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Salvatore Licari

 

     Salvatore Licari classe 1986 nasce e vive a Randazzo .

Salvatore Licari – caso Moro

Laureato un Scienze Storiche e Politiche e in Cultura dei Paesi Mediterranei, da sempre sensibile al sociale si impegna nella diffusione della cultura e dello sport fondando diverse associazioni nel proprio territorio e discutendo di attualità politica e società attraverso blog e web radio.

Salvatore Licari si occupa di tutela di aziende pubbliche e private. Questo è il suo primo libro ad essere pubblicato. 

Con questo libro  – CASO MORO  un Assassinio senza mandanti  –  intendo riepilogare e analizzare quanto del pensiero di Aldo Moro sia ancora presente negli ambienti politico sociale .

Lavorando su documenti, atti parlamentari, testimonianze delle varie Commissioni Parlamentari che hanno indagato sul caso, cercherò di capire, sciogliendo i vari intrecci e collegamenti tra personaggi più o meno potenti, chi fu il mandante che decise il destino dell’on.le Aldo Moro e del corso politico italiano di quegli anni. 
Chi ha assassinato Moro ?  Perchè ?  Chi si nasconde dietro le BR ? Chi ha tratto profitto di questa instabilità politica e di Governo ? 

 

                                                                Caso Moro, omicidio senza mandanti

 

Pensiero e strategia politica del Presidente

Salvatore Licari

   L’attualità del pensiero di Aldo Moro si rinnova, nonostante gli anni trascorsi, ancora negli atti e nella lotta di governo che il sistema bipartitico non è riuscito a risolvere, richiamando la genialità delle definizioni politiche basate sulla convergenza e non sullo scontro.

   Se Aldo Moro non fosse stato ucciso, come potrebbe essere stata la nostra società rimane soltanto un esercizio teorico ma di cui possiamo vedere e pensare, con la logica dei comportamenti, immaginando percorsi differenti.  

   Aldo Moro è stato ucciso in nome della fermezza e del diritto di Stato. Dalle lettere del carcere ci viene consegnata l’immagine dell’uomo che torna con quella logica di pensiero e quell’idea della mediazione anche per salvarsi la vita ma soprattutto per continuare un percorso di alleanze diverse.
   Nonostante cercasse di salvarsi la vita, chiedendo ai colleghi di partito e di Stato la loro collaborazione in modo che questo potesse avvenire, il suo comportamento fu sempre dignitoso, come confermano i pentiti brigatisti. Moro subito dopo il rapimento, chiese una Bibbia, che ricevette. A suo modo, Moro si dichiarò prigioniero politico e non offrì alcun tipo di collaborazione alle brigate rosse.

Henry Kissinger

   Aldo Moro è stato sacrificato perché non si voleva fare uno scambio con alcuni detenuti politici o perché a qualcuno faceva comodo, o meglio per qualcuno era fondamentale che si interrompessero i “governi di solidarietà Nazionale”. Di certo con Moro è stato chiuso anche un percorso tra il mondo cattolico ed il mondo laico.

Giulio Andreotti

   Le forze brigatiste che si sono addossate l’incarico di assassinare Moro ancora oggi, che sono liberi di circolare per le vie di Roma, mantengono una nebbia sugli eventi, i personaggi ed i mandanti.  

   Le prime domande ovvie che vengono in mente sono come è possibile che uno Stato sovrano come il nostro non riesca a trovare uno dei propri uomini più di spicco? E poi ancora come hanno fatto le BR, considerando che gli appartenenti il più delle volte o quasi sempre erano studenti, operai, artigiani o comunque per la maggior parte individui di giovane età senza alcuna particolare esperienza o preparazione militare, a prendere il Presidente vivo uccidendo cinque uomini della scorta e nasconderlo per 55 giorni?
   Molte sono le perplessità che ancora oggi tormentano chi ha voglia di sapere e molte sono le cose che cercano spiegazione. Cosi come è da spiegarsi la ragione per cui le Brigate rosse, che dicevano di volere la trattativa, lo scambio, si siano scagliate contro il solo partito che sosteneva la necessità di trattare e di accedere allo scambio e abbiano stroncato questa possibilità, con l’assassinio dell’ostaggio, proprio nel momento in cui l’opinione di trattare del Partito Socialista si allargava a una parte della Democrazia Cristiana.

   Da parte dello Stato, quindi anche dei compagni di partito del Presidente, liberare Moro significava accettare le condizioni proposte dalle Brigate rosse ovvero lo scambio di prigionieri. Ma probabilmente il progetto delle BR era ancora più ambito.
   Le BR volevano il riconoscimento politico in modo da aggirare il partito comunista imborghesito da Berlinguer. All’interno dello Stato esistevano forze che volevano questo riconoscimento e si nascondevano dietro lo scambio di prigionieri.

   Il progetto di innovazione governativa che tentava di scavalcare il bipartitismo con il PCI, secondo partito in Italia, creando una maggioranza solida di governo con il famoso Stato di Solidarietà Nazionale, non andava più di tanto a genio a molti. Anzi sembra quasi che tale progetto piacesse solo a Moro.
   Dopo i primi due tentativi di governo con il centro-sinistra, entrambi presieduti da Moro ed entrambi finiti male, sarà il Presidente stesso incaricato dal partito a dover rimediare e far apparire la DC solida e forte cercando di riconquistare il potere.

Alberto Franceschini


   Il cosiddetto governo di non-fiducia, chiamato cosi perché si reggeva sulla astensione del partito comunista, è stato ciò che Moro e la sua DC riuscirono a tirar fuori dopo la caduta del secondo governo Moro con il centro sinistra.
   Tale governo fu affidato a Giulio Andreotti.

Il nodo della vicenda Moro sta nel capire chi non voleva lo Stato di solidarietà nazionale e perché.

Mario Moretti

   Moro fu più volte richiamato dal segretario di stato americano, Henry Kissinger ed invitato a smettere con il suo pericolosissimo progetto di solidarietà.    Avere i comunisti al governo, per gli americani sarebbe stata una perdita del loro potere sull’Italia che in caso di attacco sovietico, sarebbe stata la prima base disponibile e ben fornita per la difesa dell’Europa.
   D’altra parte nemmeno sull’altra sponda, ovvero alla Russia, piaceva che i comunisti italiani salissero al potere in maniera democratica e con un compromesso con il centro.
   Lo stesso Moro, indirizzando una lettera a Zaccagnini chiede se nella mancata volontà del governo di voler trattare con i brigatisti ci fosse la mano americana o tedesca.
   Per non parlare del legame che c’era tra Moretti e Franceschini, capi assoluti delle BR, con i servizi segreti israeliani tramite la scuola parigina l’Hyperion.
 

   Dal punto di vista politico-amministrativo durante il rapimento il ruolo del governo fu prevalentemente di stallo. La DC cercava di temporeggiare prendendo tempo, l’MSI non voleva contrattare con i brigatisti, per loro Moro ed il suo compromesso sarebbe significata opposizione al governo, i socialisti di Craxi volevano contrattare forse per darla vinta ai brigatisti facendo realizzare il progetto di riconoscimento aggirando Berlinguer, il PCI rimase fuori dai giochi astenendosi da qualsiasi presa di posizione e di parola.

   Obbiettivo del governo forse era darla vinta ai brigatisti dandogli il riconoscimento da parte della chiesa con la triplice richiesta di liberazione da parte di Paolo VI e sperare che liberassero Moro in nome del Papa che li aveva riconosciuti in quanto uomini delle Brigate Rosse.

Anche sul ritrovamento del corpo con addosso dei gettoni telefonici fa pensare che i brigatisti volessero liberare Moro ma che all’ultimo minuto qualcuno ha deciso di farlo fuori.

Sono molte le strade che portano ed inquinano i personaggi più di spicco della politica, della polizia, dei servizi segreti, della malavita nella vicenda Moro.

   Salvatore Licari

 

 

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