MARIO SCALISI
DAL SOVRANISMO REGIONALE AL SOVRANISMO NAZIONALE
CANEPA
Vivevo a Siena da sei anni. Quattro erano stati necessari per conseguire la laurea nella locale Università. L’anno successivo ebbi l’occasione di collaborare con un giornale di quella città. Il sesto anno mi fu conferito l’incarico d’insegnare al Liceo Scientifico “Poliziano” di Montepulciano e, per completare l’orario di cattedra, all’Istituto Tecnico Commerciale “Redi” del medesimo paese.
All’inizio dell’estate del 1969, come di consueto, rientrai in Sicilia, a Randazzo, mia città natale, per trascorrere le solite vacanze estive.
Immancabilmente ad attendermi alla stazione della ferrovia dello stato c’era l’amico Totò Del Campo, cancelliere presso la Pretura di Randazzo. E immancabilmente l’amico cancelliere mi accolse con la solita domanda : “tutto bene nei paesacci?”. Io, altrettanto immancabilmente, risposi: ”si:”. Alla domanda del cancelliere attribuivo il valore di una battuta. Certamente non si può definire “paesaccio” la splendida Toscana.
Alla fine dell’estate, però, non rientrai a Siena. Mio padre aveva bisogno del mio aiuto per sovrintendere i lavori di taglio e di vendita degli alberi dell’immenso castagneto di una delle nostre proprietà. Operazione che si effettuava ogni venti anni. L’evenienza rese felici i miei amici, in primis il cancelliere del Campo e Santino Cammarata.
Santino Cammarata aveva ricoperto per un breve periodo la carica di Sindaco di Randazzo. Da tempo ci interessavamo dei problemi amministrativi del comune e ci prendevamo cura d’informare i concittadini con la pubblicazione e diffusione periodica di un opuscolo.
Il 17 giugno del 1970 a Randazzo, in località Murazzu Ruttu, confluirono i rappresentanti dei vari movimenti indipendentisti della Sicilia. Il motivo era quello di commemorare il professor Antonio Canepa, capo dell’Esercito Volontari per l’Indipendenza della Sicilia (EVIS), davanti al cippo eretto nel luogo in cui i carabinieri gli tesero un agguato che portò alla sua morte.
Mi tornarono alla mente tutti discorsi che sentivo durante la mia infanzia, quando, nelle sere d’estate, gli adulti si ritrovavano davanti alle porte di casa e facevano salotto seduti su sedie malferme. Nei loro discorsi c’era grande consenso per il MIS, Movimento per l’Indipendenza della Sicilia. Il bandito Salvatore Giuliano veniva dipinto come un eroe che avrebbe contribuito a far diventare la Sicilia un’ulteriore stella della bandiera degli Stati Uniti d’America. Qualcuno ricordava che negli anni successivi all’unità d’Italia, all’interno delle case delle famiglie più umili, era appeso il ritratto di Abramo Lincoln e non quello di Vittorio Emanuele II di Savoia.
Quel raduno dei movimenti indipendentisti avvenuto a Murazzu Ruttu e il ricordo del fatto che uno dei miei fratelli quel 17 giugno 1945 si trovava nei pressi del luogo dell’agguato a Antonio Canepa, professore di storia delle dottrine politiche all’Università di Catania , mi fecero sorgere il desiderio di ricostruire gli ultimi giorni di vita del capo dell’EVIS
Di questo mio progetto parlai con l’amico cancelliere Totò Del Campo. Sorridendo mi disse che nel dopoguerra lui era stato segretario del MIS di Randazzo. Nei giorni successivi mi fornì documenti riguardanti quel movimento indipendentista. Trovai una spiegazione alla domanda che mi faceva tutte le volte che rientravo a Randazzo “tutto bene nei paesacci?”, era conseguenza del motto separatista “al di là dello stretto il nemico”. Lo stretto è ovviamente quello di Messina.
All’inizio del mese di luglio del 1970 il cancelliere mi condusse a Francavilla di Sicilia e mi fece parlare col campiere dei feudi di Maria Majorca di Mortillaro, zia di Antonio Canepa e suocera di Franco Restivo, l’importante personaggio politico della Democrazia Cristiana, che ricoprì cariche pubbliche di grande rilievo. Fu componente dell’Assemblea Costituente, Presidente della Regione Siciliana, Ministro dell’Interno, della Difesa e dell’Agricoltura, rispettivamente nei governi presieduti da Giovanni Leone, Giulio Andreotti e Aldo Moro.
Il campiere mi disse che il professor Antonio Canepa, autore dell’Opuscolo “La Sicilia ai Siciliani”, fondatore e capo dell’EVIS, Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia , qualche giorno prima di morire, fra il 13 e il 16 giugno 1945. si recò nel feudo di Maria Majorca di Mortillaro. Era accompagnato da due personaggi definiti dal campiere “silenziosi ed equivoci”. Sicuramente appartenenti o alla mafia o ai servizi segreti.”
Il feudo, di cui lui era il campiere, era base per il rifornimento di armi destinate all’EVIS.
In Sicilia la gente sapeva, a ragione, che l’Indipendenza trovava la compiacenza degli Inglesi e degli Americani. Ma gran parte della popolazione siciliana cadeva nell’errore di pensare che gli alleati sostenendo i movimenti indipendentisti della Sicilia intendessero cautelarsi per mantenere sotto il loro controllo la strategica posizione dell’isola, nell’eventualità in cui l’Italia fosse rimasta sotto l’influenza di Tito e dell’Unione Sovietica.
Dai documenti ufficiali risulta, invece, che gli alleati non avevano mai pensato all’indipendenza della Sicilia, parlavano di “Italiani di Sicilia”.
Durante la conferenza di Yalta, che ebbe luogo dal 4 all’11 febbraio 1945 e alla quale parteciparono i capi dei tre paesi che sconfissero la Germania nazista: l’americano Franklin Delano Roosevelt, l’inglese Winston Churchill e il russo Iosif Stalin, fu concordata la spaccatura dell’Europa in due zone d’influenza. L’Unione Sovietica sarebbe stata potenza predominante nell’Europa Orientale e Centrale. Ma mentre si centellinò la proporzione d’influenza per ogni singolo stato europeo, nulla si disse dell’Italia, perché, in quella sede, fu considerata paese cobelligerante degli alleati.
E’ storia che i Siciliani tutte le volte in cui si sono trovati in stato di malessere sociale hanno sempre sfoderato l’indipendentismo.
Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 gli Angloamericani, incontrando qualche difficoltà, sbarcarono in Sicilia, in un tratto di litorale lungo circa 150 chilometri che va da Licata a Cassibile. La strategia dei comandi militari americani e inglesi era quella di stringere a tenaglia le truppe tedesche e impedire loro di trovare rifugio nell’Italia continentale. Da Licata dovevano partire operazioni militari in direzione di Palermo, da Cassibile in direzione di Catania e Messina.
Ai disagi patiti durante il periodo nazifascista si aggiunsero quelli derivanti dalle operazioni militari degli Americani e degli Inglesi. Randazzo, sede del comando tedesco, fu pesantemente bombardata dagli alleati per impedire gli spostamenti delle truppe tedesche, ma, quando entrarono in città, il generale Hube l’aveva già abbandonata per schierare le sue truppe in posizione più vantaggiosa. Come sempre avvenuto per il passato, in una situazione così drammatica, rispuntarono i movimenti separatisti. Gli alleati li sostennero per avere la simpatia e l’appoggio della popolazione. Al sostegno degli alleati si aggiunse quello della mafia e del bandito Salvatore Giuliano.
Finalmente l’occupazione della Sicilia da parte degli alleati fu completata.
Nonostante molti comunisti e democristiani sostenessero il MIS, l’indipendenza della Sicilia non era vista di buon occhio dal Partito Comunista Italiano e, soprattutto, dalla Democrazia Cristiana di Salvatore Aldisio, allora Alto Commissario per la Sicilia. Aldisio preferiva la visione autonomistica di Luigi Sturzo.
Divennero imbarazzanti i rapporti con l’EVIS, frutto della trasformazione del GRUPPO ETNA operata da Canepa. IL GRUPPO ETNA, guidato e composto da uomini di sinistra, fu artefice di diverse azioni armate nell’ambito della resistenza in Sicilia contro il nazifascismo.
La mattina del 17 giugno 1945 mio fratello Gaetano, in groppa all’asino, si recava nella nostra proprietà agricola in località “la Nave” nel confinante comune di Maletto. Giunto a Murazzu Ruttu, poco fuori Randazzo, scorse dei carabinieri appostati in una curva della strada. Percorse qualche centinaio di metri e incontrò un motocarro che procedeva in direzione di Randazzo. Su quel motocarro viaggiavano il Professor Canepa e quattro giovani: Carmelo Rosano, Giuseppe Lo Giudice e Francesco Ilardi. Dopo poco sentì degli spari. Si trattava del conflitto a fuoco, a seguito del quale trovò la morte il professor Antonio Canepa, capo dell’EVIS. Mio fratello ebbe l’impressione che quei carabinieri appostati stessero aspettando il passaggio di quel motocarro, partito da Cesarò per raggiungere il feudo di Maria Majorca di Mortillaro.
Nei primi mesi del 1970 informai anche Santino Cammarata della mia ricerca di testimonianze tese a ricostruire le ragioni che portarono all’agguato di Murazzu Ruttu e alla morte di Antonio Canepa. Lui sapeva chi aveva trasportato all’ospedale Canepa e mi organizzò un incontro.
Qualche giorno dopo incontrai Vincenzo Mazza davanti alla chiesa di San Martino, quartiere lombardo di Randazzo. Mi confermò di aver trasportato Canepa all’ospedale: “ Viaggiavo per lavoro col mio motocarro. Giunto a Murazzu Ruttu i carabinieri imposero l’alt a me e al motocarro di Luigi Arcidiacono. Notai subito che era successo qualcosa di grave e che c’erano dei feriti. Sul mio motocarro sdraiammo il professor Canepa. I carabinieri dissero che si trattava di pericoloso brigante e ci imposero di seguire un percorso tortuoso che ritardò l’arrivo in ospedale. Il personale dell’ospedale di Randazzo fu messo in uno stato di ansia di fronte a quell’uomo definito brigante pericoloso. Finché non passò il dottor Giuseppe Petrina, che conosceva Canepa, e disse “ma che brigante e brigante, questo è il professor Canepa”. Era troppo tardi. il prof Canepa, gravemente ferito all’inguine, morì dissanguato di lì a poco.”
La dinamica dello scontro a fuoco fra carabinieri e gli uomini dell’ EVIS che viaggiavano su quel motocarro insieme al professor Canepa ha avuto versioni diverse.
Da testimonianze raccolte sembra che la trappola fu organizzata dai servizi segreti inglesi. A Canepa fu consegnata una borsa piena di soldi che doveva costituire il suo lasciapassare al controllo dei carabinieri. Ma quando i carabinieri imposero l’alt al motocarro del professor Canepa ci fu una sparatoria anomala, perché appostati c’erano alcuni giovani comunisti, due di Randazzo e tre dei paesi vicini. Uno di questi, alla fine della sparatoria alla quale aveva partecipato, prese la borsa di soldi, che avrebbe dovuto costituire il lasciapassare del povero prof Canepa, e la restituì ai carabinieri. Quella borsa scomparve nel nulla. La vicenda dell’agguato a Canepa resta comunque oscura e imprecisa, come i tanti misteri della politica italiana.
C’è chi suppone che essa nasconda un regolamento di conti fra comunisti. Altri che collegano ad essa l’attentato a Togliatti da parte di Antonio Pallante.
Ma quali erano gli argomenti degli Indipendentisti dell’EVIS? Basta leggere “la Sicilia ai Siciliani”, l’opuscolo pubblicato dal professor Antonio Canepa, con lo pseudonimo Mario Turri. L’assunto è che “tutte le volte che la Sicilia è stata indipendente, tutte le volte che si è governata da sé , è stata anche forte, ricca e felice. Invece tutte le volte che abbiamo dovuto obbedire ai padroni venuti dal continente, siamo stati deboli, poveri e disprezzati.”
Quindi passa in rassegna le conseguenze delle dominazioni fatte dal continente.
La prima dominazione italiana fu fatta da Roma. I Romani erano un popolo incolto. Umiliarono e saccheggiarono il benessere spirituale e materiale che fin dagli antichissimi tempi i Fenici e i Greci avevano portato in Sicilia. I governanti romani erano una banda di ladri. Imposero tasse, trafugarono statue d’oro e d’argento, si appropriarono delle risorse naturali della Sicilia e portarono il tutto “al di là dello stretto”.
La popolazione fu ridotta in schiavitù.
La seconda dominazione fu quella della Monarchia Borbonica. Nel 1848 la Sicilia insorse per affermare la propria indipendenza da Napoli e per diciotto mesi fu libera.
La terza dominazione è quella derivante dall’Unità d’Italia, da Garibaldi al periodo liberale e al regime fascista.
Sempre furono trascurate e oppresse le ambizioni e le spettanze dei Siciliani e la Sicilia fu trattata come un problema coloniale a vantaggio degli interessi Piemontesi.
Gli argomenti del MIS erano i medesimi, ma esposti in modo più aulico e sentimentale. Basti leggere la lettera dal carcere scritta da Attilio Castrogiovanni considerato fra i più dinamici del MIS in quanto teneva i rapporti con l’EVIS, di cui, dopo la morte di Canepa, divenne per breve tempo comandante.
Il MIS continuò ad impegnarsi, come aveva sempre fatto, nell’organizzare i propri iscritti in sezioni territoriali, nell’ elaborare e nell’ approvare gli statuti interni del movimento.
A fatica trovò un esponente di spicco: Andrea Finocchiaro Aprile, docente di Storia del Diritto all’Università di Siena.
Ineluttabilmente l’indipendenza della Sicilia tornò ad essere un sogno. Fu concessa l’Autonomia.
I vari movimenti indipendentisti si adoperarono per farsi accreditare dalle Autorità regionali. Alle elezioni indette per formare il parlamentino siciliano ottennero pochi voti.
Alcuni di essi, però, s’impegnarono a tenere aperto il problema dell’indipendenza della Sicilia a livello europeo.
A Marsiglia fu creata la sede del porta parola della Sicilia in Europa.
BOSSI
A novembre del 1970 abbandonai Randazzo, mentre ricoprivo la carica di vicesindaco, e mi trasferii in Valle Imagna, nella bergamasca, dove mi fu assegnata una cattedra per l’insegnamento nella Scuola Media di Sant’Omobono. Con l’abbandono di Randazzo abbandonai anche la ricerca sui retroscena politici italiani che determinarono la morte di Canepa.
In Valle Imagna, dove vivo da oltre cinquant’anni, mi è stata data l’opportunità di ricoprire diverse cariche elettive.
Alla fine degli anni ottanta, quando la Lega Nord per l’Indipendenza della Padania cominciò a prendere piede, ricoprivo anche la carica di Presidente del Consorzio Idrico della Valle Imagna. L’Assemblea del Consorzio era formata da Sindaci e Consiglieri Comunali in rappresentanza di ciascun comune aderente al Consorzio Idrico che venivano eletti dai singoli Consigli Comunali.
La Lega Nord fu il risultato dell’Unione di vari movimenti: La Lega Lombarda, che propugnava la secessione dall’Italia, la Liga Veneta, Piemonte Autonomista, l’Unione Ligure e Alleanza Toscana.
Agli inizi degli anni novanta l’Assemblea del Consorzio Idrico accolse i primi rappresentanti della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, quelli del comune di Palazzago. Erano il Sindaco Ferruccio Bonacina e il consigliere comunale Cristiano Forte.
Già conoscevo gli argomenti dei leghisti. A parti invertite coincidevano con quelli del movimento per l’indipendenza della Sicilia. I leghisti vedono la ricchezza delle regioni del Nord fagocitata da “Roma Ladrona” e sperperata per l’assistenzialismo dell’inetto Meridione d’Italia , di conseguenza creano lo slogan “Prima il Nord”.
Proprio per questo parallelismo fui interessato a dialogare con i due rappresentanti leghisti di Palazzago. In particolare con Cristiano Forte, che in quel tempo era anche impegnato a coordinare, per conto della Lega, i rapporti fra imprenditori bergamaschi e Comunità Europea. Successivamente, dal 2004 al 2006, ricoprì la carica di segretario Politico della Lega Nord di Bergamo.
Con Cristiano Forte parlai dell’indipendentismo siciliano e dei problemi effettivi delle regioni dell’Italia Meridionale e della Sicilia. Gli feci visionare alcuni documenti propagandistici del MIS. Fu particolarmente incuriosito dal fatto che un ufficio del Separatismo Siciliano avente sede a Marsiglia rilasciava ai nati in Sicilia che ne facevano richiesta, una carta d’identità valida per spostarsi nella Comunità Europea,.
Umberto Bossi con la Lega Lombarda prima voleva perseguire la secessione dall’Italia, poi da capo della Lega Nord per l’indipendenza della Padania il termine secessione divenne indipendenza. Ma la sostanza non cambiava.
Il leader massimo della lega non andava per il sottile, manifestò disprezzo per il tricolore dicendo che quando lo vedeva s’incazzava e che “la bandiera italiana gli serviva per pulirsi il culo”. S’impegnò a divinizzare il Po e organizzò in modo esemplare i raduni a Pontida, dove i suoi fedeli, vestiti in modo folcloristico, trovarono la tribuna mediatica per inveire contro Roma e l’inetto meridione d’Italia.
Per rafforzare l’immagine di separazione della Padania dal resto d’Italia, prese le distanze dalla nazionale di calcio, creò la Padania Football Association A.S.D. e organizzò il concorso per l’elezione di Miss Padania.
Non poteva mancare la costituzione del Parlamento della Padania. E non poteva mancare la creazione della Guardia Padana per vigilare le strade “dove si annidano puttane e culattoni e dove, complice l’oscurità, si annidano gli infidi negri, rom, ladri, nomadi, zozzi comunisti, drogati.”
Creò i suoi gadget indipendentisti. La carta d’identità della Repubblica Federale Padana,
e coniò la moneta della Banca Nord Nazione.
Tale animus, col quale si rivelava livore verso l’Italia di Roma ladrona e dei terroni, nella realtà di quel periodo, lasciava aperta a Bossi solo la via di un’insurrezione armata per poter realizzare l’indipendenza della Padania.
I Francesi avrebbero detto che Bossi si era cacciato in un cul de sac, cioè in un vicolo cieco. Nessuno, né a livello nazionale né a livello internazionale, avrebbe compreso e sostenuto azioni tese a spaccare l’Italia.
Il programma della Lega di Bossi non trovava riscontro in nessuno dei partiti politici italiani. Né in quelli di centrodestra: Forza Italia, UDC e Alleanza Nazionale, né in quelli del centrosinistra: Partito Democratico della Sinistra e Partito Popolare Italiano.
Essendo impossibile la secessione armata, la Lega Nord di Bossi ritenne conveniente entrare nelle stanze del Governo Nazionale per realizzare una qualche riforma che desse più poteri alle Regioni con conseguenti maggiori vantaggi per le Regioni padane.
A partire dalle elezioni del 1994, navigando fra centrodestra, centrosinistra e centrodestra, la Lega Nord, intraprese la strada della devolution, che consisteva in una incisiva riforma della Costituzione. A fronte della devolution, che, fra l’altro, recepiva il trasferimento di alcuni poteri alla competenza esclusiva delle regioni, Bossi rinunciò a ciò che non avrebbe mai potuto realizzare: l’indipendenza padana a mezzo della secessione.
La devolution fu definitivamente approvata dal Parlamento nel 2005, ma fu bocciata dal referendum costituzionale del 2006.
Morto un Papa se ne fa un altro. La Lega Nord calò sul tavolo dei giochi politici il Federalismo Fiscale. Serviva per Assegnare agli enti decentrati una maggiore autonomia di entrate e spese. Per introdurre il Federalismo Fiscale non c’era bisogno di operare alcuna riforma della carta costituzionale.
Il federalismo fiscale della Lega Nord nel 2011 finì sepolto sotto le macerie della caduta del governo Berlusconi. Bossi si trovò con in mano un pugno di mosche e un consenso elettorale in caduta libera.
Per chiudere definitivamente le velleità della Lega Nord non fu necessario organizzare un agguato a Bossi, come quello organizzato per eliminare Canepa a Murazzu Ruttu. Bossi l’agguato se lo era organizzato da solo. La Lega Nord infatti aveva truffato allo Stato circa 49 milioni di euro, parte dei quali spesi a vantaggio dei motivi familiari del Senatùr.
Ad aprile del 2012, nel corso del Consiglio federale tenutosi nella sede di Via Carlo Bellerio, Bossi si dimise da segretario federale della Lega Nord, fu nominato presidente del partito. Al triunvirato Maroni, Calderoli, Dal Lago fu affidata la reggenza del partito sino all’elezione del nuovo segretario federale.
Qualche mese dopo, il 1° luglio 2012, Roberto Maroni fu nominato nuovo Segretario Federale della lega Nord.
SALVINI
Roberto Maroni ricoprì la carica di segretario della Lega Nord per poco più di un anno. Il “barbaro sognante” si dimise il 15 dicembre 2013 per dedicarsi in modo completo ai compiti derivanti dalla carica di Presidente della Regione Lombardia conquistata a seguito delle elezioni del 2013.
Nuovo segretario della Lega Nord è eletto Matteo Salvini.
La sua elezione costituisce il punto terminale delle lotte intestine della Lega. Chiude o cerca di chiudere le vecchie ferite, ma ne provoca delle altre.
Sono contenti tutti i leghisti che erano stati emarginati o espulsi dal partito perché non graditi al “cerchio magico” di Umberto Bossi.
Nella Lega Nord di Salvini, dei vari obbiettivi perseguiti da Umberto Bossi resta vivo , ma problematico da realizzare, il federalismo fiscale.
Problematico da realizzare perché Salvini intraprende la via della trasformazione della Lega Nord da partito del Nord d’Italia in partito nazionale. Cioè passa dal sovranismo regionale al sovranismo nazionale.
Questa trasformazione avviene in modo graduale ma irreversibile, nonostante l’irritazione dei leghisti fermamente convinti della necessità d’indipendenza per la Padania. Dal simbolo della Lega sparisce la parola Nord. Esso diventa Lega Salvini Premier.
Tutti gli slogan contro i terroni sono trasformati in attestazioni di amore verso il Sud d’Italia.
PRIMA
DOPO
Salvini ha le caratteristiche dell’uomo giusto per effettuare il passaggio dal sovranismo regionale a quello nazionale. Senza problemi dimentica il suo passato di capolista dei comunisti padani nel Parlamento della Padania e le sue frequentazioni, anche se saltuarie, del centro sociale Leoncavallo di Milano. Dimentica allo scopo di poter scambiare sorrisi col movimento politico di estrema destra Casapound e per potersi esibire al fianco di Marine Le Pen presidente del Fronte Nazionale francese.
Conseguentemente deve abbandonare la sua fede marxista e sbandierare quella cristiana. Probabilmente senza aver approfondito né i valori essenziali dell’una né quelli dell’altra.
Salvini fa della lotta all’immigrazione il suo cavallo di battaglia, grazie al quale ottiene consenso popolare. Purtroppo esordisce con una foto contradditoria.
Col manifesto attaccato alla parete Salvini intende evidenziare il fatto che, i pellerossa, avendo subito l’immigrazione degli Inglesi, sono finiti a vivere nelle riserve. Contemporaneamente Salvini indossa una maglietta che rappresenta il Presidente Trump e i suoi slogan contro l’immigrazione e solleva il pollice in segno di approvazione.
A Salvini è sfuggito il fatto che gli Inglesi non erano emigrati in America. In America avevano operato una conquista coloniale.
E gli è sfuggito il fatto che Donald Trump è il discendente di quegli “immigrati” che erano sbarcati in America e avevano confinato nelle riserve i Pellerossa.
Non importa. Salvini può dire agli Italiani qualsiasi cosa. Può dire persino che è possibile andare in bicicletta sulla Luna. Circa il 30% degli elettori ci crede e magari pensa che Capitan Salvini sia una reincarnazione di Jules Verne.
Divenuto sovranista nazionale Salvini si comporta in modo coerente. Se il sovranismo regionale aveva l’obiettivo di rompere l’unità dell’Italia, il sovranismo nazionale non può avere altro obiettivo se non quello di scombinare la possibile evoluzione delle istituzioni europee verso una forma di unione più compatta e autorevole a livello mondiale.
Non abbandona del tutto la campagna “Basta Euro”, snobba le istituzioni europee, si esibisce solo con quei capi di stato che svolgono il ruolo di pensarla come lui.
Cerca di instaurare rapporti con Trump e Putin. Ma lo fa da dilettante della politica internazionale.
I rapporti con i capi di stato stranieri si tengono dopo aver preventivamente approfondito i loro obiettivi, gli interessi dello stato che rappresentano, le relazioni che essi hanno con gli altri stati e con i rispettivi operatori economici.
Salvini forse ha capito qualcosa dall’ “affaire Savoini” La Russia di Putin teneva i rapporti con gli imprenditori veneti e con Berlusconi a mezzo di persone più autorevoli e più competenti del suo intermediario.
E forse ha capito che per il capo di un partito che si propone di governare l’Italia è sconveniente tifare apertamente per uno dei due candidati alla presidenza degli Stati Uniti d’America.
L’amicizia dell’Italia è con il popolo americano e col Presidente che essi esprimono democraticamente.
I fatti sopra enumerati costituiscono parte dell’azione politica fin ora effettuata da Salvini ed evidenziano le sue contraddizioni più evidenti.
L’impegno politico di Salvini è ancora in corso. Per tale motivo non ritengo lecito esprimere un giudizio sul suo operare, perché sarebbe un giudizio politico e non storico.
Bisogna attendere. I lavori sono ancora in corso.
Credo, però, che sia possibile esprimere qualche sensazione. Per la Lega delle origini aveva un senso portare all’occhiello Alberto da Giussano. E aveva un senso che, come conseguenza, si sentisse risuonare nelle orecchie il “Va pensiero sull’ali dorate…”.
Con Salvini Italiano L’inno “Fratelli d’Italia”, cantato da lui, sembra un po’ stonato.
Il suo comportamento attuale fa risultare enigmatico il contenuto dei suoi discorsi e inutile entrare nel merito dei suoi ragionamenti. Un motivo musicale risuona spontaneamente nelle nostre orecchie: “La donna è mobile qual piuma al vento. Muta d’accento e di pensier”.
Ora resta solo da attendere con quali modalità e con quali contradizioni avverrà il passaggio della Lega Nord dal sovranismo nazionale al sovranismo dell’Unione Europea, frenato proprio dai sovranismi nazionali.
Quali sconquassi combinerà con la sua alleata/avversaria Giorgia Meloni Presidente dei FdI.
Mario Scalisi nasce a Randazzo il 16 febbraio 1941.
Consegue il diploma di Maturità al Liceo Scientifico Principe Umberto di Savoia di Catania e la Laurea in Scienze politiche all’Università di Siena, città dove collabora col giornale “La Martinella”.
Negli anni 1968 e 1969 insegna al Liceo Scientifico “A. Poliziano” e nell’Istituto Tecnico Commerciale Statale “Francesco Redi” di Montepulciano (SI).
Durante questi due anni, però, resta interessato ai problemi di Randazzo e, con la collaborazione di Santino Cammarata, a cui si aggiungono Gaetano Lazzaro, Vincenzo Romano, Paolino Lazzaro e Salvatore Scalisi, pubblica una serie di numeri unici, con i quali, in modo irriverente, mette a nudo le paralizzanti contraddizioni interne della maggioranza assoluta che all’epoca amministrava il comune.
Alle elezioni del 7 giugno 1970 risulta eletto consigliere comunale e ricopre la carica di vicesindaco.
Carica dalla quale si dimette alla fine dello stesso anno, perché nominato professore presso la Scuola Media “Giacomo Quarenghi” di Sant’Omobono Terme (BG), pur mantenendo sino alla scadenza del 1975 la carica di consigliere comunale di Randazzo.
In Valle Imagna, di cui Sant’Omobono Terme è capoluogo, ricopre numerose cariche, anche elettive:
dal 1975 al 1980 è presidente della biblioteca comprensoriale;
dal 1980 al 1985 è membro dell’Unità Socio Sanitaria Locale di Ponte San Pietro (BG), dove ricopre la carica di Presidente della Commissione Igiene;
dal 1985 al 2011 è consigliere comunale e, nell’arco di questo periodo, precisamente dal 1985 al 1993, ricopre la carica di Vicesindaco di Sant’Omobono Terme mentre,
dal 1985 al 1990, è contestualmente Presidente del Consorzio Idrico Valle Imagna e, a Bergamo , componente del direttivo del Consorzio dei Bacini Imbriferi Montani del lago di Como e fiumi Brembo e Serio;
dal 1990 al 2006 è componente della Comunità Montana Valle Imagna, dove, per un quinquennio, ricopre la carica di Assessore ai lavori Pubblici.
Due amici imprenditori di Sant’Omobono Terme lo coinvolgono sin dal 1976 nelle problematiche riguardanti la diffusione dei segnali televisivi.
Dal 1987 al 1992 è amministratore unico della società SIDERA srl. In tale veste assume la responsabilità dell’ emittente televisiva Imagna TV. Nel 1991 SIDERA SRL è acquisita da una società facente capo a Stefania Craxi. Imagna Tv diventa emittente regionale col nome di Tele Nord Italia con sede a Milano.
Nel 1992 presidente di SIDERA SRL è Marco Bassetti, fondatore e futuro presidente di Endemol Italia.
Mario Scalisi permane ancora per oltre un anno in SIDERA srl in qualità di consigliere di amministrazione, quindi si dedica esclusivamente a SOGEPOTEL srl, società titolare di uno dei più importanti siti d’Italia per l’emittenza radiotelevisiva, telefonia mobile e internet, e della quale è amministratore unico sin dal 1991.
Nel 2010, anno del passaggio dalla tv analogica a quella digitale, pubblica il libro “Toni delle antenne”, che fra romanzo e realtà, racconta la nascita e lo sviluppo delle televisioni commerciali.
PREMESSA
Questo libro racconta la storia della postazione radiotelevisiva di Valcava di proprietà dei fratelli Carlo e Italo Manzoni di Sant’Omobono Terme, ameno paese della Valle Imagna in provincia di Bergamo.
Sono veri tutti i nomi delle società, delle emittenti, delle ditte, dei professionisti, degli amministratori pubblici e privati, dei politici, dei pubblici funzionari e delle persone citati nel libro.
La narrazione degli avvenimenti riguardanti uno dei principali siti del più ricco e popoloso bacino d’utenza radiotelevisiva d’Italia costituisce un particolare punto di vista dal quale il lettore può attingere qualche informazione inedita sulla nascita e i successivi sviluppi delle televisioni e delle radio commerciali in Lombardia.
Con diversa fortuna cercarono di affermarsi nel liberalizzato settore della comunicazione editori importanti, quali Mondadori, Rizzoli, Rusconi e Peruzzo, l’imprenditore Silvio Berlusconi e Salvatore Ligresti. E non fecero mancare la loro presenza, in modo diretto o indiretto, alcuni uomini politici: da Craxi a Vittorino Colombo a Valter Veltroni.
La storia della postazione radiotelevisiva scorre insieme a qualche vicenda dell’ agonizzante sistema della Prima Repubblica, s’ incontra con personaggi destinati ad assumere ruoli di rilievo nell’ entourage di Silvio Berlusconi e vive le riflessioni e il tormento di quei cattolici, che, ritrovatisi orfani della Democrazia Cristiana, hanno visto nella coalizione e nella formazione volute dal Cavaliere di Arcore la più congeniale ancora di salvezza per continuare nel loro impegno politico.
Ma con la storia vera della postazione è intrecciata una storia di pura fantasia.
Così come nel film di Robert Zemeckis Chi ha incastrato Roger Rabbit recitano insieme attori in carne ed ossa e cartoni animati, in questo libro convivono fatti reali con quelli inventati ma possibili, almeno secondo il pensiero del principale personaggio del romanzo.
Per conciliare la realtà con la fantasia è stato necessario l’uso di alcuni nomi non veri: Toni, il signor Vito e il Professore, i quali , solo per la parte riferita alla storia del sito radiotelevisivo, nel loro insieme rappresentano i signori Carlo e Italo Manzoni e l’amministratore della società che gestisce la postazione radiotelevisiva di Valcava, cioè l’umile autore di questo libro.
Pure di fantasia è il nome di Osvaldo, personaggio in parte vero, mentre totalmente di fantasia è la signora Franca.
Nulla è opportuno dire su Angela. La meravigliosa fanciulla, che profuma del profumo di tutti i fiori del mondo è lasciata procedere in modo autonomo dalla sensibilità e dai convincimenti religiosi dell’autore del libro alla sensibilità e ai convincimenti dei lettori.
Qualunque sia l’identità che ciascun lettore vorrà liberamente attribuire alla fanciulla, è da lei che provengono gli stimoli per alcune importanti riflessioni.
Riflessioni necessarie affinché il protagonista del romanzo prenda la decisione d’impegnare le proprie risorse e destinarle al perseguimento dell’unità dei cristiani e al rinnovato impegno politico dei cattolici italiani su basi rese libere dalle nostalgie del passato.
Mario Scalisi
Un articolo sui Sovranismi: da Antonio Canepa a Umberto Bossi e Matteo Salvini .