore per la Sicilia

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Quel pendolare

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Cagini e Roccella Valdemone

 

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La lucerna

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 Piccola curiosità raccontata da Santino Camarata.

  Enzo Maganugo era solito venire a Randazzo accompagnato da alcuni dei suoi alunni e scendendo dalla stazione della CircumEtnea saliva lungo il corso Umberto I. Si fermava quasi sempre davanti alla sua parruccheria ad ammirare una colonnina di marmo bianco che Santino aveva collocato nella vetrina  su un piccolo piedistallo. Il negozio allora si trovava quasi all’angolo del corso Umberto I con piazza Municipio.
La colonnina era quello che restava della casa paterna in quanto negli anni cinquanta del novecento era stata completamente distrutta da un incendio. 
La casa si trovava quasi accanto il Castello Svevo dove ora vi è ubicato il Museo Archeologico Vagliasindi .
Osservando con quanto ammirazione il Maganuco guardava la colonnina Santino gli fa la proposta che l’avrebbe regalata al Comune, per metterla nella via degli Archi, se avesse fatto ottenere un finanziamento dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali di Catania. 
E così fu. 
Le foto sottostante dimostrano questa piccola e bella curiosità.

 

                                              La vetrina della parruccheria di Santino Camarata.

 

 

 

Randazzo – La casa paterna di Santino Camarata. In fondo si nota la colonnina.

 

Randazzo – La via degli Uffici ora via degli Archi con la vecchia colonnina che è andata distrutta.

 

Randazzo – Via degli Archi, in bella vista la colonnina di Santino Camarata.

 

Randazzo – La colonnina di via degli Archi

     La prossima settimana pubblicheremo alcuni articoli dedicati a Randazzo alla sua Architettura, alla Pittura, alla Miniatura, e al libro di preghiere di Giovannella De Quatris scritte da Enzo Maganuco nella rivista “Panorami di Provincia – Randazzo” . (1937/1938).

 

 

TESTIMONIANZE

 Una figura eccezionale. Dovevo dare con lui un esame ma lui guardava il mio libretto universitario e poi guardava me: ah, lei è di Randazzo! Bene, per giudicarla mi basterà sentire quel che mi dirà del suo paese e come lo dirà.
Naturalmente Randazzo non era nel programma.
Foti Olga

Collegio Salesiano S. Basilio esami  V° Ginnasio 1955 Enzo Maganuco presidente della commissione. Una persona austera che incuteva non soggezione, ma terrore a vederlo. Si dimostrò un’animo gentile e disponibile mettendoci a nostro agio. Ci disse che eravamo fortunati a vivere a Randazzo che, si capiva, amava moltissimo.
Nino Calcagno

Enzo Maganuco era innamorato di Randazzo e ha fatto innamorare anche me, al punto che ,dopo 40 anni di vita nella metropoli ho avuto il coraggio di tornare a vivere qui. Ricordo con quanto amore ci portava in giro per le vie dei vecchi quartieri in compagnia di Don Virzi ,del prof. Edoardo Bonaventura o del prof. Pietro Virgilio. Si entusiasmava nel descrivere i monumenti o le vie come via dell’Agonia a parer suo la strada più bella di Randazzo assieme a via degli Archi . Un uomo non bello in viso ma intelligente, cordiale e semplice. Mi  ha fatto piacere rivedere la sua foto.
Avv. Vittorio Nunzio Zappalà.

Ho conosciuto Enzo Maganuco al Santuario di Valverde nel 1947. Ero lì per gli esercizi spirituali. Lui si aggirava nella chiesa ammirando i dipinti. Il parroco lo chiamò presentandolo come il migliore critico dell’Arte Siciliana. Una persona di gran fascino.
Don Santino Spartà

Enzo Maganuco fu il presidente della commissione degli esami di V° ginnasio nel 1952 al Collegio Salesiano S. Basilio. Una persona che non passava inosservata e lo si incontrava fuori fra le stradine del centro storico.
Avv. Nando Camarata

Si ringrazia Maria Cristina Maganuco per il materiale letterario che ci ha messo a disposizione e la signora Paola Fisauli Appassionata di Arte e Storia di Randazzo che gentilmente ci ha messo in contatto.

         

      

 

 

 

 

Il Mercato Domenicale a Randazzo – La Storia

              Il Parlamento Nazionale nel 1970 approva la riforma delle attività commerciali.
 L’Assemblea Regionale Siciliana la  recepisce  nel 1972.             

La riforma vietava qualsiasi attività nei giorni di domenica e nelle festività.
Il Mercato Domenicale a Randazzo quindi doveva essere chiuso.

Nella cittadinanza incominciò ad esserci un forte malumore. Il Sindaco di allora – Francesco Rubbino – tentò di ottenere qualche decreto e/o ordinanza sollecitando il governo regionale e la prefettura, anche per una questione di ordine pubblico,  ma tutto fu inutile perché era necessario che l’Assemblea Regionale Siciliana legiferasse in merito.
Furono organizzate da parte dei Sindacati e dei partiti (soprattutto quelli di sinistra PSI, PSIUP, PCI, PRI ed  in seguito tutta la DC) varie manifestazioni anche a Palermo con la partecipazione di numerosi cittadini. Per ben due volte quattro  pullman strapieni di manifestanti si recarono a Palermo per sollecitare i vari gruppi politici a presentare ed ad approvare un progetto di legge che garantisse lo svolgimento del Mercato Domenicale. 
C’è da dire che da parte dell’Associazione dei Commercianti vi fu una forte pressione a che si rispettasse la legge. Infatti da molto tempo i Commercianti volevano la chiusura o lo spostamento del Mercato ad un altro giorno della settimana in quanto vedevano lesi i propri interessi. 
In Città vi era una vera e propria ribellione molti, anche per interessi politici/sindacali soffiavano sul fuoco.
I giorni passavano e per due domeniche il Sindaco fu autorizzato dal Prefetto, per pericolo di ordine pubblico,  a consentire lo svolgimento del Mercato Domenicale.
Il Pretore subito se ne lavò le mani dicendo “fate che poi Io vi giudicherò”. 
Intanto a Palermo tutti i gruppi dell‘Arco Costituzionale, come si diceva una volta, erano favorevoli alla proposta di modificare la legge, ma vi era un ostacolo: il Presidente della Regione aveva manifestato la volontà di dimettersi e se questa veniva formalizzata in Aula l’attività legislativa doveva essere sospesa fino a quanto si eleggeva il nuovo governo.
Il clima era molto teso, bisognava trovare qualcuno della maggioranza che prima delle dimissioni del Presidente presentasse questo progetto di legge.
Penso che vi rendiate conto che il nostro problema visto da Palermo era ben poca cosa, un fastidio più che altro.
Santino Camarata, allora Vice Sindaco repubblicano, si recò a Mascali per parlare con l’on.le Rosario Cardillo  repubblicano manifestandogli tutta la Sua preoccupazione per quello che succedeva a Randazzo e sollecitandolo ad essere Lui a presentare la proposta di legge.
E così fu.
Prima che il Presidente della Regione formalizzasse in Aula le sue dimissioni, l’on.le Cardillo si alzò e chiese che si potesse discutere e mettere ai voti la Proposta.
Tutti furono d’accordo. 
E così fu che venne approvata  la legge n. 44 del 22 luglio 1972 , ottenuta a furor di popolo, che autorizzava i  Mercati Domenicali in Sicilia,  ove per tradizione si erano svolti. In esecuzione di questa legge, l’Assessore Regionale all’Industria e Commercio, con D.A. n. 558 del 13 settembre 1972 sanciva il diritto all’apertura del Mercato Domenicale nel Comune di Randazzo, di fatto esistente da oltre trentacinque anni.

Randazzo aveva vinto la sua battaglia; l’unica Città in Italia a poter svolgere Attività Commerciale di Domenica sia per i negozianti sia per gli ambulanti.

 

Una piccola considerazione.
Per molti anni si è discusso della possibilità di organizzare meglio il Mercato Domenicale e però niente si è fatto, anzi si è lasciato che crescesse disordinatamente. 
A parole molte proposte: spostarlo in un altro sito anche alla Stazione delle FFSS, farlo salire per il corso Umberto interessando la piazza S. Nicola e piazza Municipio, o lasciarlo lì dov’è con una organizzazione più razionale.
Tutto si può fare basta che ci sia equilibrio e buon senso da parte di tutti.
Una cosa, penso non si possa fare: che questo Sindaco e questa Maggioranza decidano per tutti noi. Il Mercato – nel bene come nel male – è un Patrimonio di tutti i Randazzesi che lo hanno voluto e hanno lottato per ottenerlo là dove si trova. Quindi, prima di prendere decisioni avventate, è necessario un dibattito tra le forze politiche/sindacali coinvolgendo le Associazioni di categorie e i Cittadini che hanno a cuore questi problemi. 
Al Sindaco, politicamente e moralmente, spetta soltanto quello di capire quello che la Città vuole e farsi carico di realizzarlo. 
Francesco Rubbino .

Corpo Musicale di Randazzo: Storia, Ricordi e Aneddoti di Carmelo Venezia

Francesco Rubbino

STORIA , RICORDI E ANEDDOTTI DEL CORPO MUSICALE DI RANDAZZO

      Nei diari personali degli anni passati sono state sempre le prime dieci righe le più difficili  da redigere. Forse perché alcuni ricordi sono, più che incancellabili, sublimi.  Poche persone della nostra Città hanno  scritto a sufficienza  per elogiare il nostro  antico  corpo bandistico Musicale di Randazzo.

    Banda Musicale di Randazzo – 1955 al centro  Lilio Narduzzi con il canonico Edoardo Lo Giudice

  Ma, con  parole semplici e chiare, vi parlerò delle mie esperienze e della mia vita , vissuta dal  1948 a gennaio del 1958 nel seno di questa grande scuola che era il corpo Bandistico musicale di Randazzo. Dopo una lunga ricerca personale ho potuto avere dal nostro concittadino signor Vincenzo Rotella delle informazioni molto precise riguardo la creazione di questo corpo musicale, il più antico della provincia di Catania.

Il  22 settembre 1847, dal sindaco di Randazzo, con l’aiuto del canonico Giuseppe Cavallaro amministratore dell’Opera De Quatris, grazie alle leggi e al consenso dell’amministrazione comunale  dell’epoca, fu creato il corpo bandistico cittadino di Randazzo per abbellire e migliorare le feste cittadine.
Il Canonico istituì anche una scuola per l’insegnamento di musica, solfeggio, strumenti ad ancia e ottone, per giovani ed anche per adulti che avevano la passione per la musica. Il costo, a quei tempi, fu di circa di trenta onze, penso in oro. 
Prima di continuare nella ricerca ho voluto fare un piccolo calcolo per potere conoscere il valore di questa antica moneta  la quale, per l’epoca, rappresentava  una grossa cifra ; oggi sicuramente molte migliaia di euro. 
L’onza,  od oncia, era una moneta che ebbe corso in Sicilia nel XVIII°  secolo fino  all’annessione della Sicilia al Regno d’Italia  del 1860 .  Il suo valore corrispondeva a 30 tarì. Nel 1732 fu coniata in argento e in oro nel 1733 dal peso di 4,4 grammi d’oro puro.
Prima del 1800 era stata coniata una doppia onza d’oro di circa 8,8 grammi.  Verso il 1814 fu coniata in argento con un peso di circa 69 grammi.
Dobbiamo essere grati ai tanti finanziatori  di quell’epoca appassionati di questa meravigliosa arte musicale, per la loro grande generosità, perché essi pensavano non solamente all’istruzione,  ma anche al bene in generale della  cittadinanza randazzese .
Dal 1847, anno dell’istituzione  e sino al 1967, l’Amministrazione  Comunale  di Randazzo sostenne le spese  per il salario dei maestri e finanziava anche le spese per la fornitura  e per  eventuali riparazioni  degli  strumenti musicali; metteva anche a disposizione un locale spazioso e gratuito non solamente per il solfeggio, ma anche per l’insegnamento degli strumenti musicali e per le ripetizioni generali.
La sala di musica era quella attuale ; cioè l’antica  chiesetta  sconsacrata di San Giacomo ubicata sempre in questa antica stradina che è la via San Giacomo.  Percorrendola a piedi possiamo ancora ammirare moltissime antiche casette con magnifici archi di porta in pietra lavica  decorati con sculture semplici e date di costruzione.
La banda musicale, allora, era composta esclusivamente da uomini;  tutti i mestieri artigianali vi erano rappresentati.
Le donne non erano ammesse; la mentalità e le usanze dell’epoca erano completamente diverse da oggi. Le donne non avevano la libertà di scelta. Forse per un arcano spirito di protezione? Forse per egoismo maschilistico? La risposta non è facile. Tuttavia anche loro avevano il diritto di amare la musica. 
Come avevo scritto nella precedente pagina , il 22 Settembre del 1847 iniziò la storia del nostro corpo bandistico musicale di Randazzo. Certi documenti ci portano poi al 1891 quando ne fu nominato  presidente  un nostro concittadino, uomo d’aspetto un po’ austero , ma  dotato di una grande intelligenza: era il Signor Francesco Vagliasindi. 
Pur avendo consultato  parecchi documenti, purtroppo non posso indicare quale fosse  la sua attività principale. Forse era un eminente funzionario del comune di Randazzo ? Ignoro.   Il signor Francesco Vagliasindi, grazie alla sua intelligenza ed alla sua perspicacia, capì subito  che bisognava assumere  un vero maestro di musica e così insegnare e trasmettere agli allievi  le appropriate tecniche per una adeguata competenza musicale teorica  e strumentale.

Carmelo Venezia

                               Gruppo di Musicanti – Randazzo 1953.


 Vincenzo Rotella mi ha precisato che i maestri, sin dalla istituzione della banda musicale, cioè dal  1847,  erano di origine catanese e si erano formati al Conservatorio di Napoli, scelti da Carmelo e Mario Bellini fratelli di Vincenzo l’autore della  “Sonnambula”, della “Norma” e de “ I Puritani”.
Alcuni documenti ci conducono immediatamente  al 1891, quando il presidente  Francesco Vagliasindi assunse un nuovo maestro di musica, sempre con l’intenzione di perfezionare e migliorare le capacità dei musicanti. 
Questo documento  ci descrive l’incontro  di queste due persone così recitando :

     “Un bel giorno, un signore di altezza media, con un vestito ben curato, con un bel paio di baffetti su un volto rotondo, scese dal treno proveniente da Catania e si presentò subito al Signor Francesco Vagliasindi  che, da circa un’ora, lo attendeva alla stazione ferroviaria di Randazzo. Questo elegante signore era il maestro Antonino Borzì accompagnato da Orazio Scuderi, virtuoso trombettista e capo banda  del complesso bandistico di Biancavilla.
  Il maestro Borzì, dopo parecchi mesi di intenso lavoro, raggiunse tutto quello che aveva desiderato, cioè i frutti del suo lavoro e del suo insegnamento musicale.  La banda musicale aveva raggiunto il numero straordinario di trentuno musicanti bene addestrati”

Malgrado la distanza che mi separa da Randazzo, ho potuto fare una breve ricerca riguardo la famiglia Borzì.  Un documento di quell’epoca specifica che nel 1878, il consiglio comunale di Catania deliberò un sussidio per solida pensione al figlio di Antonino Borzì per altri due anni e per  fargli completare i suoi studi musicali a Napoli.
Antonino Borzì non fu irriconoscente.  Egli regalò la Messa di Gloria che venne eseguita al Duomo  nella festa di Sant’ Agata il 21 Agosto 1882.  Nel 1886, ancora lui, il maestro , istituì la nuova banda musicale di Catania con la denominazione  di “Bellini”.
Il maestro Borzì rimase a Randazzo probabilmente per parecchi anni, praticando sempre il suo insegnamento musicale per i suoi allievi i quali, riconoscenti, lo ricambiavano eseguendo con molta passione, tecnica e melodia, diversi brani musicali sinfonici e fornendo, nei periodi festivi, allegria ai cittadini randazzesi ed anche ai numerosi forestieri che assistevano ai festeggiamenti  del quindici agosto. 
Come è destino di tutte le cose  belle della nostra esistenza, il maestro Borzì, per sconosciuti motivi, dovette lasciare il corpo musicale e la città di Randazzo.  Pur cercando nei miei documenti, non mi è stato possibile   conoscere la data esatta della sua partenza.
Un documento fotografico del 1872, forse unico, si trova nell’archivio fotografico personale del prof. Nunzio Magro.  Si tratta, di una fotografia su lastra di vetro argentato, metodo fotografico in uso in quell’epoca, ed in esso figurano  i componenti della banda.
Questa copia è ancora visibile  nella  sala di ripetizione  della via San Giacomo.
C’è un’altra antica foto, scattata il 5 Marzo 1899 sotto i portici all’interno del cortile del Convento di San Domenico, nella quale possiamo vedere tutti  i musicanti  della banda, vestiti con un’ elegante divisa e con il loro simpatico cappello a piume.

     5 marzo 1899 – Banda Musicale di Randazzo. Al centro elegantemente vestito il maestro Antonino Borzì.           foto di Vincenzo Rotella.

 

 Possiamo anche ammirare  l’elegantissimo maestro Antonio Borzì e, alla sua destra, forse il suo capo banda.
Mi compiaccio di fornire  una precisazione; questa foto è stata eseguita all’epoca sotto i portici, situati all’interno del cortile dell’antico Convento di San Domenico, oggi in rovina, e al centro del quale si trovava un’antica cisterna la quale serviva come riserva d’acqua per i monaci.  Le loro celle erano situate al disopra di questa struttura. Sfortunatamente  una parte della chiesa e dell’ antica costruzione furono danneggiate dai bombardamenti del luglio e dell’ agosto  del 1943. 
In seguito, intorno al 1959, il resto dell’edificio, che in parte poteva essere salvato e conservato come antica rovina, è stata demolito dalle mani  di uomini poco scrupolosi ed indifferenti verso le testimonianze storiche .
Una informazione  ben precisa mi è stata fornita  una sera del 1952, da un anziano musicante  Signor Santo Santangelo ormai deceduto da molti anni .
Nel secolo scorso molte fotografie sono state scattate all’interno di questo cortile che veniva utilizzato  forse saltuariamente. L’interno della chiesa serviva come sala di ripetizione.
Il motivo  dell’utilizzo del cortile era il fatto che  tutti i giovani allievi, dopo molti mesi di insegnamento  musicale e strumentale, prima di essere ammessi  nel corpo musicale per le sfilate  e concerti, dovevano imparare  a camminare  a passo militare  cioè a passo sinfonico.
Ed era appunto all’interno di questo spazio aperto, che certi anziani insegnavano ai giovani questi movimenti  che, come tutti sappiamo, consistono nel camminare  battendo i piedi a tempo e contemporaneamente. 
Il Signor Santangelo suonava il sax  basso con molta passione ed era fiero del suo strumento sempre intonatissimo.
Un’altra antica fotografia , anni fa, era in possesso del signor  Vincenzino Scandurra e  di suo fratello Pippo, due eccellenti clarinettisti e “duettisti”, che erano stati  allievi del maestro Gerardo Marrone;  essa era esposta all’interno della sua antica segheria situata nel quartiere di San Francesco di Paola.  Un membro della sua famiglia vi era rappresentato: forse suo padre.
Dopo la partenza del maestro Antonino Borzì, un altro talentuoso personaggio gli successe alla direzione  del Corpo Musicale: il maestro Sigismondo Manno nato a Monreale (Palermo).  Questa persona dotata da un notevole ingegno musicale e artistico , ha saputo continuare il lavoro e l’opera del suo predecessore, aiutata nello stesso tempo della collaborazione dei due Capi banda Santo Bruno e Orazio Scuderi.
Il maestro Sigismondo Manno, prima di venire nella città di Randazzo, aveva diretto per qualche periodo diversi complessi bandistici.
 L’idea di questa ricerca mi è venuta per curiosità piuttosto storica  concernente  la sua carriera musicale.
Un  altro documento  che riguarda  la banda musicale della città di Augusta, creata nel 1863, e diretta in quell’epoca dal maestro Monteforte, ci informa che nel 1895 costui lasciò la direzione del complesso e a lui succedette il supplente maestro Sigismondo  Manno nato a Monreale.
Nel 1896 a sua volta quest’ultimo si dimise della sua carica lasciando il posto al  maestro Monteforte.
Successivamente la banda di Augusta fu diretta dal maestro Francesco Farina il quale nel 1899  emigrò in Argentina per cui alla direzione della banda di Augusta succedette ancora il maestro Sigismondo Manno fino al 1906, quando ne riprese la direzione il maestro Farina rientrato dall’Argentina. 
Il maestro Manno diresse anche  il corpo bandistico della città di Calascibetta a seguito di pubblico concorso nel 1891. A lui succedette il maestro Antonino Leto di Castelbuono (Palermo) nel 1903.

 

                                       La Banda di Randazzo – foto avv. Nunzio Zappalà

 

Il maestro Sigismondo Manno prese la direzione della banda musicale di Randazzo probabilmente dopo il 1906; ma questa data non è documentata.  Egli era un uomo di un notevole ingegno  musicale e artistico e continuò efficacemente il lavoro del maestro Borzì sempre con l’aiuto e la collaborazione dei due capi banda Santo Bruno e Orazio Scuderi, virtuoso trombettista, come certi scritti attestano.
Il 28 ottobre 1922 un evento politico venne a sconvolgere l’Italia cambiando le abitudini, i costumi, la situazione politica e le manifestazioni della vita di tutti i cittadini. 
Per essere chiari, è stata la creazione del Partito Fascista. In seguito all’affermarsi di questo movimento politico, la banda fu costretta a cambiare il nome trasformandolo in: Corpo Musicale Fascista e fu anche nominato un nuovo  presidente.
La persona scelta fu un  concittadino dell’antica nobiltà randazzese, il dottore Consalvo Vagliasindi, uomo molto intelligente, appassionato di musica, cortese e,  soprattutto, rigoroso e amante della disciplina. 
Quanto ero ragazzino, vi parlo degli anni 1940-1944, mi ricordo di questo simpatico personaggio di grande statura vestito sempre con molta eleganza e raffinatezza  soprattutto i sabati fascisti con la sua elegante divisa militare in compagnia di altri dignitari.
In quel periodo il Corpo Musicale Fascista tornò veramente di moda, usato e impiegato come propaganda  per moltissimi rituali del regime; ad esempio, le parate militari e soprattutto per festeggiare i sabati fascisti.
 Molti concerti sinfonici erano eseguiti sulle piazze della nostra città di Randazzo.  Molte volte, il sabato fascista, era festeggiato con sfilate e parate militari. 
Non volendo commentare questo triste periodo, desidero spiegare brevemente ai nostri giovani in che cosa consisteva il sabato fascista.   Tutti i giovani di allora che avessero compiuto 18 anni, tutti i sabati, avevano l’obbligo di partecipare alla preparazione militare.   Vestiti con una divisa militare  imparavano  a marciare a passo militare, salutare  militarmente ed acquisire  la conoscenza dell’uso delle armi  da fuoco e da combattimento.
Lo scopo  dei dirigenti politici e dell’esercito era che quando  questi giovani sarebbero stati reclutati, arrivando nel loro luogo di assegnazione, erano già quasi preparati e pronti per essere destinati sui campi di battaglia e d’occupazione. 
Molti giovani musicanti appartenenti alla banda, hanno dovuto fare questo percorso.
Un altro  importante fatto storico avvenne nel luglio del 1929, quando il Podestà (massima autorità municipale) essendo  molto soddisfatto  del lavoro compiuto dal maestro Manno, decise di rinnovargli l’incarico per  altri cinque anni. Ma il maestro non era in un eccellente stato di salute.  Le sue condizioni fisiche si aggravarono sempre di più e, nel 1931, circondato dall’affetto della sua famiglia e di molti cittadini randazzesi, lasciò definitivamente  questo mondo. 
Per un breve periodo il Corpo Musicale Fascista fu diretto dal maestro Sebastiani ; pur avendo effettuato una pur breve ricerca, non ho raccolto notizie precise su questa persona.

               Carmelo Venezia a sinistra.


Dopo il decesso del maestro Manno un altro  grave problema  si doveva risolvere : trovare il suo successore.
Il problema  fu presto risolto.  La persona scelta fu un giovane  di circa 36 anni molto simpatico, diplomato dal  Conservatorio di Napoli  e che fu subito assunto.
Era il maestro Gerardo Marrone, nato nella città di Lanciano il 25 luglio 1895, diplomato  in oboe e corno inglese.  Pare che da giovane abbia fatto parte del Corpo Musicale di Chianciano. 
Con il suo aspetto giovanile, con il suo modo di parlare, e con il suo accento continentale, trovò il modo esatto di conquistare l’affetto, la fiducia e la stima di tutti i musicanti e di molti cittadini randazzesi. 
Un documento del 1931 ci informa che il Podestà, con delibera  immediatamente esecutiva , lo nominò subito  direttore della banda e della scuola del dopo lavoro. Da allora il giovane maestro Marrone trasferì  a Randazzo la sua famiglia.  La moglie era originaria della città di Giarre ; aveva due figli, una femminuccia e un maschietto chiamato Paolo.  Non posso  indicarvi  il loro luogo di nascita, ma posso  affermare  che la loro giovinezza l’hanno trascorsa  nella nostra città di Randazzo.
Il maestro Gerardo Marrone , con il suo grande zelo e con le sue capacità musicali, si impegnò moltissimo nel il suo nuovo lavoro.  All’inizio il suo cambiamento di metodo disorientò un po’ i  musicanti, abituati ad un altro modo di direzione.  Quando questi  si resero conto del valore umano , artistico e musicale del maestro, modificarono il loro comportamento ed i loro atteggiamenti; ed  un particolare trattavano con grande rispetto il giovane maestro che si dimostrò  un eccellente insegnante rispettoso dei  i suoi allievi, ma molto severo nell’ ’insegnamento del solfeggio. 
Dopo il suo arrivo alla direzione della banda, impose un sistema di lavoro molto severo e in certi periodi anche faticoso. 
Le prove si effettuavano a partire delle diciannove e trenta senza limiti di orario finale. Con questo metodo la banda progredì musicalmente e artisticamente con un ritmo più che veloce.

                       Locandina Banda Musicale di Randazzo – 5 maggio 1932.

Nel periodo dei concerti domenicali e festivi la presenza dei cittadini era sempre più numerosa ; costoro, dopo avere ascoltato diversi brani musicali, applaudivano con molta energia e passione il maestro e tutti i componenti del corpo bandistico. 
Desidero aggiungere che, anche sotto la direzione  del Maestro Lilio Narduzzi, quest’orario è stato mantenuto.
I principali periodi delle feste nella città di Randazzo incominciavano sempre a Capodanno, con un grande concerto sinfonico eseguito su una delle piazze scelte dall’autorità municipale:  molte volte all’interno dell’antico chiostro del nostro Municipio.
Seguivano le processioni della Settimana Santa, la festa della Santa Pasqua, dell’Annunziata con la sua grande fiera del bestiame, la festa di San Giovanni Battista nel quartiere di San Martino, sempre con la sua particolare fiera del bestiame  tenuta all’esterno della Porta San Martino nei dintorni dei ruderi dell’antica chiesa oggi nascosta da parecchie nuove costruzioni forse abusive.
Questi due importantissimi avvenimenti duravano circa una settimana attirando moltissimi commercianti forestieri .
La città di Randazzo, in questi periodi, era un centro molto animato e vivace; il commercio locale prosperava e  soprattutto l’artigianato era molto attivo, tornando ai livelli di prima degli eventi bellici del luglio e dell’agosto 1943.

Gli Alleati sfilano davanti alla chiesa di San Martino bombardata. – luglio/agosto 1943.

La stagione lirica terminava sempre  nel  mese di settembre in coincidenza con le feste dell’Immacolata nel quartiere di San Pietro  e  del Signore della Pietà sulla piazzetta dello storico quartiere di San Giuliano.

Nelle precedenti pagine avevo scritto che, dal 1847 fino al 1940, moltissimi avvenimenti si verificarono sotto la  direzione del corpo bandistico.  Essendo io nato nel 1934, il maestro che ho conosciuto nel periodo della mia infanzia è stato il maestro Gerardo Marrone.
Da ragazzino e nei periodi festivi i miei genitori mi accompagnavano per assistere alle animatissime feste ed anche ai concerti serali eseguiti con molto talento dalla banda municipale  diretta dall’infaticabile maestro Marrone.
Mi divertivo vedendolo gesticolare  tenendo nella sua mano destra una bacchetta anche se non capivo i suoi movimenti. 
Il suo fisico era  piuttosto robusto; indossava una elegantissima divisa sicuramente confezionata  da qualche maestro sarto della nostra Città. Non capivo i gesti ed i segni della sua mano sinistra come della mano destra.
Cosa esprimevano questi gesti ora lenti ora veloci ? Per me ragazzino erano gesti appartenenti ad uno strano ed incomprensibile linguaggio. Con il passare degli anni ho capito  l’importanza di questi gesti e movimenti.
Nel 1939  iniziò la seconda e disastrosa guerra mondiale, creando disordine ed un grande disagio economico e sociale in tutte le nostre famiglie. 
Molti musicisti furono arruolati e inviati sui campi di guerra: in Grecia , in Africa, in Russia.
Il corpo musicale subì grandi perdite tra i principali componenti. Molti non sono più ritornati, dispersi o deceduti sui campi di battaglia.  Malgrado questi inconvenienti, il complesso bandistico con la forza e l’impegno del maestro Marrone, continuò a sopravvivere sino al 1943.
Tra  luglio e agosto 1943 la nostra antica città di Randazzo fu bombardata più che duramente dai nostri alleati. L’ottantatré per cento circa delle nostre case e dei nostri antichi monumenti furono distrutti .
L’antica chiesetta sconsacrata della via San Giacomo che era adibita a sala di musica, d’insegnamento e ripetizioni, fu distrutta dalle micidiali bombe privando il corpo musicale del suo luogo di raduno.
In seguito a questi disagi (forse poche persone  ne sono a conoscenza) è stata utilizzata una sala provvisoria all’interno del nostro Municipio pur essendo stato bombardato  anch’esso assieme all’antica chiesa di San Francesco oggi inesistente.
Questa si trovava, dopo l’entrata dal cancello, a sinistra,  a piano terra, prima di accedere alla scala che conduce al primo piano. Un nostro simpatico concittadino, il papà del nostro musicista, artista, trombettista Massimo Greco, conosce bene questo dettaglio, in quanto la sua famiglia, nonni, mamma e papà, erano stati guardiani del palazzo comunale.
Un altro luogo di insegnamento  e ripetizione  è stato l’interno dell’antica chiesa e Convento di San Domenico anche se una parte dell’edificio, cioè le celle e un lato del campanile furono semidistrutte.

Per un breve periodo  ospitò anche la scuola per l’insegnamento dei mestieri, in particolare per la lavorazione del legno cioè ebanisteria e falegnameria.
Ho avuto l’occasione di leggere, in un breve commento scritto forse da un nostro concittadino, che la chiesa di San Martino sarebbe servita provvisoriamente come sala di ripetizione; questo non è possibile in quanto la chiesa era stata bombardata nel luglio del 1943.
Desidero apportare una precisazione; quando ero adolescente, prima delle feste di San Giovanni ed anche in occasione di altri eventi festivi, in certi giorni piovosi, il corpo musicale si metteva al riparo  all’interno della chiesa eseguendo marce sinfoniche ed anche liriche. Tutto questo però avveniva molto di rado.
Vorrei dare una precisa informazione storica ai giovani che non hanno conosciuto e visto l’interno di questa chiesa prima del disastro bellico. Entrando dalla porta centrale ,sulla destra , esisteva un grande antico organo poi distrutto nel periodo dei bombardamenti e mai ricostruito.  La grande porta centrale con le due porte laterali, erano in bronzo con pannelli in rilievo che raffiguravano vari santi e personaggi della liturgia cattolica.  Queste porte richiamano quelle esistenti nel Battistero di Pisa.
Forse, negli archivi della chiesa, esiste qualche documento fotografico di queste opere d’arte oggi distrutte.
Molti anni di lavoro sono occorsi a queste persone per ricomporre il corpo musicale. Molti giovani appassionati di musica  frequentavano i corsi gratuiti in questi luoghi provvisori. 
Per quanto mi riguarda, la persona che mi ha veramente trasmesso la passione per la musica e per il clarino è stato mio padrino di cresima Carmelo Scalisi, clarinettista, fisarmonicista e pianista, che era stato allievo del maestro Gerardo Marrone.
Una sera del 1947 mi presentò al maestro Marrone; dopo un breve colloquio con moltissime domande, egli non esitò ad assumermi nella sua scuola per l’apprendimento del solfeggio e solo l’anno seguente per l’apprendimento del clarinetto in la bemolle chiamato anche sestino a causa delle dita delle mie mani non abbastanza lunghe essendo ancora giovanissimo. 
Le prime lezioni di solfeggio mi erano state impartite nella sua abitazione situata nel quartiere di Santa Maria, all’angolo tra via dei Caggegi e la via G. Marconi.   In seguito i corsi e le prove  si tenevano all’interno della chiesa dell’antico Convento di San Domenico.  Dopo la guerra la ricostruzione fu molto laboriosa e difficilissima per la comunità randazzese. 
Il maestro  Marrone fece molto con le sue capacità ed il suo coraggio ,  ma fu anche aiutato da molti anziani musicanti soprattutto dal capo banda Signor Francesco Di Silvestro e da suo padre Signor Antonino Di Silvestro; preciso che essi erano anche due bravissimi baritoni dotati di un eccezionale cultura musicale,  e furono aiutati da altri musicanti quali Gaetano Lazzaro , Carmelo Scalisi, Pietrino Grasso ed altri, riuscendo a riorganizzare i corsi di musica e d’insegnamento strumentale.

                                                               15 agosto 1960 Banda Musicale di Randazzo e di Catania.


In questo periodo  moltissimi antichi strumenti musicali furono inviati a Messina per una completa revisione. Aggiungo un piccolo dettaglio: il signor Antonino Di Silvestro aveva conosciuto il maestro Manno. Lo troviamo con altri anziani musicanti su un foto dell’otto aprile 1928 dove possiamo riconoscere il signor Salvatore Raciti, clarinettista, il signor Antonino Di Silvestro, il giovane Luciano Samperi con il suo tamburo e piatti ed altre persone come il signor Baieri Carmelo con i suoi piatti, il signor Santangelo, il signor Papotto con il suo bombardino, il signor Salanitri con il suo saxofono soprano.
Persone con molta cultura musicale, oggi passate al mondo dei defunti.
In attesa della fine dei lavori nella nuova sala dei concerti della via San Giacomo, l’antica chiesa di San Domenico serviva ancora come luogo di insegnamento e raduno.
Il metodo d’insegnamento del maestro Marrone era molto impegnativo per noi giovani allievi. Egli teneva moltissimo all’ottima conoscenza del solfeggio; anche ad una rapidissima lettura delle note musicali.  Durante il mio percorso di vita musicale ho avuto moltissimi consigli e lezioni particolari da due clarinettisti, il signor Gaetano Lazzaro bravissimo copista dotato di una bellissima calligrafia musicale e il signor Carmelo Scalisi anche lui insegnante.
Finalmente tra il 1949 ed il  1950 e dopo molti mesi di lavoro edile, la sala della Via San Giacomo fu riaperta. 
Con grande sorpresa dei dirigenti i muri interni, compreso il soffitto, non erano stati isolati; durante le ripetizioni i suoni producevano un eco, creando  disturbo sonoro per l’accordo degli strumenti. 

Ettore Di Stefano

Dopo molte consultazioni e discussioni, il capo banda signor Francesco Di Silvestro ed il maestro apportarono un grande miglioramento acustico facendo collocare un gran telone sotto il soffitto.
Qualche anno dopo la sala fu arricchita di una grande cattedra (palco) in legno che formava un semicerchio con diversi livelli che permettevano di separare gli strumenti ad ance da quelli in ottone e percussione.
 Quest’opera fu eseguita da un nostro concittadino, oggi defunto, signor Salvatore Di Stefano con l’aiuto del giovane  figlio Ettore. La sua falegnameria si trovava in Via Umberto dirimpetto alla chiesa di San Martino.
Nel 1949 il Comune di Giarre decise di ricomporre il suo corpo musicale facendo appello al maestro Gerardo Marrone.
Il bravissimo maestro decise di lasciare la città di Randazzo e la sua banda per andare a dirigere quella di Giarre. Aggiungo una precisazione: tutti i musicanti  della nuova banda della città di Giarre era stipendiati e pagati mensilmente dal Comune. In pochi mesi di lavoro egli fece progredire il complesso bandistico ad un alto livello artistico essendo lui, all’epoca, il migliore e il più rinomato della provincia.
Non volendo abbandonare definitivamente i suoi allievi e la sua banda di Randazzo, ritornava per  brevi periodi circa due volte la settimana. Per qualche anno la banda di Randazzo rimase senza maestro. Con la tenacia e le capacità del capobanda Francesco Di Silvestro, aiutato da suo padre signor Antonino, si riuscì, malgrado gli innumerevoli problemi finanziari, a mantenere il complesso bandistico efficiente.

Cav Pietro Vagliasindi sindaco di Randazzo

Nel 1950 l’amministrazione comunale, col contributo  del sindaco cav. Pietro Vagliasindi, fu creata una nuova commissione . L’affidamento della presidenza fu dato ad una persona che noi tutti abbiamo conosciuto e che troviamo su molte fotografie con il maestro Manno; si tratta del canonico Edoardo Lo Giudice, persona dotata di una grande cultura ecclesiastica e musicale.
Altre tre persone facevano parte della nuova commissione: il notaio Cammarda, il signor Castiglione ed un altro concittadino; perdonatemi se non ricordo il suo cognome. 
Il rev.mo canonico Lo Giudice era nato a Randazzo il 21 febbraio 1888 e morì il 9 gennaio 1977.
Il suo corpo riposa nel cimitero di Randazzo accanto alla tomba di padre Luigi Magro da Randazzo, monaco Cappuccino e grande storico. 
Il nuovo presidente, nei primi mesi del 1951, andò alla ricerca di un nuovo maestro. Dopo una consultazione tra i componenti della nuova commissione, il canonico Lo Giudice decise di chiamare un giovane maestro proveniente dalla provincia di Viterbo. 
La mattina del 13 febbraio 1951 un piccolo gruppo di musicanti si recò  alla stazione della Ferrovia Circumetnea ad attendere il treno proveniente da Catania. Il maestro Lilio Narduzzi scese dal treno un po’ infreddolito; ma, con molto garbo, andò incontro a questo piccolo gruppo composto anche dal signor Vincenzino Trazzera.
Dopo le rituali presentazioni il maestro Narduzzi fu accompagnato in Via Dei Lanza alla dimora del canonico Edoardo Lo Giudice, il quale aveva già fatto preparare  per lui un piccolo alloggio. L’incontro tra i due fu più che caloroso; la stretta di mano fu lunga e calorosa.
Il maestro, che discendeva da una famiglia di musicisti, era nato nella città di Vallerano (Viterbo) il 7 gennaio 1921 e si era diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia in Roma in fagotto e composizione musicale.  Nel 1946 diresse la storica banda musicale G. Verdi della città di Corchiano, facendole vivere un grande rinascimento artistico. Lilio Narduzzi aveva anche diretto la banda della città di Orte. Sarebbe stato anche ( ma io non ne ho notizie certe) direttore sostituto della RAI e di Gorizia.
Nella serata del 13 febbraio egli convocò tutti i componenti della banda all’interno  del nuovo luogo di ripetizione della via San Giacomo. Tutti erano presenti; eravamo circa 65, numero molto importante. Il maestro, dopo avere fatto conoscenza di noi tutti e dopo aver accordato i nostri strumenti, ha voluto che provassimo un brano sinfonico. L’esecuzione fu più che soddisfacente, sia per la nostra preparazione musicale, sia per l’eccellente esecuzione. 
Per parecchi mesi le prove serali furono molto intense e laboriose.
Il maestro Narduzzi dirigeva le ripetizioni sempre con molta eleganza gestuale, ricercando sempre la perfezione, l’armonia, con la sua mano sinistra, i coloriti musicali, la sensualità e la sensibilità musicale. Ed era così che preparava il corpo bandistico ai nuovi concerti per la nuova stagione estiva, la quale si presentava molto promettente.
Il nuovo presidente dovette affrontare un altro importantissimo problema; il corpo musicale di Randazzo non possedeva le divise. Con l’aiuto del sindaco che (se non faccio errore) era il cav. Pietro Vagliasindi e, del consiglio municipale di allora, una importante somma (forse cinquecentomila lire) fu stanziata per la confezione di divise, cappelli e accessori. I migliori sarti della nostra Città furono consultati per la scelta e la confezione del modello. Cito semplicemente quattro sartorie:
la sartoria Ferro, situata in via Umberto nelle vicinanze della chiesa di San Martino,
 la sartoria Livello, la sartoria Caggegi e quella dei fratelli Scuderi.
Posso affermarvi che questi artigiani , possiamo anche dire artisti nella loro materia, erano i migliori della città di Randazzo e forse anche della provincia.
Il modello, confezionato con tessuto di lana colore nero, forse fu creato dal signor Ferro, accogliendo anche i suggerimenti dei suoi colleghi.
Tutti gli artigiani sarti di Randazzo  parteciparono alla confezione delle divise. Ogni artigiano confezionava circa sette divise su misura pagate dal Comune. I cappelli furono confezionati, sempre su misura, a Messina. Per il ritiro delle confezioni fummo invitati all’interno della sacrestia della Basilica di Santa Maria, dove il presidente can. Edoardo Lo Giudice consegnava con molto orgoglio e soddisfazione il nostro cappello decorato con una superba lira musicale dorata.
Il maestro Narduzzi accelerava le ripetizioni serali per presentare il complesso non solamente alla cittadinanza randazzese, ma anche per eseguire il primo concerto sinfonico e lirico previsto in Piazza Santa Maria per il 14 maggio 1951. 
Il giorno della sfilata tutti i musicanti vestiti elegantemente con le nuove divise, camicia bianca, pantaloni e giacca neri, con cravatta e scarpe nere e con il nostro superbo cappello decorato con la simbolica lira musicale, ci adunammo all’esterno della sala di ripetizione della via San Giacomo.
Certo noi giovani con un po’ di apprensione; ma fummo aiutati da qualche anziano. Cito semplicemente il signor Giuseppe La Piana, cornista, il quale incoraggiava noi giovani ancora senza esperienza.   Dopo esserci inquadrati eseguendo gli ordini del maestro Narduzzi e del capo banda Francesco Di Silvestro, il signor Vincenzo Spitaleri, con il suo tamburo, diede il segnale della partenza a passo sinfonico, per procedere verso la via Umberto sotto gli applausi di molti abitanti del quartiere di San Martino.
Attraversando piazza Municipio, cittadini e curiosi erano fieri di rivedere e applaudire il loro nuovo corpo bandistico con i suoi nuovi strumenti musicali in ottone più che brillanti.

 

                                                                                          La banda Musicale – foto di Carmelo Venezia


Ricordo il signor Vincenzo Facondo, in piedi davanti alla sua pasticceria, che applaudiva con un grande sorriso il complesso musicale che eseguiva le nuove marce sinfoniche e percorreva la via Umberto fino a Piazza Loreto sempre applaudito e accompagnato da molti cittadini di tutte le età.
Dopo le festività della Settimana Santa in Randazzo i membri della commissione  erano soddisfatti per le loro iniziative e dei risultati ottenuti. Per noi giovani ed anche per gli  anziani musicanti, il giorno più memorabile fu quello del 14 maggio1951 quando tenemmo il nostro   primo concerto lirico, eseguito in Piazza Santa Maria in presenza dei membri della giunta municipale, della commissione e, soprattutto, di moltissimi cittadini.
Per immortalare quella serata una fotografia in bianco e nero fu realizzata dallo studio fotografico Longo, situato in Via Sciacca, oggi inesistente.  In essa possiamo riconoscere i volti di tre guardie municipali, oggi decedute, il signor Cernuto, il signor Varsallona, il signor Zappalà, il padre di Monsignore Vincenzo Mancini con i suoi nipoti, Pietro Giusa con suo fratello, il signor Giuseppe Facondo all’epoca molto giovane in compagnia di altre persone oggi assenti al mondo.
Non mi ricordo del programma serale; penso che nella prima parte del programma si eseguiva l’opera Ernani. Per molti anni avevo conservato questa foto, in seguito smarrita a causa dei miei viaggi di lavoro in Francia.
I musicanti erano posizionati in parecchi semicerchi piramidali e per categorie strumentali.La parte inferiore era riservata  alla cattedra del maestro.
Dopo l’accordo dei nostri strumenti eravamo pronti per l’esecuzione del primo brano lirico. Poi il tradizionale colpo di timpano eseguito dal signor Vincenzo Spitaleri che significava per noi metterci in piedi. Qualche istante dopo arrivò il maestro Lilio Narduzzi, il quale con molta eleganza e agilità salì sulla sua cattedra.
Il mio posto  era in prima fila, alla mia destra c’erano due clarinetti in mi bemolle, cioè il signor Gaetano Catania e il suo secondo il giovane Rasano; dopo c’ero io con il mio clarinetto in la bemolle ed alla mia sinistra l’oboe suonato dal mio amico Paolo Maio partito qualche anno dopo per l’Australia. 
Essendo a poca distanza dal  maestro, sul suo leggio notai che mancava la sua partizione generale. Pensavo che fosse stata una dimenticanza del nostro simpatico bidello signor Santangelo; volevo avvertire! Troppo tardi! Il maestro Narduzzi sempre con molta eleganza e con delicati gesti, tenendo nella sua mano destra una lunga bacchetta in acero bianco (confezionata dalle mie mani)  diede il via al complesso bandistico. Con nostra grande meraviglia notammo che il maestro con la sua memoria ed abilità dirigeva senza leggere la sua partizione. Per noi tutti fu una grande sorpresa; questo tipo di direzione era molto rischioso; ma la sua memoria fu  infallibile. Molte altre composizioni si sono succedute.

Nelle prossime pagine mi permetterò di enumerare una parte dei suoi scritti e composizioni.
Con l’impegnativo lavoro del maestro, aiutato dal capo banda Francesco Di Silvestro, da suo padre Antonino, dai clarinettisti Gaetano Lazzaro, Carmelo Scalisi, Pietrino Grasso, Vincenzino Trazzera trombone e tromba, Salvatore Mannino tromba e filicornino, Gaetano Papotto primo flicornino, queste persone con il loro insegnamento trasmettevano agli allievi il loro prezioso sapere musicale.
Con tale metodo la banda musicale aveva raggiunto un alto livello  artistico; essa era rinomata non solamente nella nostra provincia ma anche in tutta la  nostra isola.
Il 31 maggio 1952 la banda municipale di Randazzo fu chiamata dal comune della città di Assoro in provincia di Enna per animare la festa di Santa Petronilla patrona di questa antica città. La sera un grande concerto lirico fu eseguito sulla grande piazza, sotto la direzione del maestro Narduzzi, riportando un grande successo e molti applausi dalla cittadinanza di Assoro.

 

      Carmelo Venezia con il clarinetto, altri musicanti e il Comandante VV.UU. Zappalà


Mi ricordo con molta precisione questo viaggio in autobus della ditta Giovanni  Pagano. Eravamo accompagnati dal capo delle guardie municipali, signor Zappala’ padre del nostro concittadino avv. Zappalà.
Una foto ricordo fu scattata con il mio apparecchio fotografico al gruppo del signor Zappalà, del  capobanda Francesco Di Silvestro, del signor Antonino Di Silvestro, del signor Papotto, del signor Santangelo e del  nostro autista.
Questa foto  in mia possesso, è visibile sul sito internet : www.randazzo.blog. 
Durante il viaggio, abbiamo  potuto ammirare i meravigliosi paesaggi di questa provincia sconosciuti all’epoca da noi giovani. All’alba del primo giugno 1952, malgrado la nostra stanchezza, eravamo pronti per l’apertura dei festeggiamenti della Madonna dell’Annunziata in Randazzo; infatti, arrivati di buon mattino, il corpo musicale percorse la via Umberto eseguendo qualche marcia sinfonica, terminando il nostro servizio davanti la chiesa dell’Annunziata.
Agli inizi dell’estate 1954, in presenza del presidente rev.mo canonico Edoardo Lo Giudice, dei membri della commissione, del maestro Lilio Narduzzi, del capobanda Francesco Di Silvestro, una foto possiamo dire leggendaria del Corpo Musicale di Randazzo fu scattata davanti alle scalinate della Basilica di Santa Maria dal fotografo signor Longo. Vi possiamo riconoscere molti anziani musicanti i quali avevano conosciuto il maestro Manno e forse  erano stati anche suoi allievi. Una copia di essa si trova esposta all’interno della sala di ripetizione della via San Giacomo.

 

                                               14 agosto 1952 Banda Musicale di Randazzo e di Noto.


Un altro importante avvenimento si verificò nel periodo di Ferragosto; non posso affermare la data esatta, forse il 15 agosto del 1952; si tratta della venuta a Randazzo del corpo bandistico della città di Noto, quando i due complessi bandistici percorsero insieme, la nostra via Umberto, fermandosi in Piazza Santa Maria e quando la sera in Piazza Loreto meravigliosamente illuminata, fu tenuto un grande concerto lirico. Una foto, possiamo anche dire rara dei due complessi, fu scattata in Piazza Santa Maria dal nostro concittadino maresciallo Bonaventura fotografo, ed in essa possiamo ancora vedere le antiche facciate  delle case, oggi  modernizzate.
Desidero ricordare ai nostri giovani che il signor maresciallo Bonaventura era stato un grande reporter   nell’esercito italiano nel periodo della guerra. Il suo archivio fotografico era molto importante; moltissimi avvenimenti svoltisi nella nostra città, sono stati fotografati e penso conservati dai suoi figli e eredi.
Ci sarebbero molte cose e molti avvenimenti da raccontare e scrivere riguardanti il periodo della  direzione del nostro talentuoso maestro Narduzzi. Altre trasferte si sono effettuate nel periodo tra il 1951 e 1957; tra di esse un grande concerto lirico nella città di Biancavilla, a Passopisciaro, a Malvagna per le feste di Cristo Re,  a Montelaguardia ed  in altri luoghi della provincia. Mi ricordo perfettamente del viaggio della banda a Riposto per animare la festa di San Pietro. Fu un viaggio speciale con la littorina andata e ritorno organizzato dai dirigenti della Ferrovia Circumetnea e la sera, sulla piazza e davanti alla chiesa, fu eseguito un grande concerto lirico diretto dal nostro maestro Lilio Narduzzi in presenza del nostro maestro Gerardo Marrone il quale alla fine del concerto, si complimentò con Lilio Narduzzi per la sua eccellente direzione.
Per noi tutti fu un grande onore e piacere  rivedere il nostro anziano maestro e insegnante. Il tempo trascorre velocemente; malgrado la mia buona memoria, molti altri avvenimenti sono stati dimenticati.
Nelle prossime pagine, vi racconterò,  evidentemente con un po’ di nostalgia del passato, parecchi aneddoti, verificatisi all’interno della sala di ripetizione della via San Giacomo.

 

                                                            Banda Musica Randazzo. foto di Tony Trazzera

Dopo parecchi anni di intenso esercizio musicale con il mio clarinetto in la bemolle, il maestro Narduzzi mi consigliò di cambiare strumento e di suonare il clarino in si bemolle. Ho percepito questo consiglio come una promozione  meritata.
Il mio piccolo clarinetto , qualche anno dopo, fu affidato ad un giovane allievo molto volenteroso: Egidio Cavallaro.
Con il mio nuovo strumento trascorrevo molte ore eseguendo moltissime scale tenute e arpeggi; esercizi molto seccanti e talvolta noiosi ma necessari essendo il solo metodo per tutti i clarinettisti per raffinare i suoni, alla ricerca dei coloriti e sviluppare l’agilità delle dita.
Il giorno più lieto fu quello in cui il maestro mi assegnò un posto tra i primi cinque clarinetti, ritrovandomi a fianco dei clarinettisti Gaetano Lazzaro, il signor Salvatore Raciti, il signor Carmelo Scalisi ed il signor Pizzino.
Essere a fianco di questi bravi insegnanti è stato per me un grande riconoscimento, una gioia goduta con grande umiltà.
Desidero citare altre persone: il signor Salvatore Mendolaro, il signor Vecchio ed suo amico anche lui clarinettista; venivano da Linguaglossa viaggiando con la loro vespa.
Non posso dimenticare i fratelli Scandurra, Vincenzino e Pippo eccellenti duettisti,  senza dimenticare il signor Gaetano Catania con il suo clarinetto in mi bemolle, accompagnato da un suo allievo, il giovane Rasano. Ricordo un altro clarinettista, uno dei primi allievi del maestro Marrone, il signor Varotta, figlio del signor Paolo Varotta, ma che non aveva conosciuto Narduzzi; questi, dopo la fine degli avvenimenti bellici del 1943, emigrò in Belgio. Ricordo ancora il signor Santo Santangelo con il suo basso sempre lucido e brillante ed il signor Presti, con il suo saxo basso, partito per  l’Argentina verso il 1955. E poi i fratelli Vecchio, Rosario, saxo contralto, emigrato in Australia, il quale poco dopo il suo arrivo, creò la sua orchestra composta di sedici musicisti riportando molto successo.

Egidio Cavallaro capo della Banda Musicale di Randazzo

Il fratello Antonino Vecchio, trombettista, il giovane Antonino Gullotto, basso in si bemolle deceduto in un incidente di lavoro; ed ancora, un altro caro amico, Salvatore Mascali, saxofono, ma che da principio aveva suonato il clarone. Non possiamo dimenticare i nostri anziani, il signor Giuseppe La Piana, bravissimo cornista nato a Randazzo il 13 aprile 1913, anche lui dotato di un’ottima cultura musicale, uomo rispettoso con noi giovani, Salvatore Mannino, tromba e flicornino, deceduto nel 2015 a Randazzo, senza dimenticare un altro caro amico, Gaetano Papotto, primo flicornino solista del corpo musicale di Randazzo, uomo molto appassionato per il suo strumento e per la musica.
Lo ricordo sempre nell’esecuzione dei suoi brani lirici, soprattutto nella Norma, nella sua “ Casta Diva”. Il suo suono era chiaro, trasparente, melodioso; anche nel Barbiere di Siviglia ed anche in altri brani lirici come Rigoletto, Ernani, Traviata, Cavalleria Rusticana, Puritani ed altre opere. Gaetano, dopo qualche ora di esecuzione musicale, sentiva il bisogno di riposare le  sue labbra a causa del suo bocchino; in quel periodo la scelta era molto limitata e difficile in quanto i modelli non erano abbondanti come adesso. Ma, al suo fianco sinistro, aveva l’aiuto di Mario Raciti che spesse volte, con il leggendario segnale del piccolo colpo di gomito, su certi brani secondari prendeva la rileva.
Un altro importante personaggio, scherzoso nei suoi modi di agire, era il signor Vincenzino Spitaleri  percussionista; suonava i timpani, il tamburo ed altri strumenti musicali. Nelle serate di ripetizione generale entrava in sala frettolosamente. Il suo primo lavoro consisteva nell’accordo dei suoi timpani; con le sue mazzuole eseguiva delicati colpi sulle pelli con molta cura e precisione cercando l’accordo perfetto.
Il signor Vincenzino Spitaleri era un personaggio attraente, svelto e virtuosissimo nei suoi gesti. Egli trasmise la sua passione a moltissimi allievi. Desidero citare suo nipote Antonino Spitaleri il quale , sia nelle prove, sia nei concerti, era sempre al suo fianco.
Per i giovani che non hanno avuto il piacere di conoscerlo, cito il signor Vincenzino che suonava le campane in quanto era il sacrestano della chiesa di San Nicolò in Randazzo. Uomo di gentile e rispettato da noi giovani musicanti; amatore e degustatore del nostro buon vino locale, durante le processioni sapeva, assieme ad altri, dove fermarsi per qualche istante, per potere rinfrescare il suo palato nei momenti afosi della nostra estate, riprendendo con molta discrezione il proprio posto con un grande sorriso. Molte volte queste furtive assenze non piacevano al capo banda Francesco Di Silvestro il quale teneva molto alla disciplina. Erano periodi di festa e gioia; tutto si svolgeva nel buon umore e tra le risate.
Il signor Spitaleri è deceduto nella nostra città di Randazzo nel 1977.
Mi è molto difficile raccontare le storielle svoltesi nel seno della banda municipale diretta dal maestro Narduzzi. Per anni, in inverno come anche in estate, le prove si svolgevano con molta puntualità e disciplina. Certe sere molte autorità comunali venivano ad assistere alle nostre  ripetizioni. Spesso abbiamo avuto l’onore di ricevere il nostro celebre e onorevole concittadino avvocato Ferdinando Basile; chi di noi non ricorda questo illustre personaggio? Uomo di cuore e buono, è stato lui che in più anni di lotta amministrativa, si interessò per il completamento della tratta ferroviaria Taormina- Randazzo, oggi ridotta in uno stato di disordine e macerie.
L’avvocato Ferdinando Basile, amava molto la musica; il suo compositore preferito, era Boccherini. Vestito sempre con pantaloni, camicia e cravatta colorati, con scarponi, lungo pastrano, grande cappello, sempre con il suo fazzoletto in mano e soprattutto con la sua leggendaria pipa.
Il maestro Narduzzi, conoscendo le sue preferenze, distribuiva a noi tutti le partizioni del Minuetto di Boccherini.
Seduto a fianco del maestro, ascoltava con molta religiosità questa dolce, melodiosa e sentimentale composizione. Alzandosi e prima di ripartire, con il suo simpatico gesto, tenendo in mano il suo cappello e la sua pipa, salutava il maestro e tutti i presenti uscendo dalla sala con un grande sorriso.
Molte pagine si potrebbero scrivere su questo illustre personaggio conosciuto, stimato, e rispettato  da tutti i cittadini.
Altre persone che mi vengono in mente sono i tre fratelli della famiglia Turnaturi: Michelino, Nicolino e Pippo, tre fratelli intelligenti, simpatici e divertenti. Michelino era il fratello maggiore, suonava la tromba in si bemolle e per un lungo periodo anche il trombone. Come tutti i bravi solisti, suonava cercando la perfezione.
Una sera, in periodo di prove, con sorpresa del maestro , smise di suonare e con molta gentilezza chiese scusa al maestro perché le sue note e la sua romanza non erano perfette.
Nicolino suonava la tromba, Pippo il flicorno. Era un giovane molto scherzoso, sempre con un sincero sorriso, e raccontava sempre le sue solite barzellette facendo ridere gli amici. I tre simpatici fratelli, per motivi personali e di lavoro, si trasferirono  in altri luoghi della nostra Isola, lasciando definitivamente il corpo musicale.

 

Battista Arcidiacono. foto di V.Rotella 

       Luigi Arcidiacono


In un mio precedente diario scritto nell’agosto del 2019 con il titolo: Le fornaci del quartiere di San Giuliano, avevo ricordato i nomi di Luigi e Battista Arcidiacono, due fratelli che non solo erano specialisti nei lavori in terracotta, ma erano anche due eccellenti musicisti. Per molti anni hanno fatto parte del corpo musicale di Randazzo.
Luigi suonava il basso, prima con il maestro Marrone, dopo sotto la direzione del maestro Narduzzi.
Per moltissimi anni ho avuto il piacere di essere uno dei suoi veri amici. Con Battista ci conoscevamo da quando siamo nati cioè prima della seconda guerra e colgo l’occasione  per ricordare con lui un artista dimenticato da noi cittadini randazzesi, deceduto a Milano qualche decennio fà.
Battista Arcidiacono, a parte la sua perizia come artigiano della terracotta, possedeva un’eccezionale dote musicale. Primo trombone solista del corpo musicale sotto la direzione del maestro Narduzzi, Battista con il suo brillante strumento era un grande perfezionista che ricercava sempre i coloriti, l’intonazione ed anche l’armonia musicale.
Una sera, come sempre, il complesso si riuniva nella sala di ripetizione della via San Giacomo; c’era in programma il Rigoletto : opera di Giuseppe Verdi, con una trascrizione del maestro Narduzzi. Da principio tutto si svolgeva nella precisione e nell’armonia; l’esecuzione  era perfetta e noi tutti leggevamo la nostra  partizione con molta attenzione seguendo sempre i gesti del maestro con un particolare sguardo. Narduzzi, tenendo sempre nella sua mano destra la sua bacchetta, sempre con il suo delicato gesto, chiamò il primo trombone solista. La risposta fu più che negativa: nessun suono. Battista, invece di suonare, si mise a cantare la romanza mettendo un po’ in collera il maestro; dopo qualche secondo la collera si trasformò in un grande sorriso paterno facendo ridere tutti i componenti del corpo musicale.  
Battista Arcidiacono possedeva una bella voce, aveva un orecchio più che perfetto, sempre alla ricerca di una certa sensibilità musicale. La sua esecuzione di Figaro nel Barbiere di Siviglia di Rossini era eccezionale, ma anche in altri brani lirici come Ernani, Traviata, il Trovatore, Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni , La Forza del Destino, opere di Verdi, Puccini ed altri compositori .
Ascoltarlo era una vera delizia musicale per gli appassionati della musica lirica. Come moltissimi cittadini randazzesi, nel periodo del 1960, si è  trasferito a Milano, continuando a perfezionarsi nella storia musicale. Mi è stato riferito che a Milano dirigeva un  complesso bandistico e che si dedicava anche alla composizione musicale.
Ho avuto l’occasione di rivederlo a Randazzo in periodo festivo e prima del suo decesso, principalmente nei mesi di agosto, con il corpo bandistico Erasmo Marotta quando presentava, prima delle esecuzioni, i dettagli storici dei nostri grandi compositori italiani.
Altre storie si potrebbero scrivere su altri anziani componenti del corpo musicale di Randazzo, oggi deceduti, ma che noi non dimentichiamo.
Voglio citare un altro penultimo aneddoto che si è svolto sempre durante le ripetizioni. Una sera il maestro Narduzzi  aveva deciso di mettere in programma una trascrizione dell’opera Andrea Chenier, scritta dal compositore Umberto Giordano e con il libretto scritto di Luigi Illico. La storia è ambientata nel periodo della rivoluzione francese del 1789. In essa Andrea Chenier, accusato di essere un rivoluzionario, fu rinchiuso a Parigi nella prigione di Saint Lazare ed in seguito fu ghigliottinato nel 1794.
L’opera fu data alla Scala di Milano il 28 marzo 1896 riportando un enorme successo. In quest’opera c’è un’importante romanza eseguita dal baritono solista cioè dal capo banda Francesco Di Silvestro; alla sua sinistra, era seduto il padre, il signor Antonino.
Questa romanza era il canto patriottico dell’Inno nazionale  francese cantato da Andrea Chenier dietro le griglie della sua prigione prima della sua  esecuzione capitale. Questo canto doveva essere eseguito con una certa lentezza , dolcezza e  armoniosamente, e non con un tempo marziale. Il capo banda, con molta diligenza, eseguiva la sua partizione; il maestro lo pregò di rincominciare, ma questa esecuzione non piaceva al padre il quale con un gesto di nervosismo pregò suo figlio di fermarsi e disse : “Non è questo il modo esatto di eseguire questa romanza !” e riprendendo il suo strumento, eseguì con molto talento questo nostalgico brano musicale chiamato  La Marsigliese. Dobbiamo dire che il signor Antonino Di Silvestro era il più anziano dei componenti del corpo musicale ma, malgrado la sua età, era ancora in grado di eseguire meravigliosamente tante leggendarie romanze del nostro grande repertorio lirico italiano.
Prima di finire con i miei brevi aneddoti, desidero raccontarvi una piccola storiella, svoltasi una sera d’estate  intorno al 1954.
Come tutte le settimane, dopo le prove serali del complesso bandistico, terminandosi sempre  dopo le ore 22, in compagnia di Gaetano Papotto ed altri amici, avevamo sempre l’abitudine, uscendo dalla via San Giacomo, di percorrere la via Umberto, Piazza Loreto e Via Vittorio Veneto, sino ad arrivare nelle vicinanze della stazione Circumetnea, e nello stesso tempo avevano l’occasione di ossigenare i nostri polmoni respirando l’aria pura e odorosa del gelsomino ed anche l’occasione di ammirare questo decoro naturale, illuminato in  piena luna d’estate, che è la nostra Etna.
Bisogna dire che tra il 1950 ed il 1960, gli abitanti di Randazzo numerosi in questo periodo, potevano andare a passeggio in tutti i luoghi senza essere disturbati dalle automobili in quanto  pochi veicoli circolavano all’interno della nostra Città.
Ognuno di noi trovava sempre spunti di discussione. Si parlava di musica, delle nostre belle e simpatiche signorine, di avvenimenti culturali, dei nostri mestieri, del nostro lavoro. Una sera, percorrendo la via Vittorio Veneto, passando davanti le nuove palazzine costruite dal comune anni dopo la fine dei bombardamenti del 1943, in un appartamento situato al primo piano, giungemmo  all’altezza del luogo in cui  abitava il nostro bravo fotografo maresciallo Bonaventura.
Erano circa le ore 23, la temperatura era un po’ afosa; Gaetano Papotto si accorse, attraverso la sua finestra, che il signor Bonaventura aveva tirato fuori dalla sua ghiacciaia una bottiglia semipiena di vino depositandola sul bordo della sua finestra a circa due metri di altezza, punto facilissimo per recuperarla dall’esterno. Gaetano  volle fare uno scherzo al nostro bravo fotografo sapendo che, anche lui, era un grande estimatore del nostro buon vino. In un istante  la bottiglia con il  suo contenuto molto fresco si trovò nelle sue mani. Ci nascondemmo tutti  per goderci la reazione del signor Bonaventura.
Il maresciallo era stupito di non trovare più il suo prezioso liquido e cercava in tutti gli angoli della sua cucina, e chiedeva  anche a sua moglie  dove avesse sistemato la bottiglia. Quando si rassegnò, pensando forse a qualche allucinazione, andò a prendere un’altra bottiglia. Posso assicurarvi che la scena è stata unica, molto divertente  e con molte risate. Prima di ripartire la bottiglia fu rimessa al suo posto senza causare rumori e con molte precauzioni. Carissimo maresciallo, tu che ci guardi dall’alto dei Cieli, perdonaci di questo gesto più che monello; ma l’abbiamo commesso perché ti volevamo bene, sapendo che  anche tu sapevi ricambiarlo con la tua arte cioè con le tue magnifiche fotografie in bianco e nero. Grazie, sperando che nel tuo Paradiso trovi ancora il nostro buon vino genuino.
Dopo i racconti di questi aneddoti veri, bisogna riprendere la storia del corpo bandistico di Randazzo. Per lo svolgimento di un altro spettacolo lirico nella nostra Città, nel ferragosto del 1955 è stata invitata  la banda municipale di Giarre, e la sera del 15 agosto assieme al corpo bandistico musicale di Randazzo, un grande concerto lirico fu diretto dal maestro Gerardo Marrone riscuotendo un grande successo e moltissimi applausi dalla cittadinanza randazzese e dai numerosi turisti in Piazza Loreto.
Nel 1956 si è svolto un altro importante cambiamento  nel seno  della presidenza; il nostro amato e rispettato eminente canonico Edoardo Lo Giudice dimissiona lasciando la carica al nuovo presidente Signor Gaetano Fisauli il quale per dieci anni ha avuto anche lui molta passione e molto interessamento per la musica e per l’organizzazione del complesso bandistico fino al 1965.
Riferisco un altro dettaglio concernente il rev.mo Edoardo Lo Giudice; quando un giovane musicante partiva per compiere il servizio militare, il sacerdote si interessava moltissimo per la sua nuova situazione chiedendo sempre le sue notizie. Spesse volte, e grazie ai suoi interventi presso le autorità militari e con il loro accordo, in certi periodi festivi potevamo  ottenere una breve licenzia premio per rivedere la famiglia e nello stesso tempo partecipare alla festa ed ai concerti  aumentando così il numero dei musicanti.
Nel 1957 un altro concertone fu eseguito assieme alla banda municipale di Catania diretto dal maestro Michele Ventre.
Debbo affermare che a questo concerto non ho potuto partecipare a causa dei miei obblighi militari, trovandomi in sevizio al XXI Battaglione Trasmissioni F.T.A.S.E. nella magnifica e storica città di Verona.
Dopo molti anni trascorsi nella nostra città il maestro Narduzzi era diventato per noi tutti non solamente un vero cittadino randazzese ma anche un figura indispensabile perché partecipava attivamente alla vita artistica; per cui era rispettato e ammirato per le sue composizioni musicali da noi tutti, allievi e musicanti, e da tutta la comunità randazzese.
Durante le sue poche ore di riposo amava percorrere certe stradine antiche della nostra Città, ammirando  i resti dell’antica architettura soffermandosi spesso davanti alle antiche botteghe degli artigiani, numerosissimi ancora in questo periodo, oggi spariti,  ed ammirava il loro lavoro eseguito manualmente con molta arte e passione.
La sua famiglia, con la nascita dei suoi figli, si era ingrandita; possiamo dire che era un uomo felice! La sua abitazione si trovava nel quartiere di San Pietro , in un piano elevato, dove di buon mattino poteva ammirare e contemplare l’alba, la nascita del sole e nello stesso tempo il superbo panorama della nostra Etna, la quale ispirò al maestro qualche composizione musicale.
A proposito di composizione, qualche anno dopo il suo arrivo,  egli ha voluto innovare la fine dei concerti lirici, con le tradizionali marce sinfoniche molto conosciute dai cittadini, trascrivendo, esclusivamente per la banda municipale di Randazzo, una lunga composizione di vecchie canzoni napoletane e  del repertorio italiano dalla fine del 1800 al 1950.
Posso affermare che le armonie e i coloriti della sua trascrizione erano perfetti. Il nostro stile di interpretazione era completamente cambiato: non era più la lirica ma un altro linguaggio musicale moderno, veramente una musica popolare cantata e conosciuta dalle nostre mamme, nonni ed anche dalle nostre belle signorine.
Questo nuovo repertorio diretto sempre da Narduzzi fu eseguito una sera del 15 agosto in Piazza Loreto. I nostri giovani cantavano, i nostri anziani , e tutti i presenti, ascoltavano con molta, possiamo dire, nostalgia di tempi passati, questi magnifici melodiosi brani musicali.
Il canzoniere era sempre eseguito alla fine del concerto lirico e molte volte richiesto da moltissimi cittadini, e  il maestro Narduzzi lo dirigeva sempre con un grande sorriso.
Alla fine del mio servizio militare nel dicembre del 1957 ho ripreso il mio posto nel seno della banda musicale della nostra Città, felicissimo di ritrovare i miei amici e soprattutto la presenza del maestro Lilio Narduzzi.
La mia gioia fu molto breve; qualche mese dopo, precisamente il 17 gennaio 1958, per ragioni di lavoro, sono partito a malincuore per la Francia dove per circa ventidue anni mi sono stabilito nella città di Lyon. 
Il maestro Narduzzi ancora per anni continuò sempre il suo intenso lavoro, facendo progredire il complesso bandistico attirando moltissimi allievi tra i quali possiamo citare due dei nostri cittadini, Massimo Greco ed il  fratello Antonio.
Massimo
fu un allievo esemplare, intelligente e volenteroso. E’ stato anche un allievo di mia sorella nel periodo dell’insegnamento elementare e, con la sua caparbietà e con la sua capacità intellettuale, è stato sempre uno dei primi della sua classe.
La passione per il suo
flicornino e dopo per la tromba,a trasmessa da Gaetano  Papotto.
E’ stato proprio lui che si accorse che Massimo aveva la passione e la capacità per questi due strumenti. Con l’insegnamento ed i consigli prodigati dal maestro Narduzzi, egli aveva quasi raggiunto il vertice dell’apprendimento.
Massimo, ripeto, era molto volenteroso; e con la sua ambizione ha voluto raggiungere il vertice frequentando ( se non mi sbaglio )  il Conservatorio Musicale di Catania, ottenendo agli esami un alto punteggio.
Massimo Greco suonò con l’orchestra del Teatro Massimo di Catania. Fu poi trombettista del musicista e cantante Zucchero Fornaciari, in seguito lavorò con Luciano LigabueNeffa (pseudonimo di Giovanni Pellino) ed anche con altri complessi.
Oggi dirige molti complessi artistici in Italia ed anche all’estero. Ha diretto diversi spettacoli all’interno di quel luogo più che mitico che è l’Arena di Verona.
Durante il mio servizio militare, nell’estate del 1957, ho avuto l’occasione e la gioia di assistere a quattro rappresentazioni liriche con i tenori Franco Corelli all’epoca molto giovane, Giuseppe Di Stefano ed altri artisti.

                  Massimo Greco 

Possiamo affermare che Massimo ha fatto e farà onore alla nostra città di Randazzo assieme al fratello Antonio eccellente clarinettista.
Anni addietro in periodo estivo, in compagnia di mia sorella, ho avuto il piacere di incontrare Massimo Greco nella nostra cittadina in compagnia della sua famiglia.  Mia sorella fu molto sorpresa  nel vedere che, l’allievo che aveva avuto anni passati, non era più un adolescente. Era vestito molto alla moda con capelli e barba lunghi, grande cappello e stivaletti; noi ammiravamo un personaggio di televisione, un vero artista!
Nel giugno del 1956 il maestro Narduzzi, per ragioni personali, decise di ritornare con la sua numerosa famiglia a Roma.
Leggendo un articolo pubblicato sulla ‘’ Rassegna Periodica di Randazzo”  del 1990, trovo che il vero motivo della sua partenza sarebbero state le avverse condizioni economiche del comune di Randazzo il quale non era più in grado di versare lo stipendio mensile al maestro. Forse anche per altre ragioni? Personalmente non affermo niente in quanto in quel periodo vivevo lontanissimo della mia Randazzo e  non ne seguivo bene le vicende.
Dopo la dipartita del maestro Narduzzi il complesso bandistico rimase per parecchio tempo sotto la direzione del capo banda Francesco Di Silvestro.
Lilio Narduzzi  ritornava una volta l’anno per dirigere il complesso nel periodo estivo, soprattutto per i concerti lirici eseguiti nei periodi festivi cioè per la festa dell’Annunziata, di San Giovanni Battista il 24 giugno e la festa dell’Assunzione  il 15 agosto.
Era sempre una gioia per allievi, musicanti, amici e cittadini rivederlo nella nostra Città.
Dopo il decesso del capo banda Francesco Di Silvestro diversi anziani musicanti desideravano occuparne il posto vacante.  La scelta era un po’ imbarazzante e difficile.
Verso la fine del 1970 il signor Vincenzino Trazzera fu scelto e nominato capobanda.
Vincenzino era un ottimo trombettista, suonava il trombone, il saxofono ed era anche un bravo fisarmonicista.  Nel periodo della sua direzione apportò un gradevole cambiamento all’interno della banda, facendo partecipare ai  concerti pubblici altre voci cioè invitando molti cantanti lirici: soprani, tenori, e baritoni nei periodi festivi
Questi artisti  venivano abitualmente dal Conservatorio di Catania, forse anche dal Teatro Massimo ed anche da altri luoghi della nostra isola. Questo cambiamento è stato non solamente un’innovazione artistica , ma anche  musicale.
Come tutte le cose belle, dopo qualche periodo, il signor Vincenzino Trazzera è stato sostituito dal signor Salvatore Mannino, in seguito dal suo amico Gaetano Pappotto, a sua volta sostituito da Egidio Cavallaro.
Un altro cambiamento avvenne anche in questo periodo: la nomina di un nuovo presidente. Il signor Salvatore Mannino fu scelto non solamente per la sua esperienza ma anche per le sue capacità musicali e intellettuali ; personalmente l’avevo conosciuto quando ero suo allievo.
Salvatore Mannino era molto legato al complesso bandistico ed anche ai suoi dirigenti. Con l’accordo del direttivo nominò un giovanissimo maestro molto valente: il signor Giovanni Blanca.
Dopo la nomina del nuovo giovane capobanda Egidio Cavallaro, con l’accordo dei dirigenti, un cambiamento che possiamo dire importane, si verificò nel seno del complesso bandistico.
Dopo più di un secolo di esistenza la porta della sala di ripetizione della via San Giacomo  fu finalmente aperta a tutte le giovani donne desiderose di imparare la musica e suonare  uno strumento musicale; in seguito fu data anche la possibilità di accedere nel seno del corpo bandistico. E’ stata  un’eccellente idea  la quale ha permesso di aumentare considerabilmente il numero degli allievi e per conseguenza, per il futuro, i membri del complesso. Finalmente le donne entrarono in questa sala, che per anni era riservata esclusivamente agli uomini, assicurando la continuità e la tradizione di questo antico  complesso musicale.

Dopo la dimissione del signor Salvatore Mannino un’ altra persona conosciuta e stimata da noi tutti cittadini ha avuto il coraggio e possiamo anche dire la vera passione musicale  di ricoprire la carica di presidente ; il   signor Vincenzo Rotella.

 

                  Pasqua 1988 – La Banda Musicale al centro il Presidente Vincenzo Rotella.


Vincenzo Rotella
è stato Presidente dal 1987 al 1990. Per tutti questi anni la sua collaborazione nel seno del corpo bandistico è stata molto efficace.
Nel luglio del 1987, non essendo più sovvenzionato dal Comune, il corpo bandistico diventò un’Associazione e venne chiamato: “Corpo Bandistico Erasmo Marotta”, musicista nato a Randazzo il 24 febbraio 1576 e morto a Palermo il 6 ottobre 1641. Inventore del dramma musicale pastorale nel 1620 pubblicò  l’Aminta musicale… Il primo libro di madrigali a cinque voci, con un dialogo a otto.
L’associazione comprendeva circa 65 elementi giovani da 14 a 20 anni e una media tra i 40 ai 60 anni.
Vincenzino Rotella modernizzò l’interno della sala di musica, attrezzandola con un locale igienico, dotando il complesso bandistico di nuove divise e nuovi strumenti e nello stesso tempo attirò molti giovani elementi, i quali non avevano la possibilità di frequentare i conservatori musicali di Catania e di Messina. Grazie al suo dinamismo ed alla sua passione riuscì a dare un’anima musicale al corpo bandistico coinvolgendoli nella gestione dell’Associazione facendoli sentire parte di un progetto prestigioso per la nostra Randazzo.

Il presidente V. Rotella consegna le targhe ai Musicisti che hanno compiuto 50 anni di attività musicale.

 


Per un lungo periodo molti maestri si sono succeduti:  Giovanni Blanca, Francesco Letta, Salvatore Miraglia, Francesco Sapienza, Toni Trazzera.
Attualmente in Corpo Bandistico Erasmo Marotta, è sotto la direzione di un nostro bravissimo concittadino, il giovane maestro Angelo Zirilli diplomato dal Conservatorio Musicale di Messina in direzione e composizione. 
Il maestro Angelo Zirilli discendeva anche lui da una grande famiglia di musicisti e cantanti più  che amatori. Ho avuto l’onore di conoscerne i  bisnonni, i  nonni, le zie e gli zii.

 

                      9 agosto 1988 il primo concerto dell’Associazione Erasmo Marotta.


Desidero citare il bisnonno signor Giuseppe Adornetto, costruttore edile e chitarrista, dotato di una straordinaria memoria, che si accompagnava sempre con la sua antica chitarra, recitando e cantando tutte le antiche e meravigliose canzoni dialettali siciliane ed italiane del secolo passato, assieme ai suoi figli e molte volte accompagnato da sua moglie signora Margherita la quale aveva una straordinaria voce di soprano. Desidero anche citare il nonno, signor Alfredo Adornetto e  lo zio Gino; anche loro erano due melodiosi chitarristi. Ricordo sempre le serate trascorse assieme ad altri ragazzi e giovani signorine del quartiere in compagnia del signor Giuseppe seduto davanti la sua dimora sopra un grosso blocco di granito il quale serviva da sedile, ancora oggi esistente, con la sua celebre chitarra in mano, quando raccontava le antiche storielle dell’epoca passata accompagnandosi sempre con il suo melodioso strumento.
Molti di questi antichi racconti e canzoni sono stati registrati con magnetofoni da turisti americani di origine randazzese, venuti per rivedere le loro famiglie , ritrovare le loro origini e per conoscere versi , poesie e antiche canzoni, da riascoltare nei loro luoghi di residenza negli Stati Uniti d’America ; dolci ricordi.
Altri tempi! altri periodi, i quali malgrado molte difficoltà quotidiane, erano forse più ricchi di sentimento  e la gente era più sensibile e più sincera.
Gli anni di lavoro trascorsi da me in Francia sono passati più che velocemente non dimenticando mai il mio luogo di nascita , ritornandovi quasi ogni anno . Una sera, un venerdì d’estate del 2017 trovandomi in vacanza nella nostra città di Randazzo, il maestro Angelo Zirilli mi  invitò nella sala di ripetizione della Via san Giacomo per presentarmi tutti i giovani componenti del complesso bandistico ed assistere alla ripetizione generale
Da circa sessanta anni non avevo più avuto l’occasione di ritornare in questo luogo, per me più che mitico e pieno di dolci ricordi della mia giovinezza. Con moltissima  emozione ed anche con qualche lacrima, ho socchiuso per qualche istante i miei occhi, rivedendo nella mia mente la presenza dei miei amici giovani e anziani musicanti assieme al maestro Lilio Narduzzi, oggi deceduti.
Di  questo memorabile ricordo rimangono le antiche fotografie esposte in permanenza sui muri di questo “tempio” musicale ed esse rappresenteranno sempre, anche simbolicamente, la presenza di questi persone, possiamo dire artisti nelle loro materie e competenze professionali.

 

           Corpo Musicale “Erasmo Marotta” nella suggestiva piazza di San Giorgio. Dirige il maestro Tony Trazzera

 

Molti di questi non avevano mai frequentato i conservatori musicali, ma la loro perizia musicale era indiscutibile ed essi avevano trasmesso sempre il loro sapere e le loro esperienze a noi giovani allievi.
Seduto in un angolo della sala ammiravo il nostro giovane maestro Angelo Zirilli con i suoi elegantissimi gesti quando dirigeva con molta maestria ed abilità questo complesso  composto di elementi giovani e anziani.
Modestamente, desidero citare il nostro concittadino Santo Anzalone con il suo trombone, dedicato sempre alla composizione di canzoni e musica moderna. E’ stato sempre una persona molto attiva sia nella sua carriera musicale che nella sua professione. 
Ascoltai con molta attenzione questi giovani che eseguivano con molta perfezione e brio la loro partizione; meravigliato per il loro insegnamento, molti frequentano i Consevatori.
 Desidero citare i clarinetti, gli oboi suonati da due simpatiche signorine, anche le trombette, gli eccellenti giovani cornisti, i baritoni, i tamburi , i bassi, i saxofoni, le percussioni.  Ho potuto notare la presenza della signorina Greco con il suo oboe; i suoni del suo strumento erano pastorali e melodiosi. Farà ancora qualche anno di studio per raggiungere la perfezione.
La signorina Greco è la figlia dell’attuale presidente Antonio Greco , clarinettista e fratello di Massimo Greco. 
Questa gradevole serata, terminò con una squisita degustazione di pizzette e varie specialità culinarie prodotte dai nostri eccellenti artigiani di Randazzo. Che magnifica serata trascorsa assieme a questa gioventù appassionata e capace di continuare e proseguire questa antica tradizione artistica.
Con il signor Antonio Greco ci siamo incontrati nel mese di giugno 2020 proprio a Montecarlo. Rivederlo per me è stato non solamente una gioia ma anche un gradevole piacere. Abbiamo anche avuto il tempo di parlare della nostra Città e del corpo bandistico.
Un appuntamento e un incontro è stato fissato per la sera de 15 agosto a Randazzo alle ore ventuno, ai piedi  della scalinata dell’antico convento dei Cappuccini  per assistere ad un concerto lirico organizzato gratuitamente dai membri del corpo bandistico Erasmo Marotta.   La puntualità è stata rispettata. Il complesso bandistico, malgrado le difficoltà causate dal coronavirus, e dalla mancanza di un podio per la comodità dei musicanti, era disposto ai piedi di un’ imponente scalinata composta di 107 gradini, quella che conduce sul piazzale  davanti alla chiesa   del nostro antico Conve
nto dei Frati Cappuccini, oggi senza anima e senza presenza umana.
Negli anni passati questo convento non era semplicemente un luogo di insegnamento e di preghiera. Molti frati cappuccini, con la loro presenza, si occupavano della loro organizzazione e della loro vita monacale; ma anche aiutavano i bisognosi, gli ammalati , e si dedicavano all’educazione dei giovani. Nei periodi festivi partecipavano alle processioni organizzate da altre parrocchie della nostra Città, dando anche vita e animazione al quartiere dei Cappuccini, luogo di tranquillità abitato da moltissimi agricoltori, artigiani e professionisti, oggi quasi spariti.
  Desidero ricordare , fuori dal racconto sulla musica, sempre in questo convento, la presenza di un nostro illustre concittadino, Padre Luigi Magro da Randazzo, monaco cappuccino deceduto nel 1951. La sua vita monacale è stata consacrata non solamente alla religione, ma anche alla scrittura ed al servizio dei bisognosi. Molti scritti e ricerche, dopo la sua morte, sono state recuperati da storici e studenti randazzesi, sperando che presto siano pubblicati nell’interesse dei nostri numerosi studenti e della nostra storia locale.
Quasi tutti i componenti del corpo musicale erano presenti; vestiti con molta eleganza e classe; assieme al maestro Angelo Zirilli, la mezzo soprano Daniela Caggegi, il baritono Ludovico Cammarda, il presidente e clarinettista Antonio Greco.
L’insieme visto e ammirato in un decoro naturale possiamo anche dire in un quadro antico. Quasi tutti i gradini di questa scalinata erano stati occupati da molti cittadini: bambini, giovani ed anziani amanti di quest’arte musicale. Malgrado la mancanza di ripetizioni per causa della pandemia, il concerto si è svolto in una gioiosa ambientazione.  Molti brani lirici sono stati eseguiti con molta professionalità, melodia e coloriti, eseguiti dai nostri artisti  e concittadini Daniela Caggegi e dal  baritono Ludovico Cammarda .
Complimenti per il nostro giovane baritono. Il suo timbro di voce è stupendo, vibrante, melodioso! Spero che nei prossimi anni avremo il piacere di ascoltarlo in un grande teatro lirico: questo è il mio augurio; attualmente però frequenta il conservatorio.

                     Daniela Caggegi mezzo soprano

        Daniela Caggegi mezzo soprano


Non desidero dimenticare i meriti della signora Daniela Caggegi; anche lei ha un voce sublime, melodiosa, delicata e colorita. Moltissime serate d’estate sono state animate da suo padre, Nino Caggegi, anche lui pianista e cantante nei suoi momenti liberi, nella nostra città di Randazzo ed anche in altri luoghi della nostra isola.

Nino Caggegi

Possiamo affermare che nella nostra Città ,malgrado certi problemi, la passione per la musica  è stata sempre viva. 
La sorpresa in questo concerto lirico è stata l’esecuzione della  composizione musicale del nostro celeberrimo compositore Ennio Morricone : Il etait une fois dans l’ouest : ( C’era una volta il West )  e, malgrado le poche ripetizioni, la voce di Daniela Caggegi, con il suo stile, con la sua squillante voce, e con gli effetti sonori del complesso bandistico, trasportò per qualche momento noi spettatori nel deserto americano dell’Arizona.
Il giovane maestro Angelo Zirilli diresse questa difficile composizione con molta eleganza e affermo con molta maestria. Bravissimi tutti i componenti che suonavano gli strumenti ad ancia, in ottone, percussioni senza dimenticare i bravi cornisti e i trombonisti.

La serata del 15 agosto 2020 terminò con moltissimi applausi, ringraziamenti e felicitazioni da parte di noi tutti spettatori e con i ringraziamenti pronunciati dal presidente Antonio Greco, persona meritevole per la sua efficacia artistica e musicale nel seno del Corpo Musicale Erasmo Marotta.

 

           Il presidente Antonio Greco e il maestro Angelo Zirilli.


Nella tarda sera, dopo aver trascorso questi magnifici momenti d’estate, e percorrendo le stradine dell’antico quartiere di San Martino, passando per via San Giacomo, ho avuto un particolare pensiero per il maestro Lilio Narduzzi ed anche per il maestro Gerardo Marrone. Un altro aneddoto mi è venuto in mente. Una sera, come tutti i venerdì ,era in programma l’esecuzione della Cavalleria Rusticana scritta dal nostro compositore Pietro Mascagni nato a Livorno ne 1863, deceduto a Roma nel 1945.  L’opera fu data nel 1890.
Il maestro Narduzzi con il suo solito gesto della mano destra diede il via, marcando delicatamente il tempo di questa melodiosa composizione.
Leggendo la mia partizione davo uno sguardo ai suoi gesti i quali, con la sua mano sinistra, indicavano a noi tutti musicanti i coloriti musicali e melodici. Il suo sguardo era fissato sul suo leggio . In questi  momenti un musicante legge una linea della sua partizione mentre il maestro  ne leggeva quasi una ventina.
Questo lavoro necessita una grande forza mentale e di resistenza; due  qualità complementari che Lilio Narduzzi possedeva, cui si aggiungeva il suo raffinato sorriso, e il suo affiatamento con i musicanti. Il finale di questo melodioso intermezzo terminava con il gesto della sua mano destra che disegnava  simbolicamente un punto coronato, il quale per noi musicanti significava la fine di questo lungo brano musicale eseguito con molta attenzione, grazia, e melodia da tutti i componenti del corpo musicale.
Il maestro Lilio Narduzzi era nato nella citta di Vallerano in provincia di Viterbo il 7 gennaio del 1921. Nella metà del 1966 lasciò la nostra città di Randazzo per stabilirsi a Roma. Nel 1974 ha diretto la banda musicale della città di Squinzano; in seguito, dal 1981 al 1997, ha diretto la banda musicale della città di San  Giovanni Valdarno.
Dopo l’unione con una nostra cittadina, sono nati quattro eredi: Nello, direttore musicale dei Vigili Urbani della città di Roma nel 1987, Esmeralda insegnante, Massimo, e infine Alessandro architetto.
Moltissime composizioni musicali sono state scritte dal maestro Narduzzi. Non avendo consultato nessun archivio, posso solo citare le sue composizioni da me conosciute:_ La Strega, Esmeralda, Il Pianto dell’Etna, marcia funebre scritta a Randazzo esclusivamente per il  nostro corpo bandistico ; ed ancora: Romeo e Giulietta; Passeggiando; Persistenti; Dialogo, composizione per clavicembalo. Continente Nero,  prima e seconda parte; Week- End; Danza Selvaggia; Angolazioni, composizione sempre per clavicembalo; Meravigliosa Natura; Impulsi e Ricerche. 
Molte di queste composizioni, sono state registrate e forse diffuse. Il maestro si è spento il 24 luglio del 2008 a Roma.
La sua salma riposa nel cimitero di Vallerano secondo le sue volontà. Ed  è sempre col  dito coronato che termino il mio diario. Grazie maestro Narduzzi, grazie maestro Gerardo Marrone per i vostri insegnamenti; i vostri ultimi allievi, oggi  anziani, malgrado gli anni passati più che velocemente, si ricordano di voi.  Penso che, dall’alto dei cieli, circondati dalla musica degli angeli, volgete sempre lo sguardo sulla nostra bella città di Randazzo con la sua Etna, “A MUNTAGNA”, circondata dai suoi paesaggi, boschi, vigneti con le sue antiche costruzioni, lì dove la natura nasce , lì dove muore 
Spero che verrà il giorno in cui concittadini e dirigenti municipali amanti della musica, quest’arte nobile, pacifica e internazionale, avranno l’idea di dedicare due nuove strade in onore di questi due maestri:
“Via Lilio Narduzzi Direttore Musicale e  Compositore”, ed anche “Via Gerardo Marrone direttore musicale”.
      Desidero nuovamente ringraziare il signor Vincenzo Rotella Presidente per più di un decennio,  nonché memoria storica del ” Corpo Bandistico Città di Randazzo ” e dopo rinominato “Associazione Corpo Bandistico Scuola Musicale Erasmo Marotta”, .
         Molti avvenimenti mi sono stati precisati da Lui. 

Disidero pure ringraziare il prof. Santino Casalotto e Francesco Rubbino per l’aiuto dato nella stesura del testo anchè se lasciato a mò di memoria e scritto come la mia mente ma,  soprattutto il mio cuore dettava.

          Carmelo Venezia . Montecarlo Aprile 2021.  

 

Ebrei a Randazzo

 

Il 18 giugno 1492, Ferdinando il cattolico e Isabella di Castiglia presero una decisione grave che in seguito ebbe sviluppi tragici nell’economia del regno spagnolo e in Sicilia allora già vicereame: un gesto di fondamentalismo cattolico fu l’editto che impose senza condizioni che gli ebrei dovessero abbandonare per sempre la Sicilia entro tre mesi, pena la morte.
Gli ebrei erano vissuti in Sicilia dai tempi biblici e la Trinacria era stata una delle terre più importanti in cui si erano fermati, una volta partiti dalla Palestina all’inizio della diaspora nel 70 d.e.v.

Ferdinando il Cattolico ed Isabella di Castiglia

La Sicilia era abitata, fino all’anno 1492, da un numero d’ebrei, in percentuale alla popolazione residente, superiore a quelli presenti in qualsiasi altra regione o stato europeo o del bacino del mediterraneo (percentuali di presenza purtroppo incerte nel territorio siciliano, ma oscillanti secondo cifre controverse di stima da un minimo del 5% per città ad un massimo del 50%, che si raggiunse a Marsala).
Nel 1492 Ferdinando il cattolico era entrato vincitore nella città di Granada, vincitore della guerra di riconquista contro i musulmani, liberando così la Spagna definitivamente dal popolo arabo: i piccoli e grandi banchieri ebrei, in quanto da sempre popolo sottomesso, avevano finanziato la guerra di Ferdinando il cattolico contro i mussulmani di Spagna e segretamente aiutato economicamente il governo islamico in Spagna contro lo stesso Ferdinando (perché non a torto riconoscevano ai musulmani una disponibilità ed una tolleranza nei loro confronti certamente più favorevole dei governanti cattolici).
Gli ebrei erano sempre considerati come gli eredi di quel sinedrio che aveva condannato Gesù alla morte (un pregiudizio che costò loro una persecuzione ingiusta e fino ad oggi viva nell’immaginario collettivo), ed in più erano particolarmente mal tollerati in quanto praticavano il prestito di denaro su pegno.
Di fronte all’editto di espulsione, se si decideva di rimanere, bisognava chiedere il battesimo e convertirsi definitivamente al cristianesimo: si doveva accettare il cristianesimo o abbandonare la Sicilia e la Spagna, vendere i beni mobili ed immobili entro tre mesi, oppure rimanere e rinnegare l’antica fede.
In realtà sembrerebbe che per Ferdinando sia stata più una rivalsa post bellica che non una manifestazione di fede cattolica.

Già prima del 1492, operò anche in Sicilia, il tribunale dell’inquisizione, definito “Della Santa Inquisizione”, perché fregiandosi di tale aggettivo, potesse andare assolto da ogni nefandezza e persecuzione illegale, che spesso portava alla condanna a morte delle sue vittime, troppo spesso di religione ebraica.
Così la chiesa di Roma continuava a cavalcare il mito dell’unica confessione religiosa presente nel mondo civile conosciuto a quel tempo.
Tale atteggiamento prevaricatore ed assolutista, continuò nei secoli, anche dopo l’unità d’Italia ove con la costituzione della Repubblica Sabauda si consolidò in Italia l’antico dominio ideologico religioso.

Tale atteggiamento invasivo politico-assolutista, si concretizzava nel disporre costanti e silenziose iniziative quando di distruzione, quando di acquisizione di tutte le testimonianze ebraiche che soprattutto in Sicilia potessero fare ritornare alla memoria la storia di un popolo siciliano, che per molti secoli rese lustro all’arte medica, ai mestieri, alla cultura ed all’economia isolana.
Dopo le ricerche di Giovanni  Di Giovanni e dei Lagumina, per circa un secolo interesse storico per la fede ebraica siciliana fu quasi del tutto sopito.

Solo dopo il 15 giugno 1992, a seguito del noto convegno “Italia Giudaica – gli ebrei di Sicilia sino all’espulsione del 1492”, si innescò il grande interesse degli storici verso la storia degli ebrei di Sicilia.
La quantità d’ebrei in uscita dalla Sicilia non è stata mai accertata neanche con una credibile approssimazione, ma probabilmente i poveri preferirono cercare nuove terre, mentre molti ricchi ebrei si convertirono apparentemente al cristianesimo (la vendita con premura non sarebbe mai stata un buon affare, specialmente con compratori consapevoli della grave situazione dei legittimi proprietari diffidati ad andarsene): molti andarono a Napoli, altri certamente in Nord-Africa, nella città di Salonicco, nelle isole del Dodecanneso, altri sparsi per il mondo come vuole una tradizione antica e modernissima che vede questo popolo perseguitato ed errante in tutte le direzioni.
Il sultano ottomano inviò in Spagna e Sicilia, a più riprese, un’intera

Monastero San Giorgio – Randazzo

 flotta per accogliere come profughi in Turchia i giudei cacciati, e questa terra (in particolare Istanbul) è ancora abitata dagli eredi di Spagnoli e Siciliani emigrati: non fu solo un atto d’umanità, poiché le autorità turche si resero conto della grande utilità economica degli ebrei.
Chi rimase in Sicilia e finse d’essere cristiano cercò segretamente di mantenere usi e tradizioni, ma soprattutto di rispettare la religione ebraica e le cerimonie ad essa connesse: essendo questo considerato destabilizzante per il potere spagnolo, non fu tollerato che la finta conversione passasse inosservata e impunita e, temendo il potere economico degli ebrei e la loro capacità di far adepti per la loro religione, essi furono sottoposti sempre ad imposizioni fiscali a volte addirittura umilianti (le richieste di pagamento dei “balzelli” mettevano a dura prova le loro capacità finanziarie).
Per quanto tempo segretamente fu professata la religione ebraica in Sicilia dopo il 1492 non è facile a determinarsi, ma si può tutt’ora certificare l’antica presenza ebraica da molti cognomi rimasti in uso fra i siciliani e nomi di strade e toponimi ancora esistenti che denotano la diffusa presenza di questo popolo.

(Calò, Consolo, Consiglio, Castro, Bonaventura, Levi, Marino, Massa, Manara, Meli, Milano, Pavia, Catania, Palermo, Perugia, Piazza, Porto, Prato, Recanati, Romano, Russo Veneziano, nonché tutti i cognomi provvisti di suffisso – Di Carlo, Di Grazia, D’Agata, Del Vecchio, Greco, Ferro, Fiorentino, Franco, Franchetti, Vita, Vitale, etc).

Molti storici si sono interessati alla storia della cacciata degli ebrei di Sicilia cercando di scoprire perché questa tragedia accadde e quanti furono gli ebrei che abbandonarono realmente l’isola, le loro case, le attività ben avviate e soprattutto i luoghi dove nacquero e avevano vissuto.
Il monaco inquisitore Giovanni di Giovanni nel 1748 e i monaci fratelli Lagumina nel 1885, scriveranno sui giudei di Sicilia con documentata penetrazione.
I loro libri diventeranno gli studi da cui partire per le successive ricerche e in ogni modo due libri che sono fondamentali per affrontare quest’argomento.
Com’è facile considerare, Giovanni Di Giovanni e Giuseppe e Bartolomeo Lagumina appartenevano al clero cattolico; non misero in buona luce la civiltà ebraica di Sicilia.
Le ricerche storiche fino ad oggi continuano ad appassionare e l’argomento non è chiuso, sebbene molti storici, sulle cose e vicende di Sicilia, abbiano approfondito quest’avvenimento.

 


Tutti riconoscono che la perdita dei giudei di Sicilia fu un fatto grave per l’economia dell’isola. (Denis Mack Smith, Lodovico Bianchini), perché gestivano attività importanti in alcuni casi faticose, ma sempre a buon reddito.
Avevano in loro mano buona parte dell’economia commerciale e soprattutto quella bancaria e finanziaria del regno e del vice regno di Sicilia, anche se questo privilegio non era esteso a tutta la comunità giudaica di Sicilia.
Oltre all’attività di prestito di denaro e alle attività commerciali, avevano aziende nell’attività della concia delle pelli (cunziria di Vizzini), lavorazione del ferro, lavorazione della seta, coltivazione della canna da zucchero (Savoca), produzione di maioliche (Naso).
Numerosi gli ebrei di Sicilia nella professione medica con una presenza sorprendente anche di donne (non solo specializzate in ginecologia). 52 erano le giudecche esistenti con 60 sinagoghe ben localizzate: si possono ancora vedere i luoghi che testimoniano la loro presenza per scoprire ciò che è rimasto di questa civiltà attraverso la presenza di numerose testimonianze ancora visibili per considerazioni intuitive o tracce d’attività e di luoghi depositari di memoria.

Nel libro di Nicolò Bucaria “Sicilia judaica, sono indicati reperti e oggetti di tradizione ebraica in parte ancora rintracciabili e che si riferiscono ai seguenti comuni siciliani:
Acireale, Agira, Agrigento, Akrai, Alcamo, Bivona, Caccamo, Calascibetta, Caltabellotta, Caltanissetta, Cammarata, Castelbuono, Castiglione, Castronovo, Castroreale, Catania, Caucana(Rg), Cittadella Maccari(Sr), Comiso, Enna, Erice, Gela, Lentini, Lipari, Marsala, Mazara del vallo, Messina, Monreale, Mozia, Noto, Palermo, Polizzi Generosa, Ragusa Randazzo, Rosolini, Salemi, San Fratello, San Marco d’Alunzio, Santa Croce Camerina, Sciacca, Scicli, Siculiana, Siracusa, Sofiana(Cl), Taormina; Termini Imerese, Trapani.

Ma per quel che più ci interessa nel contesto di queste pagine è sottolineare come le prime grandi comunità ebraiche dell’isola, coincidono con le conquiste arabe di Mazara, Agrigento, Mineo, Caltabellotta, Sciacca e Siracusa, comprovando, così, che il grosso insediamento ebraico siciliano, si cominciò a delineare proprio con tale conquista dei nostri territori, laddove i conquistatori disponevano di una grossa componente ebraica cui affidare poi, l’amministrazione dei territori conquistati e la gestione dei tributi.
Tale componente, mantenne nel tempo i contatti sia economici che culturali con i paesi di provenienza, sviluppando, così in favore delle loro comunità e della Sicilia tutta una notevole economia. Agli inizi di tale conquista, in Sicilia si parlava il greco, mentre si faceva strada il volgare siciliano che in seguito divenne la lingua ufficiale del Regno di Sicilia e che gli ebrei presto impararono a parlare meglio degli altri.
Forme più o meno virulente di antisemitismo sono ancora presenti in tutto il mondo, eppure bisogna prendere atto che vi è un’ondata di rinnovato interesse per la cultura ebraica.

 

       

Questo nuovo e diffuso interesse per gli ebrei, fa leva sulla circostanza egoistica che li vede come lievito per lo sviluppo economico di un territorio. Tale interesse, misto al desiderio di conoscenza di un popolo diverso e molto attivo, fanno sentire oggi, in moltissimi siciliani il desiderio di riallacciare gli antichi legami con la cultura ebraica che tanta parte ha avuto nella formazione e nella storia siciliana.
Tale interesse per una storia poco nota o del tutto dimenticata di un grande popolo siciliano; per la sua religione, per il suo moderno stato, fornisce un impulso fondamentale sia all’Istituto Internazionale di Cultura Ebraica, che alla Charta delle Judeche di Sicilia, dallo stesso promossa, che li spinge a trasformare questo affascinante aspetto culturale in un vero e proprio motore di sviluppo economico sociale e culturale per la Sicilia ebraica dei giorni nostri.

 

 

Padre Luigi Magro  così scrive degli ebrei che si trovavano nella nostra Città nel suo famoso libro:

CENNI STORICI DELLA CITTA’ DI RANDAZZO” 

EBREI IN RANDAZZO (PAG. 219)

Nella nostra Città vi fu anche una numerosa Comunità ebraica. Nulla sappiamo delle sue origini, ma da quanto ci è dato conoscere si può arguire essere stata una delle più importanti dell’Isola. Ciò dicono i vari Diplomi Reali emanati a loro riguardo.

Narra  Mons. Giovanni Di Giovanni, nel suo Ebraismo in Sicilia:

                      “Perchè gli Ebrei di Randazzo, in tempo del Re Ferdinando I° mostrarono risiedere in loro uguale attenzione ed ubbidienza verso i cenni del Monarca che in alcuni altri fratelli loro della Sicilia, per mezzo di un prestito della somma di Onze venticinque che fecero alla Regia Corte allora bisognevole di denaro: perciò l’Infante D. Giovanni, figliuolo secondogenito del medesimo Sovrano e suo Vicegerente nella Sicilia ordinò che la stessa Regia Corte, già sollevata dalle strettezze passate, restituisse secondo il dovere agli accennati Ebrei la somma suddetta”. (vedi Regio Cancellario libro anno 1415 pag. 237).

Questo prestito, ci dice lo stesso autore Mons. Giovanni Di Giovanni, fu fatto alla Regia Corte da tutti gli Ebrei di Sicilia, ma nessuna comunità ha concorso tanto quanto quella di Randazzo tranne che tre, segno questo che essa era più numerosa delle altre.
Troviamo difatti che Caltagirone ha dato la somma di Onze dodici; Noto  Onze 22; Licata  Onze 10; S.Lucia di Milazzo Onze 15; ecc.
Ancora della maggior popolazione ebrea della nostra città, abbiamo che la cosi detta  Gabella della Gisìa si pagava da tutti gli ebrei della Sicilia nella seguente somma: Randazzo pagava Onze cinque all’anno; Castrogiovanni che aveva ottanta famiglie ne pagava 4; Noto Onze 3; Castroreale Onze una; Piazza Onze tre; Calascibetta unza una tarì sei e grana dieci ogni anno, ecc.
Nel 1477, questa comunità ebraica era talmente importante da essere retta da un Giudice particolare, come si può vedere da un Diploma del 3 giugno 1477 in cui il Conte Sigismondo de Luna, Maestro Segreto di Sicilia, indirizzando una lettera al Governatore ed al Giudice di Randazzo dava loro disposizioni tassative in una controversia tra gli ebrei e le Monache di S. Giorgio per la chiusura di una finestra di una casa prospiciente sul Monastero.
Riportiamo il documento che trovasi in copia nell’Archivio di S. Giorgio in Randazzo, col seguente indirizzo:

Dirigitur Spectabilibus Gubernatori et Judici Judeorum in Terra Randatii.
Nos D. Sigismundus De Luna Comes, Siciliae Magister Secretus et Magister Portulanus.
Spectabilibus Gubernatori et Judici Judeorum Terrae Randatii Amicis nostris Salutem.
Perocché, ut informamur in frontem hospitiu di la Ecclesia di S. Giorgi monasteriu di donni, vi è una casa di la Muschita et quilla li judei locanu a multi et diversi persuni cristiani la quali teni li finestri che scoprinu intra lu Bagliu di dictu monasteriu ac ortu adeo chi nixuna monaca po’ andari intra li Bagliu di dictu monasteriu né ortu che non sia vista da li finestri di la dicta casa, essendumi propterea supplicatu chi li vulissimu supra zò provvidiri havimu provistu, et cusì, per la presenti, vi dicimu, commettimu et comandamu che a petizioni di lu dicto monasteriu, pro ejus honestate, faczati riqueriri li Prothi di la dicta judea oy a cui specta chi digianu oy vindiri la dicta casa a lo dicto Monasteriu oy murinu li finestri per modu chi di quilla non si pocza scopriri intra lu dictu manasteriu, oy quilla alloghinu a persuni cum voluntate Abbatissae oy si paghino dallu dictu Monasteriu lu lueri chi è statu solitu allugarisi.
Et si la vurrannu vindiri, ci fariti pagari lu pretiu chi fu per loru cumprata, costringanduli chi omnino hagianu a fari una di li dicti electioni, cohertionibus vobis benevisis, et quillu chi elegirannu, faczati pro honestate et beneficio dicti Monasterii exequiri cum effectu.
Sic vos in praemissis gerentes per modum, chi non sia bisognu recurriri a Noi, sub poena unciarum quinquaginta.
Datum Panhormi die III junii Xª indictionis MCCCCLXXVII. Sigismundus De Luna etc.

Essendo la dicitura di tale documento abbastanza chiara, ci asteniamo dal tradurlo.
Nel 1492 gli ebrei furono espulsi da tutti i vasti domini dei Re Ferdinando II° e quindi anche dalla Sicilia.
Costretti gli ebrei di Randazzo a lasciare la Città, hanno venduto alle Monache di S. Giorgio la sopraddetta casa con l’attigua Moschea e due altri casaleni con degli annessi e Cimitero confinanti con il Monastero, con il patto di ritorno nel caso che fossero richiamati dall’esilio.
L’atto fu redatto presso il Notaro Staiti il 26 novembre IIª Indiz. 1492, nei termini seguenti:

Manueli Servidei Medico e Benedetto suo figlio, Mastro José Paneri e Rasè Rabi Medico, Mardacchi De Panormo, Abraam Russo, Gidilu Calabrisi, Gidilu Rabi, Jacob Guadagnu e Xibiti Miseria, come Majorenti Actori e Factori di tutta la Giudaica di questa Terra di Randazzo, congregati entro il loro tempio, vendono alla Reverenda Soro Maria De Pidono, Abbadessa del Venerabile Monastero di S. Giorgio il riferito loro tempio o mischitta, o moschea, nec non la casa collaterale solerata et altri due casaleni confinanti con detto tempio o mischitta e con la casa di detto Monisterio, esistenti nel Quartiere di S. Maria confinanti dalla parte di settentrione con le mura di detta Terra e Via pubblica; et ancora numero sei giarre ad uso di oglio, venti lampe, una scala, et un banco esistente nell’Oratorio, dove commoravano le donne di essi giudei.
Ac etiam il riposto delle predette cose; il secchio di rame ad uso di tirare acqua dalla cisterna e la stessa cisterna; e questo per mezzo di Onze ventiquattro, con patto e condizione, che ritornando detti giudei dall’esilio di questo Regno per stare ad abitare in questa Terra, sia obbligato il monastero revendere le sopradette cose vendute, e ciò per lo stesso prezzo, pagate le spese ecc.
Promise la stessa reverenda Abbadessa detto tempio tenerlo ed averlo solamente per dormitorio di detto suo monasterio.
Similmente venderono il luogo sacro e religioso per riposo dei cadaveri dei giudei, dummodo non inferant injuriam ossibus judeorum.”

Questa copia di contratto ce l’ha tramandato il Plumari che l’ha copiata dall’originale che si conservava nel monastero di S. Giorgio ed ha aggiunto come nota bene: il luogo del sepolcro dei giudei venne poi incluso dentro la clausura di detto monastero, nel punto del giardino che guarda l’occidente.
Le Monache del Monastero non si sono mai serviti della cisterna loro venduta dagli ebrei, avendone altre due.
Dopo la partenza degli ebrei da Randazzo fu abbatuta una lapide di pietra lavica portante una iscrizione in ebraico di cui il Colonna, nel suo manoscritto Idea dell’Antichità della Città di Randazzo, ne riporta un frammento rilevato da un pezzo trovato da lui sulla riva del fiume Alcantara il 18 settembre 1723 e che non potè decifrare perchè ignaro della lingua; l’abbiamo riportato nel capitolo VI° della prima parte, quando si parlò della Porta Orientale della Città di Randazzo.
Delle altre numerose case che formavano il ghetto non si ha notizia, probabilmente saranno state distrutte al tempo della peste che infierì a Randazzo dal 1775 al 1780, quando i sanitari venuti da Messina per incarico del Governo, con il Capitano d’Arme per la peste, ordinarono che fossero incendiate tutte le case, a partire dal punto del cordone sanitario che era nel piano di S. Maria fino a S. Giorgio e di là anche tutte le case fuori le mura, senza eccettuarne una sola; questo incendio durò per sei giorni continui.
Rimase solo salvo il Monastero di S.Giorgio perché non poteva essere infetto, essendo le Monache andate, sin dal principio del pestifero morbo, nel Monastero di S. Bartolomeo. (vedi il capitolo della peste).

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Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero
 

Ashkenaziti, Sefarditi, Mizrahim, ma anche Bukhari, Falashà e Romanioti. Sono numerosissimi i gruppi che compongono la Diaspora ebraica. Tuttavia gli Ebrei italiani, gli Italkim, rappresentano un’eccezione unica e con una grande storia.
Spesso si sente parlare di due categorie di Ebrei: Ashkenaziti e Sefarditi. Alcuni alludono anche a un terzo gruppo, i Mizrahim, per indicare gli Ebrei che vivevano in quei territori che oggi sono Iraq, Siria, Yemen, Iran, Georgia e Uzbekistan. Ma questa divisione in gruppi può risultare molto più complessa di quello che può sembrare a un primo sguardo.
Ci sono tre modi di intendere la classificazione degli Ebrei; uno di questi si basa sulla geografia.
Questo approccio applica l’etichetta “
Ashkenazita” agli Ebrei che hanno gli antenati che provengono dal territorio che nella letteratura rabbinica medievale era chiamato Ashkenaz.

Alexander Beider

 Questa zona corrisponde alle regioni dove la maggioranza cristiana parlava dialetti germanici.
Gli Ebrei Sefarditi invece, sono quelli i cui antenati vivevano nella 
Sfarad medievale: la Spagna o, più in generale, tutta la penisola iberica.
Un secondo approccio si basa  sulla lingua più che sul territorio. Secondo questa strategia, gli Ashkenaziti moderni discendono dagli Ebrei che parlavano lo Yiddish, mentre i Sefarditi da coloro che parlavano lo spagnolo o il judezmo (in spagnolo ladino, da non confondersi però con il ladino dolomitico).
Seguendo questo metodo di giudizio, viene usato il termine “Mizrahi” per riferirsi agli Ebrei che durante la prima metà del 1900 parlavano (Giudeo-)Arabo. Quindi tutti gli Ebrei nordafricani, a prescindere dai loro antenati, sarebbero considerati 
Mizrahim.
Un terzo modello classifica gli Ebrei in base ai riti religiosi usati nelle proprie comunità. Questo criterio fa risultare i Sefarditi il più grande gruppo, considerato che sin dall’inizio del XX° secolo erano tante le comunità nel mondo senza membri di origine spagnola che seguivano i rituali ebraici secondo la tradizione sefardita.
Nessuno di questi approcci diversi riesce a rispondere alla domanda: a quale categoria appartengono gli Ebrei italiani?

Ebrei italiani, questi sconosciuti
L’opinione più diffusa è che gli Ebrei italiani siano legati ai Sefarditi. Implicitamente, questo pensiero segue l’ultima delle tre definizioni elencate sopra. È senz’altro vero che negli ultimi secoli, sia stato il rito sefardita quello più usato nei territori appartenenti ai vari Stati, che nella seconda metà del XIX° secolo si sono uniti per formare l’Italia.
Tuttavia, secondo il criterio linguistico, l’Ebraismo italiano dovrebbe essere visto come un gruppo culturale separato dagli altri Ebrei, dato che gli Ebrei che vivono in Italia parlano da secoli l’italiano.
In questo articolo applicherò il primo metodo di classificazione per rivelare le radici geografiche di diversi gruppi di Ebrei italiani, usando i cognomi delle famiglie ebraiche italiane per fornire buoni esempi. Questo approccio rivela come il nocciolo degli Ebrei italiani non sia né sefardita, né ashkenazita, ma un gruppo completamente a parte.

Lo Stivale e la Stella di Davide
Gli antenati degli Ebrei italiani erano presenti nello Stivale già molti secoli fa, alcuni sin dai tempi dei Romani. Nella letteratura ebraica non esiste un termine largamente accettato per indicare questi Ebrei “indigeni”, e sono spesso chiamati semplicemente Italiani. Roma, che già nell’antichità aveva una grande popolazione ebraica, ha ospitato per secoli la comunità con più Italiani.
La leggenda vuole che gli antenati di quattro famiglie ebraiche furono portati a Roma dall’imperatore Tito come prigionieri dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 e.v. Tra le fonti ebraiche, queste famiglie appaiono come i min ha-tappucḥim (delle mele), min ha-adumim (dei [capelli] rossi]), min ha-anavim (dell’umile) and min ha-ne‘arim (dei giovani).
La più vecchia fonte scritta di questa leggenda è relativamente recente.
Appare in un libro pubblicato alla fine del XVI° secolo da un membro della prima famiglia, Rabbi David de Pomis (delle mele, in latino) di Venezia.

 


Dello stesso secolo troviamo anche la più antica menzione della seconda famiglia in un documento cristiano, che fa riferimento al nome italiano della famiglia, de Rossi.
I membri della terza famiglia appaiono in documenti italiani del 1600, con la strana forma ebraica di anaw (Anau).
Tra le fonti ebraiche, i riferimenti più antichi sono i seguenti: XI° per Anau, XIII° per i de Rossi e i de Pomis e XIV° per il nome che significa “dei giovani”.
Ma la maggioranza degli Italiani ha ricevuti cognomi ereditari solo nel corso del 1500.
La più grande categoria di cognomi è basata sui nomi di località, solitamente i nomi di città vicino a Roma da cui provenivano le famiglie che andavano a vivere nella capitale dello Stato Pontificio. Tra di essi vi sono Di Segni, Piperno, Pontecorvo, Rieti e Tivoli.
Quando, nel 1571, vi fu un censimento della popolazione ebraica di Roma, 278 famiglie erano catalogate come Italiani (indigeni) e 110 come Tramontani (stranieri).

Migrazioni ebraiche
Migranti ebrei arrivarono in Italia anche dai territori dell’odierna Francia. Giunsero in due ondate.

La prima si produsse con l’espulsione degli Ebrei dalla Francia nel 1394 e molti di essi si stabilirono in Piemonte. A partire dal medioevo il Piemonte fu parte della Contea dei Savoia, uno Stato che copriva i territori che oggi appartengono alla Francia. Le famiglie Foa, Segre e Treves, che arrivarono durante questa ondata migratoria, hanno giocato un ruolo importante nella vita culturale dell’ebraismo italiano nei secoli seguenti.

Il secondo grande gruppo di migranti ebrei arrivò in Italia da Marsiglia e altre città della Provenza, una regione annessa al regno di Francia alla fine del 1400. L’espulsione degli Ebrei dalla Provenza avvenne nel 1501. È da questo periodo che viene il cognome Provenzale, come anche Passapaire e Sestieri.

Gli ashkenaziti rappresentano il terzo maggior gruppo di Ebrei italiani. Giunsero tra il 1200 e il 1600 principalmente da province germanofone che oggi corrispondono alla Bavaria e all’Austria, in fuga da pogrom  (violenta azione persecutoria) e legislazioni anti-ebraiche. I migranti ashkenaziti si stanziarono principalmente nelle regioni settentrionali e nord-orientali della penisola: nella Repubblica di Venezia (principalmente Venezia, Padova e Verona), nei Ducati di Milano e Mantova e nell’area di Trieste. Ma ashkenaziti si stabilirono anche in Piemonte, e in Italia centrale e meridionale. Per esempio, fonti romane della metà del 1500 menzionano una congregazione ashkenazita a parte, dotata anche di una sua sinagoga, chiamata Scola Tedesca. Alcuni avevano già dei cognomi, come i Rappa di Norimberga (questo nome diede origine alla famiglia Rappaport, diffusa in Europa dell’Est), gli Heilpron (in Italia più conosciuti con la dicitura Alpron) e i Mintz (o Minci).
Durante questo periodo però, i cognomi erano rari tra gli ashkenaziti. Per questo motivo, molte famiglie comprarono i loro cognomi ereditari una volta arrivati in Italia. Il cognome Katzenellenbogen ha origine dalla città tedesca da cui veniva il fondatore di questa dinastia di rabbini quando giunse a Padova.
Tante famiglie ashkenazite finirono per farsi chiamare coi nomi delle città italiane dove risiedevano. Tra queste vi sono i Bassano, i Colorno, i Conegliano, i Pescarolo e i Soncino (poi modificato in Sonsino). Gradualmente il cognome Tedesco (e le sue varianti Tedeschi e Todesco) divenne uno dei cognomi più diffusi tra gli Ebrei italiani. Altri cognomi famosi di famiglie italiane di origine ashkenazita sono Luzzatto e Morpurgo.
Gli Ebrei sefarditi apparvero in Italia in momenti diversi. Individui e famiglie erano già presenti tra i XIII° e il XV° secolo. Dopo la cacciata dalla Spagna del 1492, molti Ebrei spagnoli si stabilirono a Roma. Tra di essi, alcuni portavano i cognomi Almosnino, Corcos, Gategno e Sarfati. Un gruppo più piccolo (che comprendeva anche gli Abarbanel) si rifugiò a Napoli e dintorni, e lì rimase fino all’espulsione degli Ebrei dal Regno di Napoli, nel 1541.

L’arrivo degli Ebrei “portoghesi”
È nella seconda metà del XVI° secolo che si registra l’arrivo di nuovi migranti ebrei sul territorio italiano: i cosiddetti Ebrei “portoghesi”. Venivano non solo dal Portogallo, ma anche dalla Spagna e dai territori sottomessi alla Corona spagnola, tra cui la città, oggi belga, di Anversa. Tutte queste persone erano formalmente cattoliche: ogni forma di culto ebraico era vietata e perseguita nei loro luoghi d’origine, e il loro attaccamento all’Ebraismo era tenuto nascosto.
Queste persone, i cui antenati erano principalmente Ebrei convertiti a forza al Cristianesimo alla fine del 1400, sono solitamente chiamati Marranos”. Con lo spostamento a paesi dove l’Ebraismo era tollerato, molte di queste famiglie iniziarono a professare la loro fede più liberamente.
Inizialmente questo flusso si concentrò a Ferrara ed Ancona; ma alla fine del XVI° secolo, Venezia e Livorno diventarono le principali destinazioni. Numerosi gruppi di Ebrei portoghesi (ex-marrani) si stabilirono a Genova e in Piemonte tra il 1500 e il 1700. Tutti questi migranti fondarono grandi comunità che seguivano il rito sefardita.
Alcune famiglie recuperarono i cognomi dei loro antenati ebrei che erano vissuti nella Spagna medievale: Aboab, Attias, Mazaod and Namias. Altri presero i cognomi che indicavano a quale delle tre caste sacerdotali appartenevano i loro antenati: Cohen, Levi e Israel. La maggior parte però scelse di mantenere i cognomi che usavano da Cattolici, tra cui Fonseca, Lopes, Mendes, Pinto e Rodrigues.
Col tempo, Livorno – unica città italiana con un’importante presenza ebraica che non istituì mai un ghetto – divenne il fulcro della vita ebraica italiana, attraendo tanti Ebrei di ogni origine da tutte le parti d’Italia.
La propagazione graduale del rito sefardita in Italia fu principalmente dovuta all’influenza degli Ebrei “portoghesi”.

Tra i secoli XVII° e XX° arrivarono in Italia (soprattutto a Livorno) tanti Ebrei provenienti dal Nord Africa, che portavano con sé cognomi come Busnach, Elhaik, Racah e Sasportas.
Tutto questo mostra il grado di complessità cui può arrivare la storia delle comunità ebraiche in ogni area geografica. In situazioni tali – che sono più che comuni nella storia ebraica – uno può facilmente essere ingannato da opinioni troppo semplificatorie o da affermazioni che usano termini ambigui.

Randazzo, segreti e misteri alle falde dell’Etna di ANGELA MILITI

                                                                —————————————————————

Leggi, usi, consuetudini, aneddoti sugli Ebrei  

  • L’alfabeto ebraico non ha maiuscole. Neanche Dio è scritto con caratteri speciali.
  • Messìa/mashìah  viene dal verbo “mashah” che significa ungere.
  • Il Messia per noi cristiani è venuto, ma deve ritornare. Per gli ebrei deve ancora venire.
  • Per i cristiani Messia si scrive con l’articolo, per gli ebrei senza articolo in quanto per loro  è un nome familiare,  un parente dell’albero genealogico del ramo di Davide, quindi un nipote.
  • “Mashìah vet kumen”  ( Messia verrà).
  • Il Messia annuncerà la sua venuta con tre squilli del corno di ariete.
  • Per alcuni studiosi ebrei la Morte è Messìa. La fine di ogni essere umano coincide col messìa, non ce n’è un altro e non c’è altro.  (La Famiglia Mushkat di Isaac Bashevis Singer).
  • ROSH HASHANAH   capodanno ebraico che si celebra con la luna nuova di settembre (Tisrì) per due giorni.
  • PURIM  festa delle sorti dal 13 al 15 di Adar (febbraio-marzo) si celebra la liberazione degli ebrei in Persia ad opera della regine Ester.
  • SHAVUOT   la Pentecoste. Commemora il giorno in cui venne data la TORAH (la Bibbia) al popolo ebraico.
  • SUKKOTH  festa autunnale delle Capanne. Commemora il soggiorno degli ebrei nel deserto.
  • YOM Kippur  Giorno dell’Espiazione. Il giorno del grande digiuno celebrato il 10 di Tisrì (settembre-ottobre). 
  • PESACH:  “Pasqua” commemora la liberazione o esodo degli ebrei dall’Egitto.
  • SHABBATH  sabato.
  • Kasher il cibo puro secondo la tradizione.
  • MAZAL TOV  “Buona fortuna” “Siate felici”.
  • SHALOM ALEICHEM  La pace sia con voi.
  • CABALLA  le dottrine mistiche ed esoteriche circa Dio e l’universo che si asserivano rivelate a un numero ristretto di persone e tramandate di generazione in generazione.
  • DYBBUK:  spirito di un defunto che non trova pace nella tomba ed entra nel corpo di un vivente.
  • TORAH  Bibbia. La legge data da Dio a Mosè sul monte Sinai.
  • TALMUD  il complesso delle discussione giuridiche ed esegetiche sulla Bibbia e sulle Leggi Tradizionali. Il Talmùd si compone della MISHNAH (il codice delle leggi) e della GHEMARA’ (lo studio o discussione della MISHNAH), ed è diviso in trattati.
  • Tanakh  scrittura sacra.
  • Geenna: l’Inferno ebraico.
  • Gentili (o goi):  sono i non ebrei.
  • Gli ebrei, come abbiamo visto, sono o Sefarditi (di origine spagnola) o Ashkenaziti (di origine est europea).
  • Gli Ashkenaziti che significa “tedeschi” parlavano la lingua  Yiddish, una specie di dialetto ebraico innestato nella lingua tedesca e manifestano una abilità intellettuale molto al di sopra della media.
  • Gli Ebrei nel mondo sono solo lo 0,2% della popolazione tra i vincitori del premio Nobel gli Ashkenaziti sono il 20%, tra i vincitori della Medaglia Fields il 25%, e tra i campioni del mondo di scacchi circa il 50%.
  • SHOAH: olocausto, distruzione, sterminio del popolo ebreo.
  • PROGROM:  persecuzione violenta.
  • SIONISMO: movimento politico-religioso per costituire uno stato in Palestina
  • Gli ebrei appena si alzano si lavano le mani e prima di ogni pasto.
  • PE’ OT :  riccioli rituali lasciati crescere sulle tempie degli ebrei ortodossi (leviatico 19,27).
  • Non mangiano la carne di maiale nè con la carne qualsiasi cibo derivato dal latte, ma debbono trascorrere sei ore tra un alimento e l’altro. 
    Francesco Rubbino

                                                                                  
 

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                                                            —————————————————————————————-

      Ebrei  Italiani famosi   

 

 

Roberto Saviano 

 

Enrico Mentana

 

Paolo Mieli

 

Sen. Liliana Segre 

 

Elsa Morante

 

Lapo Elkann

 

Amedeo Modigliani

 

Alessandro Haber

 

Rita Levi Montalcini

 

Vittorio Gassman

 

Gad Eitan Lerner

 

Franca Valeri

 

Don Lorenzo Milani

 

Carlo De Benedetti

 

Susanna Tamaro

 

Raul Cremona

 

Luca Barbereschi

 

Corrado Augias

Clemente J.Mimum

Arnoldo Foà

 

Stefano Di Mauro – Rabbino di Siracusa

 

     Ebrei Italiano deportati ad            Auschwitz

 

       Ebrei Italiano deportati ad Auschwitz

 

    Ebrei Italiano deportati ad Auschwitz

     
     
 EBREI FAMOSI NEL MONDO    

Albert Einstein

Isaac B. Singer

Karl Marx

Mordecai Richler

The Beshavis Singers

Mark Zuckerberg (FB)

Larry Page – Google

Sergey Brin – Google

Israel Josha Singer

Quentin Tarantino and Daniela Pick

Woody Allen

Philip Roth

Isaac Newton

Isaac Asimov

George Soros

Sigmund Freud

Franz Kafka

Harvey Weinstein

 

Steven Spielberg

 

Dustin Hoffman

   

                  Lev Trockij

 
     
     

 

                                                                                                                                                                                                                          

  • “STORIA E RELIGIONE: LA PRESENZA EBRAICA E LA CACCIATA DA RANDAZZO “. Un tour alla ricerca delle radici ebraiche. 
  • Annamaria Distefano

  • Presso il museo dei Pupi di Randazzo si è svolta una conferenza sul tema “La presenza ebraica e la cacciata da Randazzo”. Questo evento è stato fortemente voluto dal rabbino di Siracusa, Stefano Di Mauro, capo della “Comunità ebraica di Sicilia”, e fa parte di una serie di incontri che si svolgeranno in tutta la Sicilia, alla ricerca delle tracce della presenza ebraica.
    Lo storico randazzese Salvatore Rizzeri, ha spiegato che per dare il via a questa serie di conferenze,  è stata scelta Randazzo perchè fu sede di una delle più importanti e ricche comunità ebraiche della Sicilia.
  • Purtroppo però non è pervenuto nessun documento che risalga alle origini, ma al primo  secolo dopo Cristo.
    Il primo atto documentato della presenza ebraica nella nostra cittadina è datato 1347, quando l’Infante Giovanni proibì a Raimondo de Pizzolis, arcivescovo di Messina, di intromettersi negli affari della comunità ebraica. Quello che sappiamo di sicuro è che nell’anno 1492 (al momento dell’ editto di espulsione) tale comunità si componeva di ben 170 famiglie per un totale di 1100 persone, l’11,3% della popolazione di Randazzo.
    Vi erano due rabbini, due medici e un banchiere. Un certo Joseph Salom, di professione ciabattino, possedeva 12 volumi, mentre il rabbino capo della città di libri ne possedeva quaranta. Questo si evince dai vari Diplomi reali  aventi per oggetto questa comunità.
    Un importante abbraccio tra due degli esponenti del clero locale, padre Domenico Massimino, arciprete della Basilica di Santa Maria e don Santo Leonardi parroco del Sacro Cuore di Gesù e il sefardita ortodosso Di Mauro, ha dato l’avvio alla conferenza.
    Erano presenti il sindaco, prof. Michele Mangione , il presidente del consiglio comunale, Antonino Grillo e il vice sindaco, dott. Gianluca Lanza. Presenti anche Yitzhak Ben Ayraham, del “Centro sefardico siciliano”, affiliato alla “Federazione delle Comunità ebraiche del Mediterraneo” e il dott. Gabriele Spagna, segretario della Comunità ebraica di Siracusa.
    Relatori della conferenza sono stati: il prof. Ignazio Vecchio, neurologo catanese, docente di Storia della medicina e bioetica presso l’Università degli Studi di Catania e segretario della “Federazione delle Comunità ebraiche del Mediterraneo”, l’arch. Piero Arrigo, ricercatore di Storia e Cultura ebraica siciliana, lo storico randazzese Salvatore Rizzeri e il presidente dell’associazione “Pro Randakes”, Nicolò Sangrigoli .
    Il rabbino cardiologo dott. Stefano Di Mauro ha ripercorso la storia delle persecuzioni e dei martirii perpetrati nei secoli nei confronti dell’ebraismo. Ha parlato delle radici in comune tra le tre religioni monoteiste ma anche della loro inconciliabilità teologica. Proprio a tutela delle loro diversità – egli ha detto – dobbiamo adoperarci per fare in modo che nelle varie religioni non ci sia spazio per soggetti che fomentino odio, e adoperarci per costruire una pacifica convivenza. Per arrivare a ciò è necessario stimolare il dialogo interreligioso.
    A questo punto il professor Ignazio Vecchio ha ricordato come da sempre gli ebrei e l’ebraismo abbiano trovato posto nella vita sociale ed economica siciliana fino alla data della loro espulsione.
    La presenza degli ebrei   in Sicilia, dall’epoca romana al 1492,  e’  documenta   sicuramente   da  Gregorio  Magno all’inizio del Medioevo nelle  sue  “Epistole”. Alcune di queste descrivono gli  ebrei della Sicilia, le  loro attività economiche  e  sociali  e  la   loro religiosita’.
    Sotto il   regno di  Federico II  agli ebrei, furono  concessi   privilegi  che  aumentarono nel periodo aragonese.
    I documenti che testimoniano la presenza ebraica in Sicilia, nel solo periodo aragonese, sono più  numerosi  di  quelli dei periodi  precedenti. Gli ebrei di Sicilia   furono assorbiti, dopo la loro  cacciata  dall’isola nel 1942, dalle altre comunità   ebraiche   del  Mediterraneo (Istanbul e Salonicco principalmente).
    Al momento dell ‘espulsione del  1492,  la   comunità ebraica   di  Sicilia  era  composta   da  circa   40  mila  abitanti, il 5% della popolazione, ed erano   presenti  circa  cinquanta   giudecche,  quartieri ebraici all’interno delle varie comunità cristiane, veri e propri enti  amministrativi  autonomi.
    L’ arch. Piero Arrigo, ha parlato delle poche tracce rimaste degli ebrei in Sicilia dopo 5 secoli dalla loro cacciata. Ha denunciato le difficoltà che a volte riscontra nel restauro e nella valorizzazione dei reperti in cui si imbatte. Un esempio è fornito dal reperto raffigurante la stella di David ritrovato all’interno di un rudere, situato nel centro storico di Savoca, luogo che si ritiene sia stato adibito a sinagoga. La scoperta di questo referto ha fatto riaccendere i riflettori sulla storia delle comunità giudaiche esistenti fino alla fine del 1492 a Savoca e nel territorio dell’intera Valle d’Agrò.

    Però, ancora oggi, a diversi anni della scoperta, l’edificio resta di proprietà privata e il comune di Savoca non sembra intenzionato all’ acquisto e al restauro.
    Ha concluso il presidente dell’associazione organizzatrice ProRandakes, ringraziando la delegazione per aver scelto Randazzo come primo comune di questa sorta di “ tour alla ricerca delle radici ebraiche “ .
    Annamaria Distefano 18 marzo 2016 
     
      
  •  Presentato “Gli ebrei a Randazzo”, saggio di don Santino Spartà edito da “La Voce dell’.Jonio”

Si è svolta ieri, 12 agosto, nel salone della chiesa di San Nicola a Randazzo, la presentazione dell’ultimo libro di don Santino Spartà.

 

 

Annamaria Distefano

Il libro “Gli ebrei a Randazzo”, il cui titolo non potrebbe essere maggiormente esplicativo,  parla della presenza di una comunità ebraica di circa 500 persone in un lasso di tempo di 150 anni, nel paese etneo di cui è nativo lo stesso autore.
Lo ha presentato la prof.ssa Giuseppina Palermo che conosce talmente bene la storia personale e il curriculum vitae di don Santino, da averne tratto un libro.
Era presente al tavolo dei relatori anche la dott.ssa Rita Messina, che, per conto della nostra casa editrice La Voce dell’Jonio, ne ha curato la pubblicazione.
Subito dopo un breve saluto della prof.ssa Pina Palermo, è proprio la dott.ssa Messina a prendere parola e a illustrare magistralmente il breve saggio. Se è fondamentale conoscere la nostra storia nazionale- ha detto – lo è altrettanto conoscere la storia locale, quella della nostra isola, dei nostri luoghi, del nostro paese.
La metodologia di don Santino – ha affermato la Messina – è  degna di risalto perchè segue due strade che sono una complemento dell’altra.
Se il primo approccio è scientifico e si basa sulla raccolta di dati provenienti da documenti storici, degli archivi di Palermo e Catania principalmente, laddove le fonti scarseggiano, don Santino afferma chiaramente di aver elaborato proprie teorie sullo stile di vita e sugli avvenimenti del tempo, basandosi su ragionevoli deduzioni logiche.

Il libro si apre con una data importante, il 1492, anno in cui Ferdinando d’Aragona promulgò l’editto antisemita che prevedeva la cacciata degli ebrei da tutti i territori siciliani, ivi compresa la cittadina di Randazzo.

 

Rita Messina, Don Santino, Pina Palermo


Attraverso un racconto a ritroso, viene quindi ripercorsa la storia dei precedenti secoli, per poi ritornare alla conclusione del libro, come seguendo un andamento ciclico, alla stessa data.
A suscitare l’interesse dello storico, don Santino, sul tema degli ebrei – precisa la dott.ssa Messina – un riferimento di Onorato Colonna, circa una lapide ritrovata nel territorio di Randazzo, che conteneva un’iscrizione ebraica.
A conclusione dell’incontro,  don Santino  ha ringraziato la dott.ssa Messina per l’appoggio ricevuto,  la prof.ssa Palermo e i partecipanti uno per uno. Tutti i presenti hanno infatti ricevuto una copia gratuita del  libro, consegnata direttamente dalle mani del prete, che, girando tra i banchi, ha calorosamente salutato tutti i suoi ospiti.
  • 

                                                                    ———————————————————————————————————–

 

L’Ebraismo della Sicilia ricercato ed esposto da Giovanni Di Giovanni Canonico della Santa Metropolitana Chiesa di Palermo ed Inquisitor Fiscale della Suprema Inquisizione della Sicilia.
IN PALERMO MDCCXLVIII (1748).
Nella Stamperia di Giuſeppe Gramignani.-
Con licenza de’ Superiori.

Nel Capo XXI a pagina 361 scrive: “Degli Ebrei di Piazza, di Calatascibetta e di Randazzo”.

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     In un momento particolare per gli ebrei ho voluto dedicare questa ampia pagina per riconoscenza e solidarietà.
Riconoscenza perchè alcuni  di loro hanno letteralmente trasformato il nostro modo di essere cittadini del mondo.
Altri ci hanno insegnato come è fatto l’Universo e quali leggi lo governano. Hanno saputo scrivere romanzi e poesie indimenticabili, e ci hanno fatto sognare con i loro film.
Il popolo ebraico (l’unico sopravvissuto in questi ultimi duemila anni) è stato da sempre perseguitato. Con loro condividiamo molte cose, non ultimo il Vecchio Testamento.
 

FRANCESCO RUBBINO

Francesco Rubbino nasce a Randazzo il 18 dicembre del 1947. Dichiarato dal padre Carmelo  il 2 gennaio 1948 ( era usanza del tempo dichiarare i figli maschi nati a fine anno in quello successivo per  ritardare di un anno il servizio militare).

Ha frequentato le scuole elementari  statali di Randazzo, le medie e il ginnasio presso il Collegio Salesiano San Basilio e ha conseguito la maturità classica al liceo Capizzi di Bronte. 

Assunto nel 1974 alla Esattoria Comunale di Catania e l’anno dopo  sposa Rosetta Proietto con la quale ha due figli: Carmelo (detto Lucio) e Valentina.

 

Direttivo del Club “Gli Amici”. F.Rubbino, R.Foti. G.Guidotto, A.Fioretto, N.Modica, C.Luca, A.Priolo, A.Rubbino, F.Salanitri.

Impegno nel Sociale,  nella Politica e nelle Istituzioni:

Nel 1963 a soli quindici anni fonda, assieme ad altri coetani,  il “Club gli Amici”, Associazione Culturale e Ricreativa che aveva lo scopo di avvicinare i ragazzi di diversi ceti sociali culturali,  organizzando conferenze, cineforum, recitazioni teatrali, gite ed altre attività.

Successivamente  inizia il suo impegno nella politica iscrivendosi nella Democrazia Cristiana. Eletto delegato giovanile della sezione,  entra a far parte della Direzione Provinciale e Regionale.

Dal 1967 al 1972 è responsabile della segreteria politica di Catania dell’on.le Francesco Parisi.

Alle elezioni amministrative 1970 viene eletto Consigliere Comunale di Randazzo.

Nel 1972 dopo una drammatica rottura nel gruppo della DC tra i giovani rinnovatori ( di cui faceva parte) e la vecchia classe dirigente, viene eletto Sindaco da una coalizione formata  dai giovani della DC, dal PRI e dal PSI con l’appoggio esterno del PSIUP e del PCI.

Dopo una breve crisi nel giugno del 1973 si dimette, ma viene riconfermato nella carica dalla stessa coalizione.

                  Elezione a Sindaco – 5 ottobre 1971

 

Da ricordare durante questo mandato:

  • La commovente cerimonia di consegna degli attestati di Cavaliere di Vittorio Veneto ai nostri Combattenti della Prima Guerra Mondiale.
  • La pubblicazione del libro “Storia di Randazzo” di don Calogero Virzì, ottenuta gratuitamente grazie alla disponibilità della tipografia Pantano di Messina. Libro distribuito a tutti gli alunni delle scuole dell’obbligo per far conoscere le bellezze artistiche e storiche  del Paese.
  • La realizzazione da parte dell’ESA della strada “Quota Mille con il ritrovamento da parte degli operai della ditta del “ PITHOS” che fa bella mostra nel Museo Vagliasindi.
  • La legge n. 44 del 22 luglio 1972 , ottenuta a furor di popolo,che autorizzava i Mercati Domenicali in Sicilia,  ove per tradizione si erano svolti. In esecuzione di questa legge, l’Assessore Regionale all’Industria e Commercio, con D.A. n. 558 del 13 settembre 1972 sanciva il diritto all’apertura del Mercato Domenicale nel Comune di Randazzo, di fatto esistente da oltre trentacinque anni.

S.Agati, maresciallo Fargnioli, F.Rubbino, un operaio, G.D’Amico

Alle elezioni del 1975 si presenta con una lista civica ed è il primo degli eletti. Segue una lunga fase di turbolenza politica dove si susseguono diverse amministrazioni. Nel 1979 dopo le dimissioni di Salvatore Agati (più per problemi personali che politici), viene rieletto Sindaco.

Da ricordare durante questo mandato:

  • Il Consiglio Comunale  conferisce la Cittadinanza Onoraria al sacerdote salesiano don Calogero Salvatore Virzì.
  • Il Consiglio Comunale revoca la delibera di adozione del Piano Regolatore Generale.
  • Nel corso di una riunione con la presenza dell’on.le Vito Scalia è stato richiesto di fissare un incontro con l’allora Ministro dei Lavori Pubblici on.le Nino Gullotti per sollecitare l’ammodernamento del tratto Bronte -Adrano della SS 284 per l’eliminazione delle molteplici curve pericolose ed il rifacimento del manto stradale. Questo per consentire un più agevole collegamento con Catania. Una  delegazione formata dal sindaco di Santa Domenica Vittoria rag. Salvatore Perdichizzi, dal sindaco di Maletto Filippino Bonina,  dal sindaco di Bronte  Prof Vincenzo Paparo, dal Sindaco di Adrano Gulino e dal sindaco Francesco Rubbino viene ricevuta dal Ministro che assicura un primo finanziamento di 500 milioni. Un ulteriore finanziamento di 500 milioni  fu stanziato dal nuovo  Ministro dei LL.PP. Dr. Stammati sollecitato in un altro incontro, promosso anche questo dall’on.le Vito Scalia, con i suddetti  Sindaci.

Alle elezioni amministrative del 1980, si presenta con la lista della DC, e viene riconfermato Consigliere Comunale.

Nel 1982 viene eletto Sindaco da una coalizione di centro-sinistra.

Da ricordare durante questo mandato:

  • Sollecitato dalla Delegazione dei Sindaci, si è recato con l’assessore Giuseppe D’Amico (PSDI), a Roma accompagnati dall’on.le Dino Madaudo dal Ministro dei Lavori Pubblici on.le Nicolazzi a cui hanno rappresentato la problematica della SS 284. Il Ministro sensibilizzato nel merito e rendendosi conto dell’importanza dell’opera, provvede a finanziare il completamento dei lavori. La realizzazione di questo primo tratto di strada è stata “seguita”  da alcuni cittadini di Adrano e Bronte che pensarono bene di anteporre la tutela dei propri interessi  a quelli  della collettività.  Comunque sia uno  straordinario miglioramento della strada c’è stato.
  • La elezione della prima Assemblea Generale della USL n.39 che era costituita dai comuni di : Bronte, Randazzo, Maletto, Maniace, Santa Domenica Vittoria.
  • La istituzione del Premio Piracmone.
  • La cerimonia di consegna di Attestati ai Sigg. Consiglieri Comunali delle prime due legislature.
  • L’Inaugurazione della statua di San Giuseppe in ricordo dello scampato pericolo dell’eruzione dell’Etna dell’anno precedente (1981). 
  • La pubblicazione del periodico “Randazzo Notizie”.
  • Ma soprattutto aver posto le basi per una lunga e duratura alleanza tra alcune forze politiche che garantisse alla Città un periodo di sana stabilità politica ed amministrativa.

A settembre del 1982 si dimette da Sindaco e da Consigliere Comunale per essere eletto Presidente del Comitato di Gestione della USL n.39.

Da ricordare durante questo mandato:     

  • Più di due miliardi di lire per la ristrutturazione dell’Ospedale di Bronte.
  • Ristrutturazione locali ex INAM
  • Ristrutturazione locali Servizio Territoriale Salute Mentale
  • Ristrutturazione uffici amministrativi
  • Ristrutturazione e totale rinnovamento dell’Ospedale di Randazzo ( inaugurazione con la banda musicale e alla presenza del Presidente Rino Nicolosi)
    Finanziamenti per oltre 4 miliardi per attrezzature tecnico/sanitari.
  • Scuola Allievi Infermieri Professionali, da una sezione con 25 allievi a 4 sezioni con 100 allievi che subito hanno trovato un impiego
  • Nomina di centinaia di professori ogni anno della Scuola Allievi Infermieri Professionali. ( quasi tutti dipendenti della nostra USL che cosi per alcuni anni hanno raddoppiato il loro stipendio 
  • Assunzioni per concorso pubblico di quasi 300 (trecento) tra personale Medico Amministrativo, Infermieristico, ausiliario e tecnico 
  • Riqualificazione di tutti gli infermieri generici dei presidi sanitari in infermieri professionali.
  • Creazione del Servizio territoriale della Salute Mentale

Nel mese di maggio del 1990 si dimette dalla carica di Presidente dell’USL n.39 per candidarsi nella lista della DC, alle elezioni amministrative di Randazzo dove risulta essere il più votato (la DC prende 18 Consiglieri su 30) ed eletto Sindaco con una coalizione DC-PSI.
Dopo un periodo di fattiva collaborazione tra le varie componenti politiche il PSI decide unilateralmente di ritirare l’appoggio alla coalizione e la DC, al fine di dare continuità amministrativa alla città, forma una amministrazione monocolore riconfermando alla carica di sindaco il Rubbino. Nel febbraio 1992, in considerazione della situazione politica nazionale, ritenendo opportuno dare alla città una amministrazione che coinvolgesse tutte le forze politiche presenti in Consiglio Comunale, preannuncia le proprie dimissioni in modo di poter favorirne  un accordo.
Dopo ben sette mesi di estenuanti trattative finalmente si raggiunse l’accordo e il 22 novembre 1992 viene eletto sindaco Giovanni Germanà (PCI).
Dopo alcune mesi il Germanà decide di dimettersi. A questo punto il Rubbino ritenendo non esserci più le condizioni per dare una Amministrazione forte e unitaria si dimette da Consigliere Comunale ed invita gli altri a fare altrettanto.

Il numero dei dimissionari non fu sufficiente a far decadere il Consiglio Comunale ed i restanti Consiglieri dettero via ad una nuova amministrazione eleggendo sindaco Francesco Lanza.

 Da  ricordare durante questo mandato:

  • Accertamenti più equi e giusti sulla tassa della spazzatura con notevole recupero di somme evase ed eluse.
  • Un finanziamento straordinario sulla legge regionale n.1 di 600 milioni per servizi e 600 milioni per investimenti.
  • L’affitto dei locali Fisauli per la Biblioteca Comunale.
  • L’incarico alla d.ssa Maria Teresa Magro della Sovrintendenza delle Belli Arti di CT per la catalogazione dei reperti archeologici del Museo Vagliasindi.
  • La riapertura del Palazzo Comunale come sede degli uffici comunali.
  • La Siciliana Gas inizia i lavori di metanizzazione della Città.
  • Statua bronzea raffigurante la Pace e la Libertà in quel momento compromessa dello scultore Nunzio Trazzera posta all’ingresso del Palazzo Municipale con una commovente cerimonia.
  • Inaugurazione dell’Istituto Tecnico Commerciale alla presenza del Presidente della Provincia di Catania dr. Diego Di Gloria 

Monsignor Malandrino e il sindaco Rubbino per l’inaugurazione del Municipio.

Il Presidente della Provincia dottor Diego Di Gloria il sindaco Rubbino durantle cerimonia di inaugurazione dell’Istituto Tecnico Commerciale.

Altri incarichi in Enti Istituzionali di Francesco Rubbino: 
Assessore della Comunità Montana Etnea con sede a Zafferana Etnea nel 1979
Presidente della Unità Sanitaria Locale n. 39 con sede a Bronte dal 1982 al 1990
Componente del Consiglio Nazionale dell’ANCI  (Associazione Nazionali Comuni d’Italia)  con sede a Roma dal 1986 al 1993
Componente del Consiglio Regionale dell’ Azienda Forestale dal 1994 al 1998 con sede a Palermo
Componente, Amministratore Delegato e Presidente della Società Joniambiente ATO ( ambito territoriale ottimale) CT1 con sede a Giarre ed attualmente in liquidazione.

 

Giulio Nido, Marco Patti

 

Agatino Cariola, Pino Aprile

 

Don Virzi, Don De Luca, F.Rubbino, Giuseppe Montera

 
 

Consiglio di Amministrazione ATO CT1 – Soc. Joniambiente Giarre

 

Associazione Sportiva Randazzo

 

Rubbino, Agati, Don DeLuca ……… Maresciallo Farglioli

 
 

Sala Consiglio Comunale Bronte – Sen Firrarello, F.Rubbino. A Caruso

 

La Famiglia Rubbino

 

Nino Franco, Mimo Campione, Antonio Vecchio, Umberto Cariola, Salvatore Munforte, Francesco Rubbino.

 
 

Alberto Angela, Francesco Rubbino – dic.2019

 

Philippe Daverio con Francesco Rubbino (Milano 6 febbraio 2020)

 

Consiglio Comunale – i 100 anni di Vincenzo Munforte. I sindaci: Francesco Rubbino, Ernesto Del Campo, Giuseppe Montera, Salvatore Agati.

 
 

Giuseppe Castiglione Presidente Provincia Ct con la rappresentanza politica/amministrativa di Randazzo.

 

A. Caruso, CRACCO, F.Rubbino, A.Cariola. – Milano 6 febbraio 2020

A.Vecchio, F.Rubbino, Carmelo Carmeni, Mimmo Campione – Agosto 2019

 

 

 

 

Io con Papà e al centro l’on.le Calogero Mannino

 

Sott.Segretario Interni on.le D’Alì-Francesco Rubbino-Maria Castiglione-Graziano Calanna-sen.Pino Firrarello-Aldo Catania-Gigi Saitta.

 

 

 

Rubbino, Del Campo, Montera, Agati omaggiano i 100 anni di Vincenzo Munforte.

 

 

Riapertura Ospedale 11 febbraio 1987 - Cipriano, on.le Ferdinando Basile, on.le Francesco Parisi, on.le Salvatore Leanza, on.le Pino Firrarello, on.le Rino Nicolosi Presidente della Regione

Cerimonia di riapertura Ospedale Civile 1 febbraio 1987 – il comandante Cipriano, On.le Francesco Parisi ,arciprete Vincenzo Mancini, on.le Rino Nicolosi Presidente della Regione.

 

 

                                                     Assemblea D.C. 2 febbraio 2003

 

 

  Il 17 settembre 2023 viene pubblicato da Amazon il libro di padre Luigi Magro Cappuccino “Cenni Storici della Città di Randazzo” (1946) a cura di Francesco e Lucio Rubbino. Il libro originale viene implementato da oltre 50 fotografie molte delle quali riproducono i ritratti degli Scrittori Storici a cui fa riferimento il Magro (al secolo Santo Magro). Le note bibliografiche sono 72 e le pagine 427.


ANTONIO CANEPA

CANEPAAntonio. – Nacque a Palermo il 25 ott. 1908, in una famiglia di origine genovese, da Pietro e da Teresa Pecoraro.

Nel 1930 il C. si laureò in giurisprudenza all’università di Palermo con una tesi di filosofia del diritto dal titolo Unità o pluralità di ordinamenti giuridici?, nella quale appaiono già con chiarezza tesi politiche antifasciste.

Durante il servizio militare, prestato a Palermo, iniziò l’attività pratica di opposizione al regime, che si concretò inizialmente nei legami stretti con un gruppo di antifascisti settentrionali (Attinelli, Vittoriano Massolo, Davide Turrone, Biglieri ed altri).
Con essi formò un gruppo omogeneo per orientamento ideologico, più tardi chiamato dei “sanmarinesi”, con i quali studiava l’attuazione di un colpo di mano nella Repubblica di San Marino, per dimostrare l’esistenza in Italia di forze contrarie al regime fascista.

Questo piano, che doveva concretamente essere messo in atto nei primi di giugno del 1933, consisteva nel far convergere nella Repubblica alcuni gruppi provenienti da varie parti d’Italia, occupare i posti di polizia locali, impadronirsi della radio, catturare la famiglia fascista Gozzi, che a San Marino deteneva il potere, impadronirsi del tesoro pubblico (destinato a finanziare l’antifascismo all’estero), emettere via radio una serie di comunicati antifascisti, quindi, dopo ventiquattro ore di occupazione, possibilmente riparare in Svizzera.

Il complotto tuttavia fallì, in seguito all’arresto del fratello del C., Luigi, che era stato trovato in possesso dei piani dell’occupazione, durante un suo soggiorno di ricognizione a San Marino. Subito dopo le autorità fasciste operarono altri venti arresti fra cui quello dello stesso Canepa.
.In seguito al processo il Canepa venne internato in manicomio a Roma e poi a Palermo, mentre agli altri congiurati vennero inflitte pene varianti fra i quattro e i due anni. Dimesso dalla casa di cura nel 1935 il C. rinunciò, temporaneamente, all’attività di aperta opposizione al fascismo ed iniziò una attività di ricerca e di studio. Già nel 1937 pubblicò a Roma in tre volumi il
 Sistema di dottrina del fascismoBenché quest’opera venisse lodata dalla rivista ufficiale Gerarchia (XVIII [1938], 8, p. 580) e nonostante il titolo, essa era costruita con un abile taglio per la propaganda di idee democratiche antifasciste, con amplissime citazioni di opere proibite, specie marxiste. Questa caratteristica non sfuggiva al Popolo d’Italia, che le dedicò un corsivo molto polemico.

Nel 1937 il C. otteneva l’incarico di storia delle dottrine politiche e di storia dei trattati e politica internazionale, all’università di Catania. Egli venne allora ad assumere il duplice ruolo di professore universitario ligio al regime e di clandestino animatore ed organizzatore dei primissimi nuclei di Giustizia e Libertà. Contemporaneamente divenne agente dell’Intelligence Service inglese.

Johann Wolfgang von Goethe.

Allo scoppio della guerra il Canepa  era in prima linea nell’attività antifascista: rappresentava infatti i nuclei Sicilia e Libertà a Catania: si trattava delle prime organizzazioni di orientamento indipendentista, di cui era presidente Andrea Finocchiaro Aprile, convinte della necessità di azioni armate contro il fascismo.
Sin da questa prima fase il Canepa  rappresentò l’ala sinistra del movimento indipendentista siciliano e, con tale orientamento, pubblicò, a Catania, nel 1942, un opuscolo che ebbe larga diffusione a Catania, ma anche a Messina e a Palermo.
Il titolo di tale opuscolo era 
La Sicilia ai siciliani e venne pubblicato con lo pseudonimo di Mario Turri.

In esso, dopo una ricostruzione delle vicende storiche dell’isola il C. afferma che “la Sicilia si è trovata male sotto qualunque governo che non fosse siciliano. E si è trovata malissimo sotto il governo italiano. E si è trovata ancora peggio, peggio che mai, sotto il governo fascista”, e conclude affermando “Non si può continuare come per il passato. Per noi siciliani è questione di vita o di morte. Separarci o morire”.

Argomentazione centrale del C. in questo scritto è inoltre quella che l’indipendenza siciliana sia lo strumento indispensabile per il progresso delle classi inferiori.

In questa idea sta anche il nucleo dell’indipendentismo di sinistra rappresentato, oltre che dal C., più tardi anche da Antonino Varvaro.
Tale concezione sarà però destinata a scontrarsi con il separatismo reazionario degli agrari e sarà, molto verosimilmente, questa l’origine, non solo della divisione del movimento indipendentista, ma anche della morte stessa del Canepa.

L’attività pubblicistica era però la parte meno importante dell’azione antifascista del Canepa, dalla fine del 1942 alcuni gruppi da lui diretti iniziarono azioni armate contro installazioni fasciste e germaniche. In tal modo, sempre per iniziativa del C., prese corpo il primo nucleo dell’E.V.I.S. (Esercito volontario per l’indipendenza siciliana).
Fra le azioni di rilievo compiute in questa fase va annoverato soprattutto il sabotaggio compiuto all’aereoporto di Gerbini, presso Catania, importante base aerea germanica per le incursioni sulla isola di Malta, un mese prima dello sbarco alleato in Sicilia.
Dopo l’arrivo delle forze alleate il C. collaborò attivamente con esse e operò anche da collegamento con le organizzazioni partigiane del Nord.
Nei primi mesi del 1944 si trovava infatti in Toscana, dove comandava una brigata partigiana denominata “Matteotti”, ma di orientamento anarchico e non inquadrata nei partiti del Comitato di liberazione nazionale.
A Firenze fondò anche, ma si trattò solo di un’esperienza transitoria, un “Partito dei lavoratori“. In tale periodo si collocano anche i suoi contatti, secondo molte testimonianze assai stretti e per taluni anche da militante, con il Partito comunista italiano.
Per esempio secondo Edoardo D’Onofrio il C. ebbe strettissimi contatti con le organizzazioni del partito (cfr. Gaja, pp. 200-02); questa attività militante del Canepa  nelle file del PCI non è però corroborata da altre testimonianze: Leonardo Sciascia ricorda come manchi in proposito un documento ufficiale e il Renda lo esclude esplicitamente.

Dopo il periodo di cui si è detto al Nord, il Canepa  ritornò, alla fine del 1944, a Catania dove riprese il suo posto di professore universitario, e il ruolo di capo del braccio armato del Movimento indipendentista, al quale egli affidò, in opposizione alla maggioranza moderata dell’indipendentismo siciliano, un ruolo decisamente rivoluzionario. Il movimento era stato, fin dal suo sorgere nel 1942, appoggiato dalle forze alleate. Quando tale appoggio venne a mancare, la lotta armata tuttavia continuò in varie parti dell’isola. Il C., che costituì anche una sua brigata nel marzo del 1945, continuò ad esserne uno dei capi militari.

Il 17 giugno 1945, nel corso di un conflitto a fuoco con i carabinieri, sulla strada fra Randazzo e Cesarò, Antonio Canepa veniva ucciso.
Alcune donne (tra cui la mamma di Emanuele Gullotto) sentendo tutto questo trambusto andarono nella chiesa dei Cappuccini a chiamare il dottor Gianbattista Pannisidi Sapio  che stava ascoltando la Messa e questi con padre Luigi Magro (autore del libro: “Cenni storici della Città di Randazzo” che puoi trovare in un’altra parte del sito) prontamente si recarono sul posto, ma non c’era più nulla da fare per il Canepa. Furono portati all’ospedale, lì si trovavano casualmente Nino Greco e Gino Paparo, e venne chiamato pure il dottor Salvatore Mannino che accerta la morte di Antonio Canepa (per dissanguamento  e dei giovani che erano con Lui: Giuseppe Lo Giudice e Carmelo Rosano.

Antonio Canepa è sepolto nel cimitero di Catania, nel viale dei siciliani illustri, accanto a Giovanni Verga e Angelo Musco.

 

Luigi Putrino

Dopo 79 anni ha un volto il «Ragioniere Donovan»: lo 007 che contribuì allo sbarco del ’43 in Sicilia

di — 

 

Mario Carastro

Dopo 79 anni ha un volto il «Ragioniere Donovan», è mister Anthony Eric Heath, ex vice amministratore della Ducea Nelson di Bronte, lo 007 inglese facilitatore dello sbarco Alleato del ’43 (avvenuto nella notte fra il 9 e 10 luglio), nonché contatto degli indipendentisti siciliani Antonio Canepa e Salvatore Giuliano.
Il misterioso personaggio è stato identificato dall’ingegnere Mario Carastro, cultore di storia patria, originario di Bronte.

«Secondo molti studiosi, il famoso ragioniere Donovan era stato amministratore della Ducea Nelson, negli anni Trenta. Ebbene, oltre Heath – spiega Carastro – tale ruolo in quel decennio lo ricoprirono: George Dubois Woods (partito per il Canada nel 1938), George Niblett (trasferitosi in Inghilterra nel 1940) e Lawrence Hughes (internato come nemico in un campo di concentramento a Parma dal giugno 1940)».

Prosegue Carastro: «Soltanto Anthony Eric Heath, quindi, poteva trovarsi in Sicilia nel 1943 ed essere riconoscibile come ex amministratore dei Nelson. Questo e altri dettagli consentono, con ragionevole certezza – puntualizza l’ingegnere -, d’identificare Heath con il ragioniere Donovan, capo operativo di Mario Turri, alias del professore Antonio Canepa, comandante dell’Evis e agente segreto inglese pure lui, ucciso durante il conflitto a fuoco vicino a Randazzo, all’alba del 17 giugno 1945».

Sulla prima permanenza siciliana del giovanissimo Tony, Carastro racconta: «Nel novembre del 1929, il V duca di Bronte, Alexander Nelson Hood, a Londra decise di assumerlo come aiuto amministratore. Le modalità del suo viaggio, comunicate da Scotland Yard personalmente al Duca, fanno dedurre che l’impiego fosse di copertura e che Nelson Hood lo sapesse, vista la sua posizione alla Corte britannica. Heath arrivò a Bronte, al castello di Maniace, il 4 gennaio 1930, ad agosto 1935 fuggì a Malta, per scampare all’arresto del controspionaggio italiano».
Mario Carastro non è nuovo a scoop sulla Ducea di Bronte, ambiente dov’è cresciuto e di cui conserva, oltre ai suoi, ricordi e documenti personali del padre Giuseppe e del nonno Mario (un tempo impiegati al Castello Nelson). Ricerche nell’«Archivio privato Nelson», riscontri nel diario personale inedito del V Duca di Bronte e altri approfondimenti – sia bibliografici sia con i figli di mister Heath, Philip (che, come l’ingegnere, abita a Roma) e Sebastian (che vive in Inghilterra) – hanno consentito a Carastro d’individuare l’agente segreto dell’MI6 «Heath-Donovan», tanto cercato per 79 anni da storici e giornalisti.
«Nel 1943 l’abile 007 fu inviato in Nord Africa, con la VIII Armata inglese, e poi in missione segreta in Sicilia, per facilitare lo sbarco alleato. Nel catanese, sotto le vesti del ragioniere Donovan – evidenzia Carastro -, Heath ordinava sabotaggi a Canepa e al suo gruppo clandestino antifascista di giovani guerriglieri, fiduciosi nel sostegno inglese per l’indipendenza siciliana.
Il 10 giugno ’43, nella piana di Catania presso Paternò, ci fu il sabotaggio più clamoroso, alla base aerea militare italo-tedesca di Gerbini, che l’indomani – ricorda – consentì agli Alleati la presa di Pantelleria e il via libera all’operazione Husky».
«Nel 1950 Tony Heath è di nuovo in Sicilia, per parlare con il bandito Salvatore Giuliano, su richiesta dello stesso colonnello dell’Evis, il quale, alcuni mesi dopo quell’incontro, nella notte fra il 4 e il 5 luglio, sarà ucciso a Castelvetrano», conclude Carastro.
Anthony Eric Heath (1912-1995), nella sua lunga carriera rivestì anche prestigiose cariche diplomatiche per il Governo britannico in diversi Stati, fra cui l’Italia, dove intrattenne relazioni di alto profilo politico-istituzionale e culturale.
Questo e altro, Mario Carastro affronta nella sua ultima ricerca storica sulla Ducea Nelson, dal titolo «Spionaggio e controspionaggio a Bronte e Maniace 1930-1945» (luglio 2022).

Luigi Putrino

 

 

Fu strage di stato

A tutt’oggi ancora avvolto nel mistero
l’agguato di Randazzo del 17 giugno 1945

di Giuseppe Scianò

 

La mattina del 17 giugno 1945, sulla strada che da Cesarò porta a Randazzo e in prossimità del bivio per Bronte, in contrada “Murazzu ruttu”, un rumoroso e malandato motofurgone Guzzi 500 incappa in un posto di blocco, non casuale, dei Regi Carabinieri. Non è un motofurgone qualsiasi, che avrebbe comunque dato nell’occhio perché sono tempi tristissimi nei quali sono pochi gli automezzi in circolazione. Sono più comuni i quadrupedi e i carretti.

 

L’uccisione di Antonio Canepa.

Questo motofurgone è particolare perché trasporta armi nel cassone e ha a bordo il fior fiore dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia)
. Probabilmente i carabinieri ne erano stati informati. Chi c’è, in pratica, sul furgone? In tutto sei persone.

Alla guida, isolato nella semicabina anteriore, c’è Giuseppe Amato Papaleo (nome di battaglia: Joe, anche se gli amici lo chiamano Pippo), vice comandante dell’EVIS, amico di vecchia data e principale collaboratore del comandante Mario Turri, con il quale ha condiviso la inquietante lunga esperienza di agente dell’Intelligence britannica. Pippo è un giovane molto efficiente e preparato, è di idee socialiste e appartiene a una prestigiosa famiglia borghese di Catania. Da poco ha compiuto ventuno anni, essendo nato il 9 giugno 1924.

All’interno del furgone ha preso posto il comandante Mario Turri. È questo, infatti, lo pseudonimo scelto dal prof. Antonio Canepa, nato a Palermo il 25 ottobre del 1908, docente dell’università di Catania, protagonista di diverse iniziative politiche e talvolta rivoluzionarie, quanto meno nelle intenzioni. Era stato attivo collaboratore, se non un agente, dei servizi segreti britannici in funzione antifascista e antitedesca.
Non sappiamo perché nel 1943, quando, con lo sbarco degli Alleati, già in Sicilia si sarebbe potuta giocare la carta dell’indipendenza, il prof. Canepa invece se ne sia andato in Continente a fare il partigiano italiano. Ma, in quel 17 giugno 1945, Canepa ha già da tempo lasciato alle spalle l’esperienza di partigiano vissuta, con lo pseudonimo di Tolù, fra gli Abruzzi e la Toscana.

E ha anche abbandonato la guida di un partito marxista-leninista fondato a Firenze, unitamente a una battagliera testata giornalistica. Non sappiano, né ci interessa sapere, quanto la sua attività fosse apprezzata dal Comitato toscano di liberazione nazionale. Siamo sicuri però che un certo “scrusciu” lo faceva. 
Con l’accusa che il suo giornale veniva stampato senza autorizzazione, Canepa aveva dovuto subire un processo e una piccola, ma significativa, condanna. Segno, questo, che i compagni del PCI della Toscana non gli volevano più bene (ammesso che prima gliene possano aver voluto) né lo volevano più fra loro.

Nell’ottobre del 1944 Canepa era quindi ritornato in Sicilia, ben deciso a mettere a disposizione della lotta per l’indipendenza le proprie esperienze, l’immensa cultura, il coraggio e, soprattutto, la sua stessa vita. Probabilmente è quello il momento in cui Canepa è diventato separatista. Di certo è che egli è separatista.
Dopo un incontro con Andrea Finocchiaro Aprile, leader carismatico dell’Indipendentismo siciliano, ottiene il “silenzio-assenso” (o ne riceve una vera e propria autorizzazione) a costituire l’EVIS. Fino a quel momento in Sicilia erano esistite varie formazioni separatiste giovanili, soprattutto studentesche, paramilitari. Basate però prevalentemente sullo spontaneismo e sull’entusiasmo. Senza la preparazione, l’addestramento e quel senso dell’organizzazione quasi scientifica che Canepa voleva che l’EVIS avesse.

Il 17 giugno 1945 un altro passeggero del motofurgone è lo studente universitario (Facoltà Economia e Commercio) Carmelo Rosano, il quale proprio quel giorno compie ventidue anni (era nato il 17 giugno 1923). Rosano è senza dubbio uno dei migliori uomini dell’EVIS. Preparato, serio, militante convinto. Naturalmente distinto ed elegante nel portamento. Appartiene a un’ottima famiglia ed è il braccio destro del comandante Turri.

[ Sulla morte di Carmelo Rosano leggi “Onore ai martiri siciliani” ]

Altri due giovani studenti che si trovano sul motofurgone, entrambi nati nel 1924, sono Nino Velis e Armando Romano che, per percorsi e diverse vicende sopravviveranno all’eccidio di Randazzo unitamente a Pippo Amato. Infine, c’è il guerrigliero più giovane. Si chiama Giuseppe Lo Giudice, detto Pippo, studente ginnasiale, appena diciottenne. Era nato a San Michele di Ganzeria il 2 gennaio 1927.

Quanto fosse valido lo dimostra il fatto che i superiori lo avevano voluto con loro in una missione tanto delicata. Gli si legge in faccia che è un giovane di ideali purissimi e pieno di entusiasmo. Non è un personaggio secondario, qualche volta da ricordare e qualche volta no. Ben rappresenta tutti i ragazzi siciliani. Giuseppe Lo Giudice è, infatti, il simbolo dell’Indipendentismo Siciliano di ogni epoca: onesto, leale e generoso.

Ci siamo permessi di richiamare qualche dato biografico dei sei guerriglieri per evitare che con il tempo si dimenticasse anche ciò che è importante. Ma soprattutto per ricordare a noi stessi e agli storici e ai giornalisti e a coloro che sono soliti occuparsi del Separatismo Siciliano, come  nessuno (dico nessuno) dei guerriglieri siciliani che il 17 giugno del 1945 si trovavano sul vecchio Guzzi 500 potesse essere accusato di essere delinquente comune o mafioso In contrada “Murazzu Ruttu” morì crivellato di colpi, e per primo, Giuseppe Lo Giudice. Canepa e Rosano, gravemente feriti, moriranno invece a Randazzo.

 

La morte di Antonio Canepa: un “caso” rimasto aperto dal 1945.

La morte di Antonio Canepa, il “professore guerrigliero” creatore dell’EVIS (Esercito Volontario Indipendenza Siciliana), avvenuta nel corso di un conflitto a fuoco con una pattuglia di carabinieri alle porte di Randazzo il 17 giugno del 1945, può considerarsi, a tutti gli effetti, un “caso ancora aperto”. In quell’azione militare, la cui dinamica non è mai stata pienamente chiarita, caddero anche due giovani militanti dell’EVIS, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, mentre un quarto ragazzo, Nando Romano, rimase ferito e venne arrestato.

Il “caso Canepa” viene riaperto con la pubblicazione di due volumi del giornalista Salvo Barbagallo, “Antonio Canepa, ultimo atto” e “L’uccisione di Antonio Canepa”, due libri connessi tra di loro: nel primo si trova l’analisi del personaggio e del periodo storico in cui visse; nel secondo libro una vera e propria “anatomia” sui documenti (la maggior parte inediti) che riguardano l’oscura vicenda del conflitto a fuoco a Randazzo.

 

La fine di Antonio Canepa, che rappresentava la punta avanzata e progressista del Movimento indipendentista siciliano (che allora contava ben 500 mila iscritti, là dove i nascenti partiti tradizionali – dal PCI al PSI, alla DC – raggranellavano poche migliaia di iscritti), segna una svolta nella vita della Sicilia che aspirava all’indipendenza. Un anno dopo all’ Isola verrà concessa un’Autonomia Speciale quale palese compromesso tra la nuova Italia, nata dalle macerie della guerra, e la Sicilia che dal giogo fascista era stata liberata nell’estate del 1943, quando le sorti del conflitto mondiale ancora erano incerte.

Il Movimento indipendentista siciliano venne non solo accettato ma anche alimentato dagli “alleati” angloamericani e abbandonato quando si comprese che la fine della Germania nazista era prossima.

Antonio Canepa era d’ostacolo a ciò che il futuro del mondo presentava, dopo gli accordi di Yalta.

Chi volle l’eliminazione di Canepa?  Nessuna traccia documentale negli archivi italiani, inglesi e americani.
Che la fine di Canepa sia stata predeterminata il giornalista Salvo Barbagallo lo fa emergere proprio dall’analisi dei documenti che è riuscito a reperire, pur dovendo ammettere che sui “mandanti” di quello che oggi può definirsi un vero “agguato” si possono fare solo ipotesi.

Francis Drak

 

Ciccina Lo Giudice: “Piango ancora mio fratello, ucciso con il prof. Canepa e gli altri”. 

                   Ciccina Lo Giudice sorella di Peppino ucciso con Canepa.

Sono passati pochi giorni dalla commemorazione della strage di murazzu ruttu, a Randazzo dove il 17 giugno del 1945 vennero uccisi, antonio canepa, docente universitario e comandante dell’evis (esecito volontario per l’indipendenza della sicilia),  insieme con carmelo rosano (22 anni), giuseppe amato detto pippo (21 anni), antonio velis (21), peppino lo giudice ( studente liceale diappena 18 anni). Incredibilmente i reali carabinieri, li avevano scambiati per banditi. Un professore universitario e tre ragazzi. Della figura di canepa, della sua morte e delle particolari condizioni storico-politiche  della sicilia del dopoguerra, vi abbiamo raccontato in numeorisi articoli, come questo: canepa una strage premeditata. (e in altri correlati sotto).
Sono passati pochi giorni dalla commemorazione della strage di Murazzu ruttu, a Randazzo. Dove il 17 giugno del 1945 vennero uccisi, Antonio Canepa, docente universitario e comandante dell’EVIS (Esecito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia),  insieme con Carmelo Rosano (22 anni), Giuseppe Amato detto Pippo (21 anni), Antonio Velis (21), Peppino Lo Giudice ( studente liceale diappena 18 anni). Incredibilmente i Reali Carabinieri, li avevano scambiati per banditi. Un professore universitario e tre ragazzi. Della figura di Canepa, della sua morte e delle particolari condizioni storico-politiche  della Sicilia del dopoguerra, vi abbiamo raccontato in numeorisi articoli, come questo: Canepa una strage premeditata. (E in altri correlati sotto).

 

Oggi  pubblichiamo, invece,  la straordinaria testimonianza di quei giorni della sorella di Peppino Lo Giudice, il più giovane tra le vittime di quel giorno del lontano 1945:  Ciccina Lo Giudice, che ha parlato con  la nostra collaboratrice, Daniela Giuffrida, attivista del Mis, il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, del suo dolore mai sopito per la morte violenta e prematura del fratello. Si sono incontrate al cimitero di Randazzo, il 17 giugno scorso.

In un angolo assolato del cimitero di Catania, in quel “viale degli uomini illustri” dove riposano in pace anche Giovanni Verga ed Angelo Musco, quattro “giovani banditi” morti per la loro terra, riposano, sotto il sole cocente, all’ombra di una colonna spezzata a metà come le loro vite, mentre, la loro bandiera “da combattimento”, sventola adagio sopra i nostri fiori gialli e rossi. Sono in quattro e riposano li, uno accanto all’altro, per l’eternità, come vicini avevano lottato per un unico scopo… per quella “Indipendenza” della Sicilia che aveva regalato loro la stessa sorte, la stessa morte.
Antonio Canepa, docente universitario di 37 anni, comandante dell’EVIS , Carmelo Rosano, il suo braccio destro, 22 anni, laureando in scienze economiche, 22 anni compiuti proprio quel 17 giugno) Giuseppe Lo Giudice (18 anni studente liceale) e Francesco Ilardi ucciso 5 giorni dopo i suoi compagni, durante un pattugliamento nei dintorni di Cesarò…
Stanno li in quell’angolo dimenticato di cimitero, lontano dai fasti e “nefasti” delle manifestazioni ufficiali, lontani dalle cineprese e dai microfoni, dalle scene e dalle “sceneggiate” di chi, a torto o a ragsi ritiene unico depositario dei valori e del destino della nostra terra… Un cimitero e poi una stele, posta a Murazzu ruttu a perenne memoria. Campagne verdi a Murazzu ruttu e fiori, tanti fiori e ancora bandiere e tanta commozione alle parole di una vecchina piccola e bianca di 92 anni che, dopo 67 anni, non si rassegna ancora al “furto” crudele della giovane vita del suo Peppino…
Piange Ciccina Lo Giudice e fra le lacrime mi racconta di come quel giorno i carabinieri fossero andati a casa loro, a San Michele di Ganzaria, a cercare notizie del giovane Peppino. Peppino lo Giudice studiava a Caltagirone, mi racconta Ciccina, era bravo….si voleva diplomare. La sua vita fu fermata, invece, quel 17 giugno, nelle campagne di Randazzo, morto per le ferite riportate durante l’agguato misterioso di quella mattina, agguato voluto forse da servizi segreti, forse…non si sa da chi… la Storia è vaga, ma la storia dei “vinti” non è mai “vera storia”, lo sappiamo bene e resta coperta da un velo di mistero e nel frattempo la polvere del tempo si aggiunge rendendo quel velo ancor più imperscrutabile, impenetrabile, sebbene….
Ciccina piange e guardando la foto del fratello, mi mostra il maglioncino che indossa sotto una giacca. Quel maglione glielo aveva fatto lei all’uncinetto o forse ai ferri da maglia, non se ne ricorda più, ma ricorda il dolore e lo sconforto di quella mattina, quando i “reali carabinieri” dopo aver chiesto loro “dove fosse Giuseppe” accompagnarono lei e sua madre sul luogo in cui i tre ragazzi erano stati “assassinati”.
Feriti dagli stessi carabinieri, in un agguato, erano stati caricati e trasportati, per disposizione degli stessi carabinieri, all’ospedale di Giarre, anzicchè a quello vicinissimo di Randazzo, dove forse qualcuno di loro si sarebbe potuto salvare…ma evidentemente non dovevano salvarsi. Furono lasciati morire dissanguati. Erano in sei quella mattina, due riuscirono a fuggire, mentre gli altri 4, dentro casse di legno “ca parevanu chiddi da frutta, si puttanu o cimiteru”.
Al cimitero il guardiano (Isidoro Privitera, separatista anche lui) chiese i nomi di quei “morti” ma i reali carabinieri risposero che erano solo quattro “banditi morti in conflitto” ! Un docente universitario e tre studenti, erano “volgari banditi” da poter essere giustiziati come agnelli al macello…. squarciati da un colpo da fuoco e lasciati dissanguare… Il guardiano del cimitero, sapendo per esperienza che prima di essere inumati sarebbe passato del tempo, aprì quelle casse, nel tentativo di farle arieggiare…. Triste spettacolo si offrì ai suoi occhi, corpi di ragazzini crivellati di colpi mentre quello più “anziano” del gruppo, aveva soltanto uno squarcio nella gamba che oppurtunamente bendato gli avrebbe impedito di morire dissanguato… I medici dell’ospedale di Giarre avevano infilato in tutta fretta quei corpi dentro le casse, ma nella quarta cassa, uno di quei ragazzi era ancora vivo… era Armando Romano, nome di battaglia Nando, il suo diaframma si muoveva, era ancora vivo..,
Ma tutto questo la “storia ufficiale” non lo racconta, ”nuddu ni parra ma du carusu si savvau grazie o vaddianu du cimiteru!” Mi dice Ciccina e il suo sguardo da fiero diventa rabbioso, stringe i pugni, mi abbraccia e scoppia a piangere, mi abbraccia ancora..
E’ l’istinto che guida la mia mano, stacco il mio spillino, un triscele argentato, dal mio petto e lo metto sul suo, le mostro quel simbolo per cui il suo Peppino è morto... il mio triscele adesso sta sul petto “giusto”, sul petto di una donna antica, fiera, arrabbiata e addolorata, ma dalla dolcezza infinita e dal sorriso stanco e amaro ma non sconfitto…sul petto di una madre antica, nobile e grande….proprio come la nostra terra.

Antonio Canepa e i suoi tre ragazzi dormono vicini, dunque, sotto quella colonna spezzata, come le loro giovani vite, all’ombra della loro, della nostra bandiera, i nostri fiori fanno loro compagnia, il nostro cero illuminerà per un pò la loro notte e poi sarà ancora “lotta” con loro, per loro, per quel triscele argentato…

di Daniela Giuffrida 21 giugno 2012 
Attivista M.I.S. – Movimento per l’Indipendenza della Sicilia

Randazzo 17 giugno 1945: una strage “premeditata” Per non dimenticare Antonio CanepaCanepa e l’oscurantismo mediatico

 

 

 

 

 

  

Ogni anno il 17 giugno un gruppo di persone si riuniscono qui a Randazzo per rendere onore ad Antonio Canepa e alle altre vittime dell’eccidio.

 

 
     
 
 
     
     
     
     

 17 Giugno 1945 

 

17 giugno 1945, una data che la cosiddetta storia ufficiale d’Italia (o chi l’ha scritta e la scrive ancora) ha volutamente cancellato.
Eppure questa data per l’Italia dovrebbe significare qualcosa, dal momento che in quel giorno di 72 anni addietro si consumò uno dei misfatti più gravi di un Paese appena uscito dalla guerra, con un Governo “provvisorio” e che ancora non aveva trovato la strada per il suo futuro. Quel 17 giugno del 1945 veniva assassinato in circostanze mai chiarite il professore Antonio Canepa, capo dell’EVIS (Esercito Volontario Indipendenza Siciliana) che voleva una Sicilia “Indipendente”, non legata all’Italia. Un personaggio che doveva essere eliminato necessariamente per non rischiare un effetto domino in altre regioni.


Ogni anno, in questa ricorrenza, gruppi sparuti di Sicilianisti ricordano quell’episodio nella strada che porta a Randazzo, dove un ceppo indica il presunto luogo dove venne ucciso, in un presunto conflitto a fuoco con carabinieri, Antonio Canepa e due militanti dell’EVIS, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice.
Altri che non vogliono spingersi sino alla pendice dell’Etna, portano fiori sulla tomba dove sono custoditi i resti dei tre “guerriglieri”, nel viale degli Uomini Illustri nel cimitero di Catania.
Tante volte descritta quella vicenda alla quale gli organismi istituzionali non hanno mai dato risposte esaurienti. Per non ripeterci riportiamo quanto pubblicato lo scorso anno: il “contenuto” di quell’articolo è come se fosse stato scritto oggi.

20 giugno 2016 – La Voce dell’Isola

Antonio Canepa 17 giugno 1945: la memoria cancellata

di Salvo Barbagallo

Avrebbe stupito tutti, e soprattutto i Siciliani, il Capo dello Stato Sergio Mattarella (Siciliano) se nel festeggiare l’anniversario della Repubblica avesse ricordato gli avvenimenti che precedettero la nascita della nuova Italia e avesse ricordato la “concessione” alla Sicilia dell’Autonomia Speciale con “Speciale” Statuto prima ancora che la Repubblica Italiana nascesse, e il perché quell’Autonomia venne data.

No, non è il tempo delle “meraviglie” o degli “stupori” nel Paese che dà medaglie a chi si è macchiato d’eccidi in patria (vedi quella a Valentino Bortoloso a Schio), nel Paese dove “tutto va bene” e dove la memoria è stata scientificamente cancellata per evitare che le generazioni che non hanno vissuto gli anni tragici della guerra potessero conoscere verità scomode e inconfessabili.

Non crediamo che il Capo dello Stato abbia perduto la sua memoria, ma che probabilmente ha ritenuto non opportuno in questi giorni di pace rinverdire eventi che potrebbero riaprire contenziosi mai sanati tra lo Stato e la sua regione più a sud, la Sicilia. D’altra parte lo stesso presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, non poteva avere alcun interesse a riportare a galla episodi che hanno segnato la sua Terra in netto contrasto con l’Italia d’allora e l’Italia d’oggi.

Perché si dovrebbe “commemorare” una data come il 17 giugno del 1945, una data che aprì in Italia la stagione dei delitti di Stato e la stagione dei compromessi?

Già, il 17 giugno 1945, il giorno in cui venne “assassinato” nelle campagne di Randazzo Antonio Canepa, il professore che aveva creato l’EVIS, l’esercito di volontari che auspicavano una Sicilia Indipendente.

Già, quell’Indipendenza della Sicilia richiesta dalla maggioranza della collettività da quando l’Isola era stata “liberata” dalle truppe angloamericane e quando ancora le sorti del conflitto mondiale erano incerte.

Oggi vengono chiamati “buchi neri” i fatti che accadono ovunque che non trovano spiegazioni o soluzioni.
Una volta, invece, venivano definiti più semplicemente “misteri”.
L’Italia e la Sicilia nel corso degli ultimi settantun anni hanno collezionato una infinità di “misteri”: tanti e tanti avvenimenti, la maggior parte riferiti a crimini oppure a storie irrisolte.
Probabilmente la definizione “buco nero” (black hole in inglese) si adatta meglio a certe realtà siculo-italiche. Scientificamente un “buco nero” è una regione dello spaziotempo con un campo gravitazionale così forte e intenso che nulla al suo interno può sfuggire all’esterno, nemmeno la luce. Generalizzando: nel corso degli ultimi decenni in Italia sono stati costruiti artificialmente tanti “buchi neri” da trasformarla in un Paese dello spaziotempo dove non ci sono frontiere o confini visibili, un territorio ancora sconosciuto. Chi intendesse esplorare questo Paese correrebbe l’evidente rischio di rimanere inesorabilmente intrappolato al suo interno: in passato, infatti, chi ha tentato l’impresa non è più tornato per riferire sulle sue scoperte.

Nel rapporto Sicilia/Italia non ci sono buchi neri ma verità abilmente nascoste dopo avere cancellato altrettanto abilmente le memorie. Parlare delle istanze indipendentiste della Sicilia è anacronistico, là dove si sta perdendo anche la misura della Sovranità dello stesso territorio nazionale e la dignità di un passato è affidata a pochi sopravvissuti nello scempio generale.

Così come sono stati in pochi a ricordare ieri (domenica 19 giugno) alla periferia di Randazzo, nel luogo della presunta scena del crimine, la fine del professore-guerrigliero che lottava per una Sicilia libera e democratica, Indipendente e Sovrana nell’autodeterminazione del suo futuro.

E non colonia come si ritrova a distanza di 70 anni dalla nascita della Repubblica Italiana

 

 

Ma chi fu Antonio Canepa?

 

Il fascismo e la sua fine, la guerra e la Resistenza, il separatismo e la sua guerra furono gli ambiti in cui si svolse la turbinosa esistenza di Antonio Canepa

Il delitto Matteotti (10 giugno 1924) indusse il giovane Canepa, che non aveva ancora compiuto sedici anni, ad esprimere tutto il suo sdegno contro il governo fascista.

Questa ostilità contro il fascismo si materializzò nella preparazione di un attentato a Mussolini: attraverso un passaggio segreto aveva progettato di giungere addirittura nella Sala del Mappamondo, a Palazzo Venezia, ma la chiusura del passaggio fece fallire il piano.

Ma, poi, nel 1937 ottenne la cattedra di Dottrina del Fascismo, con tre volumi dal titolo “Sistema della Dottrina del Fascismo. Una formidabile contraddizione che lo stesso Canepa ammette, ma che invita a sciogliere attraverso una lettura attenta del testo, dal quale si può capire che il fascismo è pericoloso per l’Italia e per gli altri Stati, che il fascismo si può combattere, che ci sono molti scrittori che lo giudicano negativamente.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale entrò in contatto dei servizi segreti britannici, preparò ed attuò con successo, la notte del 10 giugno 1943, l’attentato all’aeroporto di Gerbini, neutralizzando i caccia tedeschi, distruggendo bombe, armi e munizioni.

Come si sa bene, dopo trenta giorni gli angloamericani sbarcarono dalle parti di Gela non incontrando, anche per merito del sabotaggio alla postazione tedesca di Gerbini, un’adeguata resistenza.

A questo punto ecco un altro fatto inspiegabile o, quanto meno, difficile da spiegare: Canepa lasciò la Sicilia e si recò tra l’Abruzzo e la Toscana a fare il partigiano.

La lotta partigiana intrapresa da Canepa fu assolutamente finalizzata alla liberazione dai nazifascisti in particolare dei territori in cui operò tra l’Abruzzo e la Toscana. Avendo conseguito questo risultato e giunto a Firenze nel maggio del 1944, lanciò un’operazione politica di segno divergente rispetto alla linea politica dei CLN e del governo: in nome del Partito Dei Lavoratori, diffuse, il 20 giugno, un appello in cui, per un verso si ringraziavano gli alleati per il decisivo aiuto fornito per la liberazione dai nazifascisti, per un altro si chiedeva agli Alleati di collaborare con i partigiani ed in particolare con la componente comunista, per l’instaurazione di un governo liberato dalla “borghesia – un pugno di capitalisti, di speculatori e di parassiti – (che) ha portato l’Italia alla rovina”.

I contenuti del manifesto non potevano essere condivisi neppure dagli Alleati, sicché Canepa – Tolù perse i riferimenti con il SIS (Secret Intelligence Service), il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) lo arrestò e lo condannò a venti giorni di reclusione con la condizionale e a mille lire di multa.

Decise, quindi, nell’autunno del 1944, di tornare in Sicilia, di morire come Canepa –Tolù e di rinascere come Mario Turri. Molto probabilmente dopo l’eccidio di Palermo, il 19 ottobre 1944, Mario Turri incontrò Andrea Finocchiaro Aprile , riuscendo a convincerlo dell’opportunità di istituire l’EVIS.

Canepa tenne conto, necessariamente, degli intendimenti espressi da Finocchiaro Aprile e da Togliatti: certamente nel primo, il “fatto” istituzionale contava di più di quello sociale e non poteva che essere così (non dimentichiamo che Andrea Finocchiaro Aprile faceva parte di un triunvirato in cui c’era il conte Luigi Tasca, latifondista, e Calogero Vizzini, ex gabelloto e ora latifondista mafioso), mentre per Togliatti, condizionato ancora dalla “svolta di Salerno”, e lui stesso al governo, considerava la soluzione “autonomistica” quella più avanzata, oltre la quale non era lecito, per impedimenti nazionali ed internazionali, pensare di potere andare; in ogni caso, per Togliatti, restava la monumentale questione sociale della riforma agraria ancora da risolvere e i comunisti ne sarebbero stati ancora i grandi protagonisti.

Non si sa bene se Canepa fu più indipendentista o comunista, ma, forse, Tasca, Finocchiaro Aprile e Vizzini lo considerarono più comunista e forse anche per questo fu tolto di mezzo a Murazzu ruttu il 17 giugno 1945, colpito a morte in uno scontro a fuoco con una pattuglia di carabinieri che lo intercettarono a bordo di un furgone guidato da Pippo Amato. Assieme a Canepa quel giorno morirono Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice.

Nessuno ha mai saputo come si svolsero i fatti, chi dette inizio alla sparatoria, chi avvisò i carabinieri di Randazzo del passaggio del furgone, perché i corpi furono sepolti in tombe senza nome.
La storia della Sicilia è soprattutto storia di persone difficili da capire, di fatti difficili da capire e da spiegare perché volutamente censurati e tacitamente dimenticati.

Elio Camilleri – maggio 2013

 

 

 La morte del capo dell’EVIS Antonio Canepa primo delitto di Stato in Italia?

 

Un paese che bagna  i suoi passaggi epocali con il sangue e il mistero. Questa è l’Italia. Da Bronte ai briganti, da Canepa a Capaci e via D’Amelio è tutto un fiorire di momenti in cui, soprattutto nel mezzogiorno d’Italia, il dissenso e le figure scomode sono stati soffocati nel sangue e senza che venissero perseguiti a dovere i responsabili di crimini efferati. E la domanda che viene da farsi, forse inutilmente, è: quando è incominciata la stagione delle stragi dell’Italia repubblicana? Quando la stessa ancora non lo era ancora, Repubblica, e usciva, a pezzi, da una guerra disastrosa.

Quest’opinione viene certamente rafforzata dalla lettura dei due volumi (“Antonio Canepa ultimo atto” e “L’assassinio di Antonio Canepa” – nella collana Storia e Politica della Bonanno Edizioni- che compongono l’ultima fatica del direttore de “La Voce dell’Isola” Salvo Barbagallo, libri che verranno presentati in un tour di incontri che parte dalla Sicilia l’11 e il 12 ottobre, con gli appuntamenti di Catania (Giovedì 11 ottobre, alle ore 17.30, alle Ciminiere di Catania) e di Acireale.

Salvo Barbagallo ha analizzato a fondo i documenti che, con difficoltà enormi, è riuscito a raccogliere sulla morte di Antonio Canepa. Creatore e comandante dell’Esercito Volontario per l’Indipendenza Siciliana, la sua scomparsa avvenne in circostanze mai chiarite in quel di Randazzo il 17 giugno del 1945 e l’autore, senza esplicitare fino in fondo la tesi della strage di Stato, lascia che quest’ultima affiori tra le righe della sua ricerca appassionata. Prima di Portella della Ginestra e della tragica fine di Salvatore Giuliano, prima degli attentati e delle sparizioni dei sindacalisti socialisti e comunisti nelle campagne dell’interno della Sicilia, c’era chi agiva per oscuri motivi e faceva fuori, senza troppi complimenti, chi si opponeva a disegni diversi da quelli previsti.

Delitto di Stato? Già, di uno Stato “nuovo” che ancora non era nato, e che però sapeva di non potersi permettere di perdere una risorsa strategica del suo territorio, la Sicilia. E a cui in molti, dall’estero, guardavano con occhi tutt’affatto disinteressati, nella prospettiva di rafforzare la propria presenza nel Mediterraneo.

Antonio Canepa cadde, insieme a due militanti dell’esercito indipendentista, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, “ufficialmente” colpito a morte dai proiettili esplosi dai fucili di una pattuglia di tre carabinieri. E di questa vicenda Salvo Barbagallo ricostruisce meticolosamente l’anatomia, mettendo a disposizione di tutti i documenti nei quali sono raccolte le dichiarazioni a verbale dei protagonisti del presunto conflitto, i tre carabinieri, delle dichiarazioni dei superstiti che scamparono al fuoco dei militari, di quanti potevano essere a conoscenza di ciò che realmente era accaduto. E l’autore del libro, inevitabilmente, giunge a conclusioni non certo lusinghiere: la verità su quanto si verificò a Randazzo è stata occultata sotto una montagne di menzogne.

Il conflitto bellico si era appena concluso a livello nazionale, ma in Sicilia la “pace” era scoppiata subito dopo l’occupazione dell’Isola, governata da americani e inglesi mentre l’Italia rimaneva occupata dai nazifascisti e le sorti della guerra erano incerte. Il momento migliore per far rinascere nel cuore dei siciliani l’aspirazione all’indipendenza e soddisfare così anche le esigenze di una popolazione che voleva dimenticare le violenze subite. E a molti quest’idea  apparve la formula migliore visto che nel corso di pochi mesi migliaia, centinaia di migliaia (per l’esattezza in cinquecento mila) aderirono al MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia), non ascoltando la voce di socialisti, democristiani e comunisti.
Era una “pace” che non cambiava l’ordine delle cose, quella che i Siciliani vivevano: fuori i fascisti, sostituiti da un governo di occupazione presieduto da americani e inglesi e, soprattutto, con la prospettiva di andare sotto ad un governo provvisorio italiano che, come altri prima di lui, invece di ascoltare le istanze della popolazione, si presentò con manovre repressive, sedando nel sangue le rivolte provocate dalla fame.

Canepa, quindi, come protagonista principale della prima strage di Stato repubblicano? E’ la conclusione a cui si è naturalmente portati dalla lettura della mole di documenti messi a disposizione del lettore da Barbagallo. Meglio. Una prova generale di quello che, qualche anno dopo, sarebbe stato il capolavoro che portò alla fine di tutte le velleità indipendentistiche siciliane: la fine di Salvatore Giuliano, eseguita con una metodologia che conferma uno stile che, ciclicamente, si  è ripresentato nel tempo, sino ai giorni nostri. Una strategia che i servizi segreti (noti e ignoti) in molti casi hanno applicato.
Nella vita del nostro Paese, afferma Salvo Barbagallo, non ci sono misteri, ma (semplicemente ma amaramente) verità che vengono nascoste: come dargli torto?

Alla presentazione dei due volumi a Le Ciminiere di Catania, l’11 ottobre prossimo, prendono parte Valter Vecellio, capo redattore del Tg 2 Rai (che ha curato la prefazione del primo volume), Corrado Rubino, presidente dell’Istituto per la Cultura Siciliana, Marco Di Salvo (che ha curato la prefazione del secondo volume), condirettore del quotidiano online “La Voce dell’Isola”, e l’autore dei due libri su Antonio Canepa, Salvo Barbagallo. Introduce e modera l’incontro il giornalista e scrittore (già capo redattore delle pagine Cultura del quotidiano “La Sicilia”) Salvatore Scalia.

20 settembre 2015 – La Voce dell’Isola

 

Ancora oggi la parola “indipendentismo” allarma

 

Se pronunciate la parola “indipendenza” nel contesto di un Paese che presenta instabilità, allora noterete che negli ambienti governativi o politici si crea subito preoccupazione, a volte anche allarmismo. Ma che significa, in fondo, questa parola che può suscitare reazioni a vari livelli e magari contrastanti? I dizionari mostrano diverse sfaccettature del termine “indipendenza”: il Sabatini Coletti per “indipendenza” indica la “Libertà di agire secondo il proprio giudizio e la propria volontà”, il Treccani come la “Condizione di chi o di ciò che è indipendente, riferito sia a stato o nazione, sia a persona, sia a cose, fatti, ecc”, il Garzanti come “La condizione di chi non dipende da altri”, insomma la “Capacità di sussistere e di operare in base a principi di assoluta autonomia”. Da “indipendenza” a “indipendentismo”, il passo è facile. Indipendentismo? I dizionari lo indicano come “atteggiamento” o come “orientamento”: “Orientamento di coloro che propugnano l’indipendenza della propria nazione, del proprio territorio o del proprio partito politico” (dizionario Hoepli).

In realtà più che un atteggiamento o un orientamento è un “sentimento” radicato in quanti aspirano a una “indipendenza” (quale che sia, e nei livelli socio-economici-militari di un territorio che non è considerato o non si “sente” sovrano. Ebbene le parole “indipendenza, indipendentismo” suscitano allarme, così come sta avvenendo in questi giorni in Spagna dove in Catalogna fra sette giorni si vota e dove i “secessionisti” sono dati per favoriti: la Confederazione Casse di Risparmio (Ceca) e l’Associazione della Banca (Aeb), le due grandi associazioni del settore bancario spagnolo, hanno minacciato (diramando una nota congiunta) di ritirarsi dalla Catalogna se diventerà indipendente. Le due banche chiedono che “venga tutelato l’ordine costituzionale” spagnolo e “l’appartenenza alla zona euro di tutta la Spagna”. Barcellona il prossimo 27 settembre giunge a un voto che può rappresentare l’inizio del processo di indipendenza del territorio regionale che verrà trasformato in un nuovo Stato, nonostante l’opposizione di Madrid. Il governo spagnolo, infatti, ha negato il referendum sull’indipendenza, bollandolo come anticostituzionale e Barcellona ha dovuto rinunciare al voto esplicito sul proprio futuro, il presidente catalano uscente, Artur Mas, ha però aggirato l’ostacolo trasformando le imminenti elezioni regionali in un pronunciamento sull’indipendenza. Con la nascita di un nuovo Stato, l’adesione della Spagna all’Unione Europea andrebbe ridiscussa, così come si verificò per i Paesi balcanici che hanno chiesto di entrare nell’Ue. L’indipendenza della Catalogna costituisce un “pericolo” immanente: c’è il rischio concreto che l’esempio catalano possa trovare molti imitatori, a partire dai baschi. La Spagna, se nelle elezioni del 27 dovesse passare l’indirizzio secessionista (e i sondaggi vanno in questa direzione) rischia di esplodere.

In Italia la questione dell’indipendentismo è stata posta poco tempo addietro per quanto attiene la situazione di degrado politica ed economica della Sicilia dal politologo (e altro) americano Edward Luttwak in un’intervista concessa a Enrico Deaglio sul “Venerdì” di “Repubblica”. Luttwak esordisce con una frase inquietante: “…Io sono l’unico ad avere la ricetta perfetta per la Sicilia” e i Siciliani. Come? “E’ semplice. Alzando con orgoglio il vessillo indipendentista sanguinante, i siciliani si riuniscono in assemblea e dichiarano la loro separazione da Roma (…)”. Certo, occorre “tirare la cinghia e risorgere, sotto un capo, un nuovo Federico II (…)”.

Apparentemente l’intervista a Edward Luttwak è passata inosservata: al messaggio, all’invito o alla provocazione del politologo (le dichiarazioni di Luttwak, ovviamente, vanno interpretate) non c’è stato (sempre apparentemente) alcun riscontro, nessuno (sempre apparentemente) ha mostrato un interesse. Eppure un personaggio come Edward Luttwak non parla mai a caso, né mai si esprime a caso: una ragione, alla radice di questa intervista (notando anche chi è l’intervistatore) deve pur esserci.

La Sicilia non è la Catalogna. Anche se il “sentimento” dell’indipendenza non si è mai spento, nei Siciliani la spinta verso la propria “sovranità” si è addormentata settant’anni addietro, quando venne concessa alla regione un’Autonomia Speciale che nessun governante siciliano ha mai applicato (forse per un “patto occulto” con lo Stato Italia). L’idea dell’indipendenza oggi sopravvive in decine di gruppuscoli sicilianisti, l’uno in contrasto con l’altro per mancanza di una leadership unica, credibile e affidabile. Oggi non c’è in Sicilia un nuovo Federico II. In Catalogna il movimento indipendentista è stato costantemente in grado di far sentire la propria voce tanto da incutere paura. In Sicilia oggi non incute più paura neanche la mafia, continuamente mitizzata perché torna utile tenerla come paravento quando si presentano fatti di corruzione e malaffare criminale che possono essere collegati alla politica. Se qualche entità estranea ritenesse altrettanto utile rispolverare il mito dell’indipendenza siciliana quale comodo spauracchio (contro chi?), allora (statene certi) l’argomento “indipendenza siciliana” tornerà a rivivere. Ma questo è un rischio che difficilmente si può correre: in fondo, i Siciliani, potrebbero (finalmente e magari) prendere coscienza della loro condizione di sudditanza e del loro degrado. E, chissà, potrebbero approfittarne…

Salvo Barbagallo

 

LA SICILIA AI SICILIANI – ALLA SCOPERTA DI EROI DIMENTICATI, ANTONIO CANEPA

 

Domenica 19 giugno, come avviene da diversi anni, l’Associazione Culturale “La Sicilia ai Siciliani” di Messina ha deposto una corona di fiori sul cippo eretto in contrada Murazzu Ruttu (Randazzo) in ricordo di Antonio Canepa, Carmelo Rosano, Giuseppe Lo Giudice martiri siciliani facenti parte dell’E.V.I.S. (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia) di cui Canepa era comandante.

Il monumento e le lapidi ricordano anche Francesco Ilardi, morto in uno scontro a fuoco qualche giorno dopo l’eccidio di Murazzu Ruttu.
Molti, forse, non sapranno chi era Canepa e cos’era l’E.V.I.S. in quanto la storia racconta solo certe verità.
Verità che tendono a inneggiare personaggi ai quali si sono dedicate vie  come eroi ma che oggi mostrano sempre piu un lato oscuro, tanto da somigliare sempre più a carnefici per la nostra Sicilia.

        Ma chi era Canepa?
Laureato in legge si recò a San Marino dove tentò insieme agli abitanti di organizzare un colpo di stato contro il potere fascista. Arrestato fu poi rilasciato. Nel 1937 ottenne la cattedra di “Storia delle dottrine politiche” all’Università degli Studi di Catania. Dopo l’inizio della seconda guerra mondiale entrò in contatto i servizi segreti britannici e la notte del 10 giugno 1943 attuò con successo un attentato all’aeroporto di Gerbini in cui neutralizzò caccia tedeschi, distrusse bombe, armi e munizioni e dando così la possibilità agli anglo-americani di non trovare resistenza in quella zona dopo lo sbarco.

Successivamente si recò nelle zone tra Abruzzo e Toscana per aiutare i partigiani. Dopo aver conseguito la  liberazione dai nazi-fascisti rientrò in Sicilia per continuare la sua lotta per l’indipendenza della Sicilia. Lotta iniziata anche culturalmente nel dicembre del 1942 con la pubblicazione, con lo pseudonimo di Mario Turri, dell’opuscolo “La Sicilia ai Siciliani” (nome al quale si ispira la nostra associazione) che fu il manifesto della sua idea: egli riteneva che l’ìndipendenza della Sicilia fosse il mezzo per l’emancipazione delle classi popolari.
Nel 1945 costituì l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia che si contrapponeva alle forze militari che occupavano l’isola e che avrebbe dovuto condurre la Sicilia insieme al M.I.S. (Movimento per l’indipendenza della Sicilia) all’indipendenza.
Non riuscì a portare a compimento il suo ideale politico di liberazione perché la mattina del 17 Giugno 1945 fu ucciso insieme ad alcuni militanti dell’E.V.I.S. in un agguato teso dai carabinieri in contrada Murazzu Ruttu a Randazzo,dove oggi sorge un monumento commemorativo a loro dedicato.
Antonio Canepa oggi è sepolto, insieme a Carmelo Rosano, Giuseppe Lo Giudice e Francesco Ilardi,  nel cimitero di Catania nel viale degli Uomini Illustri.

 

https://www.facebook.com/radioazzurrarandazzo/videos/428489892214034/

Giuseppe Gullotto.

Alfio Scirto e Pippo Gullotto – Randazzo

                Giuseppe Gullotto nato a Passopisciaro nel comune di Castiglione di Sicilia il 5 agosto del 1947 da genitori Randazzesi, la mia biografia nasce su questo sito  come primo fondatore di radio libera e successivamente come emittente televisiva.
Da ragazzo dopo la scuola dell’ obbligo la mia passione era rivolta nel campo dei motori, ho imparato l’ arte sotto la direttiva di due bravi meccanici a Riposto, all’età di 20 anni mi sentivo pronto per affrontare questo mestiere da solo che ho fatto fino all’ età di 27 anni, mi sono sposato a 24 anni ed avendo messo su famiglia le esigenze sono aumentate pertanto bisognava  guadagnare di più, cosi a malincuore ho dovuto abbandonare l’attività motoristica per andare a fare tutt’altra cosa.
Sono diventato operaio nella tanta discussa Siace cartiera di Fiumefreddo di Sicilia ed avendo a disposizione più tempo ho incominciato a coltivare degli hobby, fermo restando che la meccanica mi accompagna fino ad oggi cercando di fare il mio meglio nel restaurare auto e moto antiche.
I miei primi hobby sono nel campo dell’aeromodellismo che pratico anche adesso, il mio sogno e’ sempre stato volare ho praticato per diversi anni il volo con i delta a motori, il secondo hobby nasce con l’ avvento delle ricetrasmittenti detti comunemente CB o baracchino.
Nel mio paese c’era un’altra persona che praticava lo stesso hobby, lui studiava all’Università di Catania in ingegneria elettronica, ed abbiamo fatto amicizia, un giorno mi chiama per radio e mi chiede se avevo in macchina la radio a modulazione di frequenza per ascoltare della musica indicandomi il canale, lui aveva costruito un trasmettitore l’unico nella nostra zona che era in grado di poter far ascoltare quello che ai giorni nostri ascoltiamo: la RADIO in FM.
Sto parlando del 1973, lui è Alfio Scirto, successivamente diventato mio cognato, ho subito chiesto di costruirne uno per me ma lui prontamente mi disse te lo regalo, dal detto al fatto col suo aiuto ho montato a casa mia una radio libera che inconsciamente utilizzavo senza alcuna autorizzazione, si era sparsa subito la voce di questo avvenimento ed ogni giorno facevo ascoltare la musica che tanta gente mi richiedeva, ed io ho incominciato anche a far sentire la mia voce, ero diventato un conduttore radiofonico senza rendermene conto, comunque la radio aveva un piccolo raggio d’azione dalla postazione dove mi trovavo era ascoltabile da Moio Alcantara, Malvagna, Roccella Val Demone, Santa Domenica Vittoria.
Qualche anno dopo nel 1975, la mia esigenza è stata quella di trasferirmi a Randazzo ed io ero felice di farlo, città che mi piaceva molto perché l’avevo sempre frequentata.
Assieme a me si trasferisce anche il mio hobby, da qui nasce assieme al costruttore Alfio Scirto, Radio Randazzo International, studi in via Torre, (la parte alta della città di  Randazzo). Descrivere quei periodi ci vorrebbe tanto tempo, ricordo il giorno dell’inaugurazione degli studi e delle trasmissioni, erano le 15.30 di un sabato estivo, ospiti l’ indimenticabile padre Vincenzo Mancini ed il sindaco Prof. Salvatore Agati, toccava a me fare le presentazioni ero frastornato quasi mi tremava la voce ero molto emozionato, avevo paura di sbagliare avendo accanto due persone di cultura come il Sindaco e l’Arciprete. Per fortuna tutto andò per il verso giusto.

Successivamente tanti ragazzi e ragazze si sono avvicinate e proposti come conduttori quasi tutti sono stati accolti, ed ebbe inizio ufficialmente la prima emittente radiofonica a Randazzo.
Come tutte le cose belle c’è sempre il rovescio della medaglia, dopo qualche mese le autorità giudiziarie ci hanno imposto di chiudere l’emittente perché privi di autorizzazione.
Non erano informati che, essendo stato abolito dalla Corte Costituzionale il monopolio alle trasmissioni di Stato, bastava comunicare all’ispettorato territoriale con sede a Catania della presenza dell’emittente.
Così avendo chiarito la nostra posizione sono riprese le trasmissioni.
Dopo un breve periodo, ci siamo trasferiti in altri studi più confortevoli perché abbiamo ceduto ad altri Radio Randazzo International, la motivazione era quella di avere la possibilità economica per sviluppare e potenziare un’altra realtà e dare anche spazio ad altri gestori con buoni propositi.

Antenne televisive

Con noi nasce in via dei Galvagno Radio Randazzo Centrale, successivamente nel 1980 si unisce ad un’altra realtà radiofonica derivata dalla prima emittente per potenziare la struttura, prende il nome di Radio Randazzo Unita.
E’ doveroso da parte mia ricordare l’amicizia che ci ha legato, all’indimenticabile nostro socio Franco Vagliasindi, per raccontare la nostra storia sia radiofonica e di amicizia si dovrebbe scrivere molto, lui con grande dispiacere di tutti coloro che lo conoscevano e naturalmente dei suoi cari è venuto a mancare in età ancora giovane, ma resta sempre un personaggio da ricordare con affetto. (Radio Randazzo Unita la sua esistenza finisce nell’ anno 1992).

Avendo fatto questa bella esperienza, negli anni 80 si incominciava a parlare di televisione, sempre con mio cognato Alfio Scirto, abbiamo dato vita alla prima emittente televisiva a Randazzo Tele Video Randazzo TVR, prima a carattere locale successivamente sempre con mezzi propri e con poco denaro abbiamo ampliato il bacino d’utenza con un ripetitore a Castiglione di Sicilia contrada Monte Colla adiacente alla postazione Rai, abbiamo costruito il traliccio per ospitare le antenne alto 30 metri, ancora oggi esistenti, tutto in manifattura artigianale con l’aiuto di un nostro amico fabbro Santo Pitinzano.
Successivamente abbiamo portato sul luogo, con una mia macchina e montato con l’ausilio di una carrucola, per intenderci quella usata nei pozzi dell’acqua, ed una scala di legno, quella serve per la raccolta delle olive, i ripetitori ed abbiamo costruito in muratura la casetta per la sistemazione delle apparecchiature.
Completata la postazione ed avendo già acquisito una discreta esperienza ci siamo cimentati a costruire le antenne e i trasmettitori per poter irradiare il segnale, quasi analogo discorso vale anche per le altre postazioni di S. Andrea, Maniace e Castelmola.
Fatte le postazioni ed avendo così potenziato su tutto il territorio il segnale di TVR abbiamo pensato anche a far vedere altre emittenti televisive che stavano nascendo in quel periodo. Ottenuta la loro autorizzazione il “territorio” ha avuto la possibilità di vedere prima il segnale di TELETNA emittente catanese e successivamente altre due emittenti RTP di Messina ed RST emittente calabrese.

Ma la nostra innovazione nel settore non si ferma qui, venendo a conoscenza della nascita di una emittente nazionale CANALE 5 siamo andati a contattare, a monte Lauro vicino la città di Vizzini, il responsabile della postazione di CANALE 5 proponendo la nostra disponibilità ad ospitare a forma gratuita il loro segnale televisivo, per dare la possibilità a questo “territorio” un po’ dimenticato da tutti, ad usufruire di questo servizio, cosa che è avvenuta a breve scadenza cosicché abbiamo avuto prima di tanti altri l’innovazione della tv privata.

Il successivo episodio lo voglio raccontare perché ritengo sia importante per la cronistoria delle emittenti locali.
Dopo qualche tempo, un giorno mi viene a trovare il tecnico di CANALE 5 ormai diventati amici dicendomi che il responsabile dell’emittente voleva parlarmi, mi presenta questo signore che io non conoscevo, parlava con accento milanese e prima di accennare la motivazione della sua venuta mi ha invitato a pranzo. A quel tempo nella nostra città pochi erano  i locali dove poter pranzare, la scelta è stata la trattoria Veneziano sita in via del Santuario.
Di tutto si e’ parlato tranne di televisione, una persona simpatica scherzosa che prendevi subito in simpatia, finito il pranzo in poche parole mi ha detto che stavano per far nascere altri due televisioni, ITALIA 1 e RETE QUATTRO e mi chiese se da parte mia c’era la disponibilità di ospitare anche le altre due emittenti. Non ha completato il discorso perché la mia risposta è stata subito positiva, ero felice di sapere che nel “territorio” avveniva questo. Concluso l’accordo, sempre in forma gratuita, ed avendo firmato all’istante un contratto per il comodato d’uso della postazione, leggo la firma: Silvio Berlusconi, a quel tempo ancora sconosciuto.

Negli anni successivi, per il nostro gesto di accoglienza, ha voluto aiutarci per diventare sempre più professionali, a tutt’oggi mantengo il rapporto con la loro azienda.

Successivamente abbiamo avuto rapporti anche con Telecolor ed Antenna Sicilia che grazie al nostro impegno ancora oggi vengono mantenuti questi servizi.

Franco Munda e Francesco Rubbino – Randazzo

Intanto il tempo scorre inesorabile,  nel 1990 per scelta personale, mio cognato, Alfio Scirto, lascia a me il compito di proseguire con TVR cosa che ho fatto assieme hai miei figli Andrea e Vincenzo fino ad oggi a distanza di 36 anni dalla sua nascita.
Nell’anno 2003 TVR cambia denominazione adesso si chiama EUROTV Randazzo, abbiamo sempre voluto che il nome di questa città fosse evidenziato per primo per l’ amore che gli portiamo e per tutti i Randazzesi che sempre ci hanno stimato e rispettato  a cui va il nostro grazie.
La televisione ha svolto un servizio sociale non indifferente riconosciuto da tutti, tanti programmi sono stati fatti, abbiamo avuti tanti illustri personaggi come ospiti, del mondo della politica, della cultura, dello sport, della medicina, dello spettacolo.
Abbiamo fatto anche tanti spettacoli ed iniziative nelle varie piazze ed il nostro obbiettivo principale e’ stato sempre quello di valorizzare la nostra città i suoi personaggi, i suoi monumenti e tutto quello che è la vita sociale, non solo di Randazzo ma di tutto il territorio del suo bacino di utenza.
In questa breve storia voglio ricordare  i collaboratori che più sono stati vicini all’emittente  ed hanno dato vita alla tv, Franco Munda, Pippo Anzalone, Gaetano Di Silvestro, Beppe Petrullo, Michele La Rosa, Isidoro Raciti, Angelo Borzi’, Carmelita Bonfiglio, Antonino Mobilia, Nino Caggegi e tanti altri, ricordo tutti ma sarebbe un lungo elenco, questa pagina serve non solo per ricordare ma per ringraziare tutti anche se non menzionati che tanto hanno fatto con serietà e passione per fare vivere una realtà importante che e’ quella della comunicazione.

EUROTV  ancora oggi con le difficoltà del tempo riesce a trasmettere per partecipare al sociale e allo sviluppo di questa Città e del suo hinterland. GRAZIE.
Voglio anche ricordare per precisione di cronaca che nel 1993 dopo la chiusura di Radio Randazzo Unita ho dato vita ad un un’altra realtà radiofonica Radio Amica, affinché Randazzo avrebbe avuto ancora questa realtà e fare riavvicinare i ragazzi che si erano smarriti ad avere un punto di riferimento e fare delle cose costruttive, cose che tanti hanno fatto, qualcuna/o di loro anche oggi trasmette in radio importanti, presenta spettacoli grazie all’ insegnamento acquisito nella struttura.
Radio Amica nel 1997 ha ceduto le proprie frequenze a Radio Maria, radio nazionale a spunto religioso che ancora oggi è presente sul nostro territorio.
In altre occasioni, se ci sarà la possibilità, vo

Pippo Gullotto, Michele La Rosa e Pippo Anzalone – Randazzo

glio parlare della socializzazione e di tanti anche frivoli episodi che avvenivano all’interno della radio e della televisione.
L’augurio è che questo patrimonio, a fruizione nostra e dei posteri, per far si che la nostra storia non venga dimenticata, rimanga attraverso le immagini reali che sono quelle televisive.
Concludo con i ringraziamenti all’amico di sempre Francesco Rubbino, (meglio conosciuto come Ciccio Rubbino) per avermi invitato a scrivere su questo sito da lui ideato ed è molto interessante per fare memoria assieme a personaggi molto illustri di questa bella Città.

 grazie Ciccio.       

 Randazzo 19 luglio 2017

 

Trasmissioni Televisive

    Giuseppe Anzalone intervista l’on.le Rino Nicolosi Presidente della Regione Sicilia.

A cura di Francesco Rubbino

Biblioteca Autori Randazzesi

       

 

 Elenco pubblicazioni di Autori Randazzesi 

  Titolo Autore Editore Note
Detti Sentenze Proverbi Storielle
Modi di Dire Anedotti e Usanze  Siciliane
Un Viaggio nell’Universo Randazzese
Maristella Dilettoso Armando Siciliano Editore
2008
Introduzione.
“Questo lavoro è nato quasi per gioco, appuntando proverbi e modi di dire, man mano che tornavano alla mente, o che si sentivano citare, a casa o fuori, a proposito o a sproposito, così, tanto per la mera curiosità di sapere quanti ne possedevamo…” 
Un Beato che Unisce
  Randazzo e Montecerignone 

Maristella Dilettoso
   
Randazzo
La Cassino di Sicilia
Indagine sul patrimonio storico-artistico distrutto e danneggiato negli anni della seconda guerra mondiale
Lucia Lo Presti
 Il Convivio Editore
via Pietramarina-Verzella, 66
Castiglione di Sicilia
febbraio 2016
….essere a conoscenza di quel patrimonio che non esiste più significa ricostruire una parte della nostra memoria collettiva; scoprire le bellezze che l’architettura e l’arte ci avevano regalato e che la guerra ha cancellato.”
L’autrice 
 Le Confraternite di Randazzo
nella storia e nel diritto ecclesiastico
Francesco Fisauli  Edizioni Greco  
 Randazzo Segreta
Astronomia, Geometria Sacra e Misteri tra le sue pietre
Angela Militi  Gruppo Editoriale srl
Acireale
settembre 2012
Sin dalla sua comparsa sulla Terra l’uomo ha sempre avuto un legame particolare con il cielo e le stelle; fin dai tempi più remoti esso per il bisogno Profondo di unire la Terra con il Cielo ha edificato i suoi edifici sacri a immagine della volta celeste, dando inizio a una “religione stellare”. 
A.Militi
L’epigrafe della Basilica Minore di Santa Maria in Randazzo.
Esegesi di una data
 Angela Militi Litostampa Veneta s.r.l.
Venezia-Mestre
dicembre 2010 
Presentazione
Questo lavoro non si propone di fare esibizione di eloquenza, ma nasce dall’esigenza di fare chiarezza sulla data riportata nell’epigrafe di una delle due lapidi della basilica minore di Santa Maria di Randazzo, riguardante l’edificazione della stessa.
A.Militi 
 Orazione Funebre per Ferdinando

1. Re del Regno delle Due Sicilie

Giuseppe Plumari    
La felicità politico-cristiana Omelie dell’uomo Giuseppe Plumari    
 Gli Ultimi Giorni di Don Piddu
e altri racconti Siciliani
Giuseppe Severini  Armando Siciliano Editore  
 RANDAZZO
una città medievale
SALVATORE AGATI   GIUSEPPE MAIMONE
EDITORE 
(Sintesi molto documentata sull’evoluzione storica, artistica e sociale del paese, notevole
l’iconografia a colori e in bianco e nero).

NEI GIORNI DEL CROLLO ANTONIO PETRULLO Editrice Ciranna – Roma  Prefazione di Arnaldo Di Serio 

RANDAZZO E LA VALLE DELL’ALCANTARA FEDERICO DE ROBERTO Istituto di Arte Grafiche Editore – Bergamo 
1909
147 Illustrazioni e 1 Tavola  
Breve Guida Attraverso i Monumenti Artistici della Città di Randazzo  DON SALVATORE CALOGERO VIRZI’  Scuola Salesiano del Libro  

Alcantara:
Randazzo, Gole-Valle e dintorni

DON SALVATORE CALOGERO VIRZI’ Plurigraf  Totalmente illustrato con 105 foto a colori 
Randazzo e il suo Territorio:
storia, arte, turismo, paesaggio e natura incontaminata
VINCENZO CRIMI Grafiche la Rocca 
Riposto 
…un intrigante viaggio attraverso il territorio naturalistico di Randazzo, passando per i tesori artistici e culturali che esso custodisce. 
Sogni Vissuti e Figurati
Verso un Dinamismo Cosmico
NUNZIO TRAZZERA Litografia Bracchi
Giarre 
Maggio 2008 
Profilo dell’Autore e catalogo con Opere di Pittura e Scultura Cosmico Dinamiche. 
  Via Crucis Cosmico-Dinamico NUNZIO TRAZZERA Il Convivio Editore 
marzo 2016
Via Crucis con a lato poesie di:
Salvatore Agati
Alessandra Di Stefano
Rosanna Gulino
Mario Gullo
Angelo Manitta
Giuseppe Manitta
Ivana Trazzera. 
  Paesi di Sicilia
RANDAZZO 
Don Salvatore Calogero Virzì    
   Il Metodo Educativo Salesiano
L’Eredità di Don Bosco
Don Gino Corallo
Salesiano
   
ERESIA 
(La bancarotta della lotta di classe)
TOMMASO VAGLIASINDI
(1866/1929)
Cav Nicolò Giannotta
Editore 
Libraio della Real Casa
Catania 1923
Polemica Epistolare con Filippo Turati
  CONOSCERE RANDAZZO 
Storia, arte, natura, tradizione.
Istituto Paritario San Basilio
con la partecipazione della Scuola paritaria Santa Caterina 
Stampe. Full Service
Randazzo 
 
  I Piaceri della conversazione  GIUSEPPE GIGLIO  Salvatore Sciascia Editore  Da Montaigne a Sciascia: appunti su un genere antico 
  Guida Turistica
alla CITTA’ DI RANDAZZO
cenni storici, itinerario artistico, tradizioni.
Agnese Castorina
coadiuvata da:
Maristella Dilettoso
Giuseppe Portale
Marcello Proietto di Silvestro
Edi.Bo. s.r.l. di Catania
maggio 2002  
Guida Turistica di Randazzo in Italiano ed Inglese  
   FLORA, FAUNA E ASPETTI NATURALISTICI DEL TERRITORIO DEL GAL ETNA  VINCENZO CRIMI    
  FLORA, FAUNA E ASPETTI NATURALISTICI DEL TERRITORIO DI BRONTE  VINCENZO CRIMI     
   UN POETA AUTORE- CANTAUTORE POVERO E SCONOSCIUTO 
POESIE
 SALVATORE SGROI  MA.GI. Editore
Patti
Dicembre 2016 
Associazione Teatro-Cultura
“Beniamino Joppolo”
Patti
Poeti della Misericordia 
   CITTA’ di RANDAZZO
GUIDA AL MUSEO CIVICO DI SCIENZE NATURALI 
RANDAZZO NOTIZIE
n.28 – febbraio 1989
AUTORI VARI 
Tipolitografia
F.lli Zappalà
Gravina di Catania
1989 
 
  PROMETEO AL CIBERMONDO  MARIA PIA RISA  Bonanno Editore 
luglio 2010
 Formazione e Società
  TONI delle
ANTENNE
MARIO SCALISI  E-QUA 
EDITRICE
Nascita e sviluppo delle televisioni commerciali.Da “mani pulite” a Berlusconi: 
il dilemma politico e morale dei cattolici italiani, fra romanzo e realtà.
 
  IL CASTELLO DELLA CITTA’ DI RANDAZZO
Studio storico-artistico.
1960
SALVATORE CALOGERO VIRZI’  Tipografia Galatea
Acireale
ottobre 1996 
A don Salvatore Calogero Virzì  nel decimo anniversario della sua scomparsa.
21° Distretto Scolastico Randazzo  
   MARIA
Madre di Misericordia
“Sotto il tuo manto c’è posto per tutti”
 ANTONINO GRASSO  Edizioni Segno
marzo 2016 
Un libro che risponde in modo chiaro ai tanti perché su Maria. 
  Apparizioni, malati e guarigioni a LOURDES  ANTONINO GRASSO   Edizioni Segno
aprile 2015 
La “prodigiosa” guarigione di Delizia Cirolli il “miracolo” n.65 di Lourdes riconosciuto dalla Chiesa 
  L’OINOCHOE
COL MITO DEI BOREADI
(Il gioiello del Museo di Randazzo) 
 SALVATORE AGATI  Tringale Editore
Catania
Ottobre 1982 
 Pregevole presentazione di Don Salvatore Calogero Virzì
   LE CONFRATERNITE
di RANDAZZO
nella storia e nel diritto ecclesiastico
FRANCESCO FISAULI  Edizioni Greco 
2007
Origine, Scopo, Patrimonio 
  LA MAMMA DEI SACERDOTI  GIUSEPPINA DILETTOSO VAGLIASINDI 
(da religiosa, suor MariaAddolorata)
e curatori anonimi.
Legatoria Industriale Siciliana 
dicembre 1994
Storia della Fondatrice dell’Opera Betania Ancelle di Gesù Sacerdote 
  RANDAZZO 
IERI E OGGI
IMMAGINI A CONFRONTO
 ANTONINO PORTARO  EUROSELECT – Roma
2014  
Un suggestivo viaggio a ritroso nel tempo attraverso le foto d’epoca 
  RANDAZZO
17 GIUGNO 1945

ANATOMIA DI UNA STRAGE 
SALVO BARBAGALLO  “EDIGRAF”
Maggio 1976  
Associazione Nuovo Mondo Teatro “ERWIN PISCATOR” 
  LA UMANA COMMEDIA  ALFIO PETRULLO  Editrice – Mondo Letterario
marzo 1969 
A Mò Di Prefazione

“L’abuso della forza dell’ingegno, che torna ad oppressione morale degli ignoranti,  va legalmente represso, con non minore fermezza che l’abuso della forza materiale a danno dei deboli”.
   STORIA – ARTE – FOLKLORE  in
RANDAZZO – CASTIGLIONE – LINGUAGLOSSA
SALVATORE CALOGERO VIRZI’
Salesiano 
Tipolitografia F.lli Zappalà 
Gravina di Catania
gennaio 1985  
 21^ Distretto Scolastico
Randazzo
Assessorato Regionale ai Beni Culturali e alla P.I.
   RANDAZZO  e le sue opere d’arte
Volume II
SALVATORE CALOGERO VIRZI’
Salesiano 
Tipolito Dell’Erba
Biancavilla
maggio 1989  
 21^ Distretto Scolastico
Randazzo
Assessorato Regionale ai Beni Culturali e alla P.I. 
  Patrimonio Artistico e Culturale  di
Randazzo
Castiglione di Sicilia
Linguaglossa 
 Salvatore Agati
Angelo Manitta
Antonio Cavallaro
“La nuova Grafica” di
Proietto Antonio
settembre 1997 
21^ Distretto Scolastico
Randazzo
Assessorato Regionale ai Beni Culturali e alla P.I.  
  STORIA 
Della Città di
RANDAZZO 
Sac. Salvatore Virzì
Salesiano 
Tipografia Pantano
Messina 
1972 
Presentazione
“La seguente pubblicazione, in edizione ridotta, è destinata prevalentemente ai giovani delle scuole, perchè possano apprendere, fin dai loro primi anni nelle aule scolastiche, la storia della loro cittadina, amarla ed apprezzarne le cose belle e antiche che ancora conserva”. 
  RANDAZZO
e il 
MUSEO VAGLIASINDI 
PIETRO VIRGILIO  Catania 1969    Introduzione
“Questo nostro lavoro vuole avere lo scopo di far sentire una voce amica di incoraggiamento e di sprono alle nostre Autorità affinchè operino in modo effecace, concorde e razionale per riportare Randazzo nel ruolo che le compete, ripristinandone l’intero suo patrimonio artistico e attivandone validamente il turismo”.
   ETNA
UN VULCANO UNA CIVILTA’
S.Agati – M.La Greca – G.M.Licitra – P.Maenza – A.Messina – R.Romano – G.A.Ronsisvalle – E.D.Sanfilippo – G.Sperlinga.  Giuseppe Maimone Editore
Catania marzo 1987   Amministrazione Provinciale di Catania
Storia del vulcano Etna, le eruzioni, le grotte, il paesaggio vegetale, la fauna, il paesaggio antropico, il parco, i vini, i castelli, i miti.  
  VI RASSEGNA DI POESIE DIALETTALI
“Versi e parole nelle parlate galloitaliche di Sicilia” 
Introduzione
Vito Claudio Dilettoso
Prefazione
Domenico Di Martino 
Proloco Randazzo
UNITRE sez. Randazzo
dicembre 2010
 
  VII RASSEGNA DI POESIE DIALETTALI
“Versi e parole nelle parlate galloitaliche di Sicilia” 
Introduzione
Vito Claudio Dilettoso
Prefazione
Domenico Di Martino 
Proloco Randazzo
UNITRE sez. Randazzo
dicembre 2011
 
  LA CONCIMAZIONE DEGLI ORTAGGI:
per l’orticoltura della Sicilia
 
GUSTAVO VAGLIASINDI   Società anonima Arte della Stampa
Roma

1 gennaio 1937
A cura del Comitato Nazionale per l’incremento delle concimazioni.
Roma 
  PIANTE DA PROFUMERIA  GUSTAVO VAGLIASINDI   Francesco Battiato-Editore
via Androne, 48 Catania
1913 
 Biblioteca d’Agricoltura ed Industrie Affini
   CALENDARIO DELL’ORTOLANO GUSTAVO VAGLIASINDI  Cassone Carlo Tipografia

Casale Monferrato
1 gennaio 1911 

 
  LA CHIESA DI SANTA MARIA DI RANDAZZO  SALVATORE CALOGERO VIRZI’- SALESIANO   Supplemento al “Randazzo Notizie” n. 10
agosto 1984
” Nel ricordo di mio fratello Vito col rimpianto di un grande affetto immaturamente stroncato”.
Don Virzì 
  PER L’INCREMENTO DELLA NOSTRA FLORICOLTURA  GUSTAVO VAGLIASINDI  Nicola Zanichelli Editore
Bologna 1920 
 
    ORTICOLTURA  E GIARDINAGGIO  GUSTAVO VAGLIASINDI  Editore ETNA
gennaio 1939  
Manuali tecnici per i corsi di Istruzione Professionale ai Rurali. 
   POESIE -PREGHIERE
da San Francesco ad oggi
 MARIA PIA RISA Editore AGORA’  ” E’ una raccolta antologica di poesie-preghiere scritte dal ‘200 ai giorni nostri, che abbraccia ben oltre otto secoli; composta da 209 poesie-preghiere, 58 autori, per un totale di 360 pagine.”  
   Una Vita dedicata a Randazzo:
Salvatore Calogero Virzì e le sue opere
SALVATORE AGATI   Edito a cura del Comune di Randazzo in occasione del conferimento della Cittadinanza Onoraria ( 2 febbraio 1979)
10 agosto 1979  
“Una carrellata attraverso gli scritti di don Virzì sintetizzando le opere  e citandole alla lettera quanto più è stato possibile”.
   “AL QUA’NTARH”
La valle incantata
 VINCENZO CRIMI Azienda Regionale Foreste Demaniale 
Regione Siciliana
 
  “RAHAB”
 
 VINCENZO CRIMI Azienda Regionale Foreste Demaniale 
Regione Siciliana 
 
   MARIA MADRE DELLA SPERANZA ANTONINO GRASSO    Donna di Legalità 
  MARIA di NAZARETH  ANTONINO GRASSO    Saggi Teologici 
   Associazione Turistica Culturale
I Venti di EOLO
UN’IDEA CHE CRESCE 
Autori vari partecipanti al concorso 
“GIOVANI SCUOLA CITTA'”
 
Realizzazione: 
Beppe Petrullo 
Daniele Sindoni
Tipolitografia A.La Rocca

Giarre – giugno 1992 
“L’Associazione Turistico Culturale
“I Venti di Eolo”  
fondata nel gennaio 1991 è apolitica, non ha scopo di lucro ed ha per oggetto la divulgazione della storia, della cultura e della bellezze architettoniche di Randazzo, mediante pubblicazioni di libri, periodici, l’organizzazione di conferenze e promozione turistica”.
  Il Sogno dei
FARAONI NERI
Alta Nubia: 
Una terra tra due imperi 
MAURIZIO DAMIANO-APPIA  Editore GIUNTI   
  Dizionario enciclopedico dell’antico EGITTO
e delle civiltà nubiane 
 MAURIZIO DAMIANO-APPIA Mondadori  
  Randazzo
Città d’Arte
Guida turistica della città 
 Maristella Dilettoso  A cura del Comune di Randazzo La documentazione fotografica è della Cooperativa 
“Cooptour EtnaMare”. 
  Istituto Tecnico Commerciale Statale
“ENRICO MEDI” di Randazzo
DIECI ANNI DI VITA
1971/72 – 1981/82 
Prof. Salvatore Pappalardo
Presidente Comitato di Redazione 
Galatea Editrice
1982 
Articoli di:
Santo Di Guardi
Giuseppe Alessi
Vincenzo Foti
Gerardo Fisauli
Maria Albanese
Paolo Parlavecchio
Salvatore Calogero Virzì
Salvatore Agati 
  ERESIA ?
(La bancarotta della lotta di classe) 
 TOMMASO VAGLIASINDI
1866/1929
Cav  Nicolò Giannotta – Editore
Libraio della Real Casa
Catania 1923
 Appendice
Polemica Epistolare con Filippo Turati.
   ESTATE RANDAZZESE 
A VARA
Il carro trionfale dell’Assunzione
 ETTORE PALERMO Edito a cura della
Grafiche Palermo RandazzoVia Roma 48 – tel.921120 
 Un gioiellino sui festeggiamenti di Ferragosto
Dipinti di:Maristella Dilettoso
Gloria Rasano
Elio Fallico
Foto Andrea
Salvatore Lazzaro
 

RANDAZZO e le sue opere d’arte 
vol. I 
ARCHITETTURA

SALVATORE CALOGERO VIRZI’
Salesiano  
Stampa: F.lli Chiesa
Nicolosi
febbraio 1987 
 Distretto Scolastico
Randazzo
Assessorato Regionale ai Beni Culturali e alla P.I. 
Hanno collaborato:Concetta Auria
M.Cristina Fioretto
Gaetano Modica
Rosario Talio 
  Novecento Teologico
Marie-Dominique CHENU 
 ANTONINO FRANCO Editrice Morcelliana
Brescia febbraio 2003
la teologia è una scienza. E’ una sapienza.
La teologia è la scienza di Dio. 
Il Collegio Salesiano 
S.Basilio di Randazzo
nel suo centenario
1879 – 1979 
 I Salesiani Tipografia Scuola Salesiana del Libro di Catania Barriera
30 ottobre 1979
Don Bosco a don Guidazio scoraggiato per la sua partenza  alla volta della Sicilia:
“Sta tranquillo, non inquietarti di nulla; va dove l’ubbidienza ti Manda, non temere, tu arriverai a Randazzo e lì farai tante belle cose ! “.
  L’EGYPTE
DICTIONNAIRE ENCYCLOPEDIQUE
DE L’ANCIENNE EGYPTE ET DES CIVILISATIONS NUBIENNES 
 MAURIZIO DAMIANO-APPIA    
  IL CARABINIERE
ed altri racconti 
ANNAMARIA VAGLIASINDI  Armando Siciliano Editore   
  LA FATINA  EUGENIO PERALTA  Edizione del Testimone
novembre 1993 
 
  POESIE DEDICATE ALLA MADONNA DI FAVOSCURO   DEMETRIO SGROI  Magi Editore   Associazione Teatro-Cultura “Beniamino Joppolo” – Patti
   LA TEOLOGIA E’ SAPIENZA
Conversazioni e lettere
 M.-D. CHENU  –  
ANTONINO FRANCO 
Editrice Morcelliana
Gennaio 2018  
 
‘I MARRUNATI
DI
PINOCCHIU
Traduttore:
 Mario Grasso
Illustratore o Matitista:

 Maria Paola Fisauli
Editore:
Provad’Autore
01.01.1990
Edizione integrale de ” Le Avventure di Pinocchio ” di Carlo Collodi
  PROCEDERE PARALLELI   MARIA PAOLA FISAULI Prova d’Autore
ottobre 1989  
Introduzione di Rocco Giudice 
   ed i sogni restano là
1960
ALESSANDRA DISTEFANO  ALETTI EDITORE 
gennaio 2018 
Prefazione di
Alessandro Quasimodo 
  HOTEL PENSION COSMOPOLITA  ALESSANDRA DISTEFANO   Edizioni Arianna 
dicembre 2017  
Prefazione di
Vincenzo Caruso 
  GLI ANZIANI A RANDAZZO:
Analisi e prospettive 
 VINCENZO CARUSO  Edizione
Comune di Randazzo
1983
Supplemento al n.3 di
“Randazzo Notizie” 
  IL TROFEO  FEDERICO DE ROBERTO   INEDITI E RARI
gennaio – marzo 1974
 A cura e con introduzione di Piero Meli
  “ATTESA”
(raccolta di versi) 
IGNAZIO SORBELLO   ISCRE
Catania – 1983 
Alla cara memoria di mio padre,
umile grazie per la vita donatami,
a mamma
che l’ha protetta, soffrendo;
a Mariuccia
che la continua;
a Danilo e Tecla
eredi della vita che non muore.
  PER CONTINUARE A VIVERE  SALVATORE  AGATI Pubblicart
via San Giovanni,12 Vizzini
novembre 1990  
 Prefazione di 
Nicolò Mineo
  ECCOMI 
(primo incontro)
SALVATORE AGATI  Edizioni della SSC
via Etnea, 248 – piano nobile
Catania
giugno 1972  
 
  LA MIA TERRA   SALVATORE AGATI  Carmelo Tringale Editore
CT dicembre 1982  
Randazzo
Tre chiese
tre quartieri
tre parlate
(oggi una sola)Groviglio di case
torri e palazzoni
ancora recintato dalle mura
tra l’Alcantara a nord
e Vulcano a mezzogiornoE’ il mio paese
 
  ANONIMA  MANUELA MANNINO  Casa Editrice
Wattpad
 
  DE QUADRO
Una storia prende vita 
EMANUELE MOLLICA  Authorpublishing
Randazzo 2015 
L’autore riesce a documentare e dimostrare quali siano le antiche origini di questa famiglia e alcuni avvenimenti importanti che la riguardano, soprattutto in riferimento alla baronessa Giovannella De Quatris, rifacendosi sia alle diverse interpretazioni storiche e sia alle nuove fonti scoperte.

 

  Il Castello della Ducea di Maniaci 
Storia e Guida
Salvatore Calogero Virzì   Giuseppe Maimone Editore  
  Racconti Sparsi
Nel Tempo 
OLGA FOTI  Robin Edizioni
luglio 2010  
Una raccolta di dodici racconti, “confortevoli e figurativi”, differenti declinazioni di unico conduttore: il tempo.
  SANTINA GULLOTTO Poesie… dialettali…
Dialetto randazzese
Stampato in  Italia
agosto 2016
 
  Trattato dell’honor vero et del vero dishonore   M. Girolamo Camerata
da Randazzo Siciliano, 

Dottor dell’Arti
In Bologna per Alessandro Benacci
 1567

Trattato dell’honor vero, et del vero dishonore. Con tre questioni qual meriti più honore, o’ la donna, o’ l’huomo. O’ il soldato, o’ il letterato. O’ l’artista, o’ il leggista. Di M. Girolamo Camerata da Randazzo siciliano… 
by Girolamo Cammarata

 

  Il Tacco sotto le Ballerine Sebastiano Grasso ES   
  Sinfonietta For Juliana   Sebastiano Grasso    
  Sul Monte di Venere    Sebastiano Grasso ES   
Tu, in agguato sotto le palpebre  Sebastiano Grasso ES  
  Randazzo Ebraica  Giuseppe Campagna Aracne Editrice   
       
         

 

 

A cur

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a cura di Francesco Rubbino

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